TOSCANA AVVELENATA.

di charlie holmes

Quando il mio cane muore avvelenato i sospetti si appuntano 
immediatamente su una carcassa di pecora che giace da qualche 
giorno nel bosco. Le autorità vengono informate e viene 
ripetutamente chiesto ai vigili di Barberino Valdelsa (FI) di 
rimuoverla e sequestrarla. Ciò non avviene e la carcassa infine 
scompare e con essa le prove dell’avvelenamento.


  Ecco la cronistoria.

Domenica 15 gennaio

ore 10,30  Camminando nel bosco di Poppiano, nei pressi della 
strada sterrata che porta a un bosco di mia proprietà. scopro il 
cadavere di una pecora. La carcassa si presenta integra e non si 
notano segni di aggressione da parte di predatori tipo cani. Si 
nota un buco sulla pancia, quasi perfettamente rotondo, di circa 15 
cm di diametro in corrispondenza del quale le interiora sono state 
apparentemente mangiate da animali. A pochissimi centimetri dalla 
carcassa c’è un agnellino appena nato, anch’esso morto. Penso che 
probabilmente la pecora è morta di parto in quel luogo e che in 
seguito qualche animale ha cominciato a cibarsi delle interiora.

Lunedì 16 gennaio


ore 11.00 L’amico Luciano, venendo a raggiungermi al bosco, vede 
una Panda della Polizia Municipale parcheggiata sulla strada 
sterrata nei pressi del luogo dove ieri ho visto la carcassa della 
pecora. Vede anche un vigile fuori dalla macchina camminare lungo 
il ciglio della strada. Presumo che sia stato a vedere il corpo 
della pecora.

ore 16.00 Mi incontro in quella zona con un amico e lo porto a 
vedere la carcassa della pecora che, nell’occasione fotografo. Il 
corpo è stato ormai in gran parte divorato da predatori, manca 
l’agnellino e anche una gamba, che però giace poco distante.

Martedì 17 gennaio

ore 11.00 Mentre lavoro nel bosco il mio cane si assenta. Quando me 
ne accorgo vado a cercarlo verso la strada, distante poche 
centinaia di metri e lo chiamo. Arriva subito proveniendo dalla 
direzione dove stava la pecora. Sembra avere qualcosa in gola che 
lo infastidisce e che tenta di espellere ripetutamente.
>
ore 11,30 Il cane sembra tremare e appare un po’ strano. Faccio un 
giretto con lui per vedere come sta. Le reazioni sono abbastanza 
normali, ma i movimenti non sono così sicuri. Metto gli attrezzi 
sul furgone e decido di tornare a casa.

ore 12,15 Arrivato a casa vedo che il comportamento del cane è 
sempre più strano e i suoi movimenti imprecisi. Mi consulto con mia 
moglie e decido di andare da un veterinario.

ore 12,45  Parto per Poggibonsi per cercare un veterinario.

ore 15,15 Dopo ben 2 ore e mezzo di ricerca finalmente il mio cane 
è visitato da un veterinario. che riscontra sintomi di 
intossicazione grave e applica la terapia del caso.


ore 17.00 Il veterinario mi rimanda a casa non essendoci più niente 
che lui può fare. Non mi da molte speranze. Il cane sta molto male 
e non cammina più. Entro in casa portandolo in braccio e sento che 
mia moglie è al telefono coi vigili che lei aveva avvisato della 
concreta possibilità che l’avvelenamento del cane fosse da 
collegarsi con il cadavere della pecora. Era quasi buio e parto 
immediatamente verso il bosco per agevolare i vigili nella ricerca. 
Incontro sul posto il vigile Dainelli. La pecora c’è ancora, ma non 
è più nello stesso posto e risulta spostata di una quindicina di 
metri. Ho chiesto con insistenza al vigile di sequestrare il corpo 
della pecora. Mi ha risposto con varie motivazioni di non poterlo 
fare. Allora gli ho detto che qualunque fosse il destino della 
carcassa io chiedevo che essa fosse analizzata per il forte 
sospetto che potesse essere stata avvelenata. A questo ha risposto 
che se fosse risultato che il mio cane era stato avvelenato ciò 
sarebbe sicuramente avvenuto.

ore 18,30 Ritorno a casa. Il cane è ancora cosciente, ma sta sempre 
peggio

ore 22,30 Il cane inizia una lenta, spasmodica agonia

> Mercoledì 18 gennaio

ore 4,50   Accudito da me fino alla straziante fine, il mio cane 
muore.

> ore 6,45 Suona la sveglia per la giornata di scuola e mia moglie e 
> i due bambini vengono informati. Ci ritroviamo tutti a piangere nel 
> soggiorno davanti al cadavere di Rasta coperto da un telo.

ore 9,45 Caricato il corpo in furgone e ripulito tutto con l’aiuto 
di un amico, chiamiamo un veterinario per sapere la procedura da 
seguire per fare eseguire l’autopsia. Il veterinario dice che si 
informerà e ci farà sapere

ore 11,45 Il veterinario ritelefona informandomi della procedura. 
Parto per Poggibonsi, passo dal veterinario per riempire un modulo 
e firmare. Il veterinario timbra e controfirma e infine porto il 
corpo a Siena all’ Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle 
Regioni Lazio e Toscana per l’autopsia. Spiego i miei dubbi alla 
dottoressa Maria Gabriella Perfetti e durante la conversazione lei 
mi dice che se ho dei dubbi sul fatto che la pecora sia stata 
avvelenata ricercassi su di essa la presenza di minuscoli “pallini 
blu”.

ore 13.45 Al ritorno da Siena, con mia moglie torniamo a vedere il 
cadavere della pecora e di fatto scopriamo sulla carcassa aperta, 
nella zona della spina dorsale, un’area ben coperta di minuscoli 
granuli blu, di cui riusciamo a prelevare, con un fazzolettino, un 
piccolo campione.

ore 16,00 circa. Mia moglie chiama i vigili e racconta del 
consiglio del veterinario di Siena e del nostro ritrovamento dei 

granuli blu. Chiede che il corpo della pecora venga rimosso, ma il 
vigile risponde che non è loro compito e di avere informato la ASL.

ore 16,45 Mia moglie chiama i Carabinieri e racconta anche a loro. 
Essi rispondono che è compito dei vigili intervenire

ore 17.00 Decido allora di prendere io la pecora per portarla a 

Siena il giorno dopo a farla analizzare. Poco dopo mia moglie 
telefona ai vigili per comunicare la mia intenzione. I vigili le 
dicono che la cosa è assolutamente vietata e che vado incontro a 
problemi legali se procedo.

ore 17,15 Mia moglie mi chiama sul telefonino e mi riferisce la 
conversazione coi vigili. Ero già sul posto e la pecora era ancora 
là. Sono combattuto, oltre che affranto dal dolore e confuso per la 
stanchezza. Sento che se non prenderò la carcassa questa sparirà e 
con lei le prove che qualcuno l’ha avvelenata e d’altro canto non 
me la sento di andare contro le insistenze di mia moglie. Decido 
infine di desistere e non tocco nulla.

Giovedì 19 gennaio

ore 8,30  Mia moglie avvisa dell’accaduto la Polizia Provinciale. 
Si dimostrano interessati al caso e ci dicono di attendere le 
> analisi e poi sporgere denuncia presso di loro.

ore 9,30  Torno sul luogo dove giace la pecora per prelevare un 
nuovo campione della sostanza blu, ma la carcassa, come presentivo, 
è sparita e addirittura è stata raccolta per bene anche la lana, 
>che prima era sparsa per molti metri all’intorno.

ore 11,00 circa  L’amico Luciano chiama per me i vigili per avere 
notizie sulla segnalazione alla ASL. Il vigile con cui parla è al 
>corrente del caso e dice che la pecora è stata rimossa dal 
proprietario, informato da loro, come richiede la legge. Durante la 
conversazione dice anche che essendo praticamente impossibile 
risalire agli avvelenatori, loro non ci provano nemmeno, né vengono 
raccolte e archiviate le prove degli avvelenamenti.  Nella stessa 
mattinata mia moglie chiama la ASL e le dicono che il loro tecnico 
è stato sul posto, ma non ha trovato la carcassa, la cui attuale 
ubicazione è ignota.

ore 14,30 Parto per Siena per portare il campione di granuli blu 
raccolto assieme a mia moglie dalla carcassa, all’Istituto 
Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana. 
Dall’Istituto, il campione sarà spedito a Firenze per essere 
analizzato assieme al contenuto dello stomaco del cane.

In conclusione, una pecora morta è rimasta per giorni a giacere in 
un luogo facilmente raggiungibile anche dopo che c’erano ottime 
ragioni per ritenere che la carcassa fosse stata avvelenata. Quando 
il ragionevole dubbio diventa una certezza ancora non si fa nulla, 
fino a che le prove dell’avvenuto avvelenamento della carcassa 
scompaiono con la stessa. Malgrado le nostre insistenze che 
l’animale venisse sequestrato, l’operato dei vigili ha finito per 
agevolare la sparizione delle prove favorendo quindi la possibilità 
per l’avvelenatore di farla franca.