fuori clessidra.
Racconto inviatoci da Fulvio. vie e- mail il 1 dicembre 1999.
Cè un filo che unisce due parti del mondo.
Un filo che scorre su montagne e fiumi, laghi e città.
Cè un filo che lega storie per centinaia di anni. Incontra volti, coglie sguardi, colleziona racconti e costruisce come ragni, invisibili tele.
Cè un treno che parte da Torino ed arriva a Palermo, carico di sogni e di speranze.
Cè una storia che arriva alle mie orecchie dopo che anni ed anni mi hanno insegnato a dubitare delle parole, ed apprezzare le favole.
Mia nonna decise di arrestare il suo cuore una mattina. Così allimprovviso. O per lo meno per me è stato allimprovviso. Decise lei, secondo me, così come aveva sempre deciso nella sua vita. Probabilmente per un attimo si fermò ad ascoltare il rumore del suo cuore e gli urlò, come faceva sempre quando qualcosa la infastidiva, "CHE CAMORRIA" ed il cuore si fermò per sempre. I rumori...penso che nellultimo suo periodo lei avesse orecchie solo per i rumori...Un po' la sordità un po' la sua voglia di non voler mai sentire ciò che non le piaceva, lavevano immersa in un mondo di fantasmi e di ricordi. La notte quando dormiva nella camera con me accompagnava i suoi sogni con una canzone, sempre la stessa...e la mattina si domandava chi mai fosse stato a venirla a trovare nel buio della stanza facendole ascoltare quella nenia continua....o forse si divertiva a prenderci in giro tutti quanti.
Mia madre aspettò mesi prima di poterla piangere convinta che la maschera prima o poi sarebbe esplosa. E così fu. In una splendida notte in cui le lacrime si mischiarono al sapore dolciastro del whisky, che lei di nascosto da tutti aveva usato come grimaldello per arrivare a sentire tutto il peso del suo cuore.
Palermo doveva sembrare ancora più lontana a Francesca quando decise di seguire Giovanni a Roma....però era anche vero che era a metà strada da Torino, e da lì, da Torino era arrivato suo suocero molti anni prima.
Palermo per lei erano i teatri, VIA ROMA con i grandi palazzi... il banco dei pegni con la caserma dei pompieri lì vicino... era la grande città in cui si potevano ancora annusare gli odori della ricca Palermo della cultura e degli spettacoli a cui il padre laveva abituata.
Quel treno che ingoiava chilometri e chilometri di rotaie sembrava a mia nonna non dovesse mai arrivare. Negli occhi le scorrevano i ricordi di quando da bambina il padre la faceva entrare di nascosto in teatro ad assistere alle opere liriche. Il padre, con quella divisa da pompiere sempre lustra al punto da poterlo scambiare per un generale, ai suoi occhi appariva come il proprietario di TUTTI i teatri di Palermo....lei, piccola piccola con quegli occhi giganteschi sembrava assistere ad una magia...da dietro le quinte vedeva i preparativi per allestire la scena...il tenore che si preparava al centro del palco prima che il sipario venisse aperto, diventando serio serio per immergersi nel personaggio...le luci della sala che pian piano si spegnevano e poi le due grandi tende che come tirate da invisibili fili si aprivano lasciando il posto ad un boato di applausi...e poi dopo un secondo di silenzio.... LA MUSICA ...riusciva a vedere il direttore in piedi muovere la bacchetta come un mago e gli strumenti impazzire sotto leffetto di tantissime note che trasformavano le facce di tutti i musicisti in tantissime caricature che la facevano ridere per quanto erano buffe...Il padrepompiere ogni tanto la riprendeva con una piccola pacca dicendole "FRANCESCA, SILENZIO" ma anche lui da sotto i suoi grandi baffi neri non riusciva a trattenere qualche risata. Aveva il cuore leggero mia nonna, ma quel giorno sul treno sentiva che stava diventando grande.
Mia nonna non mi ha mai raccontato le sue guerre...eppure di guerre ne ha vissute due...Quella del 1915, dei primi aeroplani che si alzavano nel cielo. Ombre grandi come uccelli e terribili come la violenza delluomo è capace ...la guerra che vedeva mio nonno dalle montagne del Carso, chiuso nelle trincee scavate nelle rocce... chissà se mio nonno ha mai pensato che dopo tantissimi anni sarei arrivato anchio su quei sentieri con tuttaltre immagini negli occhi rispetto a quelle che vedeva lui allora....Chissà se Palermo allora aveva il sentore di quale grande disastro stava per accadere....Nel 1940 invece Roma era per loro il quartiere popolare di Casal Bertone, dove i grandi palazzi dei ferrovieri nascondevano alloccupazione nazi-fascista quel pizzico di vita e speranze che tra la gente che lotta è così difficile togliere...
".CORRI ANNA...LE SIRENE..." le corse dal terzo piano fino ad arrivare alle cantine risistemate a mo di rifugio antiaereo, diventavano anche scherzo nella mente dei piccoli bambini che ridevano e scendevano quelle scale di marmo a tre a tre. "CHI ARRIVA ULTIMO E TEDESCO !!!" Francesca contava i bambini uno ad uno con la paura di dimenticarne qualcuno in bagno o non vederlo, nascosto nello stanzino degli attrezzi o sotto il tavolo della cucina. Correva verso le scale e dopo aver sistemato i piccoli tra la marea di vicini, pensava a Giovanni. Le voci della gente si sovrapponevano ai suoi pensieri ed alle preghiere. "Hanno colpito San Lorenzo" "Erano americani" "Ma come gli americani non erano qui per cacciare i tedeschi?" "Maria, dove sei?" "Avete visto la signora Lisetta?" "Gianna buona che adesso passa tutto" "Oddio! Gianna, è al lavoro. Saranno suonate le sirene anche da loro?" "E Giovanni?" "Dio mio Giovanni....Madonna mia...proteggili...falli finire...falli finire....FALLI FINIRE..."
Chissà cosa penserebbe mia nonna adesso che la guerra per noi non è più un lontano ricordo, barzelletta da dimenticare/nascondere/oscurare, ma qualcosa di così vicino da far tremare. "E il 14° giorno di bombardamento. Belgrado comincia a contare le sue vittime. Fiumi e fiumi di persone/scheletri si accalcano alle frontiere per scappare dai massacri. La belva umana spara ancora. Nel cielo si alzano macchine da guerra, quelle che fanno tremare, ma non per il rombo dei motori....per la stessa cieca ed ottusa volontà egemonica del sistema...del potere....sempre e comunque pronto a rinnovarsi sul sangue dei popoli...di chi la storia la subisce...di chi dovrebbe alzare il pugno in alto e schiacciare con un gesto enorme e sofferente di amore/violenza quelli che passano sul sangue...sulle ossa della povera gente... E noi...tutti noi... fermi davanti ad un televisore che alterna scene di inferno a spettacoli di intrattenimento destinati ad idioti con la testa nel pallone....
Chissà se mia nonna continuerebbe a dire "...falli finire...falli finire...FALLI FINIRE!!!!"
ERI - OGGI.
Racconto inviatoci da - Marco -. Il 10.12.1999.
crescendo,il rapporto con cio' che ci circonda cambia,insieme alla diminuizione della fantasia.....il tavolo in cucina,se si e' soli,rappresenta per chi lo vede.....disperazione,mancanza totale di rapporti e se invece c'e' la famiglia intorno ad esso e non ci sono entrate economiche per depositarci il cibo sopra.....SEMPRE IL TAVOLO ..... rappresenta un dramma che trasforma il foglio in cui disegnavamo,nell'ultima lettera del sigor rossi.e' in questo modo che PAPERINO viene sostituito nella propria mente dall'industria dei prodotti,dall'accattonaggio mentale,dai problemi REALI che disperdono l'anima.certo non dico che le difficolta' riscontrate nel sociale non devono suscitare - problema - ma e' il modo in cui non si condivide nulla che preoccupa.se al il milanese signor rossi gli fosse rimasto dentro se stesso PAPERINO avrebbe suonato al vicino di casa per farsi dare un pacco di spaghetti da mettere sul fuoco oppure avrebbe chiesto ad altre persone ducento lire per risolvere la giornata,senza credere che per questo avrebbe perso di dignita' personale.....non si sarebbe preoccupato di aver perso la sua industria di prodotti,si sarebbe preoccupato semmai con allegria del suo problema,socializzandolo,senza nascondersi-preoccuparsi del suo orgoglio malato.quanti di noi oggi superati i trent'anni hanno ancora la voglia di mettere il culo sul pavimento della propria camera da letto,senza considerarlo un brutto luogo dal quale ci si deve - allontanare - perche' stracolmo di microbi da stecchire con la varecchina......e se siamo cosi' lontani dalla terra,se la riteniamo o la giudichiamo un luogo da evitare,perche' sporca,e' fastidiosa,come possiamo pretendere poi che esistano verdi prati intorno a noi se tutto cio' che e' SUOLO rappresenta nella nostra zucca vuota un mondo d'insetti,fango e puzzolenti animali ??.
mi sono sporcato i pantaloni con questo tempo di merda.
FRANCESCA non giocare con la sabbia che poi me la porti in casa.
MARIO non toccare i fiori che ti sporchi le mani,ci fanno la pipi' le api sopra quei cosi.
ALBA staccati da quell'albero non lo sai che' pieno di formiche ??....e se ti pizzicano poi dove andiamo .... al pronto soccorso andiamo ???.
SMETTILA di frignare,non avrai mai un cane.....sporca e ti attacca le zecche e poi ti gratti come lui....
LASCIA perdere il gatto che e' traditore,come ti giri ti graffia gli occhi.
MAMMA non ti prende i canarini,perche' quelli buttano i semi ovunque.
......cammina solo con le pezze di lana sotto i piedi....e tutto rimarra' lucido,senza segni
e allora FFANCULO all'incapacita' di trattenere l'infanzia...... desidero ancora quel mondo di NULLA dove tutto e' valido e che riesce con l'innocenza a riempire di verita' questo -vuoto - e con poco trasforma la penna in un treno antico che ti porta fino al fuoco di una capanna indiana.....fin sulla piuma dell'acquila reale,unendoti agli odori di resina che scivola sull'azzurra freccia scagliata via...e poi via....e via....e via.....
DAI.......BAMBINI..............ANDIAMO VIA.....