La decisione di Montanelli : perché non è un trionfo (Marzo 2001)

Montanelli, ribadendo quanto aveva già lasciato capire in altre occasioni, ha esplicitamente annunciato che voterà per il centro sinistra alle prossime elezioni.

La prima cosa che viene da pensare (almeno per chi è di sinistra) è :

"Evviva ! Se persino lui ha deciso di votare per noi, vuol dire che l’idea di votare per il Polo è davvero insostenibile ! E’ un trionfo !"

Qualcuno, a destra, si deve essere reso conto dell’effetto di un simile annuncio: tant’è vero che, poco dopo l’annuncio, sul "Giornale" del 12/03/2001, appariva un articolo di Cervi che lo invitava a cambiare idea.

L’articolo è un pezzo magistrale di giornalismo e di "mozione degli affetti" : ma non risponde veramente all’obiezione fondamentale di Montanelli, cioè come si possa in coscienza votare qualcuno che definisce la fine della legislatura come "il ritorno della democrazia".

Cervi tenta di spiegare che con quella frase si voleva solo dire che la maggioranza che ha governato e il suo premier erano diversi da quelli eletti cinque anni fa: ma le regole costituzionali vigenti non solo rendono possibili questi cambiamenti ma anzi impongono che il capo dello stato tenti prima qualsiasi altra soluzione piuttosto che andare di nuovo alle urne. Non siamo in Inghilterra, dove la caduta del premier trascina automaticamente con sé l’intero governo. Stando le cose come stanno l’aver cambiato maggioranza è premier poteva magari essere contestato dal punto di vista politico, ma non certo essere definito come mancanza di democrazia.

Cervi accusa pure quanti fra i parlamentari hanno cambiato casacca, quasi questo malvezzo dovesse cessare per incanto con un governo Berlusconi, quasi come se, nel breve periodo in cui ha governato il cavaliere, non ci fossero stati anche allora personaggi prontissimi a saltare sul carro del vincitore.

Insomma, le obiezioni di Montanelli sembrano valide e, come ho detto all’inizio, si potrebbe pensare che se si è convinto lui chiunque altro si debba convincere e che si tratti di un trionfo.

Secondo me non è affatto così.

Per molte ragioni :

  1. Montanelli ha quasi sempre mantenuto una posizione minoritaria, contro corrente, "aristocratica" e dunque le sue opinioni non è affatto detto che rispecchino quello che la gente pensa (anzi in genere è vero il contrario)
  2. Con il potere mediatico di Berlusconi è facile far passare anche la legittima indignazione di Montanelli come una sorta di slogan elettorale della "solita" sinistra che si appiglia a tutto pur di vincere
  3. Ho raccolto varie reazioni alle affermazioni di Montanelli fra amici e conoscenti, fra cui cito le seguenti che penso siano indicative di atteggiamenti più diffusi:
  • Che altro vuole quel vecchio ? Non sarebbe ora che dessero spazio alle opinioni di gente più giovane ?
  • Ma come ? Proprio ora che noi (= la destra) possiamo e dobbiamo vincere questo diventa di sinistra ? Ma non è mai contento ?
  • Si arrabbia tanto per uno slogan ! Come se gli altri (=la sinistra) non dicessero ben di peggio! Come se non facessero ben di peggio !

Insomma non è sicuramente con l’opinione di un personaggio singolo, sia pure rispettato da tutti (o almeno da tutte le persone ragionevoli) come Montanelli, che si può far pendere l’ago della bilancia dall’altra parte.

Vorrei però fare anche un’altra considerazione : penso che non sia affatto efficace usare le frasi di Montanelli come un’ennesima riprova che "non si può" votare per il polo a meno di non essere in mala fede, male informati, sedotti dal verbo televisivo di Berlusconi ecc. ecc.

Non credo sia legittimo accusare un buon quarto (se non molto di più) del paese di votare per un partito "non votabile" come invece spesso molti esponenti della sinistra lasciano intendere o anche dicono esplicitamente.

Mi spiego meglio : quando nacque la Lega molti politici la liquidarono come "voto di protesta" o come un innocuo e passeggero fenomeno di colore. Quando però raggiunse percentuali a due cifre e stravinse a Milano, giustamente i leghisti sostennero che non si poteva più racchiudere il loro movimento in formule tanto semplici. La Lega era diventata un partito alla pari con gli altri, un’opzione politica come le altre.

Così pure anche adesso il Polo non dovrebbe essere considerato un carrozzone che vive solo grazie al potere economico e mediatico: certo, questi poteri lo aiutano, ma non sono tutto. Ci sono senza dubbio moltissime persone che votano Polo non perché ci sono gli spot ma perché suppongono che abbia un programma migliore, che difenda certi valori, che assicuri una migliore economia ecc. ecc.

Bisogna criticare la politica del polo in quanto politica

  • Criticare non perché Berlusconi ha atteggiamenti messianici ma perché questi atteggiamenti nascondono proposte e programmi vaghi o utopistici
  • Criticare non perché la Lega è tanto razzista da degenerare nel ridicolo di un sindaco che vuole murare vivi dei frati solo perché nutrono degli extracomunitari ma perché questo razzismo non tiene conto del fatto che, proprio nel nord-est che vota Berlusconi, moltissime aziende ormai non vivrebbero senza extra-comunitari, che i crimini degli "albanesi" sono spesso organizzati e sfruttati da italiani, che è di fatto impossibile fermare un fenomeno epocale come la migrazione dai paesi poveri a quelli ricchi e che dunque tanto vale cercare di governare il fenomeno invece che irrigidirsi in uno sterile "no e poi no" ecc.
  • Criticare AN non perché sono "fascisti" ma perché proprio non si vede come il loro concetto di stato possa unirsi a quello della Lega in una qualunque sintesi che possa ispirare delle riforme coerenti

E questi, naturalmente, sono solo esempi.

In poche parole : non dire "non puoi votare quella gente perché saresti un cretino solo a pensarci" ma piuttosto :"Guarda che votando per loro tu in realtà voti per questo, questo e quest’altro, opzioni che si possono criticare da questo, questo e quest’altro lato; mentre la proposta del centro-sinistra sostiene invece che…"

O almeno così la penso io.

Luca Varrese

Giustizia (Marzo 2001)

Una notizia sconvolgente di questi giorni è stata la condanna all'ergastolo di Lionel Tate, un ragazzo negro di quattordici anni. Lionel, giocando con una bambina e volendo imitare dei lottatori, l'ha scaraventata malamente e l'ha uccisa. Tutto questo quando lui aveva solo undici anni (secondo certe fonti dodici, ma non cambia nulla).

Ora, io posso capire il dolore dei genitori della bimba nel perdere una figlia in un modo tanto doloroso, ma non ha alcun senso condannare a vita un ragazzino.

Essendo cresciuto in un ambiente povero e ignorante (non per colpa sua, sia chiaro) è verosimile che Lionel non si rendesse affatto conto che poteva fare del male e che per cadere come un lottatore acrobata ci vogliono lunghi allenamenti.

L'emarginazione del suo ambiente è provata anche dal fatto che la madre aveva rifiutato una pena più lieve (si fa per dire : si parla comunque di tre anni di riformatorio e altri dieci di libertà vigilata) semplicemente perché non aveva capito cosa le fosse stato offerto.

Ora sembra che, grazie alle proteste di Amnesty International e di un sindacato dei poliziotti stessi, Lionel possa esser graziato da un parente di Bush (che è tutto dire), ma il dramma del fatto, che sia potuto accadere, resta.

Senza contare che accadono tanti episodi simili, sia pure meno spettacolari; e che, essendo appunto meno spettacolari, vengono ignorati e non sono a lieto fine.

Una giuria popolare ha condannato un ragazzino all'ergastolo. Vedere queste cose scuote la mia fondamentale fede nella natura umana.

Forse l'insegnamento è che la natura umana è proprio come la descrivevano Hobbes, Nietzsche, Hitler e altri : volontà di potenza, vendetta, lotta dell'uno contro l'altro, sopravvivenza del più adatto....

Ma se anche fosse così rimane il fatto che l'uomo non è solo natura : è anche cultura (e per me che sono credente è anche anima). Quindi deve trascendere l'impulso naturale, cercando anche cose come la vera giustizia.

E in Italia ?

Erica, che secondo me ha ucciso con ben maggiore freddezza e consapevolezza, è quasi vezzeggiata da psicologi, operatori sociali e via dicendo: e si parla addirittura di non punirla. Si potrebbe dire che è meglio sbagliare per eccesso che per difetto. Ma ho paura che Erica sia trattata così non per il motivo giusto (cioè che in fondo è pur sempre una minorenne che aveva le sue fragilità; che il suo ambiente, per motivi opposti a quelli di Lionel, era comunque poco adatto ad una crescita sana visto l'aura bigotta e perbenista che vi spirava; che la pena deve comunque mirare prima di tutto al bene della persona punita ecc.) ma solo perché è una "ragazza di buona famiglia", bianca, il cui padre, un uomo ricco e rispettato, la difende a spada tratta (dal suo punto di vista comprensibilmente; ma gli altri dovrebbero essere più obiettivi).

E, in casi più "normali", i cavilli legali sono tali e tanti che alla fin fine la bilancia della giustizia pende sempre verso chi sa sfruttarne le pieghe, verso i ricchi e i potenti della terra, come è sempre stato e, secondo i cinici, come sempre sarà.

Eppure, come ho detto prima, io continuo testardamente a credere che l'uomo debba anche trascendere e puntare ad una vera giustizia...

Come ? Nel caso italiano credo che si dovrebbe cominciare seriamente a sfrondare il labirinto di leggi e leggine, procedure, cavilli burocratici ecc. in cui ormai si impantana quasi ogni azione giudiziaria.

Questo non significa affatto che la difesa non debba avere pari diritti : anzi, una procedura più snella e trasparente sarebbe secondo me vantaggiosa per tutti (salvo ovviamente per chi vuole pescare nel torbido).

P.S. Avrete notato che scrivo "negro" e non "di colore" o qualcosa di simile. Questo perché il perbenismo del linguaggio politicamente corretto mi dà fastidio come poche cose al mondo. Bisogna essere corretti. Il linguaggio (salvo casi estremi) è un problema secondario.

Ma mi spiegherò meglio un’altra volta.

Luca Varrese

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