Il Caso Bologna

Il Caso Bologna

Edilizia popolare, a Bologna graduatorie da rifare

Riconosciute Dalla Procura Le Illegittimità Amministrative

Il Sole 24 Ore; mercoledì 17 ottobre 2007 - CentroNord - prima pagina

di Giorgio Costa

Riconsiderare le migliaia di assegnazione di case popolari effettuate dal Comune di Bologna dal 1990 sino al 2004 per verificare se le condizioni soggettive degli utilizzatori giustificano l'assegnazione alla luce delle attuali graduatorie di soggetti in attesa di immobile.

La procura della Repubblica di Bologna mette la parola fine alla vicenda sollevata dall'allora assessore Antonio Amorosi (si veda "Il Sole 24 Ore -CentroNord" del 22 febbraio 2006) con un recente decreto di archiviazione per quanto riguarda l'abuso d'ufficio (ora la parola passa però al Gip) ma bolla come caratterizzati da "illegittimità amministrative" i provvedimenti adottati dalla commissione Casa dal 1990 al 2004.

Infatti, prima della denuncia presentata dall'assessore Amorosi (che ebbe come conseguenza le sue dimissioni dalla Giunta Cofferati dal quale fu di fatto "scaricato"), e dalla riforma della prassi in uso, nel 2004 per avere un appartamento del comune a Bologna c'erano due strade: o la graduatoria ERP e in fila con altri 4700 famiglie, oppure rivolgersi direttamente ai consiglieri della commissione Casa (rigorosamente bipartisan, da destra all'estrema sinistra) o all'assessore comunale competente, entrando così nella corsia di sorpasso dell'urgenza. Senza punteggio, con regole molto elastiche con l'assistenza, per le pratiche, dei consiglieri comunali che si trovavano a gestire un parco di 12.400 alloggi con un turnover annuale di 300 alloggi l'anno (e circa 800 stabili vuoti causa la necessità di interventi di ristrutturazione o riparazione). E, normalmente destra e sinistra si scambiavano i favori. Ad esempio, Carlo Monaco, assessore della Giunta Guazzaloca sponsorizzava la pittrice lettone Lolita Timofeeva, autrice anche di una rappresentazione piuttosto naif dell'allora sindaco.

La signora si leggeva nella pratiche, è ospite di amici "che devono liberare l'appartamento" e anche se manca il modello Unico, non importa, lo presenterà dopo.

Così l'8 giugno 2004 la casa é assegnata d'urgenza. Mettersi in graduatoria, evidentemente, non era consono al suo status di persona che dà "un contributo importante ai rapporti tra Italia e Lettonia".

Prodiga, ovviamente, anche la sinistra. Tempi rapidissimi anche per la "verde" Marcella Di Folco, ex consigliere comunale ed ex componente della commissione Casa, che si è vista assegnare (siamo nel 2000) un immobile 11 giorni dopo la richiesta. E dopo neppure un mese che nella nuova casa, vende quella di sua proprietà. Nulla di male, se era inadeguata.Resta l'anomalia di avere evitato ogni graduatoria e un punteggio di partenza che, di certo, lasciava poche speranze e il viatico di "persona conosciuta" come istruttoria dei servizi sociali comunali.

Ora il Pm dà ragione ad Amorosi riconoscendo da una parte la difficoltà di verifica dei criteri adottati per l'assegnazione e dall'altro lo strapotere della commissione Casa che finiva per decidere a pieno titolo sull'assegnazione della casa anche attraverso il discutibile sistema della riserva, che finiva per bypassare la parte della motivazione. E anche i funzionari del Comune che partecipavano alle varie sedute finivano per assecondare il meccanismo.

Ma se tutto questo configura illecito amministrativo per la procura di Bologna si è ben lungi dall'abuso d'ufficio (articolo 323 del codice penale) in quanto la scorrettezza gestionale deve concorrere con un ingiusto vantaggio patrimoniale altrui (resta da vedere a questo punto se anche il Gip sarà d'accordo con questa impostazione). E siccome le assegnazioni erano fatte a soggetti comunque nei limiti patrimoniali e di reddito fissati dal Comune, il reato non scatta (anche se resta agli atti che molti redditi venivano "adeguati" per la bisogna nel periodo in cui si valutava l'assegnazione).

Quel che scatta, invece, è la necessità per il Comune di rivalutare le assegnazioni effettuate, anche al fine, lascia intendere il decreto di archiviazione, di garantire in autotutela il Comune dalle eventuali richieste di soggetti in graduatoria che ritengano di aver subito un danno. Facile prevedere che tutto finirà in niente-anche perché non è chiaro chi possa imporre realmente al Comune la nuova disamina, specie alla luce della recente sentenza della Corte di cassazione che di fatto legittima l'occupazione di immobili pubblici purché si resti nei limiti di reddito stabiliti (in Emilia-Romagna 30mila euro)-con buona pace delle graduatorie, del punteggio e della trasparenza.

A Bologna, nella città della "legalità", non a Napoli.

Le puntate precedenti

Puntata numero 1

IL CASO BOLOGNA

CASE POPOLARI, LA GRADUATORIA PUÒ ATTENDERE

di Giorgio Costa

Il Sole 24 Ore del 22 febbraio 2006 -prima pagina edizione CentroNord

Per avere un appartamento del Comune di Bologna c'erano due strade: o la graduatoria Erp, in fila con altre 4700 famiglie, oppure rivolgersi direttamente ai consiglieri della commissione Casa (rigorosamente bipartisan, da destra all’estrema sinistra) o all'assessore comunale competente, entrando così nella corsia di sorpasso dell'urgenza.

Senza punteggio con regole molto elastiche e con l'assistenza per le pratiche dei consiglieri comunali. Fino al 2004 è andata così (e ora la procura della Repubblica sta indagando); poi l'ex assessore Antonio Amorosi ha rivisto il meccanismo e ha messo dei tecnici a valutare l'urgenza dei casi. Ci ha rimesso il posto; perché la sua iniziativa, che puntava il dito sull'eccessiva discrezionalità del consiglio comunale passato, non ha entusiasmato i colleghi del presente, dai quali non ha avuto l'appoggio che era legittimato ad attendersi.

L'elenco dei beneficiari che la Giunta Guazzaloca (in barba ad ogni linea di confine tra la gestione che spetta ai dirigenti e il controllo politico amministrativo che è in capo agli eletti) ha messo in corsia di sorpasso, invocando il criterio dell'urgenza, è lungo. Due casi svettano su tutti, non per le persone interessate ma a titolo di esempio di come si possa sistematicamente eludere il meccanismo della graduatoria anche nei casi di emergenza.

Uno è quello di Lolita Timofeeva, pittrice lettone (autrice di uno modesto ritratto di Giorgio Guazzaloca visibile al sito www.pubit.it/sunti/euc0312z.html) in Italia dal 1991, la cui candidatura era sostenuta dall’allora assessore Carlo Monaco (Giunta Guazzaloca). La signora era ospite di amici "che devono liberare l'appartamento" e poi il suo caso era segnalato dall'ambasciata d'Italia in Lettonia. Mancava il modello unico ma non importa, lo presenterà dopo. Così l'8 giugno 2004 la casa è assegnata. Mettersi in graduatoria, evidentemente, non era consono al suo status di persona che da "un contributo importante ai rapporti tra Italia e Lettonia" (i virgolettati sono nel testo di segnalazione di emergenza abitativa alla base dell'assegnazione). Basta e avanza per avere una casa al volo.

L'altro riguarda Marcella Di Folco, ex consigliere ed ex componente della commissione Casa che si è vista assegnare (nel 2000) un immobile 11 giorni dopo la richiesta. Dopo neppure un mese nella nuova casa, vende quella di sua proprietà. Nulla di male, se era inadeguata alle sue esigenze. Resta l'anomalia di avere evitato ogni graduatoria e un punteggio di partenza che, di certo, lasciava poche speranze.

Seconda Puntata

CASE ACER, POTERE DEI TECNICI

GLI ALTRI CAPOLUOGHI CONDIVIDONO LA SVOLTA DI BOLOGNA CHE ÈCOSTATA IL POSTO ALL'ASSESSORE AMOROSI

di Giorgio Costa

Il Sole 24 Ore del 22 febbraio 2006 -edizione CentroNord

Bologna. La scelta di mettere all'indice la commissione per l'assegnazione degli alloggi Acer del Comune di Bologna è costata cara all'assessore alla Casa Antonio Amorosi che ha dovuto dimettersi, di fatto sfiduciato dal sindaco Sergio Cofferati. La contestazione dell'assessore riguardava essenzialmente le modalità di composizione della commissione (fatta da consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione e presieduta dall'assessore di settore) e il modus operandi della stessa in relazione all'assegnazione degli alloggi di specie per quel che riguardava le cosiddette urgenze.

Ma tutto è stato giudicato legittimo da una commissione d'inchiesta (composta ancora da membri del consiglio comunale) e all'assessore non è rimasto che prendere atto da un lato degli esiti dell'indagine dall'altro del silenzio di Cofferati e così ha lasciato gli uffici di via De'Pignattari.

Se si sposta la questione dalla polemica politica la tesi di fondo, cioè sulla correttezza della presenza dei consiglieri comunali in commissione, occorre registrare che in Emilia-Romagna nessun grande Comune si comporta come faceva Bologna sino a quando Amorosi ha preso la guida dell'assessorato e ha sostituito i politici con i tecnici. Una scelta data per scontata, ad esempio, e rigorosamente perseguita a Ravenna come a Parma o a Modena; città in cui anche la disciplina delle "urgenze" era assai più ferrea di quel che accadeva a Bologna.

A Ravenna, ad esempio, il presidente della commissione, è un tecnico indicato dal sindaco (un avvocato) e in commissione siedono altri quattro tecnici (due comunali e due espressioni delle minoranze) e i rappresentanti dei sindacati inquilini.

"Abbiamo un regolamento - spiega l'assessore alla Casa, Ilario Farabegoli - che disciplina nei minimi dettagli i punteggi riservati ai casi d’urgenti che coprono circa il 25% degli alloggi disponibili, che sono oltre 2200. Inserire dei politici nelle commissioni comunali significa correre il rischio di creare clientelismi; la nostra scelta è di far lavorare i tecnici sulla base di indicazioni ben precise scritte nel regolamento".

Stessa musica a Parma dove i consiglieri comunali stanno rigorosamente fuori dalla commissione casa. "La commissione verifica la correttezza dei punteggi assegnati sulla base del regolamento - spiega l'assessore Claudio Bigliardi - e sulle emergenze lavora una diversa commissione composta di tecnici ma di competenza dell'assessorato ai servizi sociali". Anche a Modena spiega il dirigente dell'ufficio casa del Comune, Carlo Nicoli, "graduatorie rigide con indicatori ben specificati e punteggi definiti per definire l'emergenze che coprono circa 200 sui 3000 alloggi pubblici".

È a Bologna erano proprio le emergenze il punto critico del sistema. Un meccanismo che sembrava studiato su misura per mettere nella disponibilità dei consiglieri della commissione casa un lotto di circa 150 appartamenti. Infatti, pur esistendo un regolamento sulle emergenze, la sua genericità e la non previsione di un punteggio che orientasse le scelte della commissione, di fatto, come dimostrano gli atti su cui sta indagando la procura della Repubblica, la discrezionalità era molto alta, come ammette la stessa commissione di inchiesta consiliare che scrive di "situazione amministrativa anomala che era opportuno correggere". Discrezionalità che, però, secondo i commissari "non è mai sfociato in arbitrio o privilegio" ma che, di fatto, ha trasformato i consiglieri comunali in "collettori" del bisogno abitativo, con provvedimenti di sistemazione provvisoria firmate dall'assessore competente. Che normalmente scrive direttamente all'assegnatario comunicando il buon esito della pratica.

Fatti che emergono con chiarezza dal carteggio depositato dall'ex assessore Amorosi e che contrastano alla radice con il principio della separazione tra funzioni amministrative (che spettano ai dirigenti) e controllo politico (di pertinenza degli eletti dal popolo) alla luce della di Dlgs 267/2000.

Riflessioni, peraltro, espresse sia dall'ufficio legale del Comune di Bologna sia nel parere dell'unità di consulenza giuridica dell'area opere pubbliche e gestione del patrimonio dell'ente stesso, che ha di fatto negato la correttezza del sistema adottato.