LA BIBBIA NAZISTA

Lo scandaloso interesse che continua a suscitare il Mein Kampf di Adolf
Hitler, la «bibbia nazista» come venne chiamato fin dalla sua pubblicazione
(le due parti, uscite nel 1925 e 1926, vennero riunite in un unico tomo nel
1930), è al centro dell'ultimo saggio del giornalista francese Antoine
Vitkine, Mein Kampf. Storia di un libro (Cairo,pp. 288,euro 16).

Vitkine sgombra subito il campo dal risibile feticismo di collezionisti e nostalgici
esaltati (l'altra faccia della rimozione storica) per rispondere a due
quesiti insoluti riguardo a questo «grosso volume di settecento pagine dense
e dallo stile pesante, martellante e ripetitivo». Il primo lo formulò Viktor
Klemperer, intellettuale tedesco di origine ebraica, nel suo toccante diario
del 1947, La lingua del Terzo Reich, taccuino di un filologo (pubblicato in
italiano da Giuntina): «Com'è possibile che l'opinione pubblica sia venuta a
conoscenza di questo libro, e nonostante ciò siamo arrivati ugualmente al
regime di Hitler, quando la bibbia del nazionalsocialismo era in
circolazione già anni prima che lui prendesse il potere? Questo rimarrà
sempre per me il più grande mistero del Terzo Reich».

E ancora, si chiede
Vitkine: «Le idee contenute nel Mein Kampf sono vive ancora oggi? C'è in
questo libro un fuoco che cova sotto le braci? Il Mein Kampf contiene
davvero un veleno come pensavano le forze alleate, che alla fine della
Seconda guerra mondiale decisero di bandirlo per sempre?». Domande precedute
dalle cifre che danno la misura della persistente diffusione del libro: «Il
Mein Kampf non ha mai smesso di essere un bestseller. Dal 1945 in poi, il
testo di riferimento del nazismo ha venduto milioni di copie [.] Secondo la
rivista americana Cabinet, solo la versione in inglese vende ogni anno circa
20mila copie.

In Francia un editore d'altri tempi continua a ripubblicarlo,
in modo del tutto legale, e il libro compare nella classifica dei titoli di
maggior successo anche in altri paesi: in Turchia ne sono state vendute
80mila copie in un solo anno». Cifre che esprimono quella curiosità diffusa,
simile alla fascinazione ambigua che spinge certi collezionisti a
aggiudicarsi all'asta i paesaggi ad acquerello del giovane Hitler. Il
tentativo di avvicinarsi all'orrore attraverso le sue manifestazioni
iniziali, sia pure insignificanti o, com'è il caso di un libro,
apparentemente inoffensive.

Ed è proprio questo sentiero sdrucciolevole,
astenendosi dal far pesare il giudizio di vincitori e vinti, l'unico modo
per rispondere a quelle domande: ripercorrere la gestazione del Mein
Kampfcome mero prodotto editoriale, isolando quanto di suggestivo e di
letale vi fosse incistato. Si comincia così dalla fortezza di Landsberg in
Baviera, dove il 34enne Adolf, ex caporale in disarmo della Grande Guerra
asceso al vertice del neonato NSDAP (Partito Nazionalsocialista dei
Lavoratori Tedeschi), era stato tratto in arrestodopo il fallito colpo di
stato del novembre 1923, il cosiddetto putschdella birreria.

In compagnia di
Rudolf Hess e altri fedelissimi della prima ora, Landsberg diverrà per
Hitler un nido dove covare il suo uovo di serpente. La stesura della memoria
difensiva per il processo si trasforma in un libro, in cui Hitler risponderà
ai suoi detrattori e spiegherà il suo tentativo di colpo di Stato, il cui
fallimento lo tormenta. I mezzi non gli mancano: il direttore della fortezza
è un sostenitore della sua causa e gli assegna una cella singola e pulita
con veduta sulla campagna. Il banchiere Emil Georg, direttore della Deutsche
Bank e finanziatore del NSDAP, gli fornisce una macchina per scrivere
Remington.

La nuora di Richard Wagner, Winifred, gli spedisce carta e
cancelleria. Dopo la prima stesura, che risente dello stile oratorio
sovreccitato e contorto (quando non batteva a macchina, Hitler dettava a
Hess o all'autista Emil Maurice), Max Amann, responsabile della piccola casa
editrice del partito, dispone un vero editing. Il lambiccato titolo voluto
da Hitler, Quattro anni e mezzo di lotta contro le menzogne, la stupidità e
la codardia, viene cambiato nel tonante Mein Kampf. Hess e Ernst
Hanfstaengl, tedesco-americano laureato a Harvard, unici dotati di
un'istruzione superiore, ne asciugano la prosa e chiariscono l'esposizione.
È così che la bibbia nazista nacque: come un libro lavorato per i gusti
delle masse. Da qui la risposta alla domanda di Klemperer: il regime di
Hitler fu possibile non nonostante, ma proprio perché il Mein Kampf era in
circolazione da anni, così come da anni era emerso il suo pubblico.