La Turchia, ora alleata di Hamas, non solo contro Israele, ma anche contro Fatah

 Gerusalemme. Teste coronate rotoleranno, nei prossimi mesi. Non per placare le ipocrite critiche degli alleati, che non perdonano ad Israele nessun errore e spesso chiudono entrambi gli occhi su quelli dei suoi nemici, ma perché lo pretende un'opinione pubblica infuriata. Non c’è sala da pranzo, ristorante o bar in cui non si discuta, con pena, "di quei nostri ragazzi mandati allo sbaraglio, umiliati". 

Le immagini dei soldati sopraffatti da una gang di violenti armata di bastoni e coltelli sul ponte della Mave Marmara feriscono l’orgoglio nazionale. In un Paese che è ancora una grande famiglia, quei ventenni col volto insanguinato e la paura negli occhi hanno un nome e un cognome, e tutti vi vedono i propri figli, fratelli, nipoti.

L'esercito in Israele è l'istituzione più sacra. I soldati che scelgono di servire in una unità scelta, come il commando navale che ha attaccato la flottiglia turca, sono eroi per definizione. Il Paese non perdona chi ne mette a repentaglio la vita e ne compromette il prestigio: i responsabili devono pagarne il prezzo. Questa consapevolezza è dietro la grandi manovre sulla natura e i poteri della Commissione d'inchiesta che Israele istituirà per far luce sul fiasco. Fatte le dovute proporzioni, Netanyahu si trova oggi nella stessa posizione di Olmert. Nel 2006, all'indomani della deludente offensiva contro gli Hezbollah, nel sud del Libano, l'allora premier fu costretto a istituire la commissione Winograd. L'inchiesta costrinse alle dimissioni il ministro della Difesa Peretz. Il governo Olmert non fu più lo stesso.

Allo stesso modo, l'esito dell’assalto alla Mavi Marmara, promette di divenire il fattore catalizzante di cambiamenti nel governo, che si materializzeranno nei prossimi mesi. L'esito più probabile, è quello di un governo di coabitazione, con Netanyahu premier e Tzippi Livni ministro degli Esteri. Fallito il tentativo di spaccare Kadima, Netanyahu non ha altra scelta per allentare la pressione internazionale, placare Obama, salvare ciò che resta dell’embargo anti Hamas, tentare di risalire la china nei rapporti quasi spezzati con la Turchia e svincolarsi dalle corde in cui lo hanno messo i palestinesi, rifiutando il negoziato diretto. 


Se Netanyahu ha più di una ragione per non ridere, il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, a dire il vero, ne ha molte per piangere. Dalla scorsa settimana, Hamas vanta un nuovo alleato nella regione, la Turchia. Un gran brutto colpo per Mahmoud Abbas, che ieri, sulla strada per Washington, dove oggi incontra il presidente Obama, ha fatto tappa ad Ankara per un faccia a faccia col premier Erdogan.

Gli ha espresso la sua preoccupazione per la marcia di avvicinamento verso il movimento islamico arcinemico. Erdogan, per tutta risposta, ha offerto di mediare tra Fatah e Hamas. Insomma, picche.Gli eventi della settimana hanno fatto suonare allarme rosso a Ramallah, facendo sgretolare il conveniente muro di ipocrisia dietro cui si era finora trincerata l'Autorità palestinese sulla questione dell'embargo a Gaza. Azzam al-Ahmed, un dirigente di spicco di Fatah, ha detto chiaro e tondo di essere contrario alla fine dell’embargo a Gaza, finché Hamas non accetterà il piano di riconciliazione proposto dall’Egitto. L’Autorità Palestinese preoccupata anche per la decisione dell’Egitto, sotto pressione da parte della sua opinione pubblica, di riaprire, sine die, sia pure solo per chi è in possesso di uno speciale permesso, il valico di Rafah, la porta con la Striscia di Gaza.

Era sigillato dal 2007, perché Hamas si rifiuta di accettare l’accordo internazionale che impone l'apertura del valico sotto il controllo di una forza europea e la supervisione della Guardia Presidenziale fedele a Mahmoud Abbas. Ora, grazie agli eventi dell’ultima settimana, Hamas è ad un passo da un vittoria strategica: quella di controllare le frontiere del suo stato. Uno stato islamico, finanziato dall'Iran. Che costituisce una minaccia non solo per Israele, ma anche per l’Egitto, i Paesi del Golfo, l’Autorità Palestinese. La verità che sfugge a chi, anche in Italia, legge il Medio Oriente in modo manicheo è che la Mavi Marmara era diretta anche contro contro i moderati. Per questo è un errore grave chiamarla “Flottiglia della pace”.

C. Pagliara su LegnoStorto