LA DEFORESTAZIONE: CAUSE ED EFFETTI DI STEFANIA UNIDA La copertura globale delle foreste è un indicatore di salute dell'intero pianeta. Una foresta intatta è fondamentale per il ciclo dei nutrienti, la regolarizzazione del clima, la stabilizzazione del suolo, la ricchezza di vita, e l'offerta di opportunità ricreative. Secondo una stima conservativa, queste funzioni hanno un valore di più di oltre 4.700 miliardi di dollari, un totale pari ad un decimo del prodotto lordo mondiale. Le foreste, inoltre, forniscono beni essenziali quali cibo, medicinali e una larga fascia di prodotti derivati dal legno. Le foreste sono grandi ecosistemi localizzati a tutte le latitudini. Partendo da Nord incontriamo:
Le risorse delle foreste, in particolare
quelle tropicali, sono innumerevoli e possono essere
raccolte in quattro gruppi principali:
Le foreste mondiali coprono 3,9 miliardi di ettari - quasi un terzo della superficie delle terre emerse del mondo, escludendo l'Antartico e la Groenlandia. Sebbene grande, questa area coperta è solo la metà di quella che esisteva all'alba dell'agricoltura, circa 11.000 anni fa. La maggioranza delle foreste non sono più nel loro stato originario, avendo modificato la loro composizione e qualità. Una stima del cambiamento della copertura forestale mondiale è assai difficile da realizzare, viste le conflittuali definizioni riguardanti ciò che costituisce, realmente, una foresta, per la mancanza di mappe satellitari e radar e per i cambiamenti che subiscono aree non monitorate. La FAO stima che nel mondo sono stati persi 94 milioni di ettari di foreste nell'ultimo decennio del ventesimo secolo. Da questo dato risulta che i paesi in via di sviluppo hanno perso 130 milioni di ettari, mentre in quelli già sviluppati ne sono stati guadagnati 36 dall'abbandono delle aree sfruttate ad uso agricolo. La perdita annuale di foreste naturali, durante questo periodo - tra deforestazione e conversione delle foreste naturali in aree destinate allo sfruttamento del legname - è di 16 milioni di ettari - il 94% dei quali nei paesi tropicali. Durante gli anni '90, il Brasile ha vissuto la più grande perdita di foresta - 23 milioni di ettari - mentre il Sud Africa ha perso 37 milioni di ettari. In Africa sono stati distrutti 52 milioni di ettari. Il Sudan, lo Zambia e la Repubblica Democraticadel Congo costituiscono insieme la metà della perdita totale africana. Mentre gli Stati Uniti hanno guadagnato 4 milioni di ettari di foreste, il Messico ne ha persi più di 6, sebbene i rapporti governativi dimostrano che la perdita potrebbe essere maggiore. La perdita totale per l'America del Nord e centrale è stata di 6 milioni di ettari. Una campagna di riforestazione massiccia in Cina ha comportato l'aumento di 1,8 milioni di ettari annuali durante l'intero decennio, grazie soprattutto allo stop dato al taglio. E' aumentato di conseguenza l'acquisto di prodotti derivati dalle foreste da altre nazioni. In Indonesia, dove tre grandi incendi hanno distrutto 13 milioni di ettari in questa decade, la perdita di foresta è aumentata e adesso si è giunti ad una perdita di 2 milioni di ettari l'anno. Durante il decennio, si e registrata in Asia una perdita di 4 milioni di ettari. Sebbene i dati FAO suggeriscano che la perdita mondiale di foreste complessivamente si sta riducendo, la deforestazione nelle aree tropicali è in aumento, superando i 13 milioni di ettari annui. Dal momento che il disboscamento aumenta in molte parti del mondo, la metà delle foreste rimanenti risulta a rischio. Il World Resources Institute stima che circa il 40% delle foreste del mondo, considerando l'attuale trend, spariranno nei prossimi 10-20 anni, se non prima. Il tasso di deforestazione Il tasso reale di deforestazione è difficile da determinare. Gli scienziati studiano la deforestazione delle foreste tropicali analizzando le immagini provenienti dal satellite delle zone di foresta che sono state eliminate. L'Organizzazione per l'alimentazione e
l'agricoltura (FAO) valuta che sono state distrutte 53.000
miglia quadrate di foresta tropicale
ogni anno durante gli anni 80, e valuta che di
queste, 21.000 miglia quadrate vengono distrutte
annualmente nellAmerica del Sud, la maggior parte
di queste nel bacino dellAmazzonia. Sulla base di
queste valutazioni, una zona della foresta tropicale
abbastanza grande per coprire Il tasso di disboscamento varia da
regione a regione. I risultati di una recente ricerca
hanno indicato che nellAmazzonia, il tasso di
disboscamento era di circa 6200 miglia quadrate all'anno
nel periodo compreso tra il 1978 e il 1986, ma si è
abbassato a Entro il 1988, il 6% della foresta Amazzonica brasiliana è stato disboscato. Tuttavia, a causa dell'isolamento dei frammenti di foresta, un totale di 16,5% della foresta (230.000 miglia quadrate, una zona grande quasi quanto il Texas) è stato influenzato dal disboscamento. Gli scienziati attualmente stanno analizzando i tassi di disboscamento per la decade corrente. La regione più piccola dell'Asia Sudorientale (Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Tailandia e Vietnam) ha perso tanta foresta all'anno quasi quanto lAmazzonia, con 4800 miglia quadrate all'anno convertite in campi agricoli o in legname. Cause della deforestazione La causa primaria della deforestazione è il consumo del legno. Dal 1960, la produzione industriale
globale di legname è cresciuta del 50%, fino a 1,5
miliardi di metri cubi, di cui i 4/5 appartengono a
foreste primarie o secondarie. Quasi la stessa quantità,
1,8 miliardi di metri cubi, viene usata per il
riscaldamento nei paesi in via di sviluppo. Nel mondo, solo 290 milioni di ettari di foresta sono protetti dal taglio, ma anche queste sono minacciate dallo sfruttamento illegale. Delle 200 aree mondiali ad alta diversità biologica, il 65% sono vittima del disboscamento illegale. Tale pratica ha condotto alla devastazione di foreste in tutto il globo, riducendo gli incentivi alle popolazioni locali nell'investire in uno sfruttamento più sostenibile e provocando danni ai governi per circa 15 miliardi di dollari l'anno. Le foreste piantate coprono ora più di 187 milioni di ettari, meno del 5% dell'area totale coperta da foreste, e forniscono il 20% della produzione di legname attuale. Dal momento che le foreste si stanno esaurendo e la loro produzione decresce, una percentuale sempre più crescente della domanda mondiale di legno verrà soddisfatta da queste "fattorie d'alberi". Piantagioni ben pianificate e gestite possono soddisfare pienamente le richieste di legname. Sfortunatamente, il mondo ha visto nascere molte di queste piantagioni a discapito di foreste più antiche e varie. In alcuni casi, i governi hanno concesso foreste a compagnie chiedendo loro la sostituzione degli alberi tagliati. Dopo aver fatto piazza pulita, invece, le compagnie hanno lasciato la terra spoglia e si sono mosse verso lo sfruttamento di nuove aree. In Indonesia, ad esempio, 9 milioni di ettari sono stati concessi per lo sviluppo di piantagioni di legname: solo in 2, però, gli alberi sono stati effettivamente ripiantati. Le zone cui viene sottratto il loro
ecosistema naturale perdono la vegetazione, che
stabilizza il suolo ed è indispensabile per la chiusura
del ciclo dei nutrienti e previene l'erosione. Queste
aree perdono rapidamente la loro utilità. Anche quando
le piantagioni di alberi vengono realizzate sono assai
lontane dallo svolgere le funzioni che erano affidate
alle foreste secolari preesistenti, dove un numero di
specie di età diversa giocava un particolare ruolo
biologico; perciò i processi dell'ecosistema vengono
profondamente modificati ed impoveriti. Un'indagine delle foreste mondiali basata sull'uso dei satelliti e condotta per conto del Programma Ambientale dell'ONU, insieme alla NASA e al Geological Survey degli Stati Uniti, ha rilevato che l'80% delle foreste per gran parte intatte (quelle con una copertura vegetativa superiore al 40%) si trovano in soli 15 paesi. L'88% delle foreste largamente intatte sono scarsamente popolate, fatto che ci rende speranzosi di conservarle. Ben lontani dal parlare di una moratoria per la deforestazione, questi 15 paesi rappresentano un punto di partenza per la conservazione delle foreste. Cruciale per la riduzione della perdita di foreste mondiali naturali è il reperimento di alternative energetiche a bassa innovazione tecnologica, l'aumento del riciclaggio e l'uso della carta riciclata per soddisfare la produzione di legname. La riduzione del consumo di legno vergine è basilare per salvare il regno degli alberi. Quando si usano prodotti di legno, i governi debbono assicurarsi che tutta la produzione domestica e le importazioni provengano da foreste responsabilmente gestite, che soddisfino rigorosi standard ambientali e sociali, come quelli garantiti dal Forest Stewardship Council (FSC). Nel mondo, l'FSC ha certificato oltre 31 milioni di ettari di foresta (310.000 kmq.) in 56 paesi, numeri che cresceranno se lo farà anche la domanda di legnami certificati e se i venditori non certificati incontreranno difficoltà. Le cause principali della deforestazione, quindi, sono quelle del consumo del legname per la vendita e dellagricoltura. Intensa, o moderna, l'agricoltura si presenta su una scala molto grande, determinando a volte la deforestazione di varie miglia quadrate alla volta di terreno. I grandi pascoli dei bestiami sostituiscono spesso la foresta per lallevamento del manzo per il mercato mondiale. Tagliare gli alberi per vendere legname
è laltra fonte di guadagno determinata dalla
deforestazione. Il taglio può essere selettivo,
quando soltanto le specie economicamente più importanti
vengono tagliate, oppure può non essere selettivo quando
tutti gli alberi vengono tagliati. Tra i due tipi,
l'abbattimento selettivo è il più mascherato a causa
dell'estrema densità della foresta amazzonica. Per
effettuare il taglio degli alberi si impiegano macchinari
pesanti, quali i bulldozer e altri, per rimuovere gli
alberi tagliati e per costruire le strade. Le cause di disboscamento sono molto complesse. Al livello nazionale, i governi vendono le concessioni sui terreni per pagare il debito internazionale, o per sviluppare l'industria. Per esempio, il Brasile ha avuto un debito internazionale di 159 miliardi di dollari nel 1995. Per questo motivo ha cercato come via di guadagno la deforestazione di una vasta parte del suo territorio. Il disboscamento effettuato da un coltivatore agricolo è fatto spesso per aumentare i raccolti per la auto-sussistenza ed è guidato solo dall'esigenza umana di base di alimentarsi. La maggior parte dei paesi tropicali ha un tipo di economia molto diversa da quella degli Stati Uniti e coltivare rappresenta un modo di vivere basilare per una grande parte della popolazione. Nel Brasile, per esempio, i guadagni annuali medi a persona sono di 5400 dollari, confrontati ai 26.980 dollari a persona negli Stati Uniti (Banca Mondiale, 1998). In Bolivia, i guadagni medi a persona sono di 800 dollari. I coltivatori in questi paesi non hanno i soldi per comprare i beni primari di sussistenza e devono sfruttare i loro raccolti per prodursi gli alimenti e venderli per guadagnare. Ci sono altri motivi per disboscare le foreste, come la necessità di costruire città o dighe. Tuttavia, queste due ulteriori cause costituiscono soltanto una parte molto piccola del disboscamento totale. Conseguenze della deforestazione Quello che accade dopo che una foresta è stata tagliata è molto importante nella rigenerazione di quella foresta stessa. Le tecniche di taglio e gli usi differenti della terra hanno effetti variabili sulla terra stessa e sugli organismi che compongono la foresta. In una foresta pluviale tropicale, quasi
tutte le sostanze nutrienti utili per la vita si trovano
nelle piante e negli alberi, non nella terra come in una
foresta nordica o temperata. Quando le piante e gli
alberi sono ridotti per seminare la terra, i coltivatori
bruciano solitamente i tronchi dell'albero per liberare
le sostanze nutrienti necessarie per un terreno fertile.
Quando vengono le piogge, lavano via la maggior parte
delle sostanze nutrienti, lasciando il terreno molto meno
fertile. In poco tempo (circa 3 anni), la terra non è
più capace di sostenere i raccolti. Quando la fertilità della terra diminuisce, i coltivatori cercano altre zone. La zona precedentemente coltivata viene lasciata per svilupparsi di nuovo come foresta pluviale. Tuttavia, poichè i raccolti non si sono sviluppati bene a causa delle poche sostanze nutrienti, la foresta tornerà come prima molto lentamente. Dopo che la terra è stata abbandonata, la foresta può impiegare anche 50 anni per tornare come era prima della deforestazione. Alcuni tipi di agricolture possono essere molto devastanti per la foresta. I sistemi agricoli intensi usano, infatti, grandi quantità di prodotti chimici come gli antiparassitari ed i fertilizzanti. Questi prodotti chimici uccidono gli organismi viventi nella zona, infiltrandosi nel terreno. Sulle piantagioni della banana, gli antiparassitari sono usati sulle piante e nel terreno per uccidere gli animali. Tuttavia, questi antiparassitari inoltre uccidono altri animali ed indeboliscono la salute dellecosistema. Le piantagioni della banana utilizzano anche le fosse di irrigazione ed i tubi sotterranei per il trasporto dell'acqua, che cambiano l'equilibrio dell'acqua della terra. Dopo l'abbandono di una piantagione di banana, o di un altro sistema agricolo intenso, può occorrere un periodo di molti secoli per tornare foresta. Uno studio in Indonesia ha riscontrato che quando soltanto il 3% degli alberi sono stati tagliati, si ha un danneggiamento del 49% degli alberi nella foresta. Tuttavia, anche con questi ingenti danni, la foresta pluviale si svilupperà in modo relativamente rapido, perchè ci sono ancora molti alberi che forniscono i semi e che proteggono gli alberi più giovani dal troppo sole. Il Futuro Il disboscamento delle foreste pluviali tropicali è universalmente una minaccia alla vita. Il disboscamento può avere effetti profondi sul clima globale e causare annualmente l'estinzione di migliaia di specie. L'arresto del disboscamento nei tropici si è trasformato in un movimento internazionale, che cerca di far cessare la perdita delle foreste pluviali a livello mondiale. Poichè la perdita delle foreste pluviali è guidata da un gruppo complesso dei fattori, le soluzioni sono ugualmente complesse. Le soluzioni semplici che non richiamano la natura delleconomia mondiale e dell'ecologia della foresta pluviale, hanno poca probabilità di riuscita. Il futuro richiede soluzioni basate sulla risoluzione delle crisi economiche dei paesi in cui sono situate le foreste pluviali, così come il miglioramento dello stato di vita della gente povera spesso responsabile del disboscamento. I danni dell'abbattimento selettivo Alcuni ricercatori affiliati con la Carnegie Institution e la Stanford Univesity, grazie ad una nuova tecnica di monitoraggio satellitare hanno constatato gli enormi danni prodotti dall'abbattimento selettivo di alberi dall'alto valore commerciale, come per esempio il mogano. E così in Amazzonia, dove si effettua una pratica a prima vista sostenibile, si distrugge ogni anno più di 15 mila chilometri quadrati di foresta. Ma mentre gli abbattimenti e gli incendi vengono facilmente individuati dalle analisi satellitari di tipo convenzionale, l'abbattimento selettivo è mascherato dalla densità della foresta amazzonica. Per otto anni si è cercato di sviluppare un modello che individua i cambiamenti fisici della foresta. I primi successi sono stati ottenuti tre anni fa su una scala di circa 520 chilometri quadrati. Questa è stata la prima identificazione quantitativa accurata del danno collegato all'abbattimento selettivo della copertura forestale. I dati sono stati ottenuti mediante lutilizzo di tre satelliti della Nasa e di un supercomputer che processa i dati in tempi brevissimi. Mediante tale modello è possibile monitorare l'intera Amazzonia in una notte. Le 600 immagini prodotte per questo studio sono state analizzate da soli tre tecnici nel Department of Global Energy della Stanford Univesity. Diverse ricerche hanno dimostrato che a causa degli abbattimenti (selettivi e non) la luce penetra nel (non più) folto degli alberi, seccando il terreno che è così maggiormente esposto al rischio di incendi. L'abbattimento selettivo include anche l'uso di ruspe e trattori che solcano il terreno e la foresta. I lavoratori poi costruiscono strade improvvisate per muoversi, e studio dopo studio è stato dimostrato che queste strade di frontiera diventano sempre più grandi via via che arriva più gente, e tutto ciò incrementa il processo di deforestazione. Si deve pensare al commercio di legname come primo passo verso il cambiamento dell'uso del paesaggio. Uno degli studiosi di questo importante progetto, Asner, ha fatto notare che l'abbattimento degli alberi ha un grande impatto sulla catena alimentare e poiché nella foresta amazzonica vive circa un terzo delle specie terrestri esistenti sul nostro pianeta (dalle formiche ai giaguari), il pericolo è enorme. Gli studi continuano a mostrare il declino nelle popolazioni di primati e altri mammiferi conseguente all'abbattimento selettivo, e i tassi di ricrescita della foresta indicano che un pieno ripristino degli habitat per i grandi predatori in genere è lento, scrivono gli autori. Infatti, la deforestazione è una delle cause della perdita di biodiversità. Un elemento che sicuramente ha grande peso nella scomparsa delle specie selvatiche almeno per quanto riguarda lottantacinque per cento delle piante e degli animali descritti nelle liste rosse dellIucn è la perdita e la frammentazione dei territori in cui esse vivono (o, in alcuni casi, vivevano). Lindiscriminata alterazione dellambiente da parte delluomo, che con la deforestazione, gli incendi e il sovrasfruttamento ha alterato per sempre la natura di diversi habitat, ha portato allestinzione di numerose specie. La costruzione di strade, lespansione di città, dighe e canali distruggono o comunque modificano vaste aree in tutto il mondo, alcune più importanti di altre. La cancellazione ogni anno di circa diciassette milioni di ettari di foresta tropicale, per esempio, ha ripercussioni enormi sulla biodiversità. Ma, spesso, anche la semplice riduzione dellhabitat naturale di una specie può portare alle stesse conseguenze della sua distruzione. Molti animali, infatti, necessitano di grandi areali, in cui cibarsi, riprodursi e condurre le varie fasi della propria esistenza. Se si frammenta un grande ecosistema (magari attraverso la costruzione di strade), anche lazione di preservare alcune piccole zone incontaminate può rivelarsi inutile al fine della conservazione. Inoltre, come abbiamo già accennato, la deforestazione ha determinato un cambiamento climatico: i tronchi e le altre parti degli alberi che vengono lasciate sul terreno a decomporsi rilasciano anidride carbonica. La deforestazione ogni anno produce 400 milioni di anidride carbonica, secondo Asner l'abbattimento selettivo è causa di un altro centinaio di tonnellate. Il governo brasiliano ha promulgato leggi contro queste operazioni di abbattimento, ma non possono sostenerle sull'enorme superficie geografica di cui stiamo parlando, spiega Asner. Progetti di forestazione previsti dal Protocollo di Kyoto I progetti di forestazione e afforestazione, cioè la creazione di nuove foreste, previsti dal Protocollo di Kyoto per assorbire l´anidride carbonica non devono andare a scapito delle foreste primarie che ancora sopravvivono. Al convegno Deforestazione e clima, limportanza delle foreste organizzato da Amici della Terra e WWF Italia in occasione della COP9 a Milano, Edoardo Isnenghi, responsabile Foreste del WWF Italia ha sottolineato i pericoli che occorre evitare nella gestione delle aree boscate. La sostituzione delle foreste primarie con piantagioni a crescita veloce porterebbe alla perdita di biodiversità, il patrimonio di vita che solo le foreste primarie, le più antiche, possono garantire. Inoltre lo scarso coinvolgimento delle comunità locali, la difficile quantificazione del carbonio sequestrato e l`introduzione di OGM e specie aliene in silvicoltura rappresentano gli altri aspetti critici. In realtà laccumulo del carbonio da parte di una foresta avviene soprattutto nel suolo sottostante dove ne viene fissata una quantità da 3 a 4 volte superiore a quella contenuta nella vegetazione ha sottolineato Isnenghi - Questo significa che è molto più importante, ai fini dellassorbimento del carbonio, mantenere una foresta esistente piuttosto che realizzarne una nuova. Quando una foresta viene tagliata i suoli emettono livelli tali di carbonio nellaria che se anche si ripiantasse quella foresta nello stesso luogo occorrerebbero almeno 10 anni per ripristinare il serbatoio di carbonio preesistente. Ecco perché, secondo il WWF, anche ai fini della lotta contro i cambiamenti climatici, è prioritario conservare le foreste già esistenti, mentre purtroppo ogni anno viene abbattuta una superficie forestale di circa 145.000 km/q (dato FAO). Le 10 raccomandazioni del WWF Italia nella gestione delle foreste sono: 1- Tutelare le foreste primarie ed escluderle da pratiche di gestione collegate alla attuazione del protocollo di Kyoto. 2- Gestire in modo sostenibile le foreste produttive per garantirne la massima resistenza e resilienza. 3- Rifiutare l'uso di nuove piantagioni come pratica di mitigazione dei mutamenti climatici nei casi in cui esse siano sostitutive di foreste primarie. 4- Vietare l'uso di materiale
geneticamente modificato nelle pratiche di
riforestazione. 6- Escludere dai piani di afforestazione ecosistemi rari. 7- Promuovere il restauro degli ecosistemi utilizzando specie native. 8- Garantire l'adattamento alle mutate condizioni climatiche con il ripristino della continuità ecologica mediante corridoi ecologica. 9- Praticare le operazioni forestali in maniera sostenibile, applicando i principi di buona gestione forestale del Forest Stewardship Council (FSC). 10- Fermare la deforestazione causata dai tagli illegali con un sistema internazionale di controllo sul traffico del legname. FONTI WEB 3.http://earthobservatory.nasa.gov/Library/Deforestation 5.http://www.wwf.it/ambiente/dossier/Cond_Foreste2003.pdf 6. http://www.wwf.it/news/foresteArticolo.asp?Articolo=2512005_5524.tmp&nArgomento=21 7. http://www.wwf.it/ambiente/earthpolicy/foreste.asp |