Cantiere
Napoli -cronaca di una utopia mancata
Articolo inviatoci da Rossana.
Io e Paolo partiamo alle otto del mattino, dal nord Italia. Con la voglia di
ascoltare, partecipare, ritrovare l'altra sinistra. Arriviamo a Napoli alle tre
del pomeriggio, purtroppo ci siamo persi il primo intervento previsto in
programma, pazienza, davanti all'aula del Politecnico banchetti con materiale
antagonista, libri, magliette, manifesti, c'e' pure quello di Carta, chiediamo
se han bisogno dei nostri dati, ci stupiamo nel sentirci rispondere di no, in
genere una rete si crea anche con una banca dati, ossia nomi, indirizzi, e-mail,
luoghi di provenienza e realta' associative. Ci accomodiamo in sala, abbastanza
piena, e' in corso il dibattito. Abbiamo l'impressione di sentire i soliti
discorsi, o forse soliti per noi, che abbiamo gia' 40 anni e una storia politica
alle spalle. Non vediamo molti giovani, chi parla al tavolo dei microfoni e'
piu' o meno nostro coetaneo, notiamo anche molti anziani della politica... e
questo forse mi fa sbuffare... non per mancanza di rispetto a un'eta' ed
esperienze fatte, ma perche' quella vecchia politica ha fallito, non tanto
l'idea, ma la pratica. Mi spiace Valentino se hai sentito il mio rimprovero, ma
non era rivolto a te o a Rossana come persone, ma a quelle parole stantie che
ivi ascoltavo, e che ho sentito, letto, discusso da 25 anni. La sola proposta
che esce da quel dibattito e' di lavorare con le istituzioni, ma che significa
in concreto 'lavorare con le istituzioni?' Sono anni che lavoriamo con le
istituzioni, con quali risultati? Qualche spazio e finanziamento in piu'
concesso al non profit? Forse, ma a che prezzo? Quello dell'omologazione e del
silenzio? Nelle realta' pubbliche di destra e' difficile lavorare con le
istituzioni, e a mio parere si ha da lavorare contro, non con. In quelle di
sinistra pare piu' facile lavorare insieme, ma sappiamo benissimo invece come
anche a sinistra ci siano i mercanti del tempio, come anche nelle citta' di
sinistra gli sfigati restano sfigati, e come mass media e informazione siano
gestiti dalla sinistra istituzionale e dai poteri economici legati a tale
sinistra. Come la stessa Rifondazione Comunista non sia in grado di costruire, e
limiti la sua azione politica a entrare in consiglio comunale, con pochi uomini
(di quale valore?) e mezzi. Io e Paolo cominciamo a fumare, e a scambiarci le
nostre prime impressioni, simili. Al dibattito segue la tavola rotonda con
quelli del Manifesto, realta' associative, e Bertinotti. Un Bertinotti che
dichiara l'apertura all'antagonismo altro, centri sociali ecc., peccato che gli
stessi compagni talvolta han fatto fatica a comprenderlo, tempo fa. Un
Bertinotti stranamente sottotono, forse stanco, reduce dalla sconfitta
elettorale. Si accascia quasi sul tavolo, in effetti la voglia di dormire c'e'.
Nulla di nuovo sotto il sole dell'avvenire, gia'. E cosi' la prima giornata di
'Cantiere' finisce. Che dire? Per oggi abbiamo impastato il cemento. Visitiamo
la mostra del commercio equo solidale. Anche qui mi coglie una sgradevole
sensazione. Mi pare di essere alla Standa dei paesi poveri. Oggetti tutti
uguali, stand tutti uguali. Ma siamo sicuri che la merce non viene prodotta
tutta a Bagnocavallo e poi distribuita? Nuovo business? Quelle macchinine di
latta, fatte con materiale riciclato, Paolo le ha viste in Mali, costruite dai
bambini, i loro giocattoli, ma non erano cosi' lustre, cosi' perfette. E quanto
viene comunque pagata la produzione di tali oggetti? E chi ci lavora? Donne,
bambini, vecchi? E quanto e' il profitto ricavato da tali vendite? Quanto
realmente finisce investito nei progetti di aiuto al Terzo Mondo? Sono solo
domande. In anteprima la proiezione del film di Soldini sui Rom. Il 'cinema' e'
una sala allestita con poche sedie (ricorda i filmini in parrocchia dal prete) e
uno schermo poco piu' grande di una TV ultimo modello. La proiezione inizia con
un'animazione che dura circa un quarto d'ora, un uomo di colore che lavora la
terra. Appunto, per un quarto d'ora, la medesima immagine. Inizia il film: un
bambino Rom racconta. In albanese o idioma simile, senza sottotitoli. Segue un
uomo Rom che racconta. Sempre in albanese. E una vecchia Rom, uguale idioma.
Esco a telefonare, poco dopo mi raggiunge Paolo.( Con tutta la buona volonta',
meglio una pizza :) Il giorno dopo ci ritroviamo all'aula del Politecnico.
Relazione sulla sanita' locale, con invito a interventi da parte di operatori di
settore. E io che non sono operatore di settore che ci faccio qui a Napoli
allora? Quando sento inneggiare alla Rosi Bindi mi piglia una stretta allo
stomaco, nausea, e devo uscire. Cosa e' l'altra sinistra? Dove e' l'altra
sinistra? Io e Paolo ci confrontiamo... il tazebao di antica memoria! L'idea e'
di Paolo... ci rechiamo in cartoleria ad acquistare un grosso pennarello rosso,
al bar decidiamo cosa scrivere, comperiamo al banchetto di Carta il poster
dell'iniziativa, e in ginocchio sul pavimento del Politecnico, ricopiamo il
nostro testo sul retro del poster. Io detto, Paolo scrive, un amico funge da
correttore. Il nostro manifesto viene ora affisso di fianco a'Cantiere Napoli'.
La gente passa, legge, qualcuno sottoscrive, altri si fermano a parlare con noi.
Cosa abbiamo scritto nel manifesto? Che ci aspettavamo la costruzione di un
progetto comune, le basi per realizzare una rete fra le varie realta'
antagoniste, che parta si' dal locale per giungere al globale, uno scambio di
esperienze fatte, concrete, un nuovo percorso politico collettivo. Tutte cose
che non abbiamo trovato. Con l'amarezza che quella immagine di utopia, di
leggerezza, richiamata nel documento di presentazione dell'iniziativa da parte
di Carta, non solo sia sfumata, ma nemmeno apparsa. Al pomeriggio ci si ritrova
in altra sede... un po' difficile da raggiungere non essendovi apposta alcuna
indicazione. Vediamo piccole sale gremite di persone con vetrate al sole. Io e
Paolo decidiamo di fare la nostra discussione in giardino. Tanto abbiamo gia'
capito che da Napoli ce ne andremo senza neppure sapere il nome di chi era
presente. Altro che rete. Alla domenica mattina e' prevista la conclusione dei
lavori. Noi partiamo alle 10 per il blocco della circolazione, e perche' non ci
crediamo piu' in questo cantiere. Al ritorno leggiamo articoli di Carta e del
Manifesto elogianti il Cantiere di Napoli. In posta elettronica (il nostro
manifesto firmato con gli indirizzi e-mail) non troviamo nulla, il silenzio
assoluto. E cosi' al cantiere di Napoli abbiamo assisito al crollo di utopia,
seppellita dalle macerie di una sinistra che oramai piu' non e' tra noi. Sul mio
blocco appunti una sola parola: Poggioreale. Nel corso del convegno e' stato
fatto un sopralluogo nel carcere per verificare le condizioni di detenzione.
Disumane, ovvio.Speriamo che almeno demolire questo 'ovvio' porti alla
costruzione di un cantiere.