CONVERSAZIONE CON
LAURA DE SALVO
SU M. HEIDEGGER.
a cura di Silvio Cinque
Siamo tutti figli di Heidegger.
Il motivo per cui parlo con Laura De Salvo è dovuto al fatto che Laura, alla prestigiosa età di "quasi 52 anni", ci tiene a dirlo, il 2 dicembre del ‘98 si è laureata in filosofia con una tesi su Löwith, allievo di Heidegger, il cui titolo è: "Il problema dell’intersoggettività nel pensiero di K. Löwith."
Importante è sottolineare 2 cose: 1.) che a 51 anni, quasi 52, ci si possa laureare alla faccia di chi crede che questo non si possa fare 2.) che ho approfittato della tesi faticosissima sulla quale Laura ha lavorato per diversi anni perché Löwith, era allievo privilegiato di Heidegger e noi vogliamo sottoporre come conoscitrice sia del pensiero di Löwith, ma anche quello di Heidegger, vogliamo sottoporle, fresca di Laurea, una serie di domande che inseriremo poi nel nostro spazio dedicato ad Heidegger, Haider, l’Austria, la cultura della destra nel prossimo NAMIR.
Tuttavia non abbiamo la pretesa di porre né trovare soluzioni definitive. Vogliamo semplicemente stimolare la riflessione, magari provocare reazioni e coinvolgimenti
La prima domanda che vorrei sottoporti è se Heidegger fosse o meno nazista avendo egli aderito con il manifesto....
Non con un manifesto, ma con il famoso discorso del Rettorato del 1933. Tanto per cominciare il problema della presunta adesione di Heidegger al nazismo può voler dire qualcosa di più e qualcosa di meno rispetto al fatto se fosse o no nazista e poi soprattutto perché ci riguarda la cosa altrimenti potrebbe essere confinato in un certo momento del ‘900, uno sbaglio fatale e però limitato ad una persona, ben determinata, che sta là incasellata nel tempo e senza grosse grandi conseguenze....
Ecco il problema è andare a vedere nel pensiero di Heidegger, perché secondo quello che io penso, ma siamo in tanti e più autorevoli di me a pensarlo, senza di lui noi nel ‘900 non potremmo pensare come pensiamo, perché lo immaginiamo come uno spartiacque tra l’800 ed il 900 nel senso che prima c’è Hegel, il grande sistematizzatore, assolutizzatore della realtà. Sappiamo che per Hegel tutto ciò che è reale è razionale, tutto ciò che è razionale è reale..
Ma da Hegel si arriva anche a Marx
Ed infatti ci arriviamo perché si potrebbe fare un bellissimo paragone tra Hegel e gli allievi di Hegel, Marx e così via e Heidegger e gli allievi di Heidegger e la cosa ci intriga molto perché andiamo anche a parlare , oltre che di Löwith anche di una grande allieva che è stata più che un’allieva perché ebbe un rapporto sentimentale fortissimo, Hanna Arendt.e sappiamo bene tutti quello che ha scritto sull’origine dei totalitarismi.
Come da Heidegger siano potuti venir fuori questi grandi allievi è spiegabile nel fatto che Heidegger è uno spartiacque. Heidegger smonta, decostruisce tutto il pensiero dell’ottocento.
Era una figura tozza che vestiva come un contadino di Messkirch. Ci teneva a mostrarsi in questa sua veste non accademica e dimessa per ribadire l’importanza della tradizione e il grande fascino che esercitava sui suoi studenti era determinato dal fatto che facesse filosofia col martello, cioè picconava, distruggeva tutto quello che l’idealismo hegeliano aveva costruito.
Torniamo però agli inizi del ‘900, degli anni venti, quelli che secondo Löwith sono "incomparabili, anni in cui si è costruito tutto quello che poi è diventato il latte materno, il pane spirituale del 900". Immaginiamo questi anni ‘20 in queste università Friburgo, Marburgo che per certi aspetti potevano sembrare provinciali ma per altro immaginiamo Husserl, da cui poi, anche in maniera drammatica H. si distacca. Immaginiamo questo grande maestro Heidegger che come base fondante del suo modo di intendere la filosofia, poneva questo fatto che bisognava tornare alla realtà che ci è continuamente data che è l’uomo, l’essere, l’esserci il "da-sein " che non è altro che l’essere qua. Da che cosa possiamo partire se non da questa constatazione. La grande opera di Heidegger è Essere e Tempo, essere in quanto si iscrive nel Tempo, non si può prescindere dal fatto che ci siamo e siamo nel Tempo. Tempo come Zeit, scansione del quotidiano. Ci sono pagine bellissime in cui descrive i vari modi di essere nel Tempo: l’ essere che è autentico perché si fa, si progetta; contrapposto all’essere non autentico, anonimo che segue il si: si fa, si dice....Per Heidegger l’essere gettati nel tempo diventa un pro-getto che è molto più che un semplice gioco di parole. I confini sono determinati dal tempo e dalla morte. L’essere per la morte. L’unica realtà sicura per ognuno di noi è la morte che è il termine ineliminabile del nostro essere nel tempo.
Ma esserci negli anni trenta secondo Heidegger voleva dire essere nazisti?
No un momento adesso ci arriviamo. perché Heidegger invece ti insegna diversamente attraverso una bellissima metafora dei sentieri interrotti. Lui parla di sentieri che si perdono nel bosco e che solamente i boscaioli conoscono e che sembrano non portare in nessun posto se non nell’intrico più folto della natura dove poi tra luci ed ombre l’essere si svela. Quindi non bisogna avere fretta. Questo Heidegger ci insegna: una grande pazienza. Se vogliamo riflettere sul nostro modo di essere e di compiere scelte politiche quotidiane, esistenziali comunque, non dobbiamo avere fretta.. Ora il punto è questo.
Bisogna innanzitutto essere filologici e cercare di capire cosa può essere capitato ad un professore di università tedesco, chiuso nel suo mondo accademico, anche se molto cominciava ad essere noto, con l’illusione di cavalcare la tigre nazista.
C’è gente che nello stesso periodo ha preso la nave e se ne è andata in America o è dovuta scappare dalla Germania perché ebrea
Andiamo per ordine altrimenti rischiamo di falsare Heidegger, di non capirlo e di non approfittare dell’occasione di rifletterci in lui, anche se può sembrare abominevole.
Ricordo che quando ho cominciato la mia discussione di laurea che era presieduta da Tullio de Mauro, col professor Trincia come correlatore e la professoressa D'Abbiero come relatrice, quindi grandi conoscitori di filosofia contemporanea, quando io , più o meno provocatoriamente, ho detto "siamo tutti figli di Heidegger", c’è stato una sommossa. Tutti si sono svegliati dalla più o meno attenzione sonnolenta che si riserva alla discussione delle tesi. Ed io era quello che volevo perché il fatto di non voler riconoscersi in Heidegger ci priva di un certo modo più completo di vedere anche noi stessi, perché se noi proveniamo da quel periodo, qualcosa dovremo pur aver ereditato.
Ora bisogna prima di tutto vedere che cosa può esserci nel suo pensiero che può aver fornito un terreno al nazismo. Da quale terreno comune possono essere nati. Perché egli aderì e poi si dissociò al nazismo anche se poi non ritrattò mai ufficialmente quella sua adesione. Ecco. I risvolti sono tanti. Naturalmente prenderò come osservatore privilegiato Löwith prima di tutto perché lo conosco di più, secondo, poi perché me ne sono innamorata in quanto l’ho scoperto; conoscevo il Löwith di "Da Hegel a Nietzsche" "Il significato e fine della storia", ma quando poi ho tradotto questa opera che poi è la sua dissertazione di abilitazione , mi sono resa conto che lui pur essendo così giovane, aveva colto il lato oscuro del pensiero del maestro. Nel ‘27 aveva una trentina d’anni ebbe il privilegio di leggere Sein und Zeit, cioè Essere e Tempo in bozze. Heidegger cioè gli affidò la correzione delle bozze
Io non voglio banalizzare la posizione di Löwith, però diciamo che il nocciolo della questione che lui porta avanti nella sua prima opera " L’individuo nel ruolo del consimile" tradotto "des Mitmenschen" non tradotto come in Franco Volpi e Trincia , come "Prossimo", ma come "Consimile", lui spiega. tant’è vero che come gli esistenziali di Heidegger cioè il das-sein ed il mit-sein e l’istante decisivo, possono essere, in quanto proprio neutri, riempiti dall’istante storico
L’esserci, il "mit-sein" è l’essere con gli altri. Però se io sono giustapposto agli altri, c’è un altro esistenziale di Heidegger che è la cura , se io mi curo degli altri, evidentemente li sottopongo alle mie cure, quindi non li riconosco uguali a me. Qual’è il punto divaricante tra Heidegger e Löwith. É il punto in cui Löwith crede di individuare il terreno di contiguità profonda con il nazismo: la reciprocità dell’essere insieme agli altri: Se riconosco l’altro come mio simile, è chiaro che ci sarà una reciprocità di azione ed io non lo potrò mai sottoporre ad una prevaricazione. Heidegger non esprime mai delle opinioni specifiche: non si esprime mai contro gli ebrei o a favore delle leggi razziali.
Cominciamo col dire che Löwith stesso fa autocritica perché anche lui proviene da un certo retroterra culturale. Löwith non aveva preso coscienza della barbarie nazista [sto citando dalla mia tesi], fino a quando la politica di Hitler non si occupò di lui che essendo professore ed ebreo accanto ad Heidegger venne allontanato dall’insegnamento.
Quindi cominciò a domandarsi come mai il contesto culturale tedesco avesse potuto fornire un humus culturale al nazismo. E Löwith dice: "Nietzsche è e rimane un compendio dell’antiragione tedesca o dello spirito tedesco.
Un abisso lo separa dai suoi divulgatori senza scrupoli, eppure egli ha preparato loro la strada che lui stesso non percorse. Anch’io non posso negare che il motto che scrissi suo mio diario di guerra [perché Löwith era stato volontario della prima guerra mondiale], questo motto <navigare necesse est, vivere non est> questo motto attraverso molte vie indirette, porta tuttavia direttamente da Nietzsche alla fraseologia eroicistica di Goebbels". Quindi diciamo che a monte di Heidegger c’era proprio un humus e tutta la ricerca poi di Löwith è proprio vedere l’autentico volto tedesco. Come mai questo popolo che aveva potuto esprimere Goethe e tante menti, potesse poi esprimersi in quel modo. A questo punto Löwith si rende conto che l’adesione del suo maestro al nazismo, la sua filosofia, quella col martello, con queste adesioni, mostrava il lato oscuro e distruttivo di quella destrutturazione radicale che il giovane Löwith aveva posto nella formazione della sua base filosofica. Perché secondo Löwith " l’opzione di Heidegger a favore di Hitler, va ben oltre la concordanza con l’ideologia e il programma di partito.
Egli era e rimase un nazionalsocialista al margine, in una posizione di isolamento che però non è affatto sterile,- attenzione è grave quello che sta dicendo-, egli è nazionalsocialista perché il radicalismo con cui fonda la libertà dell’esistenza propria di ciascuno ovvero l’esistenza tedesca, è sullo stato di rivelazione del nulla. Il nulla, cioè l’inizio del nichilismo europeo visto da H. derivante dal processo della metafisica occidentale che aveva nascosto l’essere., l’aveva posto come un oggetto tra tanti oggetti". Quindi quello che dice Löwith è molto serio nel senso che non tanto è da ricondurre ad un semplice episodio, ma è da vedere negli esistenziali di Heidegger la possibilità, con il presentarsi dell’istante storico "favorevole" nel senso dell’ingenua convinzione di Heidegger di poter fare con Hitler quello che Platone aveva fatto col Tiranno." e più avanti
"Niente definisce meglio l’audace decisione di Hitler di rischiare una guerra per Danzica che la formula filosofica di Heidegger del "mut zur angst" del "coraggio dell’angoscia davanti al nulla" dell’essere decisi, ma decisi di fronte a che? a quello che l’istante storico ti offre e questo è tragico
C’è anche la prefazione di Carlo Sini al libro di Ott: M.Heidegger, sentieri biografici,( perché soprattutto in anni recenti c’è stata tutta una polemica riguardo l’adesione più o meno convinta, fino a che punto, se sia connaturato al pensiero filosofico di Heidegger). Insomma si sono avanzate varie ipotesi. Ebbene quando vediamo che sia Sini che Dal Lago, dicono delle cose molto belle, tra parentesi Dal Lago, che si rifà alla "Distruzione della ragione" di Lukacs, su questa adesione di H. con questo discorso che abbiamo detto. Ebbene Sini dice qualcosa che va oltre all’episodio dell’adesione al nazismo. Dice : "Quella che è stata definita una ferita, questa adesione del pensiero dell’incontro di H. al nazismo, però non possiamo non dobbiamo fare a meno di incidere questa ferita e trarre una visione che ci riguardi. Soprattutto la tragedia storica di una grande filosofia che ha potuto sciaguratamente allearsi con uno dei poteri politici più criminali e sanguinari che la memoria dell’uomo ricordi. Se una cosa colpisce come una nota falsa è la stupidità di quei detrattori che cercano ostinatamente cause e precedenti malevoli e meschini nel carattere e nel comportamento del filosofo per spiegare e illustrare il suo errore nazista. Quindi non dobbiamo rimpicciolire la figura di H. per cercare di spiegare l’errore. Al di là dei limiti umani la filosofia di H. ci lascia due grandi interrogativi. Il primo concerne proprio la filosofia: come la filosofia possa formare idee grandiose, ma non uomini altrettanto grandi
"Questa accusa di intellettualismo è particolarmente grave se rivolta alla filosofia di H. che l’intellettualismo intendeva combattere .Proprio lui che aveva distrutto il sistema hegeliano, per ripartire dall’uomo, dall’esserci, e proprio fondandosi sul tema dell’autenticità dell’esistenza umana. Un simile intento non può tollerare così gravi smentite pratiche, senza essere posto esso stesso in questione nei suoi contenuti e nella sua forma....
Come possa intendersi l’esperienza di pensiero di fronte al tentativo di apertura di H. nei confronti del problema dell’essere e quindi di tutto il pensiero occidentale, e quindi il suo fallimento sembrerebbe coinvolgere le radici stesse della nostra cultura, dobbiamo comunque intendere che H.. non è più che una domanda lucidamente consapevole della sua provvisorietà e povertà. ed è appunto di queste che noi siamo testimoni ed eredi sicché non c’è davvero di che congratularsi e gioire nel constatare il disonore per la filosofia cui avrebbe messo capo l’errore del filosofo Heidegger". Bisogna prendere atto del fatto che lui tragicamente ha grandemente errato per aver pensato in grande
Si ma questo signore ha dato una giustificazione al nazismo. Ha permesso al nazismo di trovare un substrato filosofico.
No assolutamente no perché poi H. era malvisto dai nazisti nel senso che i nazisti volevano servirsi di lui, lui voleva servirsi dei nazisti. É stato un tragico equivoco. Quando si è reso conto che questa sua illusione di educare il tiranno era un tragico equivoco, lui ha tirato subito i remi in barca e si è dimesso, anche se poi non ha mai pubblicamente ritrattato questa sua adesione.
Si però ogni regime ha il suo filosofo che cerca di educarlo
Comunque i nazisti poi lo hanno addirittura emarginato. Un secondo interrogativo dice Sini "concerne la valutazione storica, epocale che H. ha sostenuto relativamente all’intera tradizione della civiltà occidentale. É a partire da quella valutazione che egli ha potuto formulare la sua diagnosi e condanna del presente e perciò la sua adesione a ciò che poteva essere o rappresentare la rivoluzione nazionalsocialista per il futuro dell’uomo nell’età della tecnica. É innegabile che molto e anzi moltissimo abbiamo imparato da quell’anamnesi epocale della filosofia e più in generale della nostra storia e cultura, qualcosa di irrinunciabile per il pensiero. É altrettanto innegabile che deve esserci in essa qualcosa di profondamente sbagliato e ambiguo se rinunciamo a ragionare superficialmente e a volerci convincere a buon mercato che non vi sono connessioni reali e importanti tra gli errori dell’uomo Heidegger e le affascinanti idee delle sue opere. In realtà H. ci lascia una ben pesante e inquietante eredità di pensiero: alludendo a sé stesso egli ha scritto: la colpa del singolo resta ed è la più duratura quanto più egli è singolo, ma la questione del male non è chiusa, entra nella sua fase più propria: quella universale"
Questa è la citazione di Sini: la colpa del singolo rimane universale. Arriviamo al problema: attualmente Heidegger richiama il problema, l’ultimo che abbiamo noi oggi in Europa, di una situazione in Austria. La culla di quello che è accaduto 60 anni fa. Abbiamo in Europa, e nello specifico in Austria un qualcosa che sembrava essere rimosso da una serie di meccanismi democratici. E cioè il fenomeno Haider. Heidegger può essere in qualche modo riconducibile, giustificabile, con quello che oggi è Haider in Austria?
Questa è una bella domanda. Bisogna tener conto di molte questioni che io sto valutando, però non sono in grado né io né nessuno di noi, perché siamo nell’onda della storia per cui è difficile guardare dall’alto e valutare.
Si però bisogna anche sforzarsi di farlo, perché altrimenti dopo è tardi
Sì certo. La decisione riguarda il destino di una civiltà. Su quale base ci vogliamo fondare. Da chi. da che cosa. Ma un punto di partenza comune bisogna pur trovarlo. Quello che mi sembra di condividere da questa lezione che sto ancora valutando è come vedo l’altro, se lo vedo come un altro simile a me, se non lo uso come , il buon Kant diceva, un mezzo, ma come un fine.
E nel lavoro di Löwith c’è proprio questa etica Kantiana, etica laica perché d’altra parte non può essere altrimenti perché nell’incontro di tanti modi di concepire i valori, noi dobbiamo pure da un principio e questo può essere il riconoscimento dell’altro come un alter ego, non come un alius
Se io lo vedo come un altro me, non lo sottopongo ad una cura. Naturalmente non deve essere un altro me legato al sangue ed al patrio suolo. Non può avere confini, dobbiamo perciò vincere la scommessa della multiculturalità. Io devo perciò riconoscermi nell’altro da qualunque parte del pianeta provenga, non vederlo come un pericolo, ma come una possibile apertura di me della mia esperienza, del mio modo di vedere il mondo
Questo significa condividere ciò che si ha
Condividere ciò che si è. Anche naturalmente ciò che si ha. Qui il discorso si amplia notevolmente. qua potrebbe diventare molto complesso, potrebbe arrivare alla la remissione dei debiti
...alla remissione dei peccati
Io vorrei citare un libro della D'Abbiero: Eros e democrazia: Generalmente si vede in questi modi di porci nei confronti degli altri un qualcosa di mortificante, di avvilente del nostro modo di essere: io devo essere democratico, io devo essere ospitale. Invece questo libro della Dabbiero mi è piaciuto tantissimo. A parte il fatto che questo titolo mi ricorda "Eros e civiltà". Finalmente smettiamola di vedere questo modo di porci nei confronti degli altri come di un qualcosa che ci priva di qualcosa, come se la mia libertà finisce dove comincia la tua, come una mortificazione del mio modo di essere, della mia libertà. invece proviamo a vederla come un ponte lanciato verso l’altro.
Marcella D'Abbiero: Eros e democrazia. Guerini & Associati editore. É un percorso attraverso Tocqueville, Schopenhauer e Freud. E poi anche questo "Elogio del pudore: per un pensiero debole" di Dal Lago - Rovatti, Feltrinelli dove appunto c’è un riferimento ad H. ed alla sua adesione al nazismo, di questa pretesa della ragione forte di imporsi, di domare la bestia nazista, la bestia comunque che può risorgere e di come affidarci ad un pensiero debole ma debole non perché rinunciatario, ma perché è attento, fluido, attento a quello che si coglie nella realtà che accade, sia nel pensiero degli altri sia nel modo di vedere la vita.. Ad un certo punto del libro di Dal Lago-Rovatti che ho citato prima, ad un certo punto c’è un capitolo dedicato alla "Politica del filosofo : Heidegger e noi" dove fa un analisi delle parole chiave che H. usa nel discorso del Rettorato. Parole chiave in senso storico-politico: Popolo, destinazione, rinnovamento. Poi in senso filosofico-accademico: scienza, radicamento, fondamento
Senti la tecnica, per esempio, come la vede. Il problema della tecnica?
Secondo la definizione di Hedegger, lui dice 12 anni dopo, intorno al 43 dice: "Io vidi allora nel movimento giunto al potere la possibilità di una più intima unità e di un più profondo rinnovamento del popolo, una via per trovare la propria destinazione nella storia come popolo dell’occidente". Attenzione questo è proprio un punto fondante.
"Credetti che l’università rinnovandosi potesse essere chiamata ad operare e agire per l’unità più profonda del popolo in modo determinato ed esemplare." Perché secondo la visione di Heidegger il destino dell’Occidente si fonda proprio sul destino della Tecnica.. La Tecnica che appunto può essere, lo dice anche Ghelen negli anni ‘20, un grande motivo di emancipazione e di liberazione dell’uomo, perché quest’uomo tra tutti gli animali il più indifeso, il più inetto può utilizzare la Tecnica..
Però poi la Tecnica può rivoltarsi contro l’uomo e il problema è: noi usiamo la Tecnica o la Tecnica ci usa? Un altro pezzo che può essere illuminante è questo: "accettare l’ufficio di Rettore significa assumersi e far proprio il compito di guida spirituale di questa scuola di studi superiori. La comunità dei professori e degli studenti che si pone al suo seguito cresce e si rafforza solo sulla base di un verace e comune radicamento nell’essenza dell’università tedesca. Ma quest’essenza acquista chiarezza, valore e forza solo se prima di ogni altra cosa e in ogni momento, coloro che sono alla guida, sono essi stessi guidati, guidati dalla inesorabilità di quella missione spirituale che obbliga e incalza il destino del popolo tedesco a forgiare la propria storia. E qui è impressionante..
Certo qui me lo vedo Hitler illuminato da cotanta filosofia armare i giovani soldati , armare le SS ad annettersi Polonia, Cecoslovacchia, Belgio eccetera, eccetera.
Ecco come dice Dal Lago, è molto forte la tentazione di cogliere subito nell’affermazione di H. l’ombra di ben altro fuhrer...
E quale altro fuhrer si poteva immaginare.? Hai sentito come parla della Germania "forgiare la storia della Germania". E gli altri paesi? ed il prossimo vicino a te come tuo simile dove sta?
Certo fa impressione leggere queste parole sapendo quello che poi potevano assumere
Ma che altra interpretazione si poteva dare?
Si può dare questa interpretazione: che in quel momento la tragica illusione, il tragico equivoco in cui è incorso H. è stato quello di porsi alla guida, lui alla guida, di tutta la realtà del momento. Ecco qua dice: i tre obblighi mediante il popolo, in direzione del destino dello stato nell’orizzonte ultimo della missione spirituale, sono aspetti cooriginari dell’essenza tedesca. I tre servizi che ne scaturiscono: servizio del lavoro, delle armi e del sapere, e qua ci fa ricordare Platone, sono uguali per necessità e rango. Ad una scienza così intesa ci si riferisce quando l’essenza dell’università tedesca viene definita come una scuola di studi superiori che dalla scienza e mediante la scienza educa e forma nella disciplina più severa i capi, i custodi del popolo tedesco.
Quindi la...
La Tecnica viene considerata ed applicata alla scienza militare
Un momento così si rischia di banalizzare il pensiero di Heidegger sulla tecnica. La Tecnica è considerata l’affinamento. Non pensiamo la tecnica in un senso ristretto.
Come dicevo prima quest’uomo così indifeso che riesce ad emanciparsi per mezzo della Tecnica. che corre il rischio di essere divorato da questo complesso meccanismo che lui stesso ha messo insieme. Il fatto è che se il discorso del Rettorato fosse stato in una conferenza, un saggio o un protocollo di seminario ci interesserebbe in misura molto molto minore molto meno, dice Dal Lago.
"Ci apparirebbe come una pagina poco felice di intuizione filosofica. É l’occasione in cui fu tenuto, soprattutto l’evento storico di cui costituisce un particolare più o meno significativo che ci costringe a leggerlo ed interpretarlo. Anche in questo caso non possiamo non vedere come greci e tedeschi siano immaginari come il nazionalsocialismo di Heidegger non sia quello che ha dominato l’Europa per 12 anni, come in realtà non abbiamo letto un’appendice del Mein Kampf, ma una singolare espressione di tracotanza filosofica, un tragico equivoco, un tragico errore....
Alla faccia del tragico errore
Perché allora ne discutiamo. Perché la pretesa di dire la verità ultima, di fare il maestro....
Ma allora siamo sempre lì: Non assolviamo Heidegger...
questo non è un tribunale...
Certo però, una volta che lui si è reso conto che il nazismo non era e non poteva essere quello che lui pensava che fosse, neanche allora lui ha ritrattato e si è dissociato, rifiutandosi di essere trattato come hanno trattato Nietzsche, che in realtà non poteva farci nulla perché era morto da un pezzo.
Non è questo il punto. Innanzitutto i nazisti hanno utilizzato più Nietzsche che Heidegger. Il fatto che non abbia trovato la forza di ritrattare sta nell’uomo Heidegger, non nel filosofo.
C’è da dire questo: che fermo restando che senza di lui non potremmo pensare come pensiamo oggi, saremmo ancora al reale è razionale etc.; fermo restando che appunto è stato un acutissimo, lucido analizzatore del pensiero occidentale, che ha saputo vedere questa crisi profonda della civiltà occidentale basata su un destino di non capacità di tornare alla radice dell’essere, in un tragico nichilismo. Il fatto che lui poi non abbia avuto la grandezza, come persona, come individuo di riconoscere il proprio errore, questo rientra nell’essere piccoli. Forse ritorniamo al fatto che chi si mette nella prospettiva del pensiero debole, cioè non pretende di dire l’ultima parola, sulle cose, gli uomini, allora può tornare sui propri passi. Certo è chiaro che noi dobbiamo fare attenzione a non trasferire la nostra sensibilità di adesso ad avvenimenti ed momenti di quasi un secolo fa e giudicare con l’analisi che solo molto dopo ci è data di avere..
Mi domandavo però come certa analisi di Nolte, possa essere valida alla luce delle considerazioni che abbiamo fatto fino ad adesso. É vero che noi oggi dopo, 60 anni , giudichiamo con molta comodità e facilità, però è anche vero che al nazismo non si contrappose qualcosa che fosse filosoficamente forte. Non c’era una filosofia antinazista. Tutto quello che si poteva contrapporre al nazismo, tutto quello che la parte non nazista dell’Europa o del mondo ha contrapposto non era qualcosa di rapportabile da punto di vista filosofico.
Ma su questo non sono d’accordo. Per opporsi al nazismo non occorre necessariamente un programma politico. Per esempio se tu leggi "La crisi delle scienze europee" di Husserl, Löwith dice "fu il nostro grande maestro, ma l’abbiamo capito dopo, come antidoto a quello che stava capitando all’Europa, non antidoto ad Heidegger". Husserl pubblica nel 1936. Husserl era stato il maestro di Heidegger e dopo fu estromesso perché ebreo, perché anziano, fu un episodio molto penoso e doloroso, un colpo mortale inferto al vecchio professore. In questo saggio va alla radici della crisi della civiltà europea, dove stiamo andando.
Ma insomma, tanto per saltare da padre in figlio, Haider si colloca all’interno di questa logica?Però oggi quanto di quello che è stato detto all’epoca dell’Esserci etc, viene riconosciuto ed applicato da un signore che in Austria si richiama ad tutta una serie di cose: la natura incontaminata, boschi e caprioli, che richiamano tanti certi paesaggi da Valchirie i valori della tradizione, la conservazione della purezza di questi valori e quindi la chiusura alle culture esterne e straniere...
Si devono analizzare i discorsi di Haider per vedere se si richiamano ai valori espressi da Heidegger. Ci sono dei germi che navigano in questa Europa apparentemente civile. Il problema è cercare di tenere sotto controllo e prevenire questi germi. E l’unico modo è questa disponibilità,
questa intenzione ad un’etica laica che ponga come valore fondante il rispetto dell’altro. Non vedo altre soluzioni. Quindi prossimo che può essere chiunque, inteso come colui che, ormai siamo nel villaggio globale, magari proviene da terre lontane, possa portare e dire cose più interessanti rispetto magari al vicino europeo sclerotizzato in questa Europa che potrebbe essere arrivata al capolinea come incapacità di produrre cultura., valori.
Però l’incapacità di produrre cultura genera pericolosi ritorni, sottoprodotti, quindi se non abbiamo la capacità di rinnovarci, rinnovamento multiculturale, o barbarie nazionalista..
La scommessa futura è proprio questa. Non arroccarsi sul proprio valore inteso come assoluto, come guida e come norma per gli altri.
Insisto. In questo abbiamo trovato Haider dell’Austria perché : "mi rifiuto di accettare tutto ciò che è nuovo e proviene da fuori della mia valle, quindi mi arrocco sui principi dell’Austria pura, delle tradizioni incontaminate ed ariane, della mia Austria. In questo ci sono delle somiglianze in quelle che sono state le dichiarazioni del discorso del rettorato fatto da Heidegger nel 1933?
Heidegger si riferiva al mondo accademico. Se dobbiamo fare dei paragoni: Haider rispetto ad Heidegger è un bottegaio.
Certo, anche Hitler rispetto ad Heidegger è un imbianchino
La differenza tra Heidegger ed Haider é che per Heidegger la guida spirituale, la missione degli accademici dell’università e degli intellettuali, la missione era quella di poter diventare ,
platonicamente diventare, la guida spirituale del popolo tedesco, quindi sangue e suolo, istante storico decisivo. Invece per Haider gli sta bene stare nel proprio mondo felice senza farsi contaminare. Haider è uno squallido aroccarsi.
Che cosa si può trarre da queste lezioni: l’altro visto come simile, la multiculturalità, la diversità come arricchimento; la velleità dell’uomo accademico. Da quando si è posto in maniera diverso il ruolo del filosofo, cioè il filosofo non è più quello che dalla sua cattedra è la mente pensante, ma perché ne è lucido testimone. E questo Heidegger ce lo ha insegnato Immagina quanto Löwith abbia sofferto del suo esilio e della sua situazione. Löwith riporta nel suo libro il ricordo di quando Heidegger nel 1936 venne a Roma, invitato dall’Istituto Germanico, mi pare, per una conferenza.. Ma lui da ebreo rifugiato in Italia, privato di tutto, non poté parteciparvi. Notò tuttavia che Heidegger non si era nemmeno tolto i distintivo nazista dall’occhiello della giacca.
Quando un comune amico lo elogia per la lucidità e la lungimiranza con la quale era stato capace di distaccarsi dal maestro, egli dice ( mi sembra in occasione di quando scrisse "Heidegger pensatore in epoca di povertà" che in italiano è stato tradotto impropriamente come "Saggi su Heidegger"), egli ribatte che era come il profeta della Bibbia che mentre era venuto per maledire, si accorgeva che dalla sue labbra, suo malgrado, non uscivano che benedizioni. Era così forte il legame con il pensiero di Heidegger. che anche quando riconosceva la miseria dell’uomo, non poteva che non riconoscere la grandezza del filosofo....
Questa è l'intervista su Martin Heidegger che andata in forma integrale su Internet, ma anche in forma integrale non mostra soluzioni né dà risposte, forse fedele ai principi del pensiero debole. Tentativo dichiarato fin dall’inizio ed in parte raggiunto rimane quello di aprire un dibattito non solo su Heidegger, ma sulla filosofia e sul suo significato.
Autori citati nella conversazione dei quali si rimanda una possibile bibliografia:
Degli autori si citano solo alcune opere principali suddivise in: esordio, maturità ed opere ultime, come suggerimento per un excursus breve ed indicativo, assolutamente limitata
Heidegger: Essere e tempo(1927); Kant e il problema della metafisica (1929); La dottrina Platonica della verità, con una Lettera sull’umanesimo(1947); Sentieri interrotti (1950)
Arendt: Le origini del totalitarismo (1957); Sulla violenza ( 1970); Il futuro alle spalle (1981)
Gadamer: Verità e metodo (1960); Studi Platonici (1968); I sentieri di Heidegger (1987)
Gentile: La riforma della dialettica hegeliana (1913); Teoria generale dello spirito come atto puro (1916); I fondamenti della teoria del Diritto (1916); Genesi e struttura della società (1946)
Husserl: Ricerche logiche (1900-1901); Idee per una fenomenologia pura(1913); La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale (1936)
Kant: Critica della ragion pura (1781); Critica della Ragion pratica (1788); Critica del giudizio (1790)
Löwith: Max Weber e K. Marx (1932); Da Hegel a Nietzsche (1941); Significato e fine della storia (1949); Saggi su Heidegger (1953)
Hegel: Fenomenologia dello spirito (1807); Scienza della Logica (1812); Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1817); Lineamenti di Filosofia del Diritto (1821)
Lukacs: Teoria del romanzo (1920); Storia e coscienza di classe (1923); La distruzione della ragione (1954); Ontologia dell’essere sociale (1976)
D'Abbiero Marcella : Eros e democrazia
Dal Lago A- Rovatti P.A.: Elogio del pudore : per un pensiero debole.
Bibliografie tratte da: Enciclopedia Europea. Garzanti per quanto riguarda gli autori
Grande Enciclopedia De Agostini per quanto riguarda Hanna Arendt
Alice Cd 2000 per D'Abbiero e Rovatti-Dal Lago.
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