Contro il totalitarismo dei nuovi " Principi "
ricordiamo " L'Eretico " P.P.Pasolini.
di Wanda Piccinonno.
Il fatto che, dopo quattrocento anni, Giordano Bruno sia stato " riabilitato ", promuove serie riflessioni sul ruolo dell'intelletuale scomodo. L'interrogativo che si pone perentorio e' : in Italia, dunque, gli intellettuali " eretici " per avere diritto alla cittadinanza necessitano di un lasso di tempo lungo ? Ovviamente il discorso sarebbe riduttivo, se il problema dell'intellettuale si esurisse in una dimensione corporativa, prescindendo dal contesto politico-sociale. Vero e' che il nostro paese e' stato sempre provinciale, malato di ipocrisia e di conformismo, sicche' non puo' destare stupore che anche gli intellettuali, organici al sistema, abbiano manifestato una tendenza al servilismo e al carrierismo. Lucidamente A.Moravia sosteneva che " L'Italia e' un paese orribilmente ignorante e la lotta politica e' resa indecifrabile anche per via delle carenze culturali ". In questo quadro s'inscrive Pasolini, ossia il simbolo dell'itellettuale " eretico " della societa' moderna. Pasolini, come i rivoltosi di tutti i tempi, e' stato diffamato in vita, e attualmente, in un'epoca omologata e stanca, e' stato sepolto negli strati opachi della memoria. Cio' significa che oggi, come in passato, Pasolini fa scandalo. Lui fu un esemplare fuggiasco, un uomo in rivolta, uno spirito libero e nomade, che , opponendosi a tutti i poteri, narro' l'atroce tragedia del " voler vivere ". lui, solo contro il suo tempo, Fuori dai cari, cerco' di denunciare l'infamia nel piu' " infame " dei modi, di spiegare l'intollerabile nella piu' " inttolerabile " delle lingue. L'Esperienza culturale del Nostro fu interdiscinare, infatti, si esplicito' in diversi ambiti : poesia, letteratura, film. Vita e cultura si coniugarono sempre con coerenza, sicche' si puo' sostenere che tutta l'esistenza di Pasolini fu l'esplosione di un uomo diverso, eretico nel corpo oltre che nella coscienza, cioe' il " socratico " ricercatore dei ragazzi di vita. Per decostruire e decodificare il travaglio esistenziale e culturale di Pasolini, e' illuminante seguire l'itinerario, che va dalla " Trilogia della vita " a " Salo' ". La " Trilogia " e' permeata di apparente ottimismo, mentre, in " Salo' " si manifesta una sorta di drammaticita' mortuaria, che rappresenta una metafora efficace sul potere e sulla violenza verso gli oppressi. Qui niente e' mascherato, tutto e' esplicito, sicche' ci sono gli oppressi e gli oppressori e fra di loro s'instaurano solo di rapporti di brutale violenza. " Salo' ", colpendo il solido nucleo dell'ottimismo e i paradigmi del perbenismo, fu criticato aspramente e tacciato di sadismo. D'altra parte, Pasolini non fu amato. Non lo amarono gli operai, non lo amarono i piccolo-borghesi e, molti comunisti, chiusi in un immobilismo dogmatico e sterile, lo condannarono. Giustamente Sartre, nel 1945, che " tra i comunisti i migliori tacciano e si riempie il silenzio con le chiacchere degli imbecilli ". A questo punto, giova rilevare che Pasolini fu uomo di sinistra, ma anche il marxismo fu recepito in chiave problematica e pertanto, anche questo aspetto non puo' essere separato da un processo globale. P.P.Pasolini, conoscendo perfettamente il sottoproletariato, da antesignano, comprese che il " popolo " stava acquisendo lo stile di vita piccolo borghese e, in virtu' di queste assunzini, maturo' la convinzione che ormai destra e sinistra erano omologate. La rigorosa e lucida analisi sociologica e antropologica sulla logica della societa' consumistica, spinse Pasolini ad esaltare il mito, inteso, non come nostalgia del passato, ma come valore, dal quale attingere forza e coraggio, per operare il gran rifiuto di una societa' massificate ed alienante. Le innumerevoli critiche mosse a Pasolini, tra le altre, di essere stato antifemminista, antiabortista ed antisessantottesco, andrebbero decodificate, non solo relativizzando i propri codici, ma anche predisponendosi all'ascolto di un complesso e lacerante dramma esistenziale. D'altronde, come rileva J.Deridda, " La giusta comprensione di una cosa e l'incomprensione della stessa cosa non si escludono del tutto " . In una societa' regolata dalla cogenza di identita', Pasolini fu, per usare un'espressione di Deridda " pre-giudicato ", nel senso che i giudizi si nutrirono di preconcetti. Per quanto concerne l'antifemminismo, non si puo' sottovalutare il fatto che Pasolini viveva in un periodo in cui l'antifemminismo era un dato generazionale. Inoltre si banalizza ogni giudizio, se si prescinde dal non trascurabile dettaglio, che esiteva in lui il nodo non risolto del complesso edipico, che poi lo portava a condannare l'aborto. Pur non condividendo l'attacco al movimento del 68, che divenne, secondo il Nostro, " una nuova ars retorica ", a mio avviso, e' doveroso constatare, sulla scorta della verita fattuale, che molti ex oggi sono nauseanti lacche' del sistema. Cio' significa che alcuni aderirono all'esaltante movimento, seguendo piu' i paradigmi della moda che non un'etica della convinzione. Continuando a percorrere la storia di vita di Pasolini e penetrando nel dedalo dei suoi iati, giova fare esplicito riferimento agli " scritti corsari ", libro magmatico, complesso e non organico. Il libro rappresenta la testimonianza non solo di un anticonformismoautentico, ma puo' essere anche considerato un prezioso messaggio per la nostra epoca, che persegue solo il trionfo dell'effimero e del robotismo di massa. Particolarmente incisivo e' il cosiddetto " articolo delle lucciole ", dove Pasolini, avvalendosi di lucide e lungimiranti chiavi di lettura, pose il problema della rivoluzione antropologica, strettamente omologata al concetto di omologazione e di genocidio delle societa' subalterne, Inoltre, mise in luce il processo di massificazione, la valenza solo formale della democrazia, l'edonismo volgare e l'alienazione dilagante. Forse, nessun intellettuale italiano, in quel momento storico, ha denunciato con tanto vigore la morte della civilta' umanistica, l'alienazione linguistica, la mistificazione della creativita' artistica. Da qui il rifugio nella civilta' del passato, percepita come difesa della pervasivita' dello scientismo e della tecnica. Pertanto, considerata la situazione esistente, caratterizzata dal liberismo selvaggio e dal feticismo tecnologico, si puo' affermare che Pasolini, uomo in rivolta, avverti', con acume, le mistificazioni della modernita'. E' evidente che il nostro fu " scomunicato ", perche' le categorie concettuali di decodificazione erano rigide e cio' ha consentito di eliminare ogni principio differenziale. I padroni del pensier, presi dalla bramosia di fissare il primato del presente, non sono stati in grado di penetrare appieno le valenze variegate di un linguaggio alternativo. Personalita' complessa, pregna di lacerazioni e di conflitti, il Nostro dissidente, oscillava tra amore neagato e morte agognata, tra desiderio di liberta' e autodistruttivita'. Pasolini era un omosessuale che mitizzava l'eros, un ateo che cantava S.Francesco come nessun cristiano sapeva e sa fare, un uomo che pensava a liberta' con liberta', attanagliato da inibizioni interne ed esterne. Giungiamo ora all'epilogo, ossia al suo brutale assassinio. Oriana Fallaci, dopo la sua morte, avvalendosi di toni suggestivi e toccanti, mise in evidenza che, in realta', la sua scomparsa fu la fine di un'esistenza tormentata dal senso del peccato. Per la Fallaci la vita di Pasolini fu una sorta di autoflagellazione. Lui, infatti, cercando spasmodicamente il sesso odioso dei " ragazzacci ", voleva esorcizzare il senso di colpa. Inoltre, il dolore, i conflitti, le repressioni, lo portarono ad agognare la fine, considerata momento di liberazione e di catarsi. L'analisi psicologica, peraltro riduttiva, sull'"eretico", non puo' celare i misteri collegati all'assassnio. Qualcuno parlo' di complotto politico, coperto dalla connivenza del potere. D'altra parte, l'inchiesta e la sentenza furono nebulose, tant'e' che tutti erano consapevoli che quella notte l'assassino non era solo. Indubbiamente la sua morte rimane oscura nella dinamica e nel movente e cio' spinge ad affermare che questo " mistero " si aggiunga ai misteri delle stragi e dei tentati golpe. Sulla scorta delle osservazioni fatte e, al di la' dei rituali che seguirono la sua fine, permane la convinzione che Pasolini sia stato la vittima di un'epoca, intrisa di perbenismo borghese, di dogmatismi, di ipocrisie. Attualmente, in un contesto sociale e politico, in cui la memoria sta diventando rapidamente obsoleta, sarebbe auspicabile, rispondendo ai dettami della coscienza e negando i paradigmi della banalita' e del conformismo, rivisitare " il sermone nel deserto " del dissidnete-eretico Pasolini, che percorrendo le anticamere della morte, ha dimostrato che il " progresso " e' l'altro nome dell'orrore e della barbarie.