AMICO ZIRLANTE MERLO

( e' scritta in grande e cosi' la lsciamo perche' luigi melilli ha problemi di vista )

Al mio unico figlio

Che chiamai per affetto Patata

 

Dovunque io sieda

Ed un albero sorga a chiamare

I miei stanchissimi occhi al tuo cielo

Sento salir lo zirlìo

della tua canora siringe

invitante al dialogo

 

Da quanti anni parliamo, intendendoci,

uccelletto gentile

che hai nero il piumaggio

ma d’oro il tuo becco loquace?

e quante ormai sono

le confidenze indicibili

che ci siamo scambiate?

 

Mistero dei giorni  che accendono

Sentimenti diversi, e valori

Che il passare del tempo e la morte

Non riescono a uccidere?

 

Ti ricordo nelle mie lunghe giornate di pesca

e di quando eri in gabbia a Leonessa,

che ti insegnai a dileggiare

una canzonaccia fascista

evocante le stragi.

 

C’era ancora 

Moglie, Maestra eppur Mamma,

Giannina, che fertile era d’ingegno

E generosa custode del bene.

Ed anche ella dovetti lasciare

Come già avevo lasciato

Colei che abbondante mi diede dei seni

Il compenso per i miei troppo deboli occhi.

M’erano compagni di giuochi quei seni

e giocattoli e amici con cui ragionare,

e così ti succhiai tanta vita,

somarello mai ben divezzato.

 

Ora, qui, al mare,

mi saltelli intorno sul prato

Incurante delle insidie dei gatti;

E dovunque mi segui fedele e sincero

Per tenermi legato al passato

Di lacrime e gioie commisto.

 

In te mamma, Giannina, Isabella

Rivivo le mie solitudini

Dei giorni di pesca,

Come pure la disperazione

D’esser recluso in un lager

Che casa di cura chiamavano.

 

O merlo, dolcissimo amico,

Da quell’albero a cui nutrirò le radici

Io ascolterò il tuo zirlìo;

E portati altre siringi,

Che io fui musicista.

 

E se gli angeli ci ascolteranno

Scenderanno su noi per narrare

Poi nel cielo con quanta armonia ci curiamo

Per trascorrere lieti

Il tempo infinito del poi

Che non svela gli sbocchi nè il quando.

 

Ma se sarò nuvola o cirro

Biancheggiante nel sole dei giorni

Sta’ certo, sarò relatore

All’Eterno di quanti con noi

Sofferenti gioirono e quanti

Dalla pace del sonno che vivono

Ricercheranno in eterno quei giorni

Per riempirli di giorni infiniti.

 

Ed ancora saremo cantori

Di quei canti nei giorni alternanti le notti,

Come quando eravamo vestiti

E andavamo con scarpe pel mondo

Piccolo nostro di esseri

Che non hanno che ugole e dolci siringi

Per svelare i misteri del dopo,

Che viene, che viene, che viene….

 

Rieti, venerdì 8 giugno 2007

 

Luigi Melilli che merlo rimase

Senza mai divenire usignolo

Ch’è il cantor della notte.