PACE E LAVORO: OGGI COME IERI LA BANDIERA DEI COMUNISTI


Colloquio con Marco Rizzo, segretario nazionale di Comunisti Sinistra Popolare


Prima l’Iraq e l’Afghanistan, ora la Libia: la guerra è arrivata alle porte di
casa nostra…


Quello che sta accadendo in Libia è paradigmatico di come la crisi strutturale
del capitalismo continui a far germogliare i suoi semi velenosi. Altro che
motivazioni umanitarie e sostegno alla democrazia: questa è una nuova guerra
del petrolio. Basti pensare alla completa indifferenza con cui la  cosiddetta
comunità internazionale reagisce, invece, all’invasione del Bahrein da parte
dell’Arabia Saudita. È chiaro ormai che è una sola bussola a orientare i
conflitti: quella del controllo delle risorse strategiche come petrolio, gas,
acqua. Basterebbe evidenziare la mappa delle guerre in atto nel mondo e
sovrapporla a quella delle risorse per accorgersi che sono identiche. Questa
volta, però, in campo non c’è solo l’imperialismo americano che funge da grande
padre controllore, ma anche l’imperialismo europeo: Francia e Gran Bretagna
lavorano da un lato per impadronirsi delle risorse e dall’altra per schiacciare
in un angolo l’Italia, sottraendole petrolio e gas e indirizzandole contro i
flussi di migranti e di profughi, che oggi, nella loro tragedia, vengono anche
utilizzati come arma di pressione. Ed è arrivato anche il momento di constatare
come l’Unione Europea si stia rivelando sempre più nemica dei popoli e sempre
più al servizio del grande capitale.

Eppure la questione libica è sorta all’interno di un periodo di rivolte che ha
coinvolto tutto il Nord Africa e il Medio Oriente…

Solo la disinformazione può accomunare in un unico calderone quello che è
successo in altri Stati del Nord Africa con quanto avvenuto in Libia. In Egitto
e Tunisia ci sono state rivolte popolari dovute anche ad un innalzamento
spropositato del costo del grano e del frumento: la speculazione finanziaria ha
trasformato la perdita dell’1% del totale del grano prodotto sul pianeta per l’
incendio della scorsa estate in Russia in aumento del prezzo del 40-60%.  Il
reddito pro capite annuo di quei paesi è di duemila dollari l’anno. In Libia si
arriva a oltre  undicimila, cinque volte tanto. Solo tra qualche tempo sapremo
cos’è davvero accaduto in questa guerra civile libica: intanto comincia a venir
fuori che in Cirenaica già da mesi si aggiravano consiglieri militari
occidentali. I bombardamenti vanno ben oltre il mandato ONU sulla nofly-zone e
i ribelli iniziano a venir riforniti di armi: sarebbero questi gli interventi
per salvaguardare la vita dei civili?

Ma insomma, allora siete dalla parte di Gheddafi?

Non difendiamo certo il Gheddafi odierno, amico di Berlusconi, che da almeno
quindici anni ha scelto di allearsi con il capitalismo europeo, aprendo linee
di credito verso questo imperialismo. E infatti ecco i risultati ad avere certi
“amici”. Ma certo non siamo come quella sinistra che sventola le proprie
bandiere accanto a quelle monarchiche del vecchio re Idris. Potete star sicuri
che noi non lo faremo mai.

Che ruolo sta avendo l’informazione in questa guerra?

Informazione? Io la chiamerei disinformazione totale. Certo ci siamo abituati.
Gli americani hanno fatto scuola già da quando, nel 1964, l’amministrazione
democratica di Johnson costruì la messa in scena di un attacco subito nel Golfo
del Tonchino, in modo da avere un pretesto per scatenare la guerra nel Vietnam.
Ma basti ricordare quanto avvenne nel 1989 in Romania, quando fu letteralmente
inventato un massacro con migliaia di morti a Timisoara con cadaveri tirati
fuori dalle camere ardenti e fatti a pezzi, allo scopo di sostenere il colpo di
Stato della stessa Securitate contro Ceausescu. Ma venendo a tempi ancora più
recenti: chi non ricorda le inesistenti armi di distruzione di massa di Saddam
Hussein, con un altro nero (precursore del guerrafondaio nobel per la pace
Obama), il segretario di stato Colin Powell che mentiva (lo confesso solo anni
dopo) dinnanzi alla plenaria dell’Onu, mostrando le provette inventate dalla
Cia? Insomma dobbiamo renderci conto che viviamo in un mondo spesso asservito
alla menzogna e ragionare con la nostra testa. Per esempio: le presunte fosse
comuni di Gheddafi finite in prima pagina sui nostri quotidiani erano foto di
un cimitero di Tripoli in riva al mare, realizzate da blogger americani nel
2010. Quelli erano i morti con cui, in modo davvero immorale, hanno cercato di
far leva sui buoni sentimenti di tante persone. Ora che cadono le bombe i
civili morti  sicuramente ci sono, ma nessuno ce li fa vedere.

Fino a qualche anno fa la guerra veniva contestata da grandi movimenti di
massa. E ora?

E ora lo scenario delle forze della cosidetta sinistra europea è desolante,
dai Verdi tedeschi al Pd italiano: obiettivamente Cohn Bendit è più
guerrafondaio della Merkel, D’Alema e Veltroni lo sono più di Berlusconi e
Frattini. Invece noi crediamo che il rifiuto della guerra imperialista sia
dirimente per le forze di sinistra e tanto più per i comunisti. Le parole d’
ordine della lotta alla guerra imperialista e della lotta per il pane e il
lavoro sventolano da oltre un secolo sulla bandiera dei comunisti. È su questi
punti, anzitutto, che si è affermata la rivoluzione d’Ottobre, su questi punti
si è forgiato il Partito Comunista Italiano. Ed è ancora questa la nostra
posizione. Venendo a storie più vicine a noi, vorrei ricordare che anche
Rifondazione nacque proprio con l’astensione di undici senatori del PCI sull’
intervento militare italiano nella prima guerra del Golfo.

Sabato 2 aprile è prevista una manifestazione contro la guerra a Roma: ci
andrete?

Certo che sì: da quando è cominciata la guerra abbiamo avviato, nei limiti
delle nostre forze, una mobilitazione fatta di assemblee, distribuzione di
volantini, affissioni, riunioni nelle nostre sedi e nei luoghi di lavoro,
parlando a tutti, anche e soprattutto con coloro che non hanno, o non hanno
ancora, le nostre idee. Dunque andremo alla manifestazione; ci andremo con le
nostre parole d’ordine e anche per criticare quel pacifismo generico che non
vuole leggere fino in fondo quello che sta accadendo nel mondo.
Certo occorre una valutazione sulla scarsissima capacità di mobilitazione a
cui si è ridotto l’arcipelago di forze e gruppi della sinistra, che proprio
sulla lotta alla guerra ha segnato una obiettiva difficoltà. Si sente davvero
la mancanza di un partito in grado di guidare, catalizzare, costruire, dare
voce al popolo che rifiuta la guerra e vuole tornare a lottare davvero per il
lavoro, la casa, i diritti. Manca il Partito Comunista. 

In effetti forse è la prima volta nella storia della Repubblica italiana che
un’avventura bellica non viene contrastata da una vera mobilitazione di massa.
Dov’è la sinistra?

Sarò molto chiaro su questo. È dirimente il rapporto con il Partito
democratico. Chi si allea col Pd non può sventolare la bandiera della pace,
dell’unità della sinistra, e tanto meno quella della ricostruzione del Partito
Comunista. Chi si allea col Pd avalla tra l’altro il pantano morale per cui,
visto che Berlusconi è stato alleato di Gheddafi, allora val la pena bombardare
la Libia. È assurdo. Purtroppo anche i partiti a sinistra del Pd sono ormai
senza bussola. L’eclettismo bertinottiano non è stato affatto superato. Anzi,
per certi versi, va addirittura peggio. Voltiamo pagina: è quanto proponiamo
alle migliaia di militanti in buona fede. E soprattutto ai lavoratori italiani,
alle donne, ai precari e ai giovani. Il Partito Comunista sarà garanzia di
lotta, di pace, democrazia: ricostruiamolo insieme.

(a cura della redazione romana di CSP)