In
queste ore sono filtrate indiscrezioni
sullipotesi di innalzare le pensioni di
anzianità a 42-43 anni di contribuzione a
prescindere dalletà anagrafica, di elevare
ulteriormente l'età pensionistica per le donne del
settore privato, e di bloccare l'adeguamento
all'inflazione delle pensioni in essere. Si
tratterebbe di provvedimenti iniqui e inaccettabili,
in contrasto con la tanto decantata
"discontinuità" rispetto al governo
Berlusconi, proclamata dal nuovo Presidente del
Consiglio Mario Monti. In questo senso, non è
piaciuto neppure il tono autoritario con cui Monti ha
fatto capire di voler portare avanti queste
"riforme", senza cioè il necessario
confronto e consenso con le parti sociali.
QUANDO SI PARLA DI
PENSIONI, BISOGNA TENER PRESENTE CHE:
- PER QUANTO
RIGUARDA LE PENSIONI DI ANZIANITÀ in Europa oggi letà
effettiva del pensionamento vede lItalia
esattamente allineata alla Germania e alla Francia,
così come riportato il 24 ottobre 2011 dal Corriere
della Sera: età media effettiva di pensionamento:
Italia Uomini 61,5 Donne 60; Germania Uomini 61,6
Donne 59,9; Francia Uomini 58,8 Donne 58,8; Spagna
Uomini 62,6 Donne 59,5.
Oltre a ciò, nel 2010
il Governo Berlusconi ha inventato le finestre
lunghe, cioè il lavoratore che matura il
diritto di andare in pensione dovrà aspettare ancora
1 anno prima di percepire lassegno
pensionistico, versando contributi che non gli
saranno conteggiati. E come se non bastasse, nel 2011
sono stati aggiunti altri 3 mesi in relazione al
presunto aumento dellaspettativa di vita, con
il risultato che sulla carta il lavoratore ha diritto
alla pensione ma nella sostanza deve lavorare in
totale altri 15 mesi in più per averl, anche se
l'allungamento dell'età di vita e' una bufala,
perchè a 80 anni i lavoratori ci arrivano di norma
in difficili o pessime condizioni fisiche, quando ci
arrivano
.
Poi una persona che
lavorando ha pagato per 41 anni (40 più 1 anno di
finestra) il 41% (33% + 8%) sul lordo del proprio
stipendio, la sua pensione se lè strapagata.
Considerando infatti che si va in pensione a 61 anni
circa, campandone ancora 16 o 17 mediamente, non si
recupera neppure tutto ciò che si è versato di
contributi per 41 anni!
- DONNE letà per andare in
pensione è stata recentemente allungata dal governo
Berlusconi di 5 anni, da 60 a 65, prima a quelle del
settore pubblico e poi a quelle del settore privato,
con la garanzia che i soldi sarebbero serviti per
creare servizi utili alle donne stesse (asili nido,
servizi di cura per gli anziani, copertura
contributiva per la maternità per tutte le donne,
ecc
). Invece, nellultima manovra questi
soldi sono stati dirottati verso il debito pubblico.
Nel maxiemendamento poi, dal 2026 la pensione di
vecchiaia per tutti è stata portata a 67 anni di
età. Successivamente con il criterio
dell'aspettativa di vita, l'età pensionabile potrà
salire a 70 anni. Chi, come le donne, ha retto sulle
sue spalle triplo e quadruplo lavoro (anche il lavoro
domestico, la cura dei figli, degli anziani e
disabili) sopperendo alle carenze di servizi dello
Stato, anziché essere compensato in qualche modo,
per esempio con qualche anno di lavoro in meno e con
qualche contributo figurativo, verrebbe ulteriormente
penalizzato dallaumento delletà
pensionistica ventilato dal governo Monti.
- IL SALDO DEL
SISTEMA PENSIONISTICO È IN POSITIVO dai dati ufficiali emerge che
il saldo tra le entrate contributive e le prestazioni
previdenziali al netto delle ritenute fiscali (cioè
quanto effettivamente esce dal bilancio pubblico e
entra nelle tasche dei pensionati) è positivo fin
dal 1998. Nellultimo anno per il quale si
dispongono questi dati, il 2009, il saldo è stato di
27,6 miliardi di euro, pari all1,8% del Pil. Il
che significa che il sistema pensionistico pubblico
finanzia il bilancio dello Stato, e in una misura
consistente e crescente dal 1998 in poi.
Se l Eurostat
sostiene che lattuale spesa pensionistica
incide comunque in misura anomala sul Pil, è perché
fa confronti statisticamente disomogenei. Infatti
il dato italiano è sovradimensionato
dallindebita inclusione dei trattamenti di fine
rapporto TFR (pari a circa un punto e mezzo di Pil) e
dalla valutazione delle prestazioni al lordo delle
ritenute previdenziali (in Germania i soldi che
escono dagli enti pensionistici sono esattamente
quelli che entrano nelle tasche dei pensionati e la
spesa pensionistica viene contabilizzata al netto di
ciò che viene pagato; in Italia invece viene
registrato come spesa pensionistica il lordo erogato,
inclusa la ritenuta d'acconto). Questi due elementi
di disomogeneità, se tolti dal computo, riducono
lincidenza sul Pil della nostra spesa
pensionistica al di sotto o in linea con quelle
francesi e tedesche. Il Tfr infatti non è una
prestazione pensionistica, e neppure i
prepensionamenti a seguito di crisi aziendali,
che solo in Italia diventano spesa pensionistica,
mentre in altri Paesi sono considerati interventi di
politica industriale non contabilizzabili nella spesa
pensionistica.
La gestione Inps dei
dipendenti, inoltre, è in attivo di 10 miliardi e
non ha bisogno di aggiustamenti, mentre quelle di
autonomi e dirigenti è in perdita.
- PENSIONI
SGANCIATE DAL COSTO DELLA VITA: dal 1992 le nostre prestazione
pensionistiche non sono più agganciate agli
incrementi salariali e sono indicizzate ai prezzi
solo in misura parziale. Il risultato è che negli
ultimi 19 anni il potere d'acquisto dei pensionati
italiani si è ridotto. Bloccando l'adeguamento
all'inflazione delle pensioni in essere, come
vorrebbe fare il governo Monti, si darebbe il colpo
di grazia alle già misere tasche dei pensionati,
vanificando per giunta la possibilità di sviluppo
della domanda interna, che dovrebbe essere il
principali fattore di crescita.
- I GIOVANI: ogni anno in più di età
pensionabile per noi tutti, equivale a circa 70 - 80
mila assunzioni di giovani in meno allanno.
Dunque è controproducente ciò che il governo
Monti ha proposto alle Camere, cioè di innalzare
l'età effettiva con meccanismi di uscita flessibili
tra i 62 e i 70 anni. A maggior ragione in un momento
come questo in cui è diffusa la disoccupazione
giovanile (30%) e la crisi recessiva è già in atto,
e ci si aspetterebbe che il governo prendesse misure
per la crescita.
Che senso ha poi, come
proposto da Monti alle Camere, applicare il sistema
contributivo dal 2012 a chi nel 1995 aveva
già 18 anni di contributi? Così facendo si
incentiva a ritirarsi dopo dal lavoro, penalizzando
lingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
Inoltre le previsioni segnalano un forte calo della
copertura pensionistica per i giovani, perchè nel
2035, un lavoratore parasubordinato che riuscisse ad
accumulare 35 anni di contributi e andasse in
pensione a 65 anni, maturerebbe una pensione pari al
50% dellultimo stipendio. Quali provvedimenti
prende a questo proposito il governo?
DALLA
PROTESTA ALLA PROPOSTA
Cè
unalternativa precisa ed equa alle
inaccettabili proposte del governo Monti, ventilate o
esplicitate in Parlamento:
- per i
precari una copertura contributiva nei periodi di
vuoto lavorativo, in modo da raggiungere lobiettivo
del 60%; le risorse sono disponibili nei bilanci
dellInail e dellInps che, ormai da 10
anni sono in attivo e ammontano rispettivamente a
circa 2 miliardi allanno (Inail) e 5 miliardi
allanno (Inps).-
- combattere
levasione contributiva che è di circa 25 miliardi
lanno e genera un infinito contenzioso di cause
civili: essa deve diventare reato penale, cioè
furto. Tutti gli ispettori dellInps,
dellInail e dellInpdap devono essere
aumentati ed impegnati in una massiccia operazione di
riscossione dei crediti, dal momento che si conoscono
nomi, cognomi, ragioni sociali e cifre non pagate.
- Ci deve essere un unico
ente nazionale della previdenza e della sicurezza dato dallunificazione
dellInps con Inpdap e con lInail. Questo
porterebbe ad un risparmio di 3 miliardi di euro ogni
anno
- Le Casse
private, come quelle dei dirigenti di azienda, quando
sono in passivo vengono scaricate sullInps. È inaccettabile questa
forzata solidarietà: lInps eroga già pensioni
a dieci milioni di persone che hanno meno di 750 euro
al mese e non può caricarsi il costo di pensioni di
quattro o cinque volte più alte, dunque le casse
speciali devono tornare in attivo. I Dirigenti
d'azienda industriali e i lavoratori autonomi, tra
laltro, sono categorie che continuano a
beneficiare di una bassa aliquota contributiva
versata.
- Se si permettesse ai
singoli di scegliere se versare il Tfr all'Inps piuttosto che alle casse
private, entrerebbero nell'istituto pubblico altri
8-10 miliardi l'anno.
- dividere
lassistenza dalla previdenza. In tutti gli Stati europei
lassistenza (assegni familiari, disoccupazione,
assegni sociali, ecc.) è tutta a carico della
fiscalità generale, mentre in Italia è a carico
dellInps. Se si separasse lassistenza
dalla previdenza, la spesa pubblica italiana sarebbe
perfettamente allineata alla media europea
CONCLUSIONE
I
tagli alle pensioni servono allo Stato per poter
ridurre alle imprese il prelievo contributivo, come
se a non bastassero le riduzioni dell'onere fiscale e
i crediti agevolati concessi agli imprenditori per 30
miliardi di euro ogni anno, soldi tra laltro
sborsati per il 70% dagli stessi dipendenti e
pensionati, che a ragione potrebbero così definirsi
"cornuti e mazziati"!
I
provvedimenti paventati dal governo Monti, dunque,
non sarebbero neppure riforme, ma puri e semplici
interventi di cassa, senza alcun profilo di
discontinuità rispetto a quanto avvenuto col
precedente governo Berlusconi.
RICOMINCIARE DAI
VERI PRIVILEGI, DALLA CASTA POLITICA E DAI RICCHI
SAREBBE DAVVERO UN SEGNO DI DISCONTINUITÀ E DI
EQUITÀ CHE PERMETTEREBBE AD OGNUNO DI ASSUMERSI LE
PROPRIE NECESSARIE RESPONSABILITÀ.