8
luglio 2012
MORIRE
SUBITO O LENTAMENTE ?
per
poter rialzare il pil - prodotto interno lordo -
si calcola ci vorranno 15 anni... mentre tornando
alla lira molti tanti troppi morirebbero di fame
subito ed entro tre anni forse il pil potrebbe
risalire. queste sono le previsioni quello che
invece non si vede, ammesso che si va a votare ad
ottobre... sono le nostre e dico nostre scelte.
Da qualche tempo si moltiplicano
le voci di chi auspica un ritorno alla vecchia
lira, semmai con nome nuovo, ad esempio: nuova
lira. I sostenitori di questa proposta, ritengono
che sia una strategia efficace per rialzare la
nostra economia, con la conseguente svalutazione
che darebbe nuova competitività ai nostri
prodotti Made in Italy. Questa proposta nasce in
un momento in cui la crisi economica, dopo
quattro anni dallinizio della crisi
finanziaria internazionale la fine è ancora
lontana dal concludersi. Il quadro congiunturale
delle economie avanzate e di quelle dellarea
euro in particolare, è ancora pesantemente
segnato da un rallentament o della crescita,
dalla recessione, dalla contrazione dellattività
produttiva, La riduzione della domanda aggregata,
conseguenza dei rigorosi processi di
ridimensionamento del debito pubblico attuate
attraverso misure di contenimento della spesa e
di aumento della pressione fiscale, influisce
negativamente su consumi e investimenti
contribuendo, così, a deprimere ulteriormente le
prospettive di ripresa. Le previsioni sulleconomia
mondiale elaborate dai principali organismi
internazionali concordano nel delineare un quadro
complessivo d incertezza e, in prospettiva,
un lento recupero della crescita, degli
investimenti e delloccupazione.
In relazione a ciò lidea
di attuare da soli misure efficaci per una
ripresa economica dellItalia, avulsa dal
contesto internazionale, è completamente
distaccata dalla realtà effettuale. In parole
povere la domanda è: CHI COMPRA ?
Analizzando la questione del
ritorno alla lira, la prima domanda da farsi è
se sia opportuno attuarla in questo momento con lItalia
finanziariamente così fragile, al punto che
Mario Monti nel novembre 2011 dichiarava che si
era corso serio rischio di non poter più pagare
le pensioni e gli stipendi agli statali.
Nei trattati formanti di fatto
la Costituzione Europea, non sono previste norme
per chi vuole abbandonare leuro, si parla
della possibilità per uno Stato di abbandonare lUE.
Quindi chi vuole ritornare alla lira dovrà di
conseguenza uscire dallUE. Semmai con un
periodo di marcia parallela tra nuova moneta ed
euro. Ma ciò implicherebbe un cambio forzoso,
destinato a far soccombere la nuova moneta in
breve tempo.
Veniamo agli
aspetti pratici :
1) Lo Stato. Tutti i titoli di debito
pubblico (i famosi BOT, BTP etc.) sono oggi
denominati in Euro. Un abbandono della moneta
unica porrebbe lo Stato di fronte a due scelte.
Prima opzione: rinominare dimperio tutti i
titoli di debito nella nuova moneta. Questo
equivale, né più né meno, che a un default
( in pratica bancarotta, cioè
impossibilità di far fronte ai propri debiti),
con relativa fuga degli investitori e
impossibilità di trovare, per anni e anni,
ulteriori finanziamenti sui mercati. Rinominare i
debiti contratti in una valuta forte (leuro)
in una più debole ( la nuova lira) significa non
pagarne una parte e infrangere i patti e i
contratti con gli investitori. Ricordiamoci che
poco meno del 50% del debito pubblico italiano è
in mano a investitori esteri. Perché questo
disastro? Almeno secondo le stime degli analisti,
la nuova moneta, nel caso dellItalia, si
svaluterebbe subito dal 30% al 50% rispetto all
euro. In definitiva una moneta è lo specchio del
sistema economico e politico, il saldo
fra i suoi punti di forza e di debolezza.
Se il saldo ha segno più la moneta
è forte e ricercata dagli investitori, se il
saldo ha segno meno accade il
contrario. Una crisi che provocasse una uscita
del nostro paese dall euro sarebbe
devastante, da qui le stime di una
svalutazione/deprezzamento del 30-50% della nuova
lira rispetto alleuro. Di fronte a
questa prospettiva lo Stato secessionista
potrebbe decidere allora di lasciare i Titoli di
debito denominati in euro. Il destino sare bbe lo
stesso: il default, ma per cause diverse. Infatti
la pesante svalutazione immediata della nuova
lira renderebbe impossibile allo Stato di pagare
il debito denominato in Euro. Una situazione
frequente, in passato, nei paesi in via di
sviluppo che s indebitano in valute
straniere e poi finiscono in default, quando la
propria moneta si svaluta rispetto a quella in
cui sono denominati i debiti.
2) Le imprese. Si ripropone, in forma
addirittura più grave, il problema dei debiti
contratti in Euro, specialmente con le Banche
straniere. La conversione e successiva
svalutazione della nuova lira renderebbe
insostenibile ripagare i debiti in valuta forte
( cioè leuro) con conseguenze facilmente
immaginabili. Quindi non solo il ritorno alla
lira non favorirebbe ( almeno nel breve termine)
la competitività delle imprese, ma ne
provocherebbe fallimenti di massa.
3) Le famiglie. Non appena si avesse il
sospetto di una conversione forzata dei depositi
da euro in nuove lire, ci sarebbe una corsa agli
sportelli delle banche per ritirare i propri
risparmi in euro, metterli dentro una valigia e
precipitarsi verso il più vicino paese ancora
dellarea euro per versarli su un conto
corrente. Ovviamente questa scelta razionale
del risparmiatore sarà impedita dalle autorità
con controlli molto stretti e severi alle
frontiere. Risultato: il potere di acquisto dellitaliano
medio subirà un tracollo dal 30% al 50%. Uno
studio dellUBS (Unione Banche Svizzere)
calcola in 9500-11500 euro la perdita media del
reddito per ogni cittadino dello Stato
secessionista, nel primo anno della nuova moneta.
Se si considera che il reddito medio procapite
degli italiani sia circa 23.000 euro/anno ci
renda conto della dimensione della tosata.
Vale poi la pena di osservare che la corsa
agli sportelli in massa, è la tecnica
migliore per far fallire le banche.
4) Ma un 30-50% di
svalutazione
della nuova lira non renderà almeno più
competitivo il nostro sistema industriale
permettendoci di rimetterci rapidamente in piedi?
Non è detto. Innanzitutto abbandonando leuro
e lUnione Europea si abbandonano anche
tutti i trattati sul Mercato Unico, che cioè
garantiscono la libera circolazione delle merci,
dei capitali e delle persone. E non si capisce
perché i paesi ancora nelleuro dovrebbero
accettare, di buon grado, una simile concorrenza
da parte di uno Stato secessionista. Non è un
ipotesi molto lontana dalla realtà immaginare limposizione
di tariffe doga nali, cioè pesanti dazi, alle
merci in arrivo del paese secessionista,
per compensare i prezzi più bassi dovuti alla
svalutazione. Consideriamo la presunta
competitività che il ritorno alla lira
comporterebbe. Verso quali Stati saremmo
competitivi ? Serbia, Estonia, Lituania, Romania,
ecc ecc. Molte industrie dellUE hanno
delocalizzato fabbriche in questi paesi, per via
della mano dopera a basso o bassissimo
costo, cioè tra i 50 e 300 euro mensili. In
generale i paesi europei dellex blocco
sovietico non sono riusciti a produrre una
ricchezza economica simile a quelli occidentali,
e ciò per varie ragioni. In questo senso il
Nazismo ha vinto la sua battaglia. c'e' poi da
aggiungere che non abbiamo un piano industriale
interno.
5) Naturalmente
questi scenari da
incubo sul ritorno della Lira, non si
limiterebbero solo alla sfera economica,
svalutazioni di quella portata innescherebbero un
iperinflazione (le importazioni, a cominciare
dallenergia e lItalia è dipendente
dallestero per oltre l80%,
costerebbero molto di più e avvierebbero una
spirale perversa sui prezzi ) con conseguenze
sociali difficilmente immaginabili. Le
istituzioni democratiche potrebbero resistere a
un simile tsunami ?
6) In seguito alla
svalutazione della nuova lira il costo della Benzina e Gas
(risorse energetiche che si pagano in dollari),
aumenteranno di 3 volte. Un computer che oggi
paghiamo 400 euro, ne costerà 1200.
7) Per i mutui occorre distinguere tra quelli a
tasso fisso e quelli a tasso variabile. Per i
primi la situazione rimarrebbe formalmente
invariata, diventando comunque pesanti a causa
dell inevitabile inflazione. Per i secondi
invece la situazione diverrebbe pesantissima,
dovendo abbandonare lEuribor, sostituendolo
con un tasso corrispondente in valuta locale,
quindi le rate potrebbero anche raddoppiare,
oltre al fatto che il debitore si troverebbe
anche lui di fronte allinflazione che erode
in maniera drammatica i percettori di stipendio
fisso.
Ventata di
ottimismo, ovverosia il bicchiere mezzo pieno
In mezzo a tanto buio una voce
molto autorevole, leconomista Jacob Funk
Kirkegaard del prestigioso Peterson Institute for
International Economics ( Washington D.C. , USA)
legge la crisi europea in un modo completamente
diverso. Non solo il bicchiere non è rotto, ma
nemmeno mezzo vuoto. Anzi è mezzo pieno. Per
cinque buoni motivi:
1)La Banca
Centrale Europea si
sta comportando sempre più come una vera Banca
Centrale, sia fornendo liquidità alle Banche sia
comprando ( sul mercato secondario e quindi non
direttamente) i Titoli di Stato dei paesi in
difficoltà come Spagna e Italia. Un Istituto
ormai capace di imporre austerità fiscali e
riforme ai paesi più recalcitranti. Insomma una
visione più ampia della stabilità finanziaria
che va oltre il mandato di tenere sotto controllo
linflazione. Anche se ovviamente cè
ancora molta strada da fare prima di arrivare ad
interventi tipo FED ( la Federal Reserve, la
Banca centrale degli USA).
2)Un cammino ormai
delineato verso
quell integrazione fiscale (regole comuni
sul Bilancio degli Stati e controlli
centralizzati a livello europeo ) necessaria a
rendere più omogenee le economie dellarea
euro e quindi più compatibili con la moneta
unica. Un cammino non facile e che sarà lungo,
ma alcuni passi come l&r squo;istituzione di
un fondo per venire incontro agli Stati e/o
Banche in difficoltà ( EFSF , European Financial
Stability Forum) sono stati compiuti.
3)Una serie di
riforme in corso dopera
per aumentare la concorrenza, la competitività,
lapertura di mercati prima chiusi, ridurre
il ruolo dello Stato, nei paesi Mediterranei. Un
fatto inconcepibile prima di questa crisi e che
aiuterà lEuropa, nel suo insieme, ad
affrontare le crisi del futuro ( in particolare
quella demografica, cioè linvecchiame nto
della popolazione).
4)Un
riallineamento dei Partiti del centro sinistra dei paesi mediterranei verso
posizioni meno ideologiche e più
socialdemocratiche, alla Tony Blair anni 90
(o socialdemocrazie nordiche anni 70 e
80). Quindi un cambiamento culturale che
pone al centro la sostenibilità finanziaria
delle politiche fiscali, economiche e del
welfare.
5)Un largo consenso popolare
sulle politiche di tagli alla spesa pubblica e ai
sistemi di welfare ( pensioni ad esempio) che in
altre epoche avrebbero scatenato la furia
ideologica.
E come conclude il suo articolo
Jacob Kirkegaard LEuropa ha molta
strada da fare, ma sta usando bene la crisi
sempre e solo sulle nostre spalle... aggiungerei.
ma non abbiamo scelta o questo o crollare.
22
giugno 2012
La
posta in gioco era enorme SINDONA è
protetto dal potente uomo di governo GIULIO
ANDREOTTI che lo ha definito salvatore
della lira. Se Ambrosoli avesse ceduto a quelle
pressioni, Sindona avrebbe evitato ogni
conseguenza penale e sarebbe stata la BANCA
D'ITALIA a dover coprire i debiti.pur sapendo di
rischiare molto Ambrosoli non cede ne' alle
blandizie ne' alle minacce e scrive, sapendo di
essere ucciso, la sua ultima lettera alla moglie.
Anna
carissima,
è il 25.2.1975 e sono
pronto per il deposito dello stato passivo della
B.P.I. (Banca Privata Italiana ndr)
atto che ovviamente non soddisfarà molti e che
è costato una bella fatica.
Non ho timori per me
perché non vedo possibili altro che pressioni
per farmi sostituire, ma è certo che faccende
alla Verzotto e il fatto stesso di dover trattare
con gente di ogni colore e risma non
tranquillizza affatto. È indubbio che, in
ogni caso, pagherò a molto caro prezzo
lincarico: lo sapevo prima di accettarlo e
quindi non mi lamento affatto perché per me è
stata unoccasione unica di fare qualcosa
per il paese.
Ricordi i giorni
dellUmi (Unione Monarchica Italiana ndr)
, le speranze mai realizzate di far politica per
il paese e non per i partiti: ebbene, a
quarantanni, di colpo, ho fatto politica e
in nome dello Stato e non per un partito.
Con lincarico, ho avuto in mano un potere
enorme e discrezionale al massimo ed ho sempre
operato ne ho la piena coscienza
solo nellinteresse del paese, creandomi
ovviamente solo nemici perché tutti quelli che
hanno per mio merito avuto quanto loro spettava
non sono certo riconoscenti perché credono di
aver avuto solo quello che a loro spettava: ed
hanno ragione, anche se, non fossi stato io,
avrebbero recuperato i loro averi parecchi mesi
dopo.
I nemici comunque non
aiutano, e cercheranno in ogni modo di farmi
scivolare su qualche fesseria, e purtroppo,
quando devi firmare centinaia di lettere al
giorno, puoi anche firmare fesserie.
Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa
devi fare e sono certo saprai fare
benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e
crescerli nel rispetto di quei valori nei quali
noi abbiamo creduto [...] Abbiano coscienza dei
loro doveri verso se stessi, verso la famiglia
nel senso trascendente che io ho, verso il paese,
si chiami Italia o si chiami Europa.
Riuscirai benissimo, ne
sono certo, perché sei molto brava e perché i
ragazzi sono uno meglio dellaltro [...]
Sarà per te una vita
dura, ma sei una ragazza talmente brava che te la
caverai sempre e farai come sempre il tuo dovere
costi quello che costi.
Hai degli amici, Franco
Marcellino, Giorgio Balzaretti, Ferdinando Tesi,
Francesco Rosica, che ti potranno aiutare: sul
piano economico non sarà facile. ma a
parte lassicurazione vita
[...]
Giorgio
21
GIUGNO 2012
La Rosa
Tricolore: Renzi premier Berlusconi Presidente
della Repubblica
La
Rosa TricoloreRenzi premier Berlusconi Presidente
della Repubblica
'L'Espresso' è entrato in possesso del documento
riservato commissionato dal Cavaliere a un gruppo
ristretto di consiglieri capeggiati da Dell'Utri
e Verdini (oltre che dal suo nuovo guru Volpe
Pasini). Risultato: via il Pdl e quasi tutti i
suoi dirigenti, nasce una Lista Civica nazionale
che dovrà allearsi con il sindaco di Firenze,
destinato a Palazzo Chigi. Obiettivo: salvare
Silvio dai giudici e (se possibile) farlo
eleggere Presidente della Repubblica
Il documento circolava ieri riservatamente
nell'aula di Palazzo Madama mentre i senatori si
apprestavano a votare per l'arresto di Luigi
Lusi. Appena arrivato da Milano, top secret,
affidato soltanto a un ristrettissimo gruppo di
notabili berlusconiani. Nessun file, solo carta,
come ai bei vecchi tempi.Otto pagine
dattiloscritte più la copertina, titolo "La
Rosa Tricolore", sottotitolo "Un
Progetto per Vincere le elezioni politiche
2013". E il simbolo, una rosa stilizzata con
i petali rossi, bianchi e verdi su tutte le
pagine.
Dopo giorni di indiscrezioni sempre smentite,
ecco per la prima volta messo nero su bianco il
piano di Silvio Berlusconi per superare indenne
il disastro del Pdl, dato in picchiata nei
sondaggi, e provare a vincere alle prossime
elezioni, tra un anno o nel 2012 «nel caso di
voto anticipato», si legge nel documento,
nell'eventualità più che mai attuale che il
governo Monti venga fatto cadere.
Un piano in tre mosse. Primo, azzerare l'attuale
Pdl, considerato in blocco «non riformabile»
insieme a tutti i suoi dirigenti (con un
singolare eccezione: Denis Verdini).
Secondo,
costruire un network di liste di genere (donne,
giovani, imprenditori) tutte precedute dal logo
"Forza".
E, infine, l'idea più clamorosa: candidare un
premier a sorpresa, pescato come nel calcio
mercato dalla squadra avversaria: non Luca
Cordero di Montezemolo né Corrado Passera né
tantomeno il povero Angelino Alfano. Ma il
giovane sindaco di Firenze Matteo Renzi, oggi
candidato in pectore alle primarie del Pd.
Pdl
tutti a casa. E senza tv.
Il presupposto dell'operazione Rosa Tricolore è
la catastrofe dell'attuale centrodestra e del
partito azzurro. «Il Pdl», si legge, «appare
non riformabile e i suoi dirigenti hanno un tale
attaccamento alla proprio posto di privilegio da
considerare come fondamentale la sopravvivenza
solo di se stessi. Miracolati irriconoscenti
appiccicati sulle spalle di Berlusconi». Il
rischio è che la sconfitta del Pdl trascini con
sé anche «la fine politica» del Cavaliere. E
non solo: «La sconfitta toglierebbe a Berlusconi
la sola protezione contro chi lo vuole morto
finanziariamente, giudizialmente e fisicamente».
Insomma, i capi del Pdl, pur di non soccombere,
condannerebbero al patibolo il loro creatore
Silvio. Con alcune eccezioni. Più di tutti,
Denis Verdini, «che ha dimostrato capacità di
lavoro e di risultato organizzativo ed
operativo», ma anche il coordinatore lombardo
Mario Mantovani. Soluzione radicale: «la sola
svolta possibile sarebbe le loro dimissioni dai
ruoli di partito, la loro scomparsa dai giornali
e dal video e la loro non ricandidatura»,
eccezion fatta per chi ha un solo mandato.
Insomma, si salva Maria Rosaria Rossi.
E a casa, e pure senza telecamere, i
«professionisti della politica»: La Russa,
Gasparri, Frattini, Quagliariello, Cicchitto,
Matteoli, Brunetta, Sacconi... E naturalmente il
segretario Alfano, «che aveva la possibilità di
dimostrare la sua leadership e invece non ha
fatto nulla dimostrando di far parte a pieno
titolo della vecchia classe dirigente che i
cittadini chiedono che venga sostituita con facce
nuove giovani e non».
Dalla
Brambilla a Marco Rizzo
Un progetto di rottamazione? Molto di più: il
Piano di Rinascita Berlusconiana si richiama
esplicitamente a Beppe Grillo. Un movimento
leggero, solo nazionale, senza apparati
regionali, costi bassissimi, senza finanziamento
pubblico e, svolta epocale per Sua Emittenza, con
la Rete al posto della tv. Un network che mette
insieme lo spirito vincente di Forza Italia '94 e
la lezione di 5 Stelle. Organizzazioni di genere:
«Forza Donne. Forza Imprenditori. Forza
Giovani». E poi studenti, pensionati, pubblici
dipendenti. Tutti raggruppati in un movimento
nazionale, le cui ipotesi di nome sono Forza
Silvio oppure Forza Italiani.
Una lista del genere, si calcola, potrebbe valere
con quel che resta del Pdl il 28-30 per cento dei
voti. Cui andrebbero aggiunti i consensi raccolti
dal bouquet di liste fiancheggiatrici già
pronto. Si va dalla Destra di Storace alla lista
Sgarbi ("Rivoluzione") ai pensionati
alle new entries.
-
La lista Santanchè, gli animalisti della
Brambilla, una fantomatica nuova Alleanza
democratica con gli ex dc, una Lista Sud e una
Lista Nord («se salta l'accordo con la Lega») e
la nuova di zecca Siamo Italia affidata all'ex
supercommissario Guido Bertolaso. Tutte insieme
le liste pro-Silvio potrebbero toccare tra il 37
e il 42 per cento. Competitive con Grillo, che
scenderebbe al 12 per cento. E soprattutto con il
Pd e con il centrosinistra oggi dato per
vincente.
Contando anche su qualche quinta colonna nel
campo avversario: per esempio il comunista Marco
Rizzo. Per togliere voti alla coalizione di
Bersani «potrebbe essere di interesse sostenere
la presenza del gruppo di Marco Rizzo affinché
si presenti alle elezioni politiche». Quando si
dice la doppiezza: Berlusconi anti-comunista
nelle piazze, sponsor di Rizzo nelle stanze dei
patti elettorali.
Matteo
nuovo Silvio
Ma la sorpresa più grande il Piano B. la riserva
quando si arriva a parlare di chi potrebbe essere
il prossimo candidato premier. «Fermo restando
che nessuno potrebbe svolgere questo compito
meglio di Berlusconi, questo vale solo se lui
sente il grande fuoco dentro di sempre». Se
invece il fuoco del Cavaliere fosse intiepidito,
sarebbe meglio pensare a un nome nuovo. Alfano?
«Non crea trascinamento e emozioni».
Montezemolo? «Troppo elitario e tentennante».
Passera? «Privo di carisma e di capacità
decisionali forti. La permanenza nel governo
Monti non lo aiuta».
E allora la sola cosa da fare, «folle,
geniale», è schierare il campione del campo
avverso: «Il solo giovane uomo che ci fa
vincere: Matteo Renzi». Il sindaco di Firenze?
Ma non è del Pd? Certo. Ma chi ha scritto il
documento ricorda con lucidità che il
rottamatore è inviso ai dirigenti del partito e
alla Cgil, mentre è apprezzato dagli elettori
del centrodestra. «Se Berlusconi glielo
chiedesse pubblicamente non accetterebbe. Sarebbe
un errore fare una richiesta pubblica da parte
del leader», che pure conosce e stima Renzi,
annota il testo, ricordando gli incontri di
Arcore tra il sindaco e il Cavaliere. «Bisogna
che Renzi si candidi da solo con la sua lista
Renzi e che apra a tutti coloro che
condivideranno il suo programma (ovviamente
preventivamente concordato). A quel punto la
nuova coalizione di centrodestra si confronterà
con lui e deciderà di sostenerlo per unità di
vedute e di programmi». Lista Renzi e Forza
Silvio insieme. E le primarie annunciate del Pd,
dove Renzi dovrebbe sfidare Bersani? Non si
faranno mai, scommettono gli autori del
documento, che si ritengono ben informati.
Nuovi
inni e vecchi condoni
Il programma. I punti forti sono da berlusconismo
d'antan. Via le tasse dalla prima casa, via le
intercettazioni e carcere preventivo, via i
limiti troppo stretti per l'uso dei contanti. E
poi abolizione di Equitalia, un «grande
condono» e presidenzialismo. Ma la rivoluzione
sarà nella forma: un programma già composto di
disegni di legge da approvare senza emendamenti
entro cento giorni per le leggi ordinarie e
dodici mesi per le leggi costituzionali. E poi,
sembra una notazione frettolosa, c'è da eleggere
il Presidente della Repubblica. Il candidato non
è specificato, ma si può immaginare chi sia. Un
piano così minuzioso non poteva dimenticare la
colonna sonora, i gadget e le parole d'ordine.
L'inno «sarà quello di Forza Italia adeguato al
nuovo nome». E c'è già l'indirizzo web:
rosatricolore.it che si aggiunge ai già
esistenti forzasilvio.it e forzaitalia.it
Il
circolo Dell'Utri
Fantapolitica? Se lo chiedono alla fine anche gli
estensori del Piano. E ci sarebbe da pensarlo se
non fosse per altri indizi che portano
direttamente nel cuore di Arcore e di Palazzo
Grazioli. A registrare il domino web di Rosa
Tricolore il 23 aprile scorso è stato Diego
Volpe Pasini, da ormai quasi due anni fra i più
intimi consiglieri dell'ex premier. Imprenditore
dalle alterne fortune, cinquantuno anni, romano
di nascita ma friulano di adozione, tra i
fondatori di Forza Italia nel 1994, animatore
della lista Sgarbi, dopo anni burrascosi è
rientrato nell'inner circle di Berlusconi forte
degli antichi rapporti con il senatore Marcello
Dell'Utri, mai interrotti nel corso degli anni, e
di una più recente amicizia con il coordinatore
Verdini. E' lui il probabile estensore del Piano,
partorito all'interno della fondazione che è
stata incaricata da Berlusconi di rinnovare il
Pdl. Da mesi lavorava in silenzio, questo è il
primo risultato. Che dimostra come per tornare a
vincere bisogna ripartire dagli amici di sempre,
quelli che fondarono Forza Italia. Dell'Utri e il
suo sodale della P3 Verdini, per esempio. Il
futuro ha un cuore antico: anche per Berlusconi.
20
GIUGNO 2012
IL
PIANO B DEL GOVERNO IN CASO DI CRISI CONTINUA.
esiste un piano B che potrebbe
entrare in funzione nel caso in cui le
dismissioni non diano i frutti promessi. Il
dossier, preparato dalla ragioneria, prevede il
taglio degli stipendi dei dipendenti pubblici di
tutti i comparti (stato, enti locali, scuola) dal
2,5 al 5%, il blocco delle tredicesime per tre
anni, laumento del contributo di
solidarietà oggi già applicato ai dirigenti (il
5% per chi guadagna più di 90mila euro annui,
10% per chi è sopra i 120mila euro). La stretta
inciderebbe per oltre il 10% sui 167 miliardi di
euro che ogni anno si spendono per gli stipendi
dei dipendenti pubblici. In altre parole, a
regime si tratterebbe di un risparmio di spesa
tra i 16 e i 20 miliardi di euro.
La carta è ancora nascosta nei
cassetti dei ministri competenti, e ne uscirà
soltanto in caso di emergenza estrema. Per ora il
piano dipendenti pubblici cerca soluzioni soft,
che non tocchino i redditi dei lavoratori. Il
progetto si limita a unipotesi di riduzione
della pianta organica del 5% dei ministeri e a
una sforbiciata delle retribuzioni dei dirigenti.
il primo dado è stato già lanciato con
lannuncio della razionalizzazione delle
agenzie del tesoro e la riduzione del 20%
dellorganico di Via Venti Settembre ,
accompagnata dalla riduzione del 10% della
presidenza del Consiglio. Tutte operazioni che
operano su numeri teorici, senza esuberi reali.
Spesso le piante organiche sono incomplete: con
questa decisione si abbassa il numero di posti da
coprire.
Ma se lidea fosse estesa
a tutto il settore, sia statale (come ha fatto
presagire Vittorio Grilli, dichiarando il suo
auspicio che tutti i ministeri seguano questo
esempio) che delle amministrazioni locali, il
risultato potrebbe essere un vero terremoto: i
posti a rischio si avvicinerebbero alle 300mila
unità. Per ora, comunque, queste non sono che
proiezioni: anche se molti membri del governo, e
in primo luogo il premier, amano ripetere che
andrà ridefinito il perimetro della pubblica
amministrazione.
La partita statali rientra in quella sulla
spending review. il governo inizierà oggi a
lavorare al decreto, che dovrà essere emanato a
ridosso del 28 giugno, in tempo per il vertice
europeo dei capi di governo. Oggi pomeriggio è
previsto un incontro tra Filippo Patroni Griffi,
Vittorio Grilli e il capo di gabinetto Vincenzo
Fortunato. Un summit con lobiettivo di
studiare una riorganizzazione ad ampio spettro di
tutta la macchina pubblica. A iniziare da quanto
prevede già il salva-Italia sulla riduzione
delle province, che potrebbero essere ridotte del
20%. Inoltre si studierà laccorpamento dei
piccoli comuni, che è già previsto per
linizio dellanno prossimo. Le unioni
di comuni già previste sono 5.700. ambedue
queste partite riguarderebbero circa 300mila
dipendenti pubblici. Naturalmente non si tratta
di tagli, ma di spostamenti, ricollocazioni, e
probabili pensionamenti.
La chiusura delle province,
infatti, non significa che le funzioni affidate a
quelle amministrazioni vengano attribuite alle
regioni o ai comuni. Al tesoro si vaglierà anche
lipotesi di disboscamento degli enti
pubblici. Il tempo stringe, e ne servirà davvero
molto se lesecutivo vorrà come
promesso consultare le organizzazioni
sindacali. Finora nessuna convocazione è partita
da Palazzo ffidoni, né si conosce il destino
dellintesa firmata a inizio maggio tra
Filippo Patroni Griffi e le rappresentanze dei
lavoratori.
«Avevano detto che si sarebbe tradotta in una
delega o in un decreto dichiara Michele
Gentile, della Cgil ma non si vede ancora
nulla». i sindacati rigettano anche lidea
che il settore pubblico sia oggetto di
ridefinizioni nellambito della spending
review. «Si può pensare certamente a una
riorganizzazione dichiara Giovanni Faverin
della Cisl funzione pubblica ma si
tratterebbe di unoperazione che richiede
tempi lunghi, e che certamente non farebbe subito
cassa». Per ottenere risorse subito, si
starebbero studiando espedienti meno strutturali,
come il taglio degli straordinari e quello di un
euro per i buoni pasto dei dirigenti. Possibile
anche una diversa organizzazione dei distacchi.
Alcuni ministeri, come la giustizia e
linterno, già da tempo stanno ridisegnando
la geografia delle sedi periferiche. Sacrifici in
cambio di efficienza con la promessa di far
«rinascere» il Paese: questo ha chiesto agli
statali Patroni Griffi.
18
giugno 2012
LO
STRANO CASO DELL'OMICIDIO DELLE GUARDIE SVIZZERE
cosa e'
accaduto realmente all'interno del vaticano ? non
ci sono solo i misteri dello IOR da risolvere e
neanche la sola questione di EMANUELA ORLANDI - o
quello del capo della banda della magliana o
sindona calvi eccetera.
il
libro BUGIE DI SANGUE scritto da un gruppo di
ecclesiastici e laici romaniche si firmano
DISCEPOLI DI VERITA' - racconta di un micidiale
scontro di potere tutto interno alle sacre mura.
il colonnello delle guardie svizzere, sua moglie
e il vicecaporale, sarebbero rimasti vittime di
una battaglia campale, scoppiata fra OPUS DEI e
clan massonici in seno alla curia. lo ha scritto
anche e senza smentita il settimanale EPOCA. in
questa ricostruzione ALOIS ESTERMAN legato da
anni all'OPUS DEI - lo ha scritto come dicevo e
senza alcuna smentita il settimanale EPOCA nel
maggio 1996 - sarebbe stato l'uomo forte che la
potente organizzazione fondata da ESCRIVA' DE
BALAGUER avrebbe posto a capo dell'esercito
pontificio per meglio controllare i palazzi
apostolici e i movimenti del SANTO PADRE. non
solo - il piano opusiano - mirava a trasformare
la guardia svizzera in un reparto militare
iperefficente in grado di neutralizzare l'immenso
potere del corpo di vigilanza da sempre strumento
della cordata massonica. l'omicidio ESTERMAN
sarebbe dunque servito a bloccare sul nascere le
mire egemoniche dell'OPUS DEI. Tornay sarebbe
stato solo la vittima sacrificale, la copertura
necessaria a far chiudere in fretta il caso.
questa ricostruzione del triplice delitto,
secondo la tesi dei DISCEPOLI DELLA VERITA' - il
vicecaporale TORNAY sarebbe stato aggredito alla
fine del servizio ... suicidato in un locale
sotterraneo con una pistola silenziata calibro 7
e la sua arma d'ordinanza utilizzata per uccidere
i coniugi ESTERMANN nel loro appartamento...
successivamente il corpo di TORNAY sarebbe stato
trasportato nell'abitazione di ESTERMANN per
allestire la messinscena dell'omicidio suicidio.
IL 6
LUGLIO 2000 attraverso due avvocati parigini
JAQUES VERGES e LUC BROSSOLLET si formalizza la
domanda di riapertura dell'inchiesta. i due
legali provano ripetutamente a chiedere
l'accredito presso l'autorita' giudiziaria
vaticana. la risposta è sempre la stessa... non
è possibile. l'11 aprile del 2002 spediscono
allora una istanza a SUA SANTITA GIOVANNI PAOLO
II per la riapertura dell'inchiesta nella quale
denunciano alcuni punti che ritengono oscuri.
la
grecia vota a favore dell'euro.
sara'
fame per lo meno non tutta insieme. ora si
attende una reazione dell'europa.
7
GIUGNO 2012
PRESO
L'ATTENTATORE DI BRINDISI.
lo ha
fatto perche' gli andava cosi'. non ha un movente
il killer di brindisi. dice solo che gli girava
di farlo. ma intanto viveva su una bella barca e
smentisce quello che gli inquirenti e i
giornalisti ci hanno detto per mesi e mesi... non
erano bombole di gas ma erano bombolo piene di
polvere da sparo. strano perche' sapevamo e ci
eravamo arrivati tutti che tre bombole del gas
che esplodono non fanno quei pochi danni che
hanno fatto queste... ma il fumo nero ricorda la
bomba di piazza fontana non la polvere da sparo
dei botti di capodanno. non torna nulla quindi di
quanto ci hanno presentato oggi... soprattutto
perche' viene confermata la tesi delle tv di
silvio berlusconi che la sera stessa l'attentato
di brindisi raccontavano che era l'opera di un
pazzo... e il giorno dopo in parlamento
modificavano immediatamente la legge sulla
corruzione che di fatto era troppo aspra.
-----------------------------
2
GIUGNO 2012
PARATA
MILITARE
mi
fermerei a ricordare qualcosa di cui nessuno
parla.
LIVORNO 10 APRILE 1991.
e' una normale sera di primavera a LIVORNO, ma in
quel tratto di ma tirreno c'e' un traffico
inusuale. Navi fantasma, alcune navi militari
italiane e sette navi militari americane per
esempio. Qualcuno dira' che sono li per
permettere il rientro di armamenti dalla prima
guerra del golfo appena terminata. Ma non è
cosi' : l'armamento viene portato fuori dalla
base. Centinaia di tonnellate di armi di cui non
si conosce la destinazione. Tra di esse c'e' una
nave che si chiama OKTOBAR II, della flotta
SHIFCO. Alle 22,27 succede l'incredibile. Il
traghetto MOBY PRINCE, con a bordo 141 persone,
si scontra con la petroliera AGIP ABRUZZO della
SNAM, societa' del gruppo ENI. Un solo
sopravvissuto, un mozzo napoletano. Seguiranno
omissioni, depistaggi, inquinamenti delle prove.
Piu' tardi una perizia scoprira' che poco prima
della collisione c'e' stata un'esplosione ; sulla
MOBY PRINCE verrano trovate tracce di miccia
detonante alla pentrice e tracce dell'esplosivo
militare T4-RDX. E' lo stesso tipo di quello
trafficato dal faccendiere siriano MONZER AL
KASSAR. Stessi identici componenti delle bombe
che colpiranno l'Italia nel 1992 1993.
Livorno 10 aprile 1991.
E' la notte della strage dei 140. I passeggeri e
l'equipaggio del traghetto Navarma Moby
Prince avvolto dalle fiamme
dopo una tuttora inspiegabile collisione con una
petroliera della Snam, l'Agip
Abruzzo. Tutto si compie
nelle prime ore della sera. 18 anni di silenzi e
di menzogne in cui è affogata ogni possibile
verità sul più grave disastro della marina
mercantile italiana del dopoguerra.
Livorno, un grande porto, il polmone che dà
ossigeno all'economia di un'intera città. Navi
che vanno e vengono. Porta containers,
petroliere, traghetti, Ro-ro, ma anche
rifornimenti, da e per, la base Usa di Camp
Darby.
10 Aprile '91, 140 morti, autorità portuali che
da subito e per anni hanno raccontato di una
fittissima nebbia che non c'era: il preludio ad
una teoria infinita di depistaggi e ostacoli alle
indagini.
Da due anni l'inchiesta è stata riaperta da un
pool di magistrati livornesi. Indagini complesse,
avvolte nel massimo della riservatezza, quasi in
segreto, perché in un caso come questo l'ombra
del depistaggio, dell'inquinamento, sembra essere
sempre in agguato.
Già, perché mentre si compie la tragedia del Moby
il mare di Livorno pullula di navi da carico
americane stipate di armi e munizioni (vedi
l'intervista all'avvocato Carlo Palermo), le
radio non funzionano e i radar vengono oscurati.
Sullo stato delle indagini non trapela nulla. E
allora per raccontare questa storia dobbiamo fare
da soli scavando nelle rotte delle navi dei
misteri e in vecchie risultanze istruttorie con
cui si può comporre un puzzle, un'ipotesi che
disegna uno scenario che un senso, agghiacciante,
sembra averlo.
Affari
e faccendieri
Ma andiamo con ordine, cominciando con un nome.
Marcello Giannoni.
Giannoni era, è deceduto qualche anno fa, un
faccendiere livornese impegnato in traffici con
la Somalia, dove, nei primissimi mesi del 1991,
si reca per "acquistare"
una innocente licenza di pesca nelle acque di un
paese distrutto da una sanguinosa guerra civile.
Così Giannoni entra in contatto con il neo
presidente somalo (autonominato) Alì Mahdi. In
questa trasferta lo accompagnano due interessanti
personaggi.
Li chiama in causa Giannoni in un interrogatorio
dell' 8 aprile 1999: «lo
sono stato in Somalia nel 1991 assieme ai sig.
Enzo Magri, Gianpiero Del Gamba e Awes Nur Osman
(rappresentante commerciale della Somalia Livorno
nda ) abbiamo acquistato una concessione di pesca
per 40mila dollari
La concessione di pesca
era globale su tutta la costa, tanto che una
volta vennero le barche a remi del Sultano di
Bosaso per farci allontanare. Il pescato
l'abbiamo portato in Italia e scaricato a Gaeta».
Ma in alcune indagini
del pm romano Franco Ionta, è emerso che
Giampiero Del Gamba sarebbe stato in relazione
con tale Guido Garelli, l'animatore di una
organizzazione dedita al traffico internazionale
di armi e scorie nucleari: il Progetto
Urano. Secondo quanto
riferito nel 2004 dal governo al Parlamento
"Urano"
è «finalizzato
all'illecito smaltimento, in alcune aree del
Sahara, di rifiuti industriali tossico-nocivi e
radioattivi provenienti dai Paesi europei.
Numerosi elementi indicavano il coinvolgimento
nel suddetto traffico di soggetti istituzionali
di Governi europei ed extraeuropei, nonché di
esponenti della criminalità organizzata e di
personaggi spregiudicati, tra cui il noto Giorgio
Comerio, faccendiere italiano al centro di una
serie di vicende legate alla Somalia..».
Insomma va detto: secondo una denuncia pubblica
di Greenpeace
International
i traffici di Giorgio Comerio vanno riferiti alla
società Odm la cui sede a Londra era nello
studio dell'avvocato David Mills, da poco
condannato per essersi fatto corrompere da Silvio
Berlusconi (anche lui ex piduista) testimoniando
il falso davanti ai giudici milanesi che
indagavano sui passaggi di denaro da Berlusconi a
Bettino Craxi.
Garelli,
scrive la Digos,
«nella metà degli anni
Ottanta entrò in contatto con qualche elemento
già iscritto alla Loggia P2 di Licio Gelli e
precisamente Giampiero Del Gamba e Elio Sacchetto
(uno dei protagonisti del progetto Urano, nda
)». Chi è Del Gamba? Scrivono gli
investigatori: «già
segretario provinciale della Dc (livornese) fu
costretto a dimettersi a causa del ritrovamento
del suo nome negli elenchi della loggia massonica
P2. Nel 1982 venne arrestato a Bologna in quanto
sospettato di traffico d'armi e scarcerato dopo
40 giorni. Nel luglio del 1983 venne nuovamente
tratto in arresto dalla Guardia di Finanza di
Livorno per contrabbando di valuta. Il 3 agosto
1990 si è recato a Villa Wanda, residenza di
Licio Gelli».
Si tratta evidentemente di fatti contemporanei,
precedenti o di poco successivi al disastro del
10 aprile 91 che rappresentano, pur non
risultando seguiti penali, una premessa
necessaria a dare il giusto valore alla
confessione resa da Giannoni agli inquirenti.
La
confessione di Giannoni
Giannoni parte dal nome di un personaggio di
primissimo piano: Moussa Bogor, il sultano di
Bosaso, l'ultima persona intervistata da Ilaria
Alpi e Miran Hrovatin, inviati del Tg3, prima del
loro assassinio a Mogadiscio il 20 marzo 1994,
(mentre indagavano sulla flotta da pesca
Italo-somala Shifco).
«
il Sultano di Bosaso
ha detto alcune verità in merito allo
smaltimento di rifiuti industriali e radioattivi
che sono stati seppelliti in Somalia [...]che
tali rifiuti provenivano da Milano.
- ha dettato a verbale Giannoni - Molti
rifiuti sono terre di fonderia e polveri tossiche
di abbattimento fumi, che sono state esportate in
Somalia con la funzione di essere utilizzate
anche per mascherare lo smaltimento anche di
rifiuti radioattivi, detto "check" che
è un misto derivante dalla lavorazione
dell'uranio detto "dolce giallo"
(uranio U-308 in gergo "yellow cake"
nda ). Tale materiale è stato miscelato in
Italia con terre di fonderia provenienti da varie
ferriere in Italia
».
«Nel mio progetto in
Somalia», aveva aggiunto
Giannoni, «doveva essere
partecipe un uomo politico ex Psi di Milano, di
cui ora non ricordo il nome e che mi riservo di
dire. Tale persona aveva il compito di portare
nelle casse i proventi in denaro derivanti dallo
smaltimento dei rifiuti tossici provenienti dalle
fonderie».
Il fatto è che un altro dei protagonisti del
progetto Urano,
il braccio destro di Guido Garelli, ha in pratica
descritto la medesima attività, alla autorità
giudiziaria di Asti, facendo qualche rivelazione
che getta un po' di luce sulla tragedia del Moby
Prince: «Ricordo
che io accompagnai Guido Garelli presso la base
Nato di Livorno e lo stesso venne ricevuto senza
nessun tipo di controllo e nessun lasciapassare,
e dal suo comportamento mi sembrava persona
conosciuta e avvezza a trattare in certi ambienti
militari, sia americani che italiani».
Gli
affari con la Snam
«Nel 1990-'91 con il
progetto Urano, già in essere come Ats (sigla
dell'organizzazione di Garelli nda ), mi sono
occupato (
) con la compartecipazione della
Snam, ministero dell'Ambiente e con il ministero
dei Trasporti, si era trovata la formula legale
per smaltire i rifiuti quali terre di fonderia,
ceneri leggere e altri rifiuti del genere,
classificati all'epoca speciali, impiantando uno
stabilimento per lo smaltimento a Ceuta (enclave
spagnola in Marocco nda ). Tale progetto poi non
ebbe seguito (
). L'accordo di massima era
in questi termini: (
) la Snam avrebbe dato
alla nuova società l'automazione e la tecnologia
per rendere inerti i rifiuti speciali inviati a
Ceuta per la trasformazione in mattonelle per la
pavimentazione stradale».
Insomma, sembra la filiera descritta da Giannoni
ma con la partnership tra Guido Garelli e la Snam:
la compagnia armatoriale della petroliera contro
cui va a cozzare il Moby.
Clamoroso. Anche perché non sembrerebbe così
scontato che il progetto sia rimasto sulla carta.
Giannoni e il braccio destro di Garelli parlano
nel 1999. E lo fa anche, il 15 dicembre 1998,
Ezio Scaglione, console di Somalia in Italia,
massone, già membro della segreteria
dell'onorevole Boniver del Psi (oggi nel Pdl) e
associato a Garelli nel progetto Urano
in Somalia, davanti alla Polizia giudiziaria di
Asti: «In merito al
progetto Urano [...] aggiungo [...] che si
trattava di rifiuti tossico-nocivi e, a mia
domanda al Garelli, lo stesso mi disse che si
trattava anche di rifiuti radioattivi».
Gli
affari di via Fauro
Gli affari somali di Giannoni, in base ad una
clamorosa denuncia dell'Agenzia per l'ambiente
delle Nazioni Unite, vanno riferiti a una
società romana posta di fronte al punto
dell'attentato del 14 maggio 1993, in Via Fauro.
Una società finanziaria la cui sede legale si
trovava nella stessa via, qualche portone più
avanti, allo stesso indirizzo di un'altra
finanziaria la cui sede secondaria era,
all'epoca, a Napoli, allo stesso indirizzo
dell'armatore del Moby
Prince. Snam
e Moby Prince.
Saranno ben coincidenze ma non sfugge a nessuno
che si tratta degli stessi protagonisti della
tragica collisione livornese legati da un filo
sottile che da Livorno sembra passare dalla
Somalia.
Non è tutto. Il Sultano di Bosaso ha
testimoniato di aver riferito nell'intervista
rilasciata a Ilaria Alpi di uno sbarco di armi a
Chisimaio effettuato da una nave, della compagnia
italo-somala di pesca Shifco,
a «marzo-aprile del 1991».
Insomma poco prima o poco dopo la tragica
collisione di Livorno.
Il riferimento è interessante perché l'unica
nave "spola"
tra l'Italia e la Somalia, di proprietà di
questa compagnia, è la "XXI
Ottobre II", una nave
presente a Livorno la sera del 10 aprile 1991. In
occasione dello sbarco a Chisimaio, ha dichiarato
il Bogor, «noi domandammo
nuovamente se la nave da cui era stato sbarcato
il materiale militare e da cui si stava
scaricando il combustibile fosse una nave della
Shifco, e ci fu confermato che si trattava
appunto di una nave di tale società».
Ed è accertato che tra le tante qualità della XXI
Ottobre II c'è anche
quella di essere una nave in grado di trasportare
combustibile, originariamente destinato al
rifornimento in mare delle navi da pesca
oceaniche. Un dettaglio che getta nuova luce su
una misteriosa "manichetta"
trovata dai pompieri, dopo il disasto, allacciata
a una delle cisterne della petroliera Snam
come se il disastro avesse interrotto bruscamente
una operazione di travaso.
La nave
dei misteri
Armi e combustibile quindi. Materiali presenti
entrambi in grande abbondanza nel porto di
Livorno la notte del 10 Aprile 1991, dove è
ormeggiata, già da alcuni giorni, al molo
Magnale, proprio la nave
Shifco XXI Ottobre II. Un
molo di fronte al quale vivono i coniugi Pietro
La Fata e Susanna Bonomi. Lui è un ufficiale
della Capitaneria di porto. Susanna Bonomi ne è
sicura: la notte del 10 aprile su quel molo è
accaduto qualcosa. Aveva visto l'area sgombra
prima di tirare giù le serrande. La mattina
dopo, invece, in quel punto del molo Magnale c'è
una barca, circa 70-80 metri di lunghezza: «Io
tiravo giù la serranda e non c'era niente
perché vedevo, stavo di fronte alla banchina e
non c'erano navi», ha
riferito. «La mattina feci
l'operazione inversa. La mattina c'era una nave».
Ed esiste una sola nave con queste
caratteristiche ormeggiata in quella zona del
porto: appunto la XXI
Ottobre II.
Containers
di T4
Il marinaio somalo Mohamed Samatar, ex timoniere
della XXI Ottobre II,
ha messo a verbale, durante un interrogatorio
reso ai carabinieri di Latina, di essere stato
sino al 23 marzo 1991 il timoniere della nave Shifco
e di aver assistito all'imbarco di diversi
containers con la scritta "Esplosivo".
Nella sua deposizione Samatar ha sostenuto che i
containers di esplosivo sarebbero stati caricati
a Tripoli sulla XXI Ottobre
II e sbarcati a Beirut nel
gennaio del 1991 con la supervisione di un tal
"Mancinelli":
«Ora questo viaggio noi
l'abbiamo un po' studiato con degli Ufficiali di
marina di Gaeta», ha
deposto il Capitano Sottili, della Compagnia
Carabinieri di Gaeta, «perché
non risulta da nessuna parte che questa nave
abbia toccato questi porti (Tripoli e Beirut, nda
), però non risulterebbe comunque, perché la
nave non sarebbe entrata nei porti, sarebbe
rimasta fuori (utilizzando
delle chiatte per scaricare, nda)».
I Carabinieri hanno anche scoperto che Florindo
Mancinelli, uno degli amministratori italiani
della flotta Shifco
(che potrebbe essere la persona indicata da
Samatar), all'epoca era stabilmente ospite
dell'albergo Ariston
di Formia e aveva lasciato quel centro il 9
gennaio 1991, facendovi ritorno solo il 4 marzo.
La XXI
Ottobre II
avrebbe lasciato Formia proprio il 9 gennaio (il
giorno in cui Mancinelli avrebbe lasciato il suo
hotel a Formia) per arrivare a Suez il 16 gennaio
e tornare infine a Gaeta proprio il 4 marzo (il
giorno in cui ricompare a Formia Mancinelli).
Dopodichè la XXI Ottobre II
riparte per arrivare, il 15 marzo successivo, a
Livorno da dove non risulterebbe si sia più
mossa fino alla sera del 10 aprile.
La
bomba sul traghetto
Rivelazioni potenzialmente esplosive e insondate
se si pensa alla possibilità che armi, o
esplosivi, siano stati trasportati dalla Somalia
verso altre destinazioni, tra cui l'Italia, nei
primi mesi del 1991. Una prospettiva
agghiacciante perché la notte del disastro sul Moby
Prince è esplosa una
bomba. Una bomba, secondo il perito del pm,
costituita da T4 e pentrite ma, che, per
dimensioni, non avrebbe potuto provocare la
collisione. Una bomba comunque potente (ha
distrutto un camion) e costruita con gli stessi
componenti delle bombe utilizzate due anni più
tardi per le stragi di mafia del 1993 a Milano,
Firenze e Roma: una stagione di attentati
inaugurata con l'esplosione di via Fauro. Troppe
coincidenze inspiegate e inspiegabili.
Fantascienza? Forse no.
Un giudice della Procura di Ginevra,
Laurent-Kaspar Anserment, ed un parlamentare
argentino, Franco Caviglia, hanno in due diverse
vicende sostenuto che proprio tra la fine del
1990 e i primi mesi del 1991 sarebbe stato messo
in circolazione un enorme carico di T4 che dalla
Spagna, attraverso una serie di triangolazioni,
sarebbe arrivato in Medio Oriente per essere poi
diviso in diversi lotti. Esplosivo trattato da
trafficanti internazionali, ben noti anche in
Italia, legati a personaggi dei servizi segreti
polacchi (Wsi), già coinvolti nello scandalo
Cia-Iran-Contras e collegati finanziariamente al
clan mafioso dei Santapaola. Insomma la
sensazione è che di gente potente interessata a
che non si faccia luce su questa tragedia, in
giro, ce n'è ancora tanta.
BELAD
SOMALIA 1993.
Vincenzo Li Causi e'
qui dall'agosto del 1993 per l'operazione IBIS,
l'intervento militare italiano nell'ambito della
missione dell'ONU RESTORE HOPE. la sera del 12
novembre è su un mezzo militare del nostro
esercito insieme a tre soldati e un agente
segreto. in prossimita' di una curva un gruppo di
miliziani somali spara sul blindato. nessuno
viene colpito tranne VINCENZO LI CAUSI che muore.
secondo alcune testimonianze di uomini GLADIO era
l'informatore di una giornalista italiana del TG3
- ILARIA ALPI, riguardo al traffico di armi e di
scorie tossiche in SOMALIA.
|
|