SANTA BANCA VATICANA

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Per la prima volta, rendiamo pubblici i conti cifrati dello IOR sui quali per tutti negli anni NOVANTA transiteranno diverse operazioni illecite mascherate da opere della carita', quelle a cui i fessi, ignoranti, ma buoni e sinceri versano in parte anche le loro offerte.

Questi sono tutti conti che arrivano fino al signor DE BONIS e da lui gestiti a titolo personale, DE BONIS era un fidatissimo di GIOVANNI PAOLO II – ecco cosa racconta :

Dopo quasi quindici anni di presidenza della banca vaticana, Angelo Caloia rompe il silenzio. Fa i nomi di amici e nemici. E accusa la finanza cattolica d'aver venduto l'anima per il potere

ROMA - Giovanni Paolo II non s'è mai occupato di soldi, non ha un proprio conto in banca e tanto meno s'è arricchito. Ma lascerà al suo successore una lauta eredità: un Vaticano con i conti a posto, i profitti floridi, gli amministratori fidati.

Sono quattro, in Vaticano, gli uffici finanziari chiave. In ordine di importanza sono lo IOR, Istituto per le Opere di Religione; l'APSA, Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica; il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano; la Prefettura degli Affari Economici. A capo di ciascuno c'è un cardinale. Ma con un'avvertenza. Perché allo IOR, la banca vaticana, c'è sì una commissione cardinalizia di vigilanza, con alla testa il segretario di stato Angelo Sodano, ma il vero uomo di comando è un'eminenza laica di 64 anni venuto dalla Lombardia, con moglie inglese e quattro figli, il banchiere Angelo Caloia.

Caloia è una leggenda di riservatezza ed è personaggio ai più sconosciuto. Ma per la finanza vaticana è il parallelo perfetto di quel che è il cardinale Camillo Ruini per il governo della Chiesa in Italia: l'uno e l'altro autori di una doppia rivoluzione.

Anche nelle date Caloia e Ruini hanno sempre viaggiato in parallelo. Diventano l'uno presidente dello IOR e l'altro presidente della conferenza episcopale all'inizio degli anni Novanta e, riconfermati di quinquennio in quinquennio, sono tuttora alla testa dei rispettivi organismi. Entrambi hanno cominciato le loro battaglie isolati, con molti più avversari che amici. Entrambi hanno vinto.

La differenza è che oggi Caloia ha deciso di rompere il silenzio: con tanto di nomi, giudizi, retroscena sulla sua storia di banchiere del papa, per la prima volta messi nero su bianco.

L'outing di Caloia è in un libro scritto da un suo amico e collaboratore d'antica data, Giancarlo Galli. Lo pubblica Mondadori, la stessa editrice dell'ultimo best seller del papa, ed è in vendita dal 22 giugno. Il titolo è "Finanza bianca" e si riferisce a quell'insieme di banche e banchieri cattolici che a Roma e in Italia hanno oggi accumulato un potere senza precedenti: con Antonio Fazio governatore della Banca d'Italia, con Cesare Geronzi dominus di Capitalia, con Giovanni Bazoli presidente di Banca Intesa, con i templi finanziari laici caduti nelle loro mani o assediati.

Caloia è parte di questa finanza bianca, è da lì che è venuto. Ma nel libro non la esalta per gli attuali trionfi. Anzi. La accusa d'aver venduto l'anima per ottenerli, d'aver smarrito la sua "identità cristiana". La prova è nel coinvolgimento delle banche cattoliche nei colossali disastri di Parmalat, Cirio e simili: una "Caporetto etica" dalla quale invece, dice, è rimasto immune lo IOR. Partito isolato nella sua battaglia per ripulire e rilanciare la banca vaticana, Caloia lamenta oggi di ritrovarsi di nuovo solo, a far da baluardo di una finanza moralmente corretta.

Quando Caloia inizia la sua lunga marcia, nei primi anni Ottanta, il Vaticano è in pieno dissesto, al pari dei finanzieri cattolici con i quali aveva condotto pessimi affari: Michele Sindona e Roberto Calvi. Alla testa dello IOR regnano un arcivescovo americano, Paul Marcinkus, che Caloia definisce "facilone, pressapochista, mal consigliato", e un prelato italiano che è tra gli autori di quei cattivi consigli, Donato De Bonis. Lo IOR è assediato dai creditori, e nel 1984 il cardinale Agostino Casaroli, il segretario di stato dell'epoca, li tacita una volta per tutte versando 242 milioni di dollari a titolo di "contributo volontario", sfidando il parere contrario non solo di Marcinkus e De Bonis ma di quasi tutti i dirigenti vaticani.

Quello stesso anno, a Milano, anche la buona finanza cattolica decide di risalire la china. Lo fa dando vita a un Gruppo Cultura Etica Finanza. Si riunisce in via Broletto, a pochi passi dal Duomo, e di esso fa parte anche un vescovo, Attilio Nicora, ausiliare del cardinale Carlo Maria Martini. Nel gruppo figurano intellettuali destinati a ruoli di peso: come il gesuita GianPaolo Salvini, futuro direttore della "Civiltà Cattolica", e Lorenzo Ornaghi, futuro rettore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Tra i banchieri, Bazoli è il predicatore più acceso della riscossa contro la finanza laica e il suo potentissimo nume Enrico Cuccia. A coordinare il tutto è Caloia, con Galli segretario.

Caloia è presidente del Mediocredito Lombardo e punta più in alto, alla CARIPLO, una delle più grosse Casse di Risparmio del mondo. Ma tra i cattolici c'è chi gli sbarra la strada, e nella curia di Milano gli rema contro monsignor Giuseppe Merisi. "Nemo propheta in patria", dice oggi Caloia rievocando quella battaglia perduta. Perché invece che a Milano il suo futuro è a Roma. Nel 1987 e poi nel 1988 si presentano da lui emissari del Vaticano. A nome del cardinale Casaroli vogliono che prenda in pugno lo IOR.

Non solo. Casaroli gli chiede di riscrivere gli statuti della banca vaticana. Caloia accetta e si mette al lavoro. È fatta. Nel 1990 Giovanni Paolo II promulga i nuovi statuti, Marcinkus lascia Roma e si ritira in una parrocchia dell'Illinois, Caloia diventa presidente del nuovo consiglio di sovrintendenza dello IOR. A nominarlo sono gli altri quattro banchieri del consiglio: un tedesco, uno svizzero, uno spagnolo e un americano. Lo svizzero è Philippe De Weck, ex presidente dell'Union de Banques Suisses, vicino all'Opus Dei e frequentatore a Milano del Gruppo Cultura Etica Finanza. È lui il grande elettore di Caloia.

Ma alla macchina dello IOR resiste la vecchia guardia: il prelato De Bonis, il direttore generale Luigi Mennini, il ragioniere capo Pellegrino De Strobel. Questi due sono i primi a saltare. De Bonis non cede. A norma del nuovo statuto dovrebbe fare solo assistenza spirituale, in realtà continua i suoi affari come in passato.

De Bonis si allea in Vaticano con l'allora presidente dell'APSA, il cardinale Rosalio José Castillo Lara, e col segretario di quell'organismo, monsignor Gianni Danzi, e manovra per sostituire a Caloia, al termine del suo primo quinquennio di presidenza, un suo candidato, l'americano Virgil C. Dechant, dei Cavalieri di Colombo e grande finanziatore di Solidarnosc in Polonia. Castillo Lara e Danzi premono anche perché lo IOR faccia merchandising religioso. Caloia rifiuta e riceve dal cardinale una raffica di lettere al veleno. Ma alla fine la spunta. De Bonis è spedito a far da cappellano ai Cavalieri di Malta, Caloia è riconfermato presidente nel 1995 per altri cinque anni e Castillo Lara lascerà presto l'APSA.

Nel 1999, altra manovra. Questa volta il candidato a rimpiazzare Caloia è nientemeno che il presidente uscente della banca federale di Germania, la Bundesbank, Hans Tietmeyer, e il suo promotore è il cardinale americano Edmund Casimir Szoka, all'epoca presidente della Prefettura degli Affari Economici del Vaticano. A mettere sull'allarme Caloia è monsignor Renato Dardozzi, dell'Opus Dei. A una conferenza di Tietmeyer alla Pontificia Accademia delle Scienze, Caloia si alza a criticarne le tesi ultraliberiste. Tra i due scoccano scintille. Ma di nuovo è Caloia a vincere la sfida, forte anche dell'appoggio del segretario personale del papa, Stanislaw Dziwisz.

Nel 2000 Caloia è riconfermato presidente, e l'ultima parola a suo pro l'avrebbe detta Giovanni Paolo II: "Finché vivo io, mai un tedesco alle finanze vaticane". Ma più che il cuore polacco, a convincere il papa sono i proventi dello IOR a lui devoluti ogni anno per opere di bene. Erano 15 miliardi di lire nel 1990, all'inizio della gestione Caloia. Oggi sono "molti, molti di più".

Nel 2005 scadrà il terzo quinquennio di Caloia, e nessuno questa volta trama più per cacciarlo. All'APSA c'è ora il suo amico Nicora, divenuto cardinale, con segretario il vescovo Claudio Maria Celli, uomo di Casaroli e Sodano. Al Governatorato Szoka ha passato i limiti d'età e un candidato a succedergli è Carlo Maria Viganò, legatissimo a Sodano e Nicora. Resti o no Caloia presidente, il suo IOR, almeno questo, non passerà certo al nemico.

Banca Intesa: così cattolica, così ingrata

L'Istituto per le Opere di Religione opera in tutto il mondo da un'unica sede, situata in Vaticano nel torrione di Niccolò V addossato al palazzo del papa.

Lo IOR non fa prestiti e non emette assegni propri. Il suo scopo essenziale è far fruttare i patrimoni perché siano impiegati in opere di bene. Una parte cospicua delle rendite è devoluta al papa.

I depositanti sono diocesi, parrocchie, ordini specie femminili, enti e privati con finalità religiose.

Lo IOR investe soprattutto in obbligazioni e opera sulle monete forti: dollaro, yen ed euro. Vanta risultati "d'assoluto rispetto anche in periodi difficili per i mercati finanziari".

Ha smobilitato tutte le sue passate partecipazioni azionarie tranne una: quella col maggiore gruppo bancario privato italiano, Banca Intesa, di cui detiene oggi lo 0,8 per cento, tramite la finanziaria Mittel.

Quando questa banca, presieduta dal cattolico Giovanni Bazoli, era sotto l'assalto della laica Mediobanca, lo IOR l'aiutò portando temporaneamente la sua quota al 2 per cento.

Ma oggi Angelo Caloia, presidente della banca vaticana, è molto critico nei confronti di Bazoli. Lo accusa di "gigantismo" e di "distruggere ricchezza anziché crearne". Nel 2002 la caduta in borsa di Banca Intesa "comportò una decurtazione del contributo dello IOR al Santo Padre nell'ordine di qualche decina di miliardi di lire".

A norma degli statuti entrati in vigore nel 1990 lo IOR, Istituto per le Opere di Religione, è retto da un consiglio di sovrintendenza e da una commissione cardinalizia di vigilanza.

Compongono il consiglio di sovrintendenza:

Angelo Caloia, presidente;
Virgil C. Dechant, americano, dei Cavalieri di Colombo, vicepresidente;
Theodor E. Pietzcker, tedesco, della Deutsche Bank;
José Angel Sánchez Aslain, spagnolo, del Banco Bilbao-Vizcaya;
Robert Studer, svizzero, dell'Union de Banques Suisse.

La commissione cardinalizia di vigilanza è presieduta dal segretario di stato Angelo Sodano ed è composta dai cardinali Jozef Tomko, Eduardo Martínez Somalo, Adam Joseph Maida e Juan Sandoval Íñiguez.

Direttore generale è Lelio Scaletti, con Dario Sabbioni come vice.

Nel sito web del Vaticano lo IOR non c'è. In compenso, c'è una sezione speciale in più lingue dedicata all'Obolo di San Pietro:

OBOLO DI SAN PIETRO


In passato la tradizionale offerta al papa si raccoglieva nelle chiese una volta all¿anno il 29 giugno, festa dei santi Pietro Paolo. Ma oggi l'Obolo non ha più una data esclusiva: può essere versato "in qualunque momento", anche da casa con carta di credito. Con conseguente aumento del gettito.

CONTO NUMERO 001 – 3 – 14774 – C

DELLA FONDAZIONE CARDINALE FRANCIS SPELLMAN.

Il rapporto si apre a richiesta di ROMA il 15 luglio del 1987. da notare che ROMA è il nome della capitale sul vero nome e cognome c'e' un omissis. DA NOTARE che ROMA apre un conto per una fondazione ma se muore lascia tutto ad un certo S.E senza dare alcuna disposizione per la fondazione. IL CONTO CORRENTE dimostra caratteristiche di movimenti elevati anche se dal 1 APRILE 1992, guarda caso la data di inizio di maggiori controlli, i movimenti in entrata e in uscita diminuiscono. L'alimentazione del conto è avvenuta attraverso depositi in contanti o ricavi di vendite di titoli. La maggior parte dei prelievi avviene in contanti. In poche parole il su questo conto avviene di tutto meno che opere di carita' e assistenza. Il saldo finale al 7 luglio 1992 è di circa 12,1 miliardi di lire.

CONTO N. 001 – 3 - 16764-G

LOUIS AUGUSTUS JONAS FOUNDATION

IL RAPPORTO con questo conto comincia il 10 Ottobre 1990 a richiesta di tale LUIGI BISIGNANI, che figura essere l'unica firma autorizzata sul conto. Inizialmente si pensava essere il BISIGNANI PRESIDENTE DELL'ALITALIA e invece guarda caso LUIGI è il fratello. A fine 1991 su questo conto, vengono presentati ad incasso titoli per 6 miliardi di lire. Nel mese di Dicembre dello stesso anno vi è un trasferimento ad una banca lussemburghese, per lire, 3,7 miliardi – benificiario – SOCIETA' TEAL. Anche su questo bonifico c'e' la firma di ROMA anche se ROMA non è autorizzato ad operare sul conto. Si susseguono poi vari prelievi, rilevante quello del 18 Marzo di 3 miliardi di lire in contanti.

CONTO 001 – 3 – 17178.

FONDO SAN SERAFINO.

RAPPORTO COMINCIATO l'8 Maggio 1991 su richiesta di CARLO SAMA, che si qualifica come PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE DI SAN SERAFINO. Al marzo 1992 porta un saldo di 1948 milioni. Le firme autorizzate appartengono ad un ramo della famiglia FERRUZZI – Alessandra Ferruzzi, il marito Carlo Sama e Sergio Cusani. La stessa intestazione del conto richiama direttamente la persona dello scomparso fondatore del gruppo FERRUZZI, Serafino padre di Alessandra. Il conto genera un totale di 46,6 miliardi di lire, nel Maggio e Giugno del 1991 vengono accreditati i ricavi di titoli di Stato italiani per 9976 milioni e per 34,770 milioni di lire. I titoli vengono sempre presentati da ROMA che non è delegato ad operare sul conto. Gran parte dei denari, con operazioni successive vengono trasferiti in banche elvetiche. Di tutto si tratta ma anche in questo caso nulla a che vedere con opere di carita'.

CONTO N. 001 – 3 – 15924 -

FONDO MAMMA ROMA PER LA LOTTA ALLA LEUCEMIA.

Il rapporto viene aperto il 10 Ottobre 1989 con un primo versamento in contanti di 200 milioni di lire su autorizzazione di ROMA che poi risulta essere l'unico firmatario. I principali movimenti di accredito provengono dai conti – TUMUDEI ALINA CASALIS – e – FONDO SAN MARTINO. In data 13 Dicembre 1991 dal conto vengono prelevati 412 milioni di lire e vengono girati a ROMA.

CONTO N. 051 – 3 – 02370

FONDO MADONNA DI LOURDES

sal al 7 Luglio 1992 – circa 1,2 milioni di dollari USA. Aperto nel Maggio 1987 da S.E.VETRANO deceduto nel novembre del 1990. le disposizioni testamentarie sono a favore della moglie ANNA BEDOGNI e quando quest'ultima muore a favore di ROMA o di chi da lui designato. Tutti meno che la fondazione in merito.

CONTO 001 – 3 – 16899

SANTA CASA DI LORETO

che ha due conti – SANTUARIO DI LORETO – E – SACRO MONTE DI VARESE.

Sul primo conto ci sono 2,8 miliardi di lire italiane. E sul secondo conto 2,8 milioni di dollari. I due conti sono in qualche modo collegati. Sul primo conto sono affluiti i donativi disposti dalla fondazione di PAOLO VI è stato aperto il 21 dicembre 1990 a richiesta di ROMA che figura come uno dei firmatari disgiunti l'altro è ANCONA. Il secondo è stato aperto da ANCONA. In questi due conti è stato saldato e quindi chiuso il FONDO SANTA TERESA – in entrambi i conti piu' volte appare la figura del defunto CARDINALE JORIO il quale come sempre lascera' tutto a ROMA.

LE SUORE ANCELLE DELLA DIVI PROVVIDENZA BISCEGLIE

aprono invece una serie di conti infiniti. Controvalore di 55,4 miliardi di lire, come sempre le suore si muovono meglio dei preti.

SI POTREBBE continuare per ore ed ore a dimostrare, per quanto è stato reso pubblico, che nelle casse dello IOR giravano MILIARDI DI LIRE dalla provenienza poco chiara, e che da quei conti correnti poi partivano per altri conti, o in AMERICA, o in svizzera, tutti comunque a scopi personali e mai a favore di opere di carita'.

Quanto scritto come piu' volte si legge in chiaro, si riferisce alle lire, ma cio' non tolie che il movimento nelle casse dello IOR si sia fermato con L'EURO, di fatto per chi ha accesso nelle mure VATICANE puo' pagare con qualsiasi moneta, perche' l'importante per le figure di SUA SANTITA' ...E' PAGARE e soprattutto non far mai sapere a chi realmente andranno i danari.

MA LA DOMANDA FINALE RIGUARDA LA CRISI... SE E' VERO COME E' VERO CHE LE PRINCIPALI RESPONSABILI DELLA CRISI SONO LE BANCHE - VOI DAVVERO PENSATE CHE LA BANCA VATICANA NON HA LE SUE COLPE ?

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