MONTI IN VATICANO

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ARTICOLO DELL'OSSERVATORE ROMANO TRASCRITTO

USCITO OGGI 28 DICEMBRE 2012

La decisione di Mario Monti di rendersi disponibile a un nuovo impegno al servizio del Paese sta

orientando, come previsto, il dibattito politico e l’avvio della campagna elettorale in Italia. Il tema

principale è ora l’analisi del programma indicato dallo stesso Monti nella sua "agenda" per il prossimo

Governo e del modo in cui le forze politiche che lo condividono intendono presentarsi alle prossime elezioni

del 24 e 25 febbraio 2013, dopo lo scioglimento delle Camere da parte del presidente della Repubblica

nel pomeriggio di sabato scorso,22 dicembre.

Nella conferenza stampa di domenica il capo del Governo uscente

ha spiegato, illustrando i motivi della sua scelta, di essere disposto a

mettersi alla guida di quanti vogliono proseguire sulla strada intrapresa dall’Italia nell’ultimo anno sulla

base di un programma concreto e non attraverso un’alleanza che si

condensi esclusivamente accanto al suo nome. Monti ha precisato di

considerarsi extra partes: «Non mi schiero con nessuno ma la mia

agenda è chiara ed è aperta a tutti per coalizioni ampie. Alle forze che

manifesteranno adesione convinta e credibile, sono pronto a dare il mio

incoraggiamento e, se richiesto, anche la guida, e sono pronto ad assumere un giorno, se le circostanze

lo volessero, responsabilità che mi venissero affidate dal Parlamento».

Se una o più forze politiche «con credibile adesione alla mia agenda»

— ha poi continuato Monti — manifestassero «il proposito di candidarmi a presidente

del Consiglio, valuterei la cosa».

Verificate «tante condizioni» ha aggiunto, precisando

successivamente nel corso di una trasmissione televisiva: «La mia

agenda ha bisogno di un mandato elettorale e politico, in particolare

dalla società civile e da quelle persone che mi dicono: mi hai tartassato, ma mi fido perché sei una persona seria».

Annunciando il suo impegno in politica attraverso le modalità illustrate, il senatore a vita intende

aprire la seconda fase di un programma riformatore che è stato solo abbozzato nel corso dell’ultimo

anno sulla spinta della congiuntura finanziaria. Monti è stato chiamato

dai partiti a prendere decisioni inderogabili, di cui nessuno intendeva

però prendersi la responsabilità diretta, per il timore di pagare un

prezzo elettorale troppo alto. Quelle stesse forze politiche si ritrovano ora a interrogarsi sull’impatto che

può avere la «salita in politica» di chi doveva, quasi per mandato, diventare impopolare.

Una prospettiva che fornisce da sola molto materiale alla riflessione dei partiti, così

come il successo che anche i sondaggi sembrano ora attribuire a chi

ha imposto agli italiani sacrifici pesanti. L’espressione «salire in politica»,

usata da Monti nel corso della conferenza stampa di domenica, è stata

accolta con ironia, in qualche caso con disprezzo.

Ma si nota la sintonia con il messaggio ripetuto in

questi anni dal presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano,

non a caso un’altra figura istituzionale che gode di ampia popolarità e alla quale tutti riconoscono il

merito di aver individuato proprio nel senatore a vita l’uomo adatto a

traghettare l’Italia fuori dai marosi della tempesta finanziaria. È in sintesi

l’espressione di un appello a recuperare il senso più alto e più nobile della politica che è pur sempre,

anche etimologicamente, cura del bene comune. Ed è questa domanda di politica alta che probabilmente

la figura di Mario Monti sta intercettando o sulla quale comunque

il capo del Governo uscente intende legittimamente far leva e che interpella i partiti al di là dei contenuti del suo manifesto politico.

Riguardo ai contenuti dell’«agenda», il segretario del Partito democratico (Pd), Pierluigi Bersani, ha

affermato di avervi trovato «cose condivisibili, altre un po’ meno e

altre sulle quali si può discutere».

Affermando che nel programma del Pd c’è «più lavoro, più equità e più

diritti», a proposito di Monti ha spiegato di avere nei suoi confronti

«il massimo rispetto»: ora «aspettiamo di vedere se sarà sopra le

parti o se sceglierà piuttosto una parte». È critico invece il segretario

del Popolo della libertà, Angelino Alfano, secondo il quale l’«agenda»

contiene solo tre certezze: «Imu, patrimoniale, più Iva. Verificare per

credere». Il leader dell’Unione di centro, Pier Ferdinando Casini,

condivide infine il programma di Monti: «No agli inganni di Berlusconi — ha detto — ma anche a

Vendola con le sue ricette ideologiche»; aggiungendo che «c’è un lavoro iniziato, ci sono i sacrifici che

gli italiani hanno fatto: non disperdiamo tutto questo».

Il Tesoro pronto a varare misure straordinarie mentre le trattative al Congresso restano ferme

Allarme negli Stati Uniti per il fiscal cliff e il tetto del debito

WASHINGTON, 27. Il presidente Obama interrompe le vacanze alle

Hawaii per risolvere in tempi brevi il nodo del fiscal cliff. Ma sul suo

tavolo alla Casa Bianca potrebbe trovare anche altre questioni ben più

complicate, tra le quali soprattutto il tetto del debito, che il 31 dicembre

toccherà un nuovo limite.

Tutti gli analisti guardano con timore crescente al fiscal cliff, l’insieme di pesanti tagli automatici alla

spesa e l’aumento delle aliquote per tutti i contribuenti che trascinerebbe

il Paese nella recessione. La possibilità che in meno di una settimana il

presidente trovi un accordo definitivo con il Congresso statunitense per

evitare la misura sembra ormai remota. Si è infatti registrato il fallimento, subito prima di Natale, delle

trattative con lo speaker della Camera John Boehner, sulla proposta che

lo stesso Boehner ha tentato di portare al voto a Capitol Hill.

Il «Wall Street Journal» riferisce che la Borsa americana starebbe ancora

scommettendo su un accordo rapido, sebbene gli esperti parlino

di fiducia fuori luogo. Se non verrà trovata una soluzione entro inizio

gennaio, «per tutti i mercati sarà un duro colpo» ha fatto notare Julia

Coronado, economista di Bnp Paribas, citata dal «Sole 24 Ore».

L’ipotesi più probabile — secondo molti esperti del settore e degli stessi membri del Congresso — potrebbe

essere il raggiungimento di un accordo per un provvedimento temporaneo, rimandando decisioni definitive di qualche

settimana. «È ancora possibile che trovino qualcosa entro la fine dell’anno, ma ci sono alte

probabilità che si arrivi a gennaio senza un accordo» ha detto Dean

Maki, economista di Barclays Capital. «Più passa il tempo più mi

innervosisco sulla crescita del primo trimestre; se le negoziazioni si trascinano fino a marzo, questa potrebbe

essere molto debole». Il Congressional Budget Office, l’agenzia federale

incaricata di fornire dati economici al Congresso, afferma che se le misure previste per il fiscal cliff

dovessero essere applicate, il Paese cadrebbe in recessione entro la prima

metà del 2013, ed entro la fine dell’anno il tasso di disoccupazione

potrebbe toccare il 9,1 per cento.

Secondo fonti del Congresso, negli ultimi giorni non ci sarebbero

stati significativi passi avanti nelle trattative. Il partito repubblicano ha

fatto sapere in un comunicato che «le linee di comunicazione rimangono aperte, e continueremo a lavorare

con i nostri colleghi per scongiurare il balzo del prelievo fiscale più grande nella storia americana e per affrontare

il problema sottostante, che è la spesa». Tuttavia, tenuto conto

delle distanze politiche sul tema dei tagli e delle tasse ai redditi più alti,

c’è un clima di scetticismo generale sulle chance di accordo. Secondo gli

ultimi sondaggi, solo il cinquanta per cento crede che alla fine si troverà un’intesa, ben il sette per cento

in meno di pochi giorni fa. Inizialmente Obama aveva proposto una mini-intesa che puntava soprattutto sul tema

delle tasse, in modo da evitare un aumento medio delle imposte di 2200 dollari a famiglia, cifra che avrebbe ricadute serie sui consumi e su tutta l’economia a stelle e strisce.

I repubblicani hanno

però già fatto sapere di essere contrari a una misura del genere.

Ma non è solo il fiscal cliff a pesare sull’agenda della Casa Bianca:

c’è anche il tetto del debito. Quest’ultimo, del valore di 16.400 miliardi di dollari, fissato alla fine del 2011

al termine di un lungo braccio di ferro tra democratici e repubblicani,

sarà raggiunto il 31 dicembre. In una lettera ai leader del Congresso,

il segretario al Tesoro Geithner ha spiegato che saranno adottate «misure straordinarie» per «posporre

temporaneamente la data in cui gli

Stati Uniti si troverebbero altrimenti in default». L’obiettivo, spiega il

«Wall Street Journal», è prendere tempo creando una nuova "zona cuscinetto" di almeno duecento miliardi

per allontanare il totale del debito dal tetto di 16.400.

Non è chiaro per quanto tempo le misure straordinarie resteranno in vigore, anche perché le

politiche fiscali e di spesa per il 2013 sono ancora

oggetto di negoziato come parte dei

colloqui per scongiurare il fiscal

cliff, riporta il «Wall Street Journal». Il Tesoro — ha infatti aggiunto il segretario Geithner — «fornirà ulteriori

chiarimenti sulla prevista durata di queste misure quando

il quadro politico sarà più chiaro». Barack Obama lascia Honolulu per tornare a Washington (LaPresse/Ap)