SETTEMBRE 2001

Due aerei-killer si schiantano nel giro di 18 minuti
contro le Torri gemelle, che crollano poco dopo


Apocalisse a New York
"Migliaia di vittime"

Giuliani ordina l'evacuazione della zona sud di Manhattan
"C'era gente che saltava nel vuoto". Morti oltre 300 pompieri

NEW YORK - Una tremenda esplosione. Un aereo che si schianta contro una delle torri gemelle del World Trade Center di New York, mandandola a fuoco. La città si è appena svegliata: sono le 8,5 (le 14,45 in Italia). Passano 18 minuti, e la scena drammaticamente si ripete. Un altro velivolo colpisce la seconda torre, facendo scoppiare un altro incendio. Un attentato, dice il tam tam delle fonti governative sentite dalle agenzie di stampa, mentre la Cnn manda in onda in diretta l'apocalisse che all'improvviso ha colpito il cuore degli Stati Uniti.

Passa un'ora, e la prima torre crolla, sbriciolandosi come un castello di sabbia. E poco dopo la seconda segue la stessa sorte. Crolla anche un palazzo vicino al World Trade Center, travolto dalle violentissime deflagrazioni. E verso sera, anche un quarto edificio collassa e si abbatte al suolo. In serate il presidente americano George Bush dichiara New York "zona di disastro nazionale".

Il primo bilancio della polizia di New York parla di "migliaia di vittime", fra morti e feriti. Il sindaco Rodolph Giuliani - che ha ordinato l'evacuazione della parte sud di Manhattan - in serata ha commentato: "Il numero delle vittime sarà superiore a quello che possiamo immaginare, ma non vogliamo fare supposizioni". Poi ha aggiunto: "New York adesso è sicura".

Nessuna cifra ufficiale della carneficina, quindi. Stime non verificabili nel corso della giornata hanno parlato di diecimila, forse ventimila morti. Si tratta davvero di una tragedia di proporzioni gigantesche. Nelle due torri, normalmente,lavorano oltre quarntamila persone e altre diecimila le visitano per turismo o affari. E mentre in Italia è notte arriva la notizia, agghiacciante, che 300 pompieri intervenuti per spegnere le fiamme hanno perso la vita. E che 78 poliziotti sono dati per dispersi. E 15 ore dopo il disastro, tra le macerie sembrano esserci ancora persone in vita. Si scava con ogni mezzo per tirarle fuori.

Molte ora prima Giuliani aveva descritto le terribili scene che hanno seguito le esplosioni: "Si sono viste persone saltare fuori dal World Trade Center. Era una terribile situazione". Gli ospedali della città sono intanto presi d'assanto dalle ambulanze che trasportano migliaia di feriti. Nelle strutture sanitarie è ormai emergenza trasfusioni: gli infermieri fermano le persone in casa per chiedere di donare sangue.

La città è sconvolta. L'edificio che ospita la borsa di New York viene evacuato. L'apertura di Wall Street viene annullata. Le comunicazioni all'interno della città sono paralizzate. Manhattan è completamente isolata, i ponti e i tunnel chiusi. Le elezioni primarie per scegliere quattro candidati democratici e due repubblicani in lizza per la poltrona di sindaco della città sono cancellate. E mentre nell'America si susseguono le notizie di altri attentati, la Grande Mela assiste attonita alla più massiccia ondata di terrore che l'abbia mai colpita.

I due aerei che si sono schiantati contro le torri gemelle, secondo la prima ricostruzione, sarebbero partiti da Boston. Il primo era delle American Airlines (con 156 persone a bordo), l'altro della United Air Lines. Sono stati dirottati e portati all'impatto contro uno degli edifici simbolo della città.

Non è la prima volta che le Twin Towers sono l'obiettivo del terrorismo. Il 26 febbraio 1993, alle 12.20 (ora locale, le 18:20 in Italia), un' autobomba esplose nel garage sotterraneo, al livello B-2, sotto le torri gemelle del World Trade Center (Wtc), a un centinaio di metri da una stazione della metropolitana. I morti furono sei, i feriti 1.042, per la maggior parte intossicati dal fumo dell'incendio sviluppatosi subito dopo la deflagrazione. L'esplosione provocò anche il crollo di un muro e del tetto della vicina stazione ferroviaria. Un treno venne danneggiato.

(11 settembre 2001)

Anche la capitale colpita da un aereo dirottato
Sono ottocento le vittime dell'attacco


Crolla un'ala del Pentagono
panico e morti a Washington

Dichiarato lo stato d'emergenza e la "no fly zone"
Una testimone telefona al marito: "Sono armati di coltelli"

WASHINGTON - Non era passata nemmeno un'ora dalla prima esplosione di New York, quando Washington si è svegliata al centro del suo incubo peggiore. L'orologio segnava le 9,45 (le 15,45 in Italia): un altro aereo-killer è piovuto giù dal cielo. Colpendo il simbolo della sicurezza degli Stati Uniti. Un'intera ala del Pentagono - sede del dipartimento della Difesa - è andata in fiamme. Dentro, c'erano 21.500 persone e, secondo la CNN, sono almeno 800 gli uccisi.

Sono state ore di paura per la capitale degli Stati Uniti. La Cnn e le agenzie di stampa parlavano di nuove esplosioni, al dipartimento di Stato, al Campidoglio (dove si riunisce il Congresso). Erano falsi allarmi, ma la situazione era ormai fuori controllo. Immediatamente le autorità hanno disposto l'evacuazione degli obiettivi più a rischio, compresa la Casa Bianca. Più tardi su tutta la città è stato proclamato lo stato d'emergenza: e i cieli di Washington sono stati interdetti a ogni volo.

Al Pentagono l'incendio è divampato in pochi minuti, e poco dopo l'ala est dell'edificio è crollata. Proprio mentre il segretario della Difesa Donald Rumsfeld, in un'alatra ala del palazzo, stava tenendo una riunione della difesa antimissile. "L'intero edificio traballava a causa dell'impatto", ha raccontato un testimone. "La gente urlava e ragnava il caos totale". Aerei caccia dell'aviazione hanno continuato a sorvolare la città, per fronteggiare eventuali altri attacchi via aria.

E c'è una testimonianza tragica che permette di ricostruire quanto avvenuto sull'aereo. Nell'ultima telefonata al marito, Barbara Olson, commentatrice della Cnn e sostenitrice della destra morta nell'attentato è riuscita a dire che i dirottatori erano armati di coltelli e temperini.

Barbara era la moglie di Ted Olson, l'avvocato della Casa Bianca che difese il caso di George Bush alla Corte Suprema nel corso della bagarre elettorale della Florida. Olson ha fatto due telefonate al marito con il cellulare per informarlo che l'aereo era stato dirottato. Gli ha detto che i dirottatori hanno fatto spostare passegeri e equipaggio verso il fondo dell'aereo.

Ted Olson ha chiamato immediatamente il centro di comando al Dipartimento della Giustizia. Si è sentito dire che la faccenda sarebbe stata investigata. "Che devo dire ai piloti di fare?", ha detto sua moglie, secondo la Cnn.

(11 settembre 2001)

Dal primo attentato alle 14,45 ora italiana
ai primi bilanci sulle vittime alle 18,45


La cronaca del dramma
minuto per minuto

ROMA - Un attacco terroristico senza precedenti, che sembra una vera e propria dichiarazione di guerra, ha colpito oggi gli Stati Uniti. Ecco il film di quelle ore drammatiche aggiornato fino alle 18,45, ora italiana.

- 8,45(ora locale, le 14,45 in Italia): un aereo si schianta contro una delle torri gemelle del World Trade Center a New York.

- 9,05: un secondo aereo si schianta contro l'altra torre del World Trade Center.

- 9,18: il Presidente George W. Bush, immediatamente informato del disastro, cancella gli impegni della mattinata.

- 9,20: l'Fbi indaga sulla possibilità che i due atti siano frutto di un atto di terrorismo. A New York si apprende che l' Fbi era stato messo in allerta per il possibile dirottamento di un aereo poco prima dell'impatto dei due aerei.

- 9,28: fonti del governo parlano di un attentato.

- 9,30: sono evacuati la Borsa del Nymex e il New York Mercantile Exchange.

- 9,32: il New York Stock Exchange, la Borsa Valori di Wall Street, rinvia l'apertura del mercato.

- 9,33: si apprende che uno degli aerei kamikaze era un Boeing 767 delle American Airlines dirottato da Boston.

- 9,35: comincia l'evacuazione del New York Stocks Exchange, la Borsa valori di Wall Street.

- 9,36: la rete televisiva Cnbc parla di almeno sei morti accertati e un migliaio di feriti.

- 9,40: la polizia avverte le persone vicine al World Trade Center che un terzo aereo potrebbe avvicinarsi alle due torri.

- 9,42: la televisione di Abu Dhabi comunica che il Fronte democratico per la liberazione della Palestina ha rivendicato il doppio attentato.

- 9,45: viene evacuata la Casa Bianca.

- 9,45: un incendio divampa al Pentagono che viene fatto evacuare. L'incendio è forse causato dall'esplosione di un aereo.

- 9,47: è evacuato il dipartimento al Tesoro. Evacuati per precauzione anche altri grattacieli.

- 9,48: un incendio divampa sul Mall di Washington, non lontano dalla Casa Bianca.

- 9,48: la Borsa Valori di Wall Street annulla l'apertura.

- 9.49: il Congresso e il ministero del Tesoro a Washington sono fatti evacuare in seguito a minacce terroristiche.

- 9,53: scoppia un incendio al dipartimento alla Difesa che viene fatto evacuare.

- 9,53: la Federal Aviation Administration chiude tutti gli aeroporti degli Stati Uniti.

- 10,00: la Cnn mostra una nuova enorme esplosione su una delle torri gemelle del World Trade Centre.

- 10,00: il personale dell'Onu scende per precauzione nei sottosuoli.

- 10,03: il Fronte democratico per la liberazione della Palestina (Fdlp) smentisce di essere responsabile degli attentati.

- 10,03: viene evacuato il grattacielo Sears a Chicago.

- 10,07: crolla il primo grattacielo colpito a New York.

- 10,08: il segretario di Stato Colin Powell lascia il Perù dove si trova per l'assemblea generale dell'Osa e rientra negli Usa.

- 10,11: la rete televisiva NY1 informa che il secondo aereo che ha colpito il Wtc è stato dirottato dall'aeroporto di Boston ed era della United Air Lines.

- 10,20: per precauzione è fatto evacuare il palazzo di Vetro.

- 10,27: tutti i voli transatlantici per gli Usa sono dirottati sul Canada.

- 10,27: crolla la seconda torre del World Trade Centre.

- 10,28: si diffonde la voce di un'autobomba esplosa davanti al dipartimento di Stato a Washington che provoca un incendio.

- 11,34: si apprende che i due aerei usati negli attentati a Manhattan avevano in totale 156 persone a bordo.

- 11,36: un funzionario del dipartimento di Stato smentisce che una autobomba sia esplosa davanti alla sede del ministero.

- 12,26: crolla un altro palazzo vicino al World Trade Center per i danni provocati dalle esplosioni.

- 12,39: La polizia di New York parla di migliaia tra morti e feriti.

(11 settembre 2001)

Lo sconvolgente racconto del crollo delle torri gemelle
"E' tutto fumo, fuoco, panico, choc. E' tutto distrutto"


I testimoni: "Quella gente
si buttava giù dalle finestre"

NEW YORK - La tragedia vista da chi c'era. I testimoni che hanno visto crollare le Twin Tower di New York raccontano una scena quasi impossibile da descrivere. Rossana Capurso, architetto italoamericana che ha lo studio in downtown Manhattan, sulla Broadway and Union Square, pochi attimi prima della tragedia si trovava sulla metropolitana che l'avrebbe condotta al lavoro.

"Il treno si avvicina alla fermata all'altezza della city hall - racconta -. Gente che grida, corre verso i finestrini e cerca di entrare. All'inizio si pensa al pazzo di turno. Ma un signore visibilmente scosso e con le lacrime agli occhi mi risponde in stato di trance: 'è una catastrofe, un aereo sta sventrando le due torri gemelle'. Gente che si butta dalle finestre, panico ovunque, fuoco, fumo".

E' a questo punto che la donna diventa testimone diretta. "Rimango scioccata, lo spettacolo è agghiacciante, mi spiegano meglio che cosa sta accadendo. La città è invasa dalle sirene. Una torre non esiste più, ma si sta sbriciolando sotto gli occhi. Solo fumo e distruzione. E ora sta cadendo giù anche la seconda e io non posso fare altro che guardare con un morso allo stomaco e le lacrime agli occhi. E' tutto scioccante. Fumo. Fuoco. Panico. Choc. Ora non c'è più niente. Tutto è shut down...". Distrutto.

"Ho visto alcune persone gettarsi giù dalle finestre mentre l'edificio prendeva fuoco, ho sentito un boato, era la torre più alta che esplodeva. C'era l'inferno", dice una donna, con voce strozzata, alla Cnn.

"Non avevo mai visto un aereo volare così a bassa quota.
Sembrava tutto così irreale, e invece era tutto vero; pochi istanti dopo ho sentito una fortissima esplosione", ha detto un passante sconvolto che era diretto proprio all'edificio preso di mira.

"Mi trovavo al primo piano del blocco uno (B-1), quando ho sentito la prima esplosione", ha detto un ragazzo scampato alla morte. "Molte persone, una quindicina, sono saltate fuori dalle finestre del primo piano davanti ai miei occhi. Ho subito prestato i primi soccorsi, aiutando alcune persone a uscire dall'edificio. Mi trovavo fuori, e dieci minuti dopo ho visto un aereo (il secondo) abbattersi contro la torre più bassa".

(11 settembre 2001)

Messaggio del presidente a reti unificate
Berlusconi a Bush: "Siamo al vostro fianco"


Ciampi: "Italia in lutto"
L'orrore del Papa

Aeroporti e basi militari in allerta
Numero di telefono di emergenza per gli italiani negli Usa

ROMA - "L'Italia è in lutto. Questi attentati contro gli Stati Uniti colpiscono, offendono l'intera comunità internazionale. Richiedono una lotta senza quartiere contro il terrorismo". Questo il messaggio del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi trasmesso a reti televisive unificate dopo gli attentati terroristici che stanno colpendo al cuore gli Stati Uniti.

"Questi attentati richiedono una lotta senza quartiere contro il terrorismo - ha aggiunto - Sappiamo di difendere in questo modo i valori che sono alla base della civilità e della pacifica convivenza fra i popoli. I popoli liberi debbono essere uniti e compatti nella risposta a questo atto di guerra contro il mondo civile".

Ciampi ha ribadito dunque la condanna a nome dell'Italia del terrorismo. Per tutto il giorno il presidente ha fatto appello a una condanna internazionale unitaria "al di là di qualsiasi ideologia".

Solidarietà agli Usa anche dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che in un messaggio a Bush scrive: "Sono sconvolto per il terrificante e folle attacco terroristico che ha colpito il popolo di una nazione amica e le coscienze del mondo intero. Desidero far sentire al presidente Bush e agli Stati Uniti d'America il dolore del governo e di tutto il popolo italiano. L'Italia si stringe a fianco degli Stati Uniti d'America nella lotta a questi mostruosi criminali che hanno dimostrato uno spregio vile e brutale della vita umana".

Anche il Papa è intervenuto. In un messaggio inviato al presidente degli Stati Uniti, esprime il suo profondo cordoglio per quello che definisce un "indicibile orrore".

Il Consiglio dei ministri, riunitosi in serata per fare il punto della situazione. Dopo la riunione dell'esecutivo Berlusconi è atteso al Quirinale, dove incontrerà il capo dello Stato. Il Consiglio dei Ministri ha rinnovato "sostegno e solidarietà" al popolo americano. Il governo riferirà sulla situazione domani in Parlamento.

Solidarietà piena all'America dunque, ma anche lotta in prima linea. L'unità di crisi di palazzo Chigi è stata allertata. Il ministro dell'Interno Claudio Scajola ha convocato il comitato di Sicurezza nazionale e ha ordinato l'immediata attivazione di tutti i sistemi di protezione per gli obiettivi di nuovi poteniziali attentati.



In particolare, dice il Viminale, saranno oggetto di "strettissima vigilanza" le rappresentanze diplomatiche, le compagnie aeree e marittime, le installazioni militari e "qualsiasi altro obiettivo di interesse quali istituti scolastici, uffici turistici, culturali, commerciali ed industriali". La polizia di frontiera, inoltre, intensificherà le attività di vigilanza negli scali portuali e aeroportuali.

Domani l'ambasciata americana a Roma, i consolati generali a Milano, Napoli e Firenze e le agenzie consolari a Genova, Trieste e Palermo saranno chiusi al pubblico.

Allo scalo romano di Fiumicino sono state già rafforzate le misure di sicurezza. Tutto il personale disponibile delle forze di polizia e dei carabinieri è stato richiamato. Allerta totale anche a Milano.

Sono state incrementate le misure di vigilanza nella base della Us Navy nell'aeroporto di Capodichino a Napoli. Elicotteri in forza alla Marina militare statunitense si sono levati in volo e stanno sorvolando lo spazio areo napoletano.

Alle 17 è scattato ad Aviano l'allarme Delta, il più alto, alla base militare americana di Aviano in Friuli, dopo che alle 16 erano stati evacuati i dipendenti italiani che resteranno a casa anche domani. Fino a nuovo ordine nessuno rientrerà al lavoro.

Misure di sicurezza aumentate anche all'interno del Comando Nato di Bagnoli dove si mantiene uno stretto riserbo. Allarme rosso alla base americana in Sicilia a Sigonella e alla Maddalena, in Sardegna.

Anche l'unità di crisi della Farnesina si è immediatamente attivata per prestare eventualmente sostegno ai cittadini italiani che potrebbero essere rimasti coinvolti negli attentati negli Stati Uniti. Il ministero degli Esteri è costantemente in contatto con il consolato a New York e l'ambasciata a Washington e ha allestito una linea telefonica a disposizione del pubblico, per quei cittadini che avessero urgenza di informazioni aggiornate. Il numero della Farnesina da chiamare è 06 36225.

(11 settembre 2001)

Il presidente Usa: avevamo chiesto in modo chiaro
che dovevano consegnare i terroristi nascosti in Afghanistan


Bush avverte i Taliban
"Il tempo sta scadendo"

WASHINGTON - "Il tempo sta scadendo". George W. Bush fa quasi fatica a trovare espressioni nuove per spiegare un concetto chiaro ormai da settimane: per i Taliban si avvicina il momento della resa dei conti. Presto gli Stati Uniti attaccheranno e per il regime che protegge Osama Bin Laden - considerato responsabile degli attentati alle Torri gemelle e al Pentagono - non ci sarà più modo di evitare la guerra. Il presidente americano ha ribadito il concetto nel suo discorso pronunciato oggi dalla sua residenza di Camp David, dove ha riunito in videoconferenza il Consiglio di sicurezza nazionale.

"Abbiamo dato ai Taliban la possibilità di consegnare tutti i terroristi in Afghanistan e di chiudere i loro campi e le loro attività. Abbiamo dato loro un ammonimento completo e ben chiaro, e il tempo sta scadendo", ha detto Bush nel suo discorso radiofonico. "Gli Stati Uniti offrono una chiara scelta a ogni Paese: stare con il mondo civilizzato, o stare con i terroristi. E i Paesi che stanno con i terroristi pagheranno un caro prezzo".

Il presidente americano ha poi spiegato agli americani gli esiti della missione del ministro della Difesa Donald Rumsfeld in Arabia Saudita, Egitto, Oman, Turkmenistan e Turchia. Ha annunciato che la grande coalizione antiterrorismo gode di un appoggio sempre più ampio che abbraccia - nonostante qualche vincolo - anche Pakistan, Georgia, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. E spiegato che l'America è ormai pronta all'azione.

Ancora una volta, però, Bush ha voluto precisare che quella che sta per scoppiare non è una guerra contro l'Islam, né contro il mondo arabo né contro il popolo afgano. "I nostri nemici sono i terroristi e i regimi che li nascondono e li appoggiano. L'America è decisa ad opporsi agli stati che aiutano il terrorismo; ma è del pari decisa a rispettare e ad aiutare uomini e donne che quei regimi opprimono".

Per dimostrarlo, l'inquilino della Casa bianca ha fatto cenno al piano di aiuti umanitari per l'Afghanistan. Sono stati appena stanziati 320 milioni di dollari (circa 650 miliardi di lire) in derrate alimentari e medicinali che presto saranno portati alla popolazione afgana per sostenerla in vista di un duro inverno. "Nel lungo termine - ha detto Bush - chiedo al Congresso di mettere fondi a disposizione perché un giorno gli Usa possano contribuire, insieme ad altri amici dell'Afghanistan, alla ricostruzione e allo sviluppo di quel Paese".

E gli stessi concetti ha espresso il premier inglese Tony Blair rientrato da Nuova Delhi. "Ogni cosa è a suo posto: il momento preciso per il lancio di un'azione è una cosa che dovrà essere discussa con i nostri più stretti alleati".

Ordinata la scarcerazione della giornalista britannica
Ma la partita si gioca sugli otto volontari occidentali


I Taliban: "Ostaggi liberi
se cessano le minacce Usa"

Kabul: sì agli aiuti alimentari, ma solo via terra

KABUL - L'ultimo azzardo diplomatico dei Taliban, che è anche l'estremo tentativo di evitare l'attacco americano, è cominciato con le prime luci dell'alba. Il leader degli "studenti di teologia" al potere a Kabul ha messo sul piatto la scarcerazione di Yvonne Ridley, la giornalista britannica arrestata in Afghanistan e accusata di spionaggio: "Sarà liberata oggi o domani", ha dichiarato il mullah Mohammad Omar all'agenzia Afghan Islamic Press per bocca del suo ambasciatore in Pakistan Abdul salam Zaeef. Poi ha mandato il suo ministro degli Esteri Wakil Ahmed Mutawakel davanti ai microfoni della Cnn per annunciare che anche per gli altri otto progionieri (i volontari dell'associazione Shelter Now International che devono rispondere del gravissiomo reato di proselitismo cristiano) si potrebbe presto aprire uno spiraglio.

Ma le condizioni di Kabul - e l'azzardo è tutto qui - sono pesanti: gli Stati Uniti devono "porre fine alla loro propaganda di massa su un'azione militare". Ostaggi in cambio del non attacco, è la proposta dei Taliban. Affidata anche ad un comunicato diffuso sempre dalla Aip: "Se gli Stati Uniti mitigheranno le sofferenze della gente comune in Afghanistan e abbandoneranno le loro feroci minacce, allora il governo afgano prenderà anch'esso provvedimenti per il rilascio degli otto stranieri detenuti". Un'offerta che difficilmente potrà fermare la macchina militare messa in moto da George W. Bush. E che aspetta solo un cenno del presidente americano per scatenarsi contro il regime che protegge Osama Bin Laden.

Ma oltre all'attacco, i Taliban temono ora l'aggravarsi della tragedia umanitaria dei profughi e soprattutto della popolazione stremata dalla fame. Hanno paura di dare il via libera al piano americano di paracadutare gli aiuti dagli aerei. Ma sanno che il rischio di una sollevazione popolare, potrebbe essere facilitato dal loro rifiuto di derrate alimentari. E allora hanno deciso di accettare i rifornimenti, ma solo via terra. Le strade sono aperte, hanno fatto sapere. E i convogli non saranno bloccati. Ma niente deve arrivare dall'alto.

"Non c'è dubbio che il vero obiettivo di questa propaganda - si legge in una nota del ministero degli Esteri di Kabul - è placare la rabbia del popolo afgano contro gli Stati Uniti. Con queste strategia vogliono dire che non hanno alcuna ostilità verso gli afgani. In effetti l'odio degli americani è diretto verso tutti i musulmani, compresi gli afgani".


Gli Usa mostrano i documenti che inchiodano il miliardario
Presto saranno forniti anche al pachistano Musharraf


La Nato: "Contro Bin Laden
prove chiare e schiaccianti"

Robertson: "Ora si può applicare l'articolo 5 del trattato"

BRUXELLES - Bin Laden è responsabile degli attentati terroristici alla Torri gemelle e al Pentagono. È questo il responso dei documenti mostrati stamattina dagli Stati Uniti alla Nato. Le famose prove della colpevolezza del miliardario saudita sono state fornite stamattina a Bruxelles ai vertici dell'Alleanza atlantica. Una comunicazione che è destinata ad avere conseguenze immediate sull'esito della crisi internazionale aperta degli attacchi dell'11 settembre: salta infatti automaticamente la sospensiva sull'articolo 5 del trattato della Nato.

"Sulla base delle informazioni ricevute dagli americani è stato determinato che l'attacco contro gli Stati Uniti è di origine esterna e ricade quindi nelle azioni coperte dall'articolo 5 del trattato, secondo il quale esso sarà considerato come un attacco contro tutti gli alleati", ha spiegato in una conferenza stampa il segretario generale della Nato George Robertson. Gli elementi di accusa illustrati dal responsabile dell'antiterrorismo Usa Francis Taylor hanno quindi convinto il Consiglio della Nato.

"Prove chiare e schiaccianti", come sono state definite dallo stesso Robertson. "L'informazione presentata punta in modo definitivo su un ruolo di Al Qaida negli attentati dell'11 settembre. Sappiamo che gli individui che hanno compiuto questi attacchi erano parte della rete terroristica mondiale di Al Qaida, guidata da Bin Laden e dai suoi principali luogotenenti e protetta dai Taliban".

L'agenda dei diplomatici americani - che hanno iniziato stamattina a mostrare al mondo le prove su Bin Laden - era stata rivelata in anteprima dalla Cnn. Nel giro di 48 le prove saranno a disposizione anche di un secondo anello di alleati, cioè il Giappone, la Corea del Sud e Singapore. Poi sarà la volta dei paesi arabi. Sempre secondo la Cnn il dipartimento di Stato tiene in particolare considerazione il Pakistan. "Si tratta di un caso speciale", avrebbe spiegato una fonte. La trasmissione della documentazione non dovrebbe avvenire attraverso i canali diplomatici, ma in un incontro "faccia a faccia" tra il presidente di Islamabad Pervez Musharraf e l'ambasciatore americano in Pakistan Wendy Chamberlin.

In cosa consistano le prove, in concreto, è ancora rigorosamente top secret. Un alto funzionario del dipartimento di Stato, citato dall'agenzia Reuters, ha parlato comunque di "una considerevole quantità di informazioni". Materiali che portano dritto ad al Qaeda e al suo leader Bin Laden. E che avrebbero indotto lo stesso Powell a dirsi "totalmente convinto" sulla colpevolezza del miliardario saudita.

Lo dicono alcuni giornali inglesi
che citano fonti interne e americane


"Ormai l'attacco Usa
è solo questione di ore"

Ma per il ministro della Giustizia statunitense
ci sono forti timori di una rappresaglia di Bin Laden

LONDRA - L'attacco annunciato potrebbe arrivare nel giro di un paio di giorni. Tra stanotte e domani, al massimo. E' la stampa britannica a lanciare l'allarme. Cita fonti britanniche e degli Stati Uniti e spiega che il raid avrebbe già l'approvazione del presidente George W. Bush e della Gran Bretagna. L'operazione, scrive il quotidiano "The Guardian", comincerà con attacchi aerei e missilistici per distruggere i venti aerei delle forze talibane, far saltare le batterie missilistiche antiaeree e distruggere i carri armati e gli armamenti dei Taliban.

Ventottomila soldati Usa sono pronti: oltre 300 aerei da guerra e una quarantina di navi sono schierate per migliaia di chilometri lungo un teatro militare che ha al suo centro l'Iraq e l'Afghanistan. Si indebolisce anche la via diplomatica: oggi il presidente pakistano Parvez Musharraf, ha dichiarato che si sta affievolendo la speranza che i Taliban consegnino Osama Bin Laben, come hanno chiesto gli Stati Uniti. Romano Prodi, presidente della Commissione europea, mantiene il più stretto riserbo. "Nessuno sa se l'attacco sia imminente, aspettiamo", ha risposto ai giornalisti durante una visita al Sardegna Expo, di Bologna, questo pomeriggio.

Certo l'immane macchina da guerra messa in piedi negli ultimi giorni consente al presidente Bush di premere il bottone in qualsiasi momento. Ma rimangono almeno due problemi. Il primo è il più temibile: il timore di una eventuale reazione del principe saudita, tanto che a Washington l'intelligence americana ha allertato la Casa Bianca. E ha lanciato un messaggio chiarissimo: se partirà la rappresaglia, Osama ha già pronta una risposta letale. "Osama ci sta pensando da anni", hanno indicato al "Los Angeles Times" fonti dell'intelligence Usa, secondo cui l'emiro "si aspetta che l'America reagisca, e ha già pronte le prossime due o tre mosse". La minaccia di nuovi attentati - più probabile nel caso di una rappresaglia militare - è stata confermata dallo stesso ministro della Giustizia statunitense, John Ashcroft. "Non siamo riusciti a escludere" la possibilità di nuovi dirottamenti suicidi, ha detto il ministro alla "Cbs", aggiungendo che la "chiara e presente" minaccia dei terroristi "rischia un'escalation" in caso di reazione da parte delle forze Usa.

L'altro problema è quello degli obiettivi da colpire. I primi piani militari degli Stati Uniti prevedevano una vasta campagna di bombardamenti in Afghanistan, ma oggi i generali vedono pochi bersagli concreti. I campi dei terroristi sono, almeno in apparenza, evacuati. Obiettivo dei raid aerei potrebbero essere, secondo fonti militari, i camionicini armati di mitragliatrici e lanciamissili che gli strateghi Usa hanno ribattezzato la "cavalleria" dei Taliban. "Ma dare a loro la caccia è come dare la caccia al Pony Express'", ha indicato una fonte del Pentagono al settimanale "Newsweek", domani in edicola. Ma George W. Bush starebbe considerando il bombardamento dei magazzini di oppio in Afghanistan.

L'ultimo problema è da dove far partire gli aerei. Sono ancora in corso i contatti con i paesi vicini all'Afganistan per ottenere l'accesso alle basi e i diritti di sorvolo per un raid in Afghanistan. Ma oggi l'Arabia Saudita ha negato a Washington il permesso di usare il suo territorio per attacchi contro altri arabi e musulmani.

(30 settembre 2001)

Accettate le otto richieste di Bush ai membri dell'Alleanza
Robertson: gli americani hanno sul tappeto molte opzioni


La Nato dice sì agli Usa
L'Italia non invierà truppe

Martino: "Per il nostro paese impegno militarmente limitato"
Ruggiero: sulla partecipazione ci sarà un voto parlamentare

BRUXELLES - La Nato dice sì alle richieste americane. I paesi dell'Alleanza atlantica affiancheranno a pieno titolo gli Usa nella campagna militare contro i terroristi islamici responsabili degli attentati alle Torri gemelle e al Pentagono: forniranno basi, navi, spazio aereo, supporto logistico e di intelligence. Aiuteranno gli Stati Uniti, che però saranno i primi protagonisti dell'offensiva militare. La risposta agli impegni chiesti da George Bush è stata immediata: e dopo un solo giorno l'organizzazione ha deciso di sciogliere ogni riserva.

Anche l'Italia si metterà a disposizione degli alleati. La sua partecipazione sarà soprattutto in termini di intelligence e di logistica: aeroporti e basi navali saranno utilizzati dalle forze armate americane, che sfrutteranno la posizione geografica della Penisola. Gli italiani potranno rinforzare l'equipaggio di qualche aereo, forse invieranno una nave. Le truppe, invece, resteranno a casa: le misure chieste sono "militarmente limitate", come ha spiegato il ministro della Difesa Antonio Martino: "Le definirei - ha aggiunto - di basso profilo, anche se di grande rilevanza politica e modificabili nel tempo".

Sulle modalità dell'intervento italiano saranno comunque informate le Camere. Lo ha garantito il ministro degli Esteri Renato Ruggiero. Che ha spiegato: "Anche se costituzionalmente non obbligatorio, perché ci sono degli automatismi previsti dall'articolo 5 del trattato, riteniamo altamente opportuno, desiderabile, coinvolgere il Parlamento con un voto su una risoluzione. Quello che noi auspichiamo - ha aggiunto - è un generale sostegno politico bipartizan".

L'Italia aderirà quindi disciplinatamente al fronte della Nato. Che a sua volta ha accettato in pieno le otto richieste statunitensi. L'Alleanza parteciperà al conflitto nei modi più svariati: dal rafforzamento delle attività di intelligence ai diritti di sorvolo per aerei Usa o di altri paesi impegnati in operazioni anti-terrorismo; dall'accesso a porti e aeroporti a misure più strette di protezione per basi, impianti o forze americane in paesi alleati; dalla disponibilità a muovere unità della forza navale permanente della Nato nel Mediterraneo all'utilizzo dei 17 aerei-radar Awacs di stanza a Geilenkirchen (Germania); da interventi a favore di paesi che subiscono minacce terroristiche, fino al rimpiazzo (se necessario) di truppe o mezzi americani attualmente impiegati in missioni dell'Alleanza (nei Balcani, per esempio).

"La decisione di oggi - ha spiegato il segretario generale dell'Alleanza George Robertson - rende operativo l'articolo 5 del trattato Nato e dimostra la determinazione e l'impegno degli alleati a sostenere gli Usa. Queste misure aumentano il numero di opzioni operative a disposizione degli Stati Uniti e le probabilità di successo nella campagna contro il terrorismo".

Quando scatterà l'attacco è però ancora impossibile da prevedere. Oggi il primo ministro britannico Tony Blair si è limitato a dire che "si sta avvicinando". Più tardi però Martino si è mantenuto più vago: "L'azione militare potrebbe essere imminente, ma potrebbe anche non esserlo. Non lo sappiamo".

(4 ottobre 2001)

Medio Oriente serve una forza di interposizione di pace"

Berlusconi: "Attacco mirato
senza vittime fra i civili"

No-global nel mirino: singolare coincidenza con gli attentati
E ancora: "La civiltà occidentale superiore alle altre"

BERLINO - La risposta agli attacchi dei terroristi è "un dovere, una necessità, un diritto". Ma la reazione militare dovrà essere "ponderata e chirurgicamente mirata", perché "nessuno vuole vittime tra la popolazione civile". Silvio Berlusconi veste i panni della colomba. E da Berlino, dove ha incontrato il premier russo Vladimir Putin e il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder, chiede agli Stati Uniti di organizzare un'offensiva capace di colpire le cattedrali del terrore senza coinvolgere gli innocenti. Poi ribadisce che l'Italia è disposta a fare la sua parte: "Staremo insieme agli Alleati, secondo quello che decideremo insieme".

Per il presidente del Consiglio la chiave politica della crisi internazionale è comunque il conflitto fra israeliani e palestinesi. "In Medio Oriente c'è una ferita aperta da sempre che va sanata", dice. "Ma nessun accordo potrà tenere se non si interviene economicamente per cambiare le condizioni del popolo palestinese. Non si può pensare che lì ci sia una condizione di permanente contrasto tra l'Islam e l'Occidente, perché l'odio contro Israele conduce a quello contro gli Usa, quello contro gli Usa all'odio verso tutti i paesi occidentali". Quanto alle soluzioni, il premier propone "l'interposizione di una forza di pace tra i due contendenti"

La grande cautela di Berlusconi si esaurisce però sulla prospettiva militare e politica. Sul fronte culturale, invece, non c'è spazio per le mediazioni. "L'Occidente deve avere la consapevolezza della superiorità della sua civiltà", insiste il premier. Una civiltà che ha garantito "benessere largo" ai popoli e garantito "il rispetto dei diritti umani, di quelli religiosi, che non c'è nei paesi islamici, il rispetto dei diritti politici".

Un ragionamento che taglia il nodo con l'accetta. E finisce per mettere sotto accusa anche la critica della globalizzazione. Ed è proprio al popolo di Seattle che Berlusconi riserva l'affondo finale, destinato a riaprire le polemiche sul violenze del G8 di Genova: "C'è una singolare coincidenza tra queste azioni ed il movimento antiglobalizzazione come si è sviluppato da un anno a questa parte, quello in cui si attribuiscono all'occidente critiche per il suo modo di pensare e di vivere e si cerca di colpevolizzarlo".

(26 settembre 2001)

In un bagaglio di Mohamed Atta trovato un documento
con le indicazioni, pratiche e religiose, per i terroristi


Un manuale di istruzioni
per il commando delle Twin Towers

WASHINGTON - Sognavano il "paradiso infinito", pregavano Allah dicendo "siamo di Dio e a Dio torniamo" e nel frattempo guidavano gli aerei con il loro carico umano verso le torri gemelle e il Pentagono. Grazie a Bob Woodward, il giornalista del Washington Post che fece scoppiare lo scandalo Watergate, si conoscono i pensieri, le emozioni e le motivazioni che hanno spinto all'azione i 19 "martiri di Allah" che hanno fatto strage negli Stati Uniti.

Il famoso giornalista ha pubblicato il manuale dei terroristi, trovato in una borsa che apparteneva a Mohamed Atta, l'egiziano che appare come il leader del commando che ha compiuto l'attacco all'America dell'11 settembre. Si tratta di quattro pagine scritte in arabo a mano su fogli grandi, piene di riferimenti ai dettami dell'Islam e al profeta, più un quinto foglio strappato da un blocco per appunti con istruzioni intitolate "Quando entri nell'aereo". Quello che non è ancora chiaro è se sia stato proprio Atta a scrivere il "manuale".

Agli uomini che stavano per uccidere oltre 6000 persone, l'autore degli appunti affida parole di incitamento e ordini operativi. "Tutti quanti odiano morire, tutti hanno paura della morte - si legge nel manuale - ma solo i credenti che conoscono la vita dopo la morte e la ricompensa dopo la morte, saranno quelli che cercheranno la morte".

Una sezione del manuale si intitola "L'ultima notte" e offre vari consigli. "Ricordati che in questa notte affronterai molte sfide. Ma devi fronteggiarle e capirle al 100 per cento". Le istruzioni per i terroristi sono di affrontare le ansie con la preghiera. "Bisogna pregare, bisogna digiunare. Bisogna invocare Dio per la sua guida, per il suo aiuto. Continua a pregare durante tutta la notte. Continua a recitare il Corano". La ricompensa, avverte l'autore degli appunti, è vicina. "Purifica il tuo cuore e ripuliscilo da tutti gli affanni terreni. Il tempo del divertimento e dello spreco è finito. L' ora del giudizio è arrivata. Dunque dobbiamo utilizzare queste poche ore per chiedere perdono a Dio. Convinciti che queste poche ore rimaste sono davvero poche. Dopo comincerai a vivere la vita felice, il paradiso infinito. Sii ottimista. Il profeta era sempre ottimista".

Ma al di là degli aspetti religiosi, il documento contiene anche alcune indicazioni pratiche: "Controlla tutte le tue cose: la tua borsa, vestiti, coltelli, testamento, documenti di identità, passaporto, tutte le tue carte. Sii certo di essere pulito, che i tuoi indumenti siano puliti, incluse le scarpe. Accertati della tua sicurezza prima di partire...Devi esser certo che nessuno ti segua". Una volta raggiunto l'aereo è di nuovo il momento di pregare. "O Dio, tu che apri tutte le porte, ti prego di aprire le porte per me, apri tutte le tue strade per me". E' l'ora dell'addio e non ci devono essere esitazioni: "Andrai in paradiso - scrive l'autore del manuale - stai per entrare nella vita più felice, nella vita eterna".

(28 settembre 2001)

Lo sceicco saudita in un fax: "Pachistani ribellatevi"
I Taliban richiamano alle armi altri 300mila uomini


Bin Laden, l'ultima minaccia
"Jihad contro i crociati Usa"

Il mullah Omar: gli americani lascino il Golfo Persico
A Kandahar occupato l'ufficio delle Nazioni Unite

KABUL - George W. Bush è il più grande crociato della storia. E contro di lui il mondo islamico scatenerà la guerra santa. Il messaggio porta la firma di Osama Bin Laden, ed è stato letto nel pomeriggio dalla tv satellitare del Qatar al-Jazeera, a cui è arrivato via fax. Una dichiarazione che alza ancora il livello della crisi internazionale che si è aperta con gli attentati terroristici di New York e Washington. E che avvicina ulteriormente il momento della resa dei conti.

"La nuova campagna crociata giudaica è condotta dal grandissimo crociato Bush sotto la bandiera della Croce", recita il documento di Bin Laden, che si rivolge direttamente al popolo pachistano. "Vi assicuro, cari fratelli, che ci siamo incamminati sulla strada della jihad per il bene di Dio". Nel fax, lo sceicco saudita considerato responsabile degli attentati alle Torri gemelle e al Pentagono, invita alla ribellione contro il governo di Islamabad: "Noi incitiamo i fratelli musulmani del Pakistan a impedire con tutte le loro forze che i crociati americani invadano il Pakistan e l'Afghanistan".



E proprio a Kabul, i venti di guerra si fanno sempre più violenti. I Taliban oggi hanno occupato l'ufficio delle Nazioni Unite a Kandahar, la città sacra controllata dal regime. E chiamato alle armi centinaia di migliaia di soldati, pronti ad essere utilizzati per fronteggiare l'ormai imminente offensiva americana. "Nella situazione attuale, il ministero della Difesa ha deciso di mobilitare 300.000 uomini supplementari con esperienza di guerra santa", ha scritto oggi il mullah Obdaidullah, responsabile della Difesa in un comunicato.

I Taliban stanno quindi cercando di alzare il tono dello scontro. Il leader degli "studenti di teologia", il mullah Omar, ha infatti chiesto agli Stati Uniti di ritirarsi dal Golfo Persico e cessare i loro comportamenti anti-palestinesi. Poi ha messo in guardia gli americani: la morte di Bil Laden non risolverà la crisi.

(24 settembre 2001)

Il presidente Usa ha annunciato oggi il provvedimento
Bloccati, per ora, i conti di 27 tra società e persone


Congelati i beni dei terroristi
Bush: "Li ridurremo alla fame"

"Le banche estere che non collaboreranno saranno punite:
chi finanzia i terroristi non farà affari con gli Usa"

WASHINGTON - Prima della guerra dei caccia-bombardieri, è arrivata la battaglia del denaro: "Ridurremo alla fame le casse dei terroristi - ha detto il presidente Bush alla nazione - c'è un ordine esecutivo del dipartimento del Tesoro che dispone il congelamento di tutti i beni e i depositi bancari di sospetti terroristi". Per ora sono state identificate 27 tra persone, gruppi e società i cui beni sono stati congelati: nell'elenco figurano anche tre organizzazioni non governative.

Bush ha dato l'annuncio parlando nel giardino delle rose della Casa Bianca. Accanto a lui, il segretario di Stato Colin Powell e il segretario al Tesoro Paul O'Neill. "Il primo obiettivo - ha spiegato - è di lasciare a secco di finanziamenti i terroristi e indurli a battersi l'uno contro l'altro. Vogliamo stanarli dai loro nascondigli e portarli di fronte alla giustizia".

Duro l'avvertimento alle banche estere che non saranno allineate: "Quelli che non collaboreranno saranno puniti - ha intimato George W. Bush - le loro attività negli Usa potrebbero essere immediatamente confiscate perché chi fa affari coi terroristi e chi li finanzia, non farà affari con gli Stati Uniti".

Il presidente americano ha poi voluto nuovamente rassicurare gli americani sul futuro dell'economia, ha detto che l'impatto degli attentati riguarderà solo il breve termine e non il lungo periodo perché i fondamentali sono saldi. "L'economia statunitense supererà la crisi e ne uscirà con forza, ma la gente è ferita, ha aggiunto il presidente, ci sono stati troppi licenziamenti".

(24 settembre 2001)

Wall Street non apre. In Europa crollano tutti gli indici
Gli operatori chiedono la sospensione delle contrattazioni


Panico sui mercati
In rialzo petrolio e oro

Le borse del Vecchio Continente chiudono con una perdita
di 810 mila miliardi. Piazza Affari brucia 93 mila miliardi

ROMA - La Borsa di Wall Street, che si trova a due passi dalle Torri gemelle, non ha aperto. Rimarrà chiusa fino a lunedì. E gli indici di tutti i mercati azionari, che oggi avevano inaugurato la giornata con il segno più, lasciandosi alle spalle le perdite dei giorni scorsi, scendono in picchiata. Le borse europee alla chiusura hanno perso 810 mila milardi, 97 ne ha "bruciati" la sola Piazza Affari. I mercati hanno reagito malissimo alla sfilza di attentati che dalle prime ore del pomeriggio in Italia (mattina a New York), hanno sconvolto il paese. Solo il petrolio schizza in alto, a 31 dollari al barile (ieri era a 24). E si infiamma l'oro, che balza ai massimi da maggio. Il metallo giallo - tipico bene rifugio in momenti drammatici come questi - viene scambiato a 285,15 dollari, in rialzo del 4,93%.

Le piazze europee sono andate a picco in poche ore: i risparmiatori, ma anche i fondi e gli investitori istituzionali, hanno scelto di vendere. Ma il disastro finanziario sarebbe potuto essere molto peggiore se le borse americane non avessero deciso di non aprire oggi.

A Piazza Affari è stato un vero e proprio "panic selling", è stato venduto il vendibile: in meno di tre ore sono andati in fumo 97 mila miliardi. Il Mibtel chiude a meno 7,4 per cento dopo una raffica di sospensioni al ribasso. E la seduta odierna del mercato after hours è stata annullata dalla Borsa s.p.a. Il Numtel, l'indice del Nuovo mercato lascia sul terreno l'8,98 per cento. Appena dieci minuti prima della chiusura, risultavano sospesi sul mercato principale di Piazza Affari 61 titoli.

A Londra la borsa, dopo aver evacuato gli uffici ha chiuso a meno 5,4 per cento. Parigi cede il 7,39, Francoforte, che ha sospeso le contrattazioni sui titoli Usa, chiude a meno 10 per cento, la più grossa perdita dal 1989. Zurigo lascia sul terreno oltre il 7 per cento, come Stoccolma. Madrid chiude a meno 4,532 e Amsterdam a meno 6,95. Crollano anche le Borse brasiliana e messicana.

I mercati mondiali sono stati in stretto collegamento tra loro. La società che gestisce la Borsa italiana comunica che Piazza Affari "è in contatto con le altre Borse internazionali: eventuali decisioni verranno prese in accordo con gli altri mercati".

Gli operatori nel pomeriggio avevano chiesto la sospensione delle contrattazioni. I centralini delle Sim di Piazza Affari erano intasati e l'ordine che arrivava era solamente uno: "vendere". "Abbiamo venduto tutto quello che si poteva vendere - dice Gaetano Marino di Reali&Associati - e domani sarà peggio". "Drammatico, allucinante - il commento del gestore azionario di Banca Profilo, Luca Ratti - sarebbe stato più dignitoso chiudere il mercato. "La situazione incontrollabile e non si sa quello che accadrà domani", aggiunge Marco Opipari, di Metzler Capital Markets Italia.

Domani i listini europei apriranno regolarmente. A darne notizia è stato il London Stock Exchange. Subito dopo anche la borsa di Milano ha confermato la regolare attività delle contrattazioni domani.

(11 settembre 2001)


Lunedì Wall Street
riaprirà i battenti

NEW YORK - Finirà lunedì la più lunga chiusura di Wall Street in oltre 80 anni di attività. Il presidente del New York Stock Exchange, Richard Grasso, ha annunciato infatti che lunedì prossimo la Borsa di New York tornerà ad operare regolarmente dalle 9,30 ora locale, le 15,30 in Italia.

Investitori e risparmiatori guardano con apprensione alla riapertura della più grande borsa del mondo chiusa per tre giorni, l'intervallo di tempo più lungo dopo la prima Guerra mondiale. "New York è la capitale finanziaria del mondo, lo è stata e lo sarà", ha assicurato Grasso in un impeto di orgoglio.

E così, sabato, ci saranno i test che riguarderanno in particolare quelli delle telecomunicazioni che dipendono in gran parte da Vericzon Communication che ha i sistemi ancora fuori uso, per non parlare degli addetti ai lavori che mancano all'appello o che non saranno in grado di tornare in servizio così presto. Ma dalla Morgan Stanley, la più grande banca d'affari del mondo che nel crollo delle Twin Towers ha perso circa 3 mila 500 manager, dicono: "Siamo in grado di lavorare per i nostri clienti come abbiamo fatto ogni giorno".

(13 settembre 2001)

Il sospettato numero uno per gli attacchi a Washington e New York
dispone di un patrimonio valutato 600 miliardi


Osama Bin Laden
il terrorista miliardario

A poche ore dagli attentati di New York e Washington, il governo dei talebani in Afghanistan indice una conferenza stampa. Obiettivo: negare che dietro tanta ferocia si celi la mente di Osama Bin Laden. Ma non basta a convincere l'America che il suo nemico pubblico numero uno non c'entri in qualche modo col disastro. Torna quindi alla ribalta lo sceicco arabo che ha scelto di usare il suo imponente patrimonio per combattere il "Grande Satana" statunitense. Ma chi è, dunque, Osama Bin Laden?

Le informazioni sul suo conto sono scarse e frammentarie. E' nato nel 1957, figlio di uno sceicco saudita multimiliardario. Secondo alcuni avrebbe sei fratelli maggiori, altri invece parlano di lui come del 17mo di ben 54 figli. Rimasto orfano all'età di 13 anni, a 17 sposa una cugina siriana, che lo rende a sua volta padre ripetutamente.

Osama Bin Laden si avvicina alla causa dei talebani nel 1979. Un viaggio in Pakistan è l'occasione per incontrare esuli e leader dell'opposizione afghana. Per Laden è quasi una folgorazione. Raccoglie il suo patrimonio, valutato in 600 miliardi, e lo impiega a favore della resistenza contro l'invasore sovietico. Oggi sembrerà un paradosso, ma allora il ruolo di Bin Laden viene visto quasi con simpatia dagli Usa, per i quali la Guerra Fredda con l'Urss ha ancora la priorità su ogni altro tema di politica internazionale.

Al termine di un conflitto che sfianca l' "orso sovietico", i talebani si impadroniscono dell'autorità in Afghanistan e il "benefattore" saudita trova presso di loro un rifugio e una copertura perfetta per i suoi disegni. Gli obiettivi dello sceicco sono destinati ad ampliarsi drammaticamente.

Bin Laden diventa infatti il più attendibile, organizzato ispiratore del terrorismo internazionale di matrice islamica. Allestisce in Afghanistan campi di addestramento in cui accoglie volontari per la "guerra santa" contro gli Usa provenienti da tutto il mondo. Non esita a investire il suo denaro nella ricerca di canali che gli permettano di mettere le mani sulle armi nucleari. Ma la sua strategia-principe è quella del terrorismo.

Nel 1993 un'auto bomba esplode nel parcheggio sotterraneo di una delle due Torri Gemelle. I morti sono sei, trecento i feriti. Viene identificato e catturato l'uomo che ha introdotto il veicolo all'interno del World Trade Center. E' uno dei "fedeli" di Bin Laden.

Lo sceicco si guadagna così il titolo di pericolo pubblico numero uno della più grande potenza mondiale, ma la cosa non sembra preoccuparlo più di tanto. Diventa quasi un'abitudine quella di convocare conferenze stampa a uso e consumo dei giornalisti occidentali, i quali diventano loro malgrado i portavoce dei suoi proclami. Proclami di morte.

Quello con l'America è per lui un conto aperto. Nel 1998 viene riconosciuto come mandante degli attentati dinamitardi contro le ambasciate americane a Nairobi(Kenia) e Dar Es Salaam (Tanzania), che costano la vita a più di 200 persone. E mentre alcuni dei suoi seguaci vengono condannati all'ergastolo, sulla sua testa gli Usa pongono una taglia di 5 milioni di dollari. A Bin Laden viene attribuita anche la responsabilità dell'attacco suicida contro il cacciatorpediniere americano Cole, colpito nel porto yemenita di Aden nell'ottobre scorso. Sono 17 i soldati americani che trovano la morte nell'occasione.

Dopo gli assalti alle ambasciate in Kenya e in Tanzania, gli Stati Uniti tentano di imbastire una reazione adeguata. L'intelligence crede di aver individuato il nascondiglio del "ricercato", sul quale vengono indirizzati missili Cruise. Ma Bin Laden ha già lasciato il suo quartier generale e riesce a evitare la rappresaglia.

L'attacco subìto consiglia allo sceicco una maggiore prudenza. Abolite le conferenze stampa, sono sempre più rare le immagini che lo ritraggono. Un video relativo al matrimonio del figlio è uscito dall'Afghanistan alla fine dello scorso anno, mentre di recente lo si è visto in un filmato in cui addestra le sue reclute, che però potrebbe essere vecchio materiale riciclato.

E' lui il sospettato principale per l'apocalisse che ha colpito New York e Washington. Solo i suoi adepti disporrebbero dei mezzi finaziari e del know-how che avrebbe permesso il dirottamento di quattro aerei di linea da trasformare in altrettante bombe dirette al cuore politico, finanziario, militare e sociale dell'America.

(11 settembre 2001)

Il cardiochirurgo, che aveva 78 anni, si è spento
a Cipro dove era in vacanza. Quasi certamente un infarto


E' morto Barnard pioniere
dei trapianti di cuore

NICOSIA (CIPRO) - Stroncato da un attacco di cuore se n'è andato Christian Barnard, il chirurgo sudafricano pioniere dei trapianti cardiaci. L'uomo che nel 1967 entrò nella storia per aver eseguito il primo trapianto di cuore, è morto oggi a Cipro dove si trovava in vacanza. Aveva 78 anni. Quasi sicuramente è stato un infarto la causa del decesso.

Barnard è morto in un albergo della località di Paphos. Il noto cardiochirurgo, che era arrivato tre giorni fa sull'isola, si è sentito male nella tarda mattinata mentre stava leggendo un libro seduto sui bordi della piscina dell'albergo Coral Bay Paphos, sulla costa sud-occidentale dell'isola. Barnard si è accasciato e poi ha perso conoscenza. Subito trasportato nella sua stanza, un medico cipriota, anch'egli ospite dell'albergo, ha tentato di rianimarlo praticandogli la respirazione bocca a bocca e il massaggio cardiaco, ma senza successo. Il cardiochirurgo sudafricano è stato quindi trasferito d'urgenza a bordo di un'ambulanza al General Hospital dove è arrivato alle 13,15 ora locale. Ma i medici hanno potuto soltanto constatare l'avvenuto decesso. E' stato il ministro della Sanità cipriota, Frixos Savvides, a dare l'annuncio.

Christian Barnard entrò nella storia in una mattina di dicembre del 1967, quando al "Groote Schuur" Hospital di Città del Capo, in Sud Africa, sostituì il cuore di un uomo (affetto da una grave forma di cardiomiopatia), con quello di una giovane deceduta a causa di un incidente stradale. Una ventiquattrenne il cui cuore batteva ancora ed era pronto per il trapianto.

Il giovane cardiochirurgo non informò, se non a cosa avvenuta, la direzione dell'ospedale e nemmeno i mass media, perché non considerava il trapianto un evento eccezionale e nemmeno una "scoperta" scientifica, ma semplicemente l'introduzione di una nuova tecnica chirurgica per trattare l'insufficienza cardiaca. In poche ore, le condizioni cardiache e generali del paziente migliorarono, tanto da convincere il giovane caridochirurgo che il trapianto sarebbe servito a migliorare la qualità della vita delle persone affette da gravi cardiopatie. Ma il paziente morì dopo 18 giorni dall'intervento per una polmonite.

Un decesso che non fermò l'attività di Barnard. "Continuai a fare trapianti perché ero e sono convinto - ha dichiarato in un suo recente intervento - che l'obiettivo della medicina non è prolungare la vita, ma migliorare la qualità della stessa".

L'intervento gli cambiò la vita: da sconosciuto cardiochirurgo divenne una celebrità mondiale. Barnard aveva studiato medicina all'Università di Città del Capo e all'università del Minnesota, negli Usa. Afflitto da artrite, nel 1983 fu costretto a abbandonare il bisturi. Da allora aveva viaggiato molto, tenendo conferenze, e dividendo il suo tempo fra la sua fattoria, nella provincia del Capo, e l'Europa.

(2 settembre 2001)

I fassiniani: "Abbiamo già vinto", ma Berlinguer
contesta le cifre: "E'presto per fare le congratulazioni"


Congresso Ds
E' guerra di numeri

ROMA - Congresso diesse, guerra di nervi e di cifre. Esce allo scoperto la reazione dei berlingueriani ai quali le punzecchiature dei fassiniani, che danno già per scontata la vittoria del loro candidato, non sono piaciute. "E' presto per fare le congratulazioni" dice Giovanni Berlinguer. Ma, proprio oggi, è lo stesso Fassino a rincarare la dose: "I dati dicono che c'è un consenso ampio sulla nostra mozione. Il 65% contro il 32% della mozione Berlinguer ed il 2% di quella Morando. Sono soddisfatto del risultato, anche se non lo interpreto come definitivo".

Parole più caute ma non meno chiare di quelle pronunciate nei giorni scorsi dal "fasiniano" Luciano Violante. Numeri che i "berligueriani", contestano. "Fino ad oggi - ragionano i sostenitori della mozione "Ritornare a vincere" - il consenso ricevuto nei congressi di sezione è di oltre il 35%". Per questo le parole di Violante e del coordinatore della Mozione Fassino che di fatto annunciavano la vittoria congressuale sono giudicate "di cattivo gusto e soprattutto irrispettose di quell'80% dei compagni e delle compagne che ancora devono incontrarsi e decidere" dicono i berlingueriani.

"Dovremmo preoccuparci di più che nelle sezioni si discuta, ci si confronti sui grandi temi, dalla guerra alla finanziaria Berlusconi - continuano i sostenitori della mozione che fa capo a Berlinguer - E' assolutamente inopportuno fornire percentuali parziali e del tutto casuali".

Poi i berlingueriani danno i dati. I loro dati, per dimostrare il consenso che la mozione raccoglie. A Napoli (sezione di Casoria, 69 Berlinguer 7 Fassino), a Roma (sezione Garbatella, 121 Berlinguer, 87 Fassino), a Genova (sez. Rivarolo, 117 Berlinguer, 39 Fassino) a Milano (sez. Cologno Monzese, 33 Berlinguer, 10 Fassino), nella stessa Torino (sez. Mirafiori Sud, 33 Berlinguer, 25 Fassino), a Bari (ad oggi è in vantaggio Berlinguer con il 53% dei consensi). Ed ancora nelle realtà industriali (sez. Fiat Pomigliano, 30 Berlinguer, 0 Fassino; Gramsci di Taranto, 59 Berlinguer, 20 Fassino; sez. Breda di Pistoia, 28 Berlinguer, 9 Fassino) e nei piccoli centri (Anagni con 103 voti per Berlinguer e 77 per Fassino).

Poi tocca all'ex ministro della cultura Giovanna Melandri, schierata con Berlinguer, partire all'attacco: "Mi sarei aspettata dalla mozione Fassino e da Violante più rispetto per tutti gli iscritti ai Ds". L'ultima critica alla mozione di Fassino arriva da Cesare salvi, anche lui arroccato nel sostegno a Berlinguer: "Sul lavoro la mozione Fassino ha posizioni vicine a quelle di Maroni".

(16 ottobre 2001)

Il giovane partecipò all'assalto della jeep dei carabinieri
in piazza Alimonda durante gli scontri in cui morì Giuliani


G8, arresti domiciliari
per Massimiliano Monai

GENOVA - Il gip ha disposto gli arresti domiciliari per Massimiliano Monai, il barista che ha confessato di aver partecipato in piazza Alimonda all'assalto della camionetta dei carabinieri dalla quale è partito il colpo di pistola che ha ucciso Carlo Giuliani.

Dunque il giovane che nei momenti drammatici del pomeriggio di venerdì 20 luglio utilizzò una trave per sfondare i vetri del Defender dei carabinieri, azione che gli è costata l'accusa di tentato omicidio, dovrà restare nella sua casa genovese e potrà avere contatti solo con i genitori ed il suo avvocato.

La misura, ritenuta eccessiva dal suo difensore, è stata richiesta dal pubblico ministero Silvio Franz secondo il quale il giovane potrebbe inquinare le prove, ovvero rendere più difficile l'individuazione degli altri assalitori della jeep dell'Arma e anche commettere nuovamente il reato per il quale è indagato.

"Presenterò subito istanza di riesame al Tribunale della libertà di Genova - annuncia il difensore Gianfranco Pagano - ritengo eccessiva la misura degli arresti domiciliari, visto che Monai si è costituito e ha fatto appello agli altri giovani presenti in piazza Alimonda perchè si presentino agli inquirenti. Per il mio assistito ritengo sufficiente l'obbligo di firma".

(3 settembre 2001)

Non si fermano le violenze contro l'istituto di Belfast
da tre giorni assediato dai teppisti protestanti


Bomba contro la scuola cattolica
feriti due agenti di polizia

L'attentato è stato rivendicato dai sedicenti
"Difensori della mano rossa"

BELFAST - Dai sassi alle bombe, il passo della follia è davvero molto breve. E così stamattina nella scuola cattolica di Ardoyne, a nord di Belfast, da tre giorni presa d'assedio dai teppisti protestanti si è sfiorata la tragedia. Un ordigno rudimentale è stato lanciato contro le bambine che andavano a lezione. Questa volta ci sono anche i feriti: due poliziotti che sono stati investiti dall'esplosione, uno è stato gravemente colpito alla gamba.

L'attentato è stato rivendicato dai sedicenti "Difensori della Mano Rossa", denominazione utilizzata come copertura da diversi gruppi paramilitari protestanti: ad attribuirsi il lancio del rudimentale ordigno, un tubo imbottito di esplosivo, è stata una anonima voce maschile con una telefonata a una sala stampa di Belfast.

I testimoni hanno parlato di un "oggetto sibilante" che ha oltrepassato il cordone di genitori che proteggevano l'ingresso delle bambine a scuola. E di una forte esplosione subito dopo. Poi l'ormai consueta sassaiola contro le forze di polizia e la scolaresca. E i pianti e le grida di terrore di tutti coloro che si trovavano intorno alla scuola.



L'episodio è arrivato dopo una nuova notte di violenze. Bombe molotov erano state lanciate nei pressi dell'istituto che sorge nel quartiere, e colpi d'arma da fuoco erano stati sparati ieri sera nella zona, mentre due auto bruciavano ad Ardoyne Road, la strada - ormai ingombra di mattoni e pezzi di vetro - che da giorni è pattugliata da polizia in tenuta antisommossa.

La polizia aveva ribadito che avrebbe mantenuto alta la vigilanza ma aveva aggiunto di temere nuovi scontri tra gruppi delle due comunità. "Faremo tutto ciò che sarà necessario per proteggere i bambini e condurli sani e salvi", aveva spiegato il capo della polizia, Sir Ronnie Flanagan. Ma all'apertura dei cancelli la situazione è precipitata ancora una volta.

Le violenze contro i bambini cattolici ("bastardi feniani" e "rifiuti della terra" secondo i protestanti) sono state stigmatizzate comunque anche da molti dirigenti moderati. I feniani erano patrioti irlandesi che lottarono per l'indipendenza dell'isola dal giogo inglese nell'800.

(5 settembre 2001)

Carri armati con la stella di David sono entrati
a Jenin. Distrutta la sede dell'Anp


Israele attacca in Cisgiordania
Nove morti negli scontri

TEL AVIV - L'attacco è scattato nella notte. Dopo due giorni di assedio i carri armati israeliani sono entrati a Jenin, territororio autonomo palestinese che si trova nel nord della Cisgiordania. Il primo bilancio parla di nove palestinesi uccisi e della sede del'autorità palestinese distrutta a cannonate.

Testimoni oculari hanno raccontato che i mezzi corazzati israeliani sarebbero penetrati in città a luci spente da diverse direzioni. Una mossa che gli israeliani motivano con l'intento di impedire nuovi attentati suicidi da parte degli integralisti, sei dei quali sarebbero partiti dalla località cisgiordana negli oltre undici mesi da quando è iniziata la rivolta nota come "Intifada di al-Aqsa".

Dure le reazioni dei palestinesi. "Con la copertura di quanto sta accadendo a New York - denuncia un parlamentare dell'Anp, Jamal al-Shati, riferendosi agli attacchi terroristici sferrati ieri negli Usa - Israele attacca Jenin e compie i suoi brutali crimini a danno dei palestinesi".

Oltre a Jenin, altri scontri a fuoco sono avvenuti nella nottata anche nei vicini villaggi di Arrabe e di Tamun. Al momento le truppe israeliane hanno lasciato la città di Jenin ma restano appostate alla sua periferia.

(12 settembre 2001)

E' saltata in aria una fabbrica petrolchimica: 658
feriti di cui molti gravi. Quindici-venti dispersi


Esplosione a Tolosa
almeno 22 morti

Cittadini colti dal panico, psicologi al lavoro
Il presidente Chirac: "Potrebbe trattarsi di un attentato"

TOLOSA - Un'esplosione fortissima in uno stabilimento petrolchimico che investe una fabbrica di combustibile per missili in periferia. Poi altre, meno forti, nel centro. Una grande nube tossica che avanza dalla zona industriale verso le case. Almeno 22 i morti, 658 i feriti, di cui molti gravi. Quindici-venti persone risultano disperse. Danni per miliardi. E' successo a Tolosa, in Francia, questa mattina. Le cause sembrano accidentali, ma non è esclusa nessuna ipotesi. Lo ha detto il presidente francese Jacques Chirac che, dopo una visita-lampo a Tolosa, è volato nel tardo pomeriggio a Bruxelles per il vertice straordinario dell'Ue.

Per il presidente francese potrebbe essere un attentato la causa del disastro. "Ma - ha detto Chirac - è probabilmente troppo presto per affermarlo con totale certezza". Anche durante il sopralluogo nella città sconvolta dall'esplosione aveva sottolineato che solo "l'inchiesta potrà spiegare le ragioni di questo dramma".

Bloccata tutta la rete stradale, chiuso l'aeroporto, chiuse le stazioni ferroviarie: enormi ingorghi di auto hanno circondato la città del sud della Francia da quando, presi dal panico che fosse in corso un attentato terroristico contro la Francia, dopo quelli di dieci giorni fa a New York e Washington, migliaia di abitanti sono saliti in macchina con familiari e conoscenti e si sono allontanati a tutta velocità. In centro, frantumi di vetro per terra ovunque, fino a parecchi chilometri di distanza dal luogo dell'esplosione che è stata equivalente a una scossa di terremoto di magnitudo 3,4 gradi sulla scala Richter ed è stata avvertita anche dai sismografi della Normandia, nel nord della Francia.

L'esplosione principale è avvenuta intorno alle 10,15. A saltare in aria, probabilmente per cause accidentali, è stata la fabbrica petrolchimica Azf. Poi, come in un effetto domino, è toccato alla fabbrica di esplosivi Snpe (Societé Nationale des Poudres et Explosifs), situata a tre chilometri a sud del centro città. Vi si fabbricano materiali come il combustibile per i razzi Ariane. L'esplosione ha fatto crollare anche un grande magazzino di ellettrodomestici. Altre deflagrazioni sono state segnalate quasi contemporaneamente nel centro della città e nessuno sa per ora spiegare se questa siano collegate alla prima. L'ipotesi più accreditata è quella di una serie di scoppi nella rete di distribuzione del gas.

Ma quello che ha preoccupato molto la gente era la grande nuvola di fumo fuoriuscita dalle macerie che si dirigeva verso il quartiere Mirail, ma al momento il pericolo è scongiurato. Il prefetto dell'Alta Garonna, Hubert Fournier, ha detto che non c'è "nessuna traccia di tossicità".

Panico generalizzato in città, la gente è scesa nelle strade ed è scappata fuori dalle stazioni del metrò. I feriti sono per lo più colpiti da schegge di vetro delle finestre. Gli abitanti corrono nelle strade con il volto coperto da maschere antigas distribuite dai soccorritori, la metropolitana è stata chiusa e la gente è stata invitata a restare in casa e a non andare in auto nel centro della città.

"Sono caduti due aerei", "i terroristi, i terroristi..." sono le urla che si sentivano questa mattina. Il Prefetto ha lanciato un appello a tutti gli psicologi della città affinché si ritrovino in Comune per dar vita a un servizio di sostegno. Dalle testimonianze a radio e tv di molte persone sconvolte dall'esplosione, emerge la psicosi dell'attentato che si è sviluppata immediatamente dopo lo scoppio. La visione di Tolosa semidistrutta, palazzi crollati, polvere ovunque, ha fatto il resto.

L'aeroporto di Tolosa-Blagnac è stato chiuso, tutti i movimenti di aerei sono sospesi fino a nuovo ordine e gli apparecchi che dovevano atterrare sono stati dirottati sugli aeroporti più vicini.

Tolosa è la quarta città della Francia. La sua popolazione, compresa la cintura, raggiunge i 600 mila abitanti. Le linee telefoniche, sia quelle delle linee fisse sia di quelle mobili, sono intasate ed è difficilissimo telefonare in città.

(21 settembre 2001)

A Montecitorio passano due "correzioni" dell'opposizione
E così il provvedimento deve tornare al Senato


Rogatorie, la maggioranza
battuta da due emendamenti

ROMA - Il disegno di legge che rende più complesso l'iter delle rogatorie internazionali da giorni infiamma il dibattito politico interno, all'ombra delle più ampie discussioni su un eventuale attacco americano: la maggioranza difende la legge a spada tratta, l'opposizione cerca in tutti i modi, compreso l'ostruzionismo, di bloccarla. E oggi, a Montecitorio, il centrodestra cade due volte, inciampando su un emendamento presentato da Giuliano Pisapia, deputato indipendente di Rifondazione comunista, e approvato con scrutinio segreto dall'aula e un sub-emendamento presentato dalle opposizioni. Conseguenza: Casa delle libertà battuta, il provvedimento deve tornare all'altro ramo del Parlamento.

Il voto segreto è stato possibile visto che, come ha rilevato il capogruppo del Prc Franco Giordano, la materia riguarda i diritti di libertà: e, dunque, i promotori dell'emendamento hanno potuto chiedere, e ottenere, che lo scrutinio non fosse palese. "Ed è il segno - ha dichiarato Giordano - di un malessere che esiste nel centrodestra, dove in molti si sono resi ben conto che queste norme erano un favore per qualcuno". Il riferimento è ovviamente, al premier Silvio Berlusconi.

L'emendamento, approvato con 250 voti favorevoli e 228 contrari, stabilisce che "costituisce truffa in materia fiscale la condotta di chi, con artifici o raggiri, inducendo in errore l'autorità amministrativa, procura a sè o ad altri un ingiusto profitto, con danno all'ente pubblico defraudandolo di un tributo la cui entità comporta un reato fiscale". Ora il provvedimento torna al Senato; quanto alla Camera, dopo la votazione il presidente, Pierferdinando Casini, ha sospeso la seduta per mezz'ora.

Ovvio che a giochi fatti la discussione si concentri adesso sul calcolo dei voti. Su chi, tra i parlamentari della maggioranza, non abbia rispettato le consegne del centrodestra. Se sui nomi dei "franchi tiratori" impazza il pettegolezzo, il calcolo dei voti rivela che dai banchi della Cdl sono stati 25 color che ahnno disatteso le indicazioni. Complessivamente, i votanti sono stati 465 mentre al momento del voto erano presenti 240 deputati della maggioranza e 225 dell'opposizione. I sì sono stati 250 (25 in più dei deputati di opposizione presenti), i no 215.

Dei 347 deputati di Fi, An, Ccd-Cdu e Lega non hanno votato in 108: 44 in missione e 64 assenti. Di questi 108, a non partecipare oggi alle votazioni sono stati 46 deputati di Fi, 37 di An, 14 del Ccd-Cdu, 11 della Lega. Quanto alle opposizioni, hanno votato fra Ulivo e Prc in 225: 122 Ds, 68 Margherita, 8 Prc, 8 Sdi, 7 Pdci, 6 Verdi, 4 iscritti al Misto dell'Ulivo, 2 delle Minoranze Linguistiche.

Dopo una breve sospensione la sedute è ripresa e il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini ha respinto le critiche di quanti hanno contestato la sua decisione di votare a scrutinio segreto l'emendamento: "Ho seguito il regolamento visto che l'emendamento incideva sui diritti e le libertà personali".

Poi alle 22,40 un altro incidente per la maggioranza battuta per 246 voti contro 242 su un sub-emendamento dell'opposizione all'articolo 17.

(27 settembre 2001)