SETTEMBRE
2001
Due aerei-killer si
schiantano nel giro di 18 minuti
contro le Torri gemelle, che crollano poco dopo
Apocalisse
a New York
"Migliaia di vittime"
Giuliani ordina
l'evacuazione della zona sud di Manhattan
"C'era gente che saltava nel vuoto". Morti
oltre 300 pompieri
NEW YORK - Una tremenda esplosione. Un aereo
che si schianta contro una delle torri gemelle del World
Trade Center di New York, mandandola a fuoco. La città
si è appena svegliata: sono le 8,5 (le 14,45 in Italia).
Passano 18 minuti, e la scena drammaticamente si ripete.
Un altro velivolo colpisce la seconda torre, facendo
scoppiare un altro incendio. Un attentato, dice il tam
tam delle fonti governative sentite dalle agenzie di
stampa, mentre la Cnn manda in onda in diretta
l'apocalisse che all'improvviso ha colpito il cuore degli
Stati Uniti.
Passa un'ora, e la prima torre crolla, sbriciolandosi
come un castello di sabbia. E poco dopo la seconda segue
la stessa sorte. Crolla anche un palazzo vicino al World
Trade Center, travolto dalle violentissime deflagrazioni.
E verso sera, anche un quarto edificio collassa e si
abbatte al suolo. In serate il presidente americano
George Bush dichiara New York "zona di disastro
nazionale".
Il primo bilancio della polizia di New York parla di
"migliaia di vittime", fra morti e feriti. Il
sindaco Rodolph Giuliani - che ha ordinato l'evacuazione
della parte sud di Manhattan - in serata ha commentato:
"Il numero delle vittime sarà superiore a quello
che possiamo immaginare, ma non vogliamo fare
supposizioni". Poi ha aggiunto: "New York
adesso è sicura".
Nessuna cifra ufficiale della carneficina, quindi. Stime
non verificabili nel corso della giornata hanno parlato
di diecimila, forse ventimila morti. Si tratta davvero di
una tragedia di proporzioni gigantesche. Nelle due torri,
normalmente,lavorano oltre quarntamila persone e altre
diecimila le visitano per turismo o affari. E mentre in
Italia è notte arriva la notizia, agghiacciante, che 300
pompieri intervenuti per spegnere le fiamme hanno perso
la vita. E che 78 poliziotti sono dati per dispersi. E 15
ore dopo il disastro, tra le macerie sembrano esserci
ancora persone in vita. Si scava con ogni mezzo per
tirarle fuori.
Molte ora prima Giuliani aveva descritto le terribili
scene che hanno seguito le esplosioni: "Si sono
viste persone saltare fuori dal World Trade Center. Era
una terribile situazione". Gli ospedali della città
sono intanto presi d'assanto dalle ambulanze che
trasportano migliaia di feriti. Nelle strutture sanitarie
è ormai emergenza trasfusioni: gli infermieri fermano le
persone in casa per chiedere di donare sangue.
La città è sconvolta. L'edificio che ospita la borsa di
New York viene evacuato. L'apertura di Wall Street viene
annullata. Le comunicazioni all'interno della città sono
paralizzate. Manhattan è completamente isolata, i ponti
e i tunnel chiusi. Le elezioni primarie per scegliere
quattro candidati democratici e due repubblicani in lizza
per la poltrona di sindaco della città sono cancellate.
E mentre nell'America si susseguono le notizie di altri
attentati, la Grande Mela assiste attonita alla più
massiccia ondata di terrore che l'abbia mai colpita.
I due aerei che si sono schiantati contro le torri
gemelle, secondo la prima ricostruzione, sarebbero
partiti da Boston. Il primo era delle American Airlines
(con 156 persone a bordo), l'altro della United Air
Lines. Sono stati dirottati e portati all'impatto contro
uno degli edifici simbolo della città.
Non è la prima volta che le Twin Towers sono l'obiettivo
del terrorismo. Il 26 febbraio 1993, alle 12.20 (ora
locale, le 18:20 in Italia), un' autobomba esplose nel
garage sotterraneo, al livello B-2, sotto le torri
gemelle del World Trade Center (Wtc), a un centinaio di
metri da una stazione della metropolitana. I morti furono
sei, i feriti 1.042, per la maggior parte intossicati dal
fumo dell'incendio sviluppatosi subito dopo la
deflagrazione. L'esplosione provocò anche il crollo di
un muro e del tetto della vicina stazione ferroviaria. Un
treno venne danneggiato.
(11 settembre
2001)
Anche la capitale colpita da
un aereo dirottato
Sono ottocento le vittime dell'attacco
Crolla
un'ala del Pentagono
panico e morti a Washington
Dichiarato lo
stato d'emergenza e la "no fly zone"
Una testimone telefona al marito: "Sono armati di
coltelli"
WASHINGTON - Non era passata nemmeno un'ora
dalla prima esplosione di New York, quando Washington si
è svegliata al centro del suo incubo peggiore.
L'orologio segnava le 9,45 (le 15,45 in Italia): un altro
aereo-killer è piovuto giù dal cielo. Colpendo il
simbolo della sicurezza degli Stati Uniti. Un'intera ala
del Pentagono - sede del dipartimento della Difesa - è
andata in fiamme. Dentro, c'erano 21.500 persone e,
secondo la CNN, sono almeno 800 gli uccisi.
Sono state ore di paura per la capitale degli Stati
Uniti. La Cnn e le agenzie di stampa parlavano di nuove
esplosioni, al dipartimento di Stato, al Campidoglio
(dove si riunisce il Congresso). Erano falsi allarmi, ma
la situazione era ormai fuori controllo. Immediatamente
le autorità hanno disposto l'evacuazione degli obiettivi
più a rischio, compresa la Casa Bianca. Più tardi su
tutta la città è stato proclamato lo stato d'emergenza:
e i cieli di Washington sono stati interdetti a ogni
volo.
Al Pentagono l'incendio è divampato in pochi minuti, e
poco dopo l'ala est dell'edificio è crollata. Proprio
mentre il segretario della Difesa Donald Rumsfeld, in
un'alatra ala del palazzo, stava tenendo una riunione
della difesa antimissile. "L'intero edificio
traballava a causa dell'impatto", ha raccontato un
testimone. "La gente urlava e ragnava il caos
totale". Aerei caccia dell'aviazione hanno
continuato a sorvolare la città, per fronteggiare
eventuali altri attacchi via aria.
E c'è una testimonianza tragica che permette di
ricostruire quanto avvenuto sull'aereo. Nell'ultima
telefonata al marito, Barbara Olson, commentatrice della
Cnn e sostenitrice della destra morta nell'attentato è
riuscita a dire che i dirottatori erano armati di
coltelli e temperini.
Barbara era la moglie di Ted Olson, l'avvocato della Casa
Bianca che difese il caso di George Bush alla Corte
Suprema nel corso della bagarre elettorale della Florida.
Olson ha fatto due telefonate al marito con il cellulare
per informarlo che l'aereo era stato dirottato. Gli ha
detto che i dirottatori hanno fatto spostare passegeri e
equipaggio verso il fondo dell'aereo.
Ted Olson ha chiamato immediatamente il centro di comando
al Dipartimento della Giustizia. Si è sentito dire che
la faccenda sarebbe stata investigata. "Che devo
dire ai piloti di fare?", ha detto sua moglie,
secondo la Cnn.
(11 settembre 2001)
Dal primo attentato alle
14,45 ora italiana
ai primi bilanci sulle vittime alle 18,45
La
cronaca del dramma
minuto per minuto
ROMA - Un attacco terroristico senza
precedenti, che sembra una vera e propria dichiarazione
di guerra, ha colpito oggi gli Stati Uniti. Ecco il film
di quelle ore drammatiche aggiornato fino alle 18,45, ora
italiana.
- 8,45(ora locale, le 14,45 in Italia): un
aereo si schianta contro una delle torri gemelle del
World Trade Center a New York.
- 9,05: un secondo aereo si schianta contro
l'altra torre del World Trade Center.
- 9,18: il Presidente George W. Bush,
immediatamente informato del disastro, cancella gli
impegni della mattinata.
- 9,20: l'Fbi indaga sulla possibilità che i due
atti siano frutto di un atto di terrorismo. A New York si
apprende che l' Fbi era stato messo in allerta per il
possibile dirottamento di un aereo poco prima
dell'impatto dei due aerei.
- 9,28: fonti del governo parlano di un attentato.
- 9,30: sono evacuati la Borsa del Nymex e il New
York Mercantile Exchange.
- 9,32: il New York Stock Exchange, la Borsa
Valori di Wall Street, rinvia l'apertura del mercato.
- 9,33: si apprende che uno degli aerei kamikaze
era un Boeing 767 delle American Airlines dirottato da
Boston.
- 9,35: comincia l'evacuazione del New York Stocks
Exchange, la Borsa valori di Wall Street.
- 9,36: la rete televisiva Cnbc parla di almeno
sei morti accertati e un migliaio di feriti.
- 9,40: la polizia avverte le persone vicine al
World Trade Center che un terzo aereo potrebbe
avvicinarsi alle due torri.
- 9,42: la televisione di Abu Dhabi comunica che
il Fronte democratico per la liberazione della Palestina
ha rivendicato il doppio attentato.
- 9,45: viene evacuata la Casa Bianca.
- 9,45: un incendio divampa al Pentagono che viene
fatto evacuare. L'incendio è forse causato
dall'esplosione di un aereo.
- 9,47: è evacuato il dipartimento al Tesoro.
Evacuati per precauzione anche altri grattacieli.
- 9,48: un incendio divampa sul Mall di
Washington, non lontano dalla Casa Bianca.
- 9,48: la Borsa Valori di Wall Street annulla
l'apertura.
- 9.49: il Congresso e il ministero del Tesoro a
Washington sono fatti evacuare in seguito a minacce
terroristiche.
- 9,53: scoppia un incendio al dipartimento alla
Difesa che viene fatto evacuare.
- 9,53: la Federal Aviation Administration chiude
tutti gli aeroporti degli Stati Uniti.
- 10,00: la Cnn mostra una nuova enorme esplosione
su una delle torri gemelle del World Trade Centre.
- 10,00: il personale dell'Onu scende per
precauzione nei sottosuoli.
- 10,03: il Fronte democratico per la liberazione
della Palestina (Fdlp) smentisce di essere responsabile
degli attentati.
- 10,03: viene evacuato il grattacielo Sears a
Chicago.
- 10,07: crolla il primo grattacielo colpito a New
York.
- 10,08: il segretario di Stato Colin Powell
lascia il Perù dove si trova per l'assemblea generale
dell'Osa e rientra negli Usa.
- 10,11: la rete televisiva NY1 informa che il
secondo aereo che ha colpito il Wtc è stato dirottato
dall'aeroporto di Boston ed era della United Air Lines.
- 10,20: per precauzione è fatto evacuare il
palazzo di Vetro.
- 10,27: tutti i voli transatlantici per gli Usa
sono dirottati sul Canada.
- 10,27: crolla la seconda torre del World Trade
Centre.
- 10,28: si diffonde la voce di un'autobomba
esplosa davanti al dipartimento di Stato a Washington che
provoca un incendio.
- 11,34: si apprende che i due aerei usati negli
attentati a Manhattan avevano in totale 156 persone a
bordo.
- 11,36: un funzionario del dipartimento di Stato
smentisce che una autobomba sia esplosa davanti alla sede
del ministero.
- 12,26: crolla un altro palazzo vicino al World
Trade Center per i danni provocati dalle esplosioni.
- 12,39: La polizia di New York parla di migliaia
tra morti e feriti.
(11 settembre 2001)
Lo sconvolgente racconto del
crollo delle torri gemelle
"E' tutto fumo, fuoco, panico, choc. E' tutto
distrutto"
I testimoni:
"Quella gente
si buttava giù dalle finestre"
NEW YORK - La tragedia vista da chi c'era. I
testimoni che hanno visto crollare le Twin Tower di New
York raccontano una scena quasi impossibile da
descrivere. Rossana Capurso, architetto italoamericana
che ha lo studio in downtown Manhattan, sulla Broadway
and Union Square, pochi attimi prima della tragedia si
trovava sulla metropolitana che l'avrebbe condotta al
lavoro.
"Il treno si avvicina alla fermata all'altezza della
city hall - racconta -. Gente che grida, corre verso i
finestrini e cerca di entrare. All'inizio si pensa al
pazzo di turno. Ma un signore visibilmente scosso e con
le lacrime agli occhi mi risponde in stato di trance: 'è
una catastrofe, un aereo sta sventrando le due torri
gemelle'. Gente che si butta dalle finestre, panico
ovunque, fuoco, fumo".
E' a questo punto che la donna diventa testimone diretta.
"Rimango scioccata, lo spettacolo è agghiacciante,
mi spiegano meglio che cosa sta accadendo. La città è
invasa dalle sirene. Una torre non esiste più, ma si sta
sbriciolando sotto gli occhi. Solo fumo e distruzione. E
ora sta cadendo giù anche la seconda e io non posso fare
altro che guardare con un morso allo stomaco e le lacrime
agli occhi. E' tutto scioccante. Fumo. Fuoco. Panico.
Choc. Ora non c'è più niente. Tutto è shut
down...". Distrutto.
"Ho visto alcune persone gettarsi giù dalle
finestre mentre l'edificio prendeva fuoco, ho sentito un
boato, era la torre più alta che esplodeva. C'era
l'inferno", dice una donna, con voce strozzata, alla
Cnn.
"Non avevo mai visto un aereo volare così a bassa
quota.
Sembrava tutto così irreale, e invece era tutto vero;
pochi istanti dopo ho sentito una fortissima
esplosione", ha detto un passante sconvolto che era
diretto proprio all'edificio preso di mira.
"Mi trovavo al primo piano del blocco uno (B-1),
quando ho sentito la prima esplosione", ha detto un
ragazzo scampato alla morte. "Molte persone, una
quindicina, sono saltate fuori dalle finestre del primo
piano davanti ai miei occhi. Ho subito prestato i primi
soccorsi, aiutando alcune persone a uscire dall'edificio.
Mi trovavo fuori, e dieci minuti dopo ho visto un aereo
(il secondo) abbattersi contro la torre più bassa".
(11 settembre
2001)
Messaggio del presidente a
reti unificate
Berlusconi a Bush: "Siamo al vostro fianco"
Ciampi:
"Italia in lutto"
L'orrore del Papa
Aeroporti e
basi militari in allerta
Numero di telefono
di emergenza per gli italiani negli Usa
ROMA - "L'Italia è in lutto. Questi
attentati contro gli Stati Uniti colpiscono, offendono
l'intera comunità internazionale. Richiedono una lotta
senza quartiere contro il terrorismo". Questo il
messaggio del presidente della Repubblica Carlo Azeglio
Ciampi trasmesso a reti televisive unificate dopo gli
attentati terroristici che stanno colpendo al cuore gli
Stati Uniti.
"Questi attentati richiedono una lotta senza
quartiere contro il terrorismo - ha aggiunto - Sappiamo
di difendere in questo modo i valori che sono alla base
della civilità e della pacifica convivenza fra i popoli.
I popoli liberi debbono essere uniti e compatti nella
risposta a questo atto di guerra contro il mondo
civile".
Ciampi ha ribadito dunque la condanna a nome dell'Italia
del terrorismo. Per tutto il giorno il presidente ha
fatto appello a una condanna internazionale unitaria
"al di là di qualsiasi ideologia".
Solidarietà agli Usa anche dal presidente del Consiglio
Silvio Berlusconi che in un messaggio a Bush scrive:
"Sono sconvolto per il terrificante e folle attacco
terroristico che ha colpito il popolo di una nazione
amica e le coscienze del mondo intero. Desidero far
sentire al presidente Bush e agli Stati Uniti d'America
il dolore del governo e di tutto il popolo italiano.
L'Italia si stringe a fianco degli Stati Uniti d'America
nella lotta a questi mostruosi criminali che hanno
dimostrato uno spregio vile e brutale della vita
umana".
Anche il Papa è intervenuto. In un messaggio inviato al
presidente degli Stati Uniti, esprime il suo profondo
cordoglio per quello che definisce un "indicibile
orrore".
Il Consiglio dei ministri, riunitosi in serata per fare
il punto della situazione. Dopo la riunione
dell'esecutivo Berlusconi è atteso al Quirinale, dove
incontrerà il capo dello Stato. Il Consiglio dei
Ministri ha rinnovato "sostegno e solidarietà"
al popolo americano. Il governo riferirà sulla
situazione domani in Parlamento.
Solidarietà piena all'America dunque, ma anche lotta in
prima linea. L'unità di crisi di palazzo Chigi è stata
allertata. Il ministro dell'Interno Claudio Scajola ha
convocato il comitato di Sicurezza nazionale e ha
ordinato l'immediata attivazione di tutti i sistemi di
protezione per gli obiettivi di nuovi poteniziali
attentati.
In particolare, dice il Viminale, saranno oggetto di
"strettissima vigilanza" le rappresentanze
diplomatiche, le compagnie aeree e marittime, le
installazioni militari e "qualsiasi altro obiettivo
di interesse quali istituti scolastici, uffici turistici,
culturali, commerciali ed industriali". La polizia
di frontiera, inoltre, intensificherà le attività di
vigilanza negli scali portuali e aeroportuali.
Domani l'ambasciata americana a Roma, i consolati
generali a Milano, Napoli e Firenze e le agenzie
consolari a Genova, Trieste e Palermo saranno chiusi al
pubblico.
Allo scalo romano di Fiumicino sono state già rafforzate
le misure di sicurezza. Tutto il personale disponibile
delle forze di polizia e dei carabinieri è stato
richiamato. Allerta totale anche a Milano.
Sono state incrementate le misure di vigilanza nella base
della Us Navy nell'aeroporto di Capodichino a Napoli.
Elicotteri in forza alla Marina militare statunitense si
sono levati in volo e stanno sorvolando lo spazio areo
napoletano.
Alle 17 è scattato ad Aviano l'allarme Delta, il più
alto, alla base militare americana di Aviano in Friuli,
dopo che alle 16 erano stati evacuati i dipendenti
italiani che resteranno a casa anche domani. Fino a nuovo
ordine nessuno rientrerà al lavoro.
Misure di sicurezza aumentate anche all'interno del
Comando Nato di Bagnoli dove si mantiene uno stretto
riserbo. Allarme rosso alla base americana in Sicilia a
Sigonella e alla Maddalena, in Sardegna.
Anche l'unità di crisi della Farnesina si è
immediatamente attivata per prestare eventualmente
sostegno ai cittadini italiani che potrebbero essere
rimasti coinvolti negli attentati negli Stati Uniti. Il
ministero degli Esteri è costantemente in contatto con
il consolato a New York e l'ambasciata a Washington e ha
allestito una linea telefonica a disposizione del
pubblico, per quei cittadini che avessero urgenza di
informazioni aggiornate. Il numero della Farnesina da
chiamare è 06 36225.
(11 settembre
2001)
Il presidente Usa: avevamo
chiesto in modo chiaro
che dovevano consegnare i terroristi nascosti in
Afghanistan
Bush avverte i
Taliban
"Il tempo sta scadendo"
WASHINGTON - "Il tempo sta scadendo".
George W. Bush fa quasi fatica a trovare espressioni
nuove per spiegare un concetto chiaro ormai da settimane:
per i Taliban si avvicina il momento della resa dei
conti. Presto gli Stati Uniti attaccheranno e per il
regime che protegge Osama Bin Laden - considerato
responsabile degli attentati alle Torri gemelle e al
Pentagono - non ci sarà più modo di evitare la guerra.
Il presidente americano ha ribadito il concetto nel suo
discorso pronunciato oggi dalla sua residenza di Camp
David, dove ha riunito in videoconferenza il Consiglio di
sicurezza nazionale.
"Abbiamo dato ai Taliban la possibilità di
consegnare tutti i terroristi in Afghanistan e di
chiudere i loro campi e le loro attività. Abbiamo dato
loro un ammonimento completo e ben chiaro, e il tempo sta
scadendo", ha detto Bush nel suo discorso
radiofonico. "Gli Stati Uniti offrono una chiara
scelta a ogni Paese: stare con il mondo civilizzato, o
stare con i terroristi. E i Paesi che stanno con i
terroristi pagheranno un caro prezzo".
Il presidente americano ha poi spiegato agli americani
gli esiti della missione del ministro della Difesa Donald
Rumsfeld in Arabia Saudita, Egitto, Oman, Turkmenistan e
Turchia. Ha annunciato che la grande coalizione
antiterrorismo gode di un appoggio sempre più ampio che
abbraccia - nonostante qualche vincolo - anche Pakistan,
Georgia, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. E spiegato che
l'America è ormai pronta all'azione.
Ancora una volta, però, Bush ha voluto precisare che
quella che sta per scoppiare non è una guerra contro
l'Islam, né contro il mondo arabo né contro il popolo
afgano. "I nostri nemici sono i terroristi e i
regimi che li nascondono e li appoggiano. L'America è
decisa ad opporsi agli stati che aiutano il terrorismo;
ma è del pari decisa a rispettare e ad aiutare uomini e
donne che quei regimi opprimono".
Per dimostrarlo, l'inquilino della Casa bianca ha fatto
cenno al piano di aiuti umanitari per l'Afghanistan. Sono
stati appena stanziati 320 milioni di dollari (circa 650
miliardi di lire) in derrate alimentari e medicinali che
presto saranno portati alla popolazione afgana per
sostenerla in vista di un duro inverno. "Nel lungo
termine - ha detto Bush - chiedo al Congresso di mettere
fondi a disposizione perché un giorno gli Usa possano
contribuire, insieme ad altri amici dell'Afghanistan,
alla ricostruzione e allo sviluppo di quel Paese".
E gli stessi concetti ha espresso il premier inglese Tony
Blair rientrato da Nuova Delhi. "Ogni cosa è a suo
posto: il momento preciso per il lancio di un'azione è
una cosa che dovrà essere discussa con i nostri più
stretti alleati".
Ordinata la scarcerazione
della giornalista britannica
Ma la partita si gioca sugli otto volontari occidentali
I
Taliban: "Ostaggi liberi
se cessano le minacce Usa"
Kabul: sì agli
aiuti alimentari, ma solo via terra
KABUL - L'ultimo azzardo diplomatico dei
Taliban, che è anche l'estremo tentativo di evitare
l'attacco americano, è cominciato con le prime luci
dell'alba. Il leader degli "studenti di
teologia" al potere a Kabul ha messo sul piatto la
scarcerazione di Yvonne Ridley, la giornalista britannica
arrestata in Afghanistan e accusata di spionaggio:
"Sarà liberata oggi o domani", ha dichiarato
il mullah Mohammad Omar all'agenzia Afghan Islamic Press
per bocca del suo ambasciatore in Pakistan Abdul salam
Zaeef. Poi ha mandato il suo ministro degli Esteri Wakil
Ahmed Mutawakel davanti ai microfoni della Cnn per
annunciare che anche per gli altri otto progionieri (i
volontari dell'associazione Shelter Now International che
devono rispondere del gravissiomo reato di proselitismo
cristiano) si potrebbe presto aprire uno spiraglio.
Ma le condizioni di Kabul - e l'azzardo è tutto qui -
sono pesanti: gli Stati Uniti devono "porre fine
alla loro propaganda di massa su un'azione
militare". Ostaggi in cambio del non attacco, è la
proposta dei Taliban. Affidata anche ad un comunicato
diffuso sempre dalla Aip: "Se gli Stati Uniti
mitigheranno le sofferenze della gente comune in
Afghanistan e abbandoneranno le loro feroci minacce,
allora il governo afgano prenderà anch'esso
provvedimenti per il rilascio degli otto stranieri
detenuti". Un'offerta che difficilmente potrà
fermare la macchina militare messa in moto da George W.
Bush. E che aspetta solo un cenno del presidente
americano per scatenarsi contro il regime che protegge
Osama Bin Laden.
Ma oltre all'attacco, i Taliban temono ora l'aggravarsi
della tragedia umanitaria dei profughi e soprattutto
della popolazione stremata dalla fame. Hanno paura di
dare il via libera al piano americano di paracadutare gli
aiuti dagli aerei. Ma sanno che il rischio di una
sollevazione popolare, potrebbe essere facilitato dal
loro rifiuto di derrate alimentari. E allora hanno deciso
di accettare i rifornimenti, ma solo via terra. Le strade
sono aperte, hanno fatto sapere. E i convogli non saranno
bloccati. Ma niente deve arrivare dall'alto.
"Non c'è dubbio che il vero obiettivo di questa
propaganda - si legge in una nota del ministero degli
Esteri di Kabul - è placare la rabbia del popolo afgano
contro gli Stati Uniti. Con queste strategia vogliono
dire che non hanno alcuna ostilità verso gli afgani. In
effetti l'odio degli americani è diretto verso tutti i
musulmani, compresi gli afgani".
Gli Usa mostrano i documenti
che inchiodano il miliardario
Presto saranno forniti anche al pachistano Musharraf
La
Nato: "Contro Bin Laden
prove chiare e schiaccianti"
Robertson:
"Ora si può applicare l'articolo 5 del
trattato"
BRUXELLES - Bin Laden è responsabile degli
attentati terroristici alla Torri gemelle e al Pentagono.
È questo il responso dei documenti mostrati stamattina
dagli Stati Uniti alla Nato. Le famose prove della
colpevolezza del miliardario saudita sono state fornite
stamattina a Bruxelles ai vertici dell'Alleanza
atlantica. Una comunicazione che è destinata ad avere
conseguenze immediate sull'esito della crisi
internazionale aperta degli attacchi dell'11 settembre:
salta infatti automaticamente la sospensiva sull'articolo
5 del trattato della Nato.
"Sulla base delle informazioni ricevute dagli
americani è stato determinato che l'attacco contro gli
Stati Uniti è di origine esterna e ricade quindi nelle
azioni coperte dall'articolo 5 del trattato, secondo il
quale esso sarà considerato come un attacco contro tutti
gli alleati", ha spiegato in una conferenza stampa
il segretario generale della Nato George Robertson. Gli
elementi di accusa illustrati dal responsabile
dell'antiterrorismo Usa Francis Taylor hanno quindi
convinto il Consiglio della Nato.
"Prove chiare e schiaccianti", come sono state
definite dallo stesso Robertson. "L'informazione
presentata punta in modo definitivo su un ruolo di Al
Qaida negli attentati dell'11 settembre. Sappiamo che gli
individui che hanno compiuto questi attacchi erano parte
della rete terroristica mondiale di Al Qaida, guidata da
Bin Laden e dai suoi principali luogotenenti e protetta
dai Taliban".
L'agenda dei diplomatici americani - che hanno iniziato
stamattina a mostrare al mondo le prove su Bin Laden -
era stata rivelata in anteprima dalla Cnn. Nel giro di 48
le prove saranno a disposizione anche di un secondo
anello di alleati, cioè il Giappone, la Corea del Sud e
Singapore. Poi sarà la volta dei paesi arabi. Sempre
secondo la Cnn il dipartimento di Stato tiene in
particolare considerazione il Pakistan. "Si tratta
di un caso speciale", avrebbe spiegato una fonte. La
trasmissione della documentazione non dovrebbe avvenire
attraverso i canali diplomatici, ma in un incontro
"faccia a faccia" tra il presidente di
Islamabad Pervez Musharraf e l'ambasciatore americano in
Pakistan Wendy Chamberlin.
In cosa consistano le prove, in concreto, è ancora
rigorosamente top secret. Un alto funzionario del
dipartimento di Stato, citato dall'agenzia Reuters, ha
parlato comunque di "una considerevole quantità di
informazioni". Materiali che portano dritto ad al
Qaeda e al suo leader Bin Laden. E che avrebbero indotto
lo stesso Powell a dirsi "totalmente convinto"
sulla colpevolezza del miliardario saudita.
Lo dicono alcuni giornali
inglesi
che citano fonti interne e americane
"Ormai
l'attacco Usa
è solo questione di ore"
Ma per il
ministro della Giustizia statunitense
ci sono forti timori di una rappresaglia di Bin Laden
LONDRA - L'attacco annunciato potrebbe arrivare
nel giro di un paio di giorni. Tra stanotte e domani, al
massimo. E' la stampa britannica a lanciare l'allarme.
Cita fonti britanniche e degli Stati Uniti e spiega che
il raid avrebbe già l'approvazione del presidente George
W. Bush e della Gran Bretagna. L'operazione, scrive il
quotidiano "The Guardian", comincerà con
attacchi aerei e missilistici per distruggere i venti
aerei delle forze talibane, far saltare le batterie
missilistiche antiaeree e distruggere i carri armati e
gli armamenti dei Taliban.
Ventottomila soldati Usa sono pronti: oltre 300 aerei da
guerra e una quarantina di navi sono schierate per
migliaia di chilometri lungo un teatro militare che ha al
suo centro l'Iraq e l'Afghanistan. Si indebolisce anche
la via diplomatica: oggi il presidente pakistano Parvez
Musharraf, ha dichiarato che si sta affievolendo la
speranza che i Taliban consegnino Osama Bin Laben, come
hanno chiesto gli Stati Uniti. Romano Prodi, presidente
della Commissione europea, mantiene il più stretto
riserbo. "Nessuno sa se l'attacco sia imminente,
aspettiamo", ha risposto ai giornalisti durante una
visita al Sardegna Expo, di Bologna, questo pomeriggio.
Certo l'immane macchina da guerra messa in piedi negli
ultimi giorni consente al presidente Bush di premere il
bottone in qualsiasi momento. Ma rimangono almeno due
problemi. Il primo è il più temibile: il timore di una
eventuale reazione del principe saudita, tanto che a
Washington l'intelligence americana ha allertato la Casa
Bianca. E ha lanciato un messaggio chiarissimo: se
partirà la rappresaglia, Osama ha già pronta una
risposta letale. "Osama ci sta pensando da
anni", hanno indicato al "Los Angeles
Times" fonti dell'intelligence Usa, secondo cui
l'emiro "si aspetta che l'America reagisca, e ha
già pronte le prossime due o tre mosse". La
minaccia di nuovi attentati - più probabile nel caso di
una rappresaglia militare - è stata confermata dallo
stesso ministro della Giustizia statunitense, John
Ashcroft. "Non siamo riusciti a escludere" la
possibilità di nuovi dirottamenti suicidi, ha detto il
ministro alla "Cbs", aggiungendo che la
"chiara e presente" minaccia dei terroristi
"rischia un'escalation" in caso di reazione da
parte delle forze Usa.
L'altro problema è quello degli obiettivi da colpire. I
primi piani militari degli Stati Uniti prevedevano una
vasta campagna di bombardamenti in Afghanistan, ma oggi i
generali vedono pochi bersagli concreti. I campi dei
terroristi sono, almeno in apparenza, evacuati. Obiettivo
dei raid aerei potrebbero essere, secondo fonti militari,
i camionicini armati di mitragliatrici e lanciamissili
che gli strateghi Usa hanno ribattezzato la
"cavalleria" dei Taliban. "Ma dare a loro
la caccia è come dare la caccia al Pony Express'",
ha indicato una fonte del Pentagono al settimanale
"Newsweek", domani in edicola. Ma George W.
Bush starebbe considerando il bombardamento dei magazzini
di oppio in Afghanistan.
L'ultimo problema è da dove far partire gli aerei. Sono
ancora in corso i contatti con i paesi vicini
all'Afganistan per ottenere l'accesso alle basi e i
diritti di sorvolo per un raid in Afghanistan. Ma oggi
l'Arabia Saudita ha negato a Washington il permesso di
usare il suo territorio per attacchi contro altri arabi e
musulmani.
(30 settembre
2001)
Accettate le otto richieste
di Bush ai membri dell'Alleanza
Robertson: gli americani hanno sul tappeto molte opzioni
La
Nato dice sì agli Usa
L'Italia non invierà truppe
Martino:
"Per il nostro paese impegno militarmente
limitato"
Ruggiero: sulla partecipazione ci sarà un voto
parlamentare
BRUXELLES - La Nato dice sì alle richieste
americane. I paesi dell'Alleanza atlantica affiancheranno
a pieno titolo gli Usa nella campagna militare contro i
terroristi islamici responsabili degli attentati alle
Torri gemelle e al Pentagono: forniranno basi, navi,
spazio aereo, supporto logistico e di intelligence.
Aiuteranno gli Stati Uniti, che però saranno i primi
protagonisti dell'offensiva militare. La risposta agli
impegni chiesti da George Bush è stata immediata: e dopo
un solo giorno l'organizzazione ha deciso di sciogliere
ogni riserva.
Anche l'Italia si metterà a disposizione degli alleati.
La sua partecipazione sarà soprattutto in termini di
intelligence e di logistica: aeroporti e basi navali
saranno utilizzati dalle forze armate americane, che
sfrutteranno la posizione geografica della Penisola. Gli
italiani potranno rinforzare l'equipaggio di qualche
aereo, forse invieranno una nave. Le truppe, invece,
resteranno a casa: le misure chieste sono
"militarmente limitate", come ha spiegato il
ministro della Difesa Antonio Martino: "Le definirei
- ha aggiunto - di basso profilo, anche se di grande
rilevanza politica e modificabili nel tempo".
Sulle modalità dell'intervento italiano saranno comunque
informate le Camere. Lo ha garantito il ministro degli
Esteri Renato Ruggiero. Che ha spiegato: "Anche se
costituzionalmente non obbligatorio, perché ci sono
degli automatismi previsti dall'articolo 5 del trattato,
riteniamo altamente opportuno, desiderabile, coinvolgere
il Parlamento con un voto su una risoluzione. Quello che
noi auspichiamo - ha aggiunto - è un generale sostegno
politico bipartizan".
L'Italia aderirà quindi disciplinatamente al fronte
della Nato. Che a sua volta ha accettato in pieno le otto
richieste statunitensi. L'Alleanza parteciperà al
conflitto nei modi più svariati: dal rafforzamento delle
attività di intelligence ai diritti di sorvolo per aerei
Usa o di altri paesi impegnati in operazioni
anti-terrorismo; dall'accesso a porti e aeroporti a
misure più strette di protezione per basi, impianti o
forze americane in paesi alleati; dalla disponibilità a
muovere unità della forza navale permanente della Nato
nel Mediterraneo all'utilizzo dei 17 aerei-radar Awacs di
stanza a Geilenkirchen (Germania); da interventi a favore
di paesi che subiscono minacce terroristiche, fino al
rimpiazzo (se necessario) di truppe o mezzi americani
attualmente impiegati in missioni dell'Alleanza (nei
Balcani, per esempio).
"La decisione di oggi - ha spiegato il segretario
generale dell'Alleanza George Robertson - rende operativo
l'articolo 5 del trattato Nato e dimostra la
determinazione e l'impegno degli alleati a sostenere gli
Usa. Queste misure aumentano il numero di opzioni
operative a disposizione degli Stati Uniti e le
probabilità di successo nella campagna contro il
terrorismo".
Quando scatterà l'attacco è però ancora impossibile da
prevedere. Oggi il primo ministro britannico Tony Blair
si è limitato a dire che "si sta avvicinando".
Più tardi però Martino si è mantenuto più vago:
"L'azione militare potrebbe essere imminente, ma
potrebbe anche non esserlo. Non lo sappiamo".
(4 ottobre
2001)
Medio Oriente serve una
forza di interposizione di pace"
Berlusconi:
"Attacco mirato
senza vittime fra i civili"
No-global nel
mirino: singolare coincidenza con gli attentati
E ancora: "La civiltà occidentale superiore alle
altre"
BERLINO - La risposta agli attacchi dei
terroristi è "un dovere, una necessità, un
diritto". Ma la reazione militare dovrà essere
"ponderata e chirurgicamente mirata", perché
"nessuno vuole vittime tra la popolazione
civile". Silvio Berlusconi veste i panni della
colomba. E da Berlino, dove ha incontrato il premier
russo Vladimir Putin e il cancelliere tedesco Gerhard
Schroeder, chiede agli Stati Uniti di organizzare
un'offensiva capace di colpire le cattedrali del terrore
senza coinvolgere gli innocenti. Poi ribadisce che
l'Italia è disposta a fare la sua parte: "Staremo
insieme agli Alleati, secondo quello che decideremo
insieme".
Per il presidente del Consiglio la chiave politica della
crisi internazionale è comunque il conflitto fra
israeliani e palestinesi. "In Medio Oriente c'è una
ferita aperta da sempre che va sanata", dice.
"Ma nessun accordo potrà tenere se non si
interviene economicamente per cambiare le condizioni del
popolo palestinese. Non si può pensare che lì ci sia
una condizione di permanente contrasto tra l'Islam e
l'Occidente, perché l'odio contro Israele conduce a
quello contro gli Usa, quello contro gli Usa all'odio
verso tutti i paesi occidentali". Quanto alle
soluzioni, il premier propone "l'interposizione di
una forza di pace tra i due contendenti"
La grande cautela di Berlusconi si esaurisce però sulla
prospettiva militare e politica. Sul fronte culturale,
invece, non c'è spazio per le mediazioni.
"L'Occidente deve avere la consapevolezza della
superiorità della sua civiltà", insiste il
premier. Una civiltà che ha garantito "benessere
largo" ai popoli e garantito "il rispetto dei
diritti umani, di quelli religiosi, che non c'è nei
paesi islamici, il rispetto dei diritti politici".
Un ragionamento che taglia il nodo con l'accetta. E
finisce per mettere sotto accusa anche la critica della
globalizzazione. Ed è proprio al popolo di Seattle che
Berlusconi riserva l'affondo finale, destinato a riaprire
le polemiche sul violenze del G8 di Genova: "C'è
una singolare coincidenza tra queste azioni ed il
movimento antiglobalizzazione come si è sviluppato da un
anno a questa parte, quello in cui si attribuiscono
all'occidente critiche per il suo modo di pensare e di
vivere e si cerca di colpevolizzarlo".
(26 settembre 2001)
In un bagaglio di Mohamed
Atta trovato un documento
con le indicazioni, pratiche e religiose, per i
terroristi
Un
manuale di istruzioni
per il commando delle Twin Towers
WASHINGTON - Sognavano il "paradiso
infinito", pregavano Allah dicendo "siamo di
Dio e a Dio torniamo" e nel frattempo guidavano gli
aerei con il loro carico umano verso le torri gemelle e
il Pentagono. Grazie a Bob Woodward, il giornalista del
Washington Post che fece scoppiare lo scandalo Watergate,
si conoscono i pensieri, le emozioni e le motivazioni che
hanno spinto all'azione i 19 "martiri di Allah"
che hanno fatto strage negli Stati Uniti.
Il famoso giornalista ha pubblicato il manuale dei
terroristi, trovato in una borsa che apparteneva a
Mohamed Atta, l'egiziano che appare come il leader del
commando che ha compiuto l'attacco all'America dell'11
settembre. Si tratta di quattro pagine scritte in arabo a
mano su fogli grandi, piene di riferimenti ai dettami
dell'Islam e al profeta, più un quinto foglio strappato
da un blocco per appunti con istruzioni intitolate
"Quando entri nell'aereo". Quello che non è
ancora chiaro è se sia stato proprio Atta a scrivere il
"manuale".
Agli uomini che stavano per uccidere oltre 6000 persone,
l'autore degli appunti affida parole di incitamento e
ordini operativi. "Tutti quanti odiano morire, tutti
hanno paura della morte - si legge nel manuale - ma solo
i credenti che conoscono la vita dopo la morte e la
ricompensa dopo la morte, saranno quelli che cercheranno
la morte".
Una sezione del manuale si intitola "L'ultima
notte" e offre vari consigli. "Ricordati che in
questa notte affronterai molte sfide. Ma devi
fronteggiarle e capirle al 100 per cento". Le
istruzioni per i terroristi sono di affrontare le ansie
con la preghiera. "Bisogna pregare, bisogna
digiunare. Bisogna invocare Dio per la sua guida, per il
suo aiuto. Continua a pregare durante tutta la notte.
Continua a recitare il Corano". La ricompensa,
avverte l'autore degli appunti, è vicina. "Purifica
il tuo cuore e ripuliscilo da tutti gli affanni terreni.
Il tempo del divertimento e dello spreco è finito. L'
ora del giudizio è arrivata. Dunque dobbiamo utilizzare
queste poche ore per chiedere perdono a Dio. Convinciti
che queste poche ore rimaste sono davvero poche. Dopo
comincerai a vivere la vita felice, il paradiso infinito.
Sii ottimista. Il profeta era sempre ottimista".
Ma al di là degli aspetti religiosi, il documento
contiene anche alcune indicazioni pratiche:
"Controlla tutte le tue cose: la tua borsa, vestiti,
coltelli, testamento, documenti di identità, passaporto,
tutte le tue carte. Sii certo di essere pulito, che i
tuoi indumenti siano puliti, incluse le scarpe. Accertati
della tua sicurezza prima di partire...Devi esser certo
che nessuno ti segua". Una volta raggiunto l'aereo
è di nuovo il momento di pregare. "O Dio, tu che
apri tutte le porte, ti prego di aprire le porte per me,
apri tutte le tue strade per me". E' l'ora
dell'addio e non ci devono essere esitazioni:
"Andrai in paradiso - scrive l'autore del manuale -
stai per entrare nella vita più felice, nella vita
eterna".
(28 settembre
2001)
Lo sceicco saudita in un
fax: "Pachistani ribellatevi"
I Taliban richiamano alle armi altri 300mila uomini
Bin
Laden, l'ultima minaccia
"Jihad contro i crociati Usa"
Il mullah Omar:
gli americani lascino il Golfo Persico
A Kandahar occupato l'ufficio delle Nazioni Unite
KABUL - George W. Bush è il più grande
crociato della storia. E contro di lui il mondo islamico
scatenerà la guerra santa. Il messaggio porta la firma
di Osama Bin Laden, ed è stato letto nel pomeriggio
dalla tv satellitare del Qatar al-Jazeera, a cui è
arrivato via fax. Una dichiarazione che alza ancora il
livello della crisi internazionale che si è aperta con
gli attentati terroristici di New York e Washington. E
che avvicina ulteriormente il momento della resa dei
conti.
"La nuova campagna crociata giudaica è condotta dal
grandissimo crociato Bush sotto la bandiera della
Croce", recita il documento di Bin Laden, che si
rivolge direttamente al popolo pachistano. "Vi
assicuro, cari fratelli, che ci siamo incamminati sulla
strada della jihad per il bene di Dio". Nel fax, lo
sceicco saudita considerato responsabile degli attentati
alle Torri gemelle e al Pentagono, invita alla ribellione
contro il governo di Islamabad: "Noi incitiamo i
fratelli musulmani del Pakistan a impedire con tutte le
loro forze che i crociati americani invadano il Pakistan
e l'Afghanistan".
E proprio a Kabul, i venti di guerra si fanno sempre più
violenti. I Taliban oggi hanno occupato l'ufficio delle
Nazioni Unite a Kandahar, la città sacra controllata dal
regime. E chiamato alle armi centinaia di migliaia di
soldati, pronti ad essere utilizzati per fronteggiare
l'ormai imminente offensiva americana. "Nella
situazione attuale, il ministero della Difesa ha deciso
di mobilitare 300.000 uomini supplementari con esperienza
di guerra santa", ha scritto oggi il mullah
Obdaidullah, responsabile della Difesa in un comunicato.
I Taliban stanno quindi cercando di alzare il tono dello
scontro. Il leader degli "studenti di
teologia", il mullah Omar, ha infatti chiesto agli
Stati Uniti di ritirarsi dal Golfo Persico e cessare i
loro comportamenti anti-palestinesi. Poi ha messo in
guardia gli americani: la morte di Bil Laden non
risolverà la crisi.
(24 settembre 2001)
Il presidente Usa ha
annunciato oggi il provvedimento
Bloccati, per ora, i conti di 27 tra società e persone
Congelati
i beni dei terroristi
Bush: "Li ridurremo alla fame"
"Le banche
estere che non collaboreranno saranno punite:
chi finanzia i terroristi non farà affari con gli
Usa"
WASHINGTON - Prima della guerra dei
caccia-bombardieri, è arrivata la battaglia del denaro:
"Ridurremo alla fame le casse dei terroristi - ha
detto il presidente Bush alla nazione - c'è un ordine
esecutivo del dipartimento del Tesoro che dispone il
congelamento di tutti i beni e i depositi bancari di
sospetti terroristi". Per ora sono state
identificate 27 tra persone, gruppi e società i cui beni
sono stati congelati: nell'elenco figurano anche tre
organizzazioni non governative.
Bush ha dato l'annuncio parlando nel giardino delle rose
della Casa Bianca. Accanto a lui, il segretario di Stato
Colin Powell e il segretario al Tesoro Paul O'Neill.
"Il primo obiettivo - ha spiegato - è di lasciare a
secco di finanziamenti i terroristi e indurli a battersi
l'uno contro l'altro. Vogliamo stanarli dai loro
nascondigli e portarli di fronte alla giustizia".
Duro l'avvertimento alle banche estere che non saranno
allineate: "Quelli che non collaboreranno saranno
puniti - ha intimato George W. Bush - le loro attività
negli Usa potrebbero essere immediatamente confiscate
perché chi fa affari coi terroristi e chi li finanzia,
non farà affari con gli Stati Uniti".
Il presidente americano ha poi voluto nuovamente
rassicurare gli americani sul futuro dell'economia, ha
detto che l'impatto degli attentati riguarderà solo il
breve termine e non il lungo periodo perché i
fondamentali sono saldi. "L'economia statunitense
supererà la crisi e ne uscirà con forza, ma la gente è
ferita, ha aggiunto il presidente, ci sono stati troppi
licenziamenti".
(24 settembre 2001)
Wall Street non apre. In
Europa crollano tutti gli indici
Gli operatori chiedono la sospensione delle
contrattazioni
Panico
sui mercati
In rialzo petrolio e oro
Le borse del
Vecchio Continente chiudono con una perdita
di 810 mila miliardi. Piazza Affari brucia 93 mila
miliardi
ROMA - La Borsa di Wall Street, che si trova a
due passi dalle Torri gemelle, non ha aperto. Rimarrà
chiusa fino a lunedì. E gli indici di tutti i mercati
azionari, che oggi avevano inaugurato la giornata con il
segno più, lasciandosi alle spalle le perdite dei giorni
scorsi, scendono in picchiata. Le borse europee alla
chiusura hanno perso 810 mila milardi, 97 ne ha
"bruciati" la sola Piazza Affari. I mercati
hanno reagito malissimo alla sfilza di attentati che
dalle prime ore del pomeriggio in Italia (mattina a New
York), hanno sconvolto il paese. Solo il petrolio schizza
in alto, a 31 dollari al barile (ieri era a 24). E si
infiamma l'oro, che balza ai massimi da maggio. Il
metallo giallo - tipico bene rifugio in momenti
drammatici come questi - viene scambiato a 285,15
dollari, in rialzo del 4,93%.
Le piazze europee sono andate a picco in poche ore: i
risparmiatori, ma anche i fondi e gli investitori
istituzionali, hanno scelto di vendere. Ma il disastro
finanziario sarebbe potuto essere molto peggiore se le
borse americane non avessero deciso di non aprire oggi.
A Piazza Affari è stato un vero e proprio "panic
selling", è stato venduto il vendibile: in meno di
tre ore sono andati in fumo 97 mila miliardi. Il Mibtel
chiude a meno 7,4 per cento dopo una raffica di
sospensioni al ribasso. E la seduta odierna del mercato
after hours è stata annullata dalla Borsa s.p.a. Il
Numtel, l'indice del Nuovo mercato lascia sul terreno
l'8,98 per cento. Appena dieci minuti prima della
chiusura, risultavano sospesi sul mercato principale di
Piazza Affari 61 titoli.
A Londra la borsa, dopo aver evacuato gli uffici ha
chiuso a meno 5,4 per cento. Parigi cede il 7,39,
Francoforte, che ha sospeso le contrattazioni sui titoli
Usa, chiude a meno 10 per cento, la più grossa perdita
dal 1989. Zurigo lascia sul terreno oltre il 7 per cento,
come Stoccolma. Madrid chiude a meno 4,532 e Amsterdam a
meno 6,95. Crollano anche le Borse brasiliana e
messicana.
I mercati mondiali sono stati in stretto collegamento tra
loro. La società che gestisce la Borsa italiana comunica
che Piazza Affari "è in contatto con le altre Borse
internazionali: eventuali decisioni verranno prese in
accordo con gli altri mercati".
Gli operatori nel pomeriggio avevano chiesto la
sospensione delle contrattazioni. I centralini delle Sim
di Piazza Affari erano intasati e l'ordine che arrivava
era solamente uno: "vendere". "Abbiamo
venduto tutto quello che si poteva vendere - dice Gaetano
Marino di Reali&Associati - e domani sarà
peggio". "Drammatico, allucinante - il commento
del gestore azionario di Banca Profilo, Luca Ratti -
sarebbe stato più dignitoso chiudere il mercato.
"La situazione incontrollabile e non si sa quello
che accadrà domani", aggiunge Marco Opipari, di
Metzler Capital Markets Italia.
Domani i listini europei apriranno regolarmente. A darne
notizia è stato il London Stock Exchange. Subito dopo
anche la borsa di Milano ha confermato la regolare
attività delle contrattazioni domani.
(11 settembre 2001)
Lunedì Wall Street
riaprirà i battenti
NEW YORK - Finirà lunedì la più lunga
chiusura di Wall Street in oltre 80 anni di attività. Il
presidente del New York Stock Exchange, Richard Grasso,
ha annunciato infatti che lunedì prossimo la Borsa di
New York tornerà ad operare regolarmente dalle 9,30 ora
locale, le 15,30 in Italia.
Investitori e risparmiatori guardano con apprensione
alla riapertura della più grande borsa del mondo chiusa
per tre giorni, l'intervallo di tempo più lungo dopo la
prima Guerra mondiale. "New York è la capitale
finanziaria del mondo, lo è stata e lo sarà", ha
assicurato Grasso in un impeto di orgoglio.
E così, sabato, ci saranno i test che riguarderanno in
particolare quelli delle telecomunicazioni che dipendono
in gran parte da Vericzon Communication che ha i sistemi
ancora fuori uso, per non parlare degli addetti ai lavori
che mancano all'appello o che non saranno in grado di
tornare in servizio così presto. Ma dalla Morgan
Stanley, la più grande banca d'affari del mondo che nel
crollo delle Twin Towers ha perso circa 3 mila 500
manager, dicono: "Siamo in grado di lavorare per i
nostri clienti come abbiamo fatto ogni giorno".
(13 settembre
2001)
Il sospettato numero uno per
gli attacchi a Washington e New York
dispone di un patrimonio valutato 600 miliardi
Osama
Bin Laden
il terrorista miliardario
A poche ore dagli attentati di New York e Washington,
il governo dei talebani in Afghanistan indice una
conferenza stampa. Obiettivo: negare che dietro tanta
ferocia si celi la mente di Osama Bin Laden. Ma non basta
a convincere l'America che il suo nemico pubblico numero
uno non c'entri in qualche modo col disastro. Torna
quindi alla ribalta lo sceicco arabo che ha scelto di
usare il suo imponente patrimonio per combattere il
"Grande Satana" statunitense. Ma chi è,
dunque, Osama Bin Laden?
Le informazioni sul suo conto sono scarse e frammentarie.
E' nato nel 1957, figlio di uno sceicco saudita
multimiliardario. Secondo alcuni avrebbe sei fratelli
maggiori, altri invece parlano di lui come del 17mo di
ben 54 figli. Rimasto orfano all'età di 13 anni, a 17
sposa una cugina siriana, che lo rende a sua volta padre
ripetutamente.
Osama Bin Laden si avvicina alla causa dei talebani nel
1979. Un viaggio in Pakistan è l'occasione per
incontrare esuli e leader dell'opposizione afghana. Per
Laden è quasi una folgorazione. Raccoglie il suo
patrimonio, valutato in 600 miliardi, e lo impiega a
favore della resistenza contro l'invasore sovietico. Oggi
sembrerà un paradosso, ma allora il ruolo di Bin Laden
viene visto quasi con simpatia dagli Usa, per i quali la
Guerra Fredda con l'Urss ha ancora la priorità su ogni
altro tema di politica internazionale.
Al termine di un conflitto che sfianca l' "orso
sovietico", i talebani si impadroniscono
dell'autorità in Afghanistan e il
"benefattore" saudita trova presso di loro un
rifugio e una copertura perfetta per i suoi disegni. Gli
obiettivi dello sceicco sono destinati ad ampliarsi
drammaticamente.
Bin Laden diventa infatti il più attendibile,
organizzato ispiratore del terrorismo internazionale di
matrice islamica. Allestisce in Afghanistan campi di
addestramento in cui accoglie volontari per la
"guerra santa" contro gli Usa provenienti da
tutto il mondo. Non esita a investire il suo denaro nella
ricerca di canali che gli permettano di mettere le mani
sulle armi nucleari. Ma la sua strategia-principe è
quella del terrorismo.
Nel 1993 un'auto bomba esplode nel parcheggio sotterraneo
di una delle due Torri Gemelle. I morti sono sei,
trecento i feriti. Viene identificato e catturato l'uomo
che ha introdotto il veicolo all'interno del World Trade
Center. E' uno dei "fedeli" di Bin Laden.
Lo sceicco si guadagna così il titolo di pericolo
pubblico numero uno della più grande potenza mondiale,
ma la cosa non sembra preoccuparlo più di tanto. Diventa
quasi un'abitudine quella di convocare conferenze stampa
a uso e consumo dei giornalisti occidentali, i quali
diventano loro malgrado i portavoce dei suoi proclami.
Proclami di morte.
Quello con l'America è per lui un conto aperto. Nel 1998
viene riconosciuto come mandante degli attentati
dinamitardi contro le ambasciate americane a
Nairobi(Kenia) e Dar Es Salaam (Tanzania), che costano la
vita a più di 200 persone. E mentre alcuni dei suoi
seguaci vengono condannati all'ergastolo, sulla sua testa
gli Usa pongono una taglia di 5 milioni di dollari. A Bin
Laden viene attribuita anche la responsabilità
dell'attacco suicida contro il cacciatorpediniere
americano Cole, colpito nel porto yemenita di Aden
nell'ottobre scorso. Sono 17 i soldati americani che
trovano la morte nell'occasione.
Dopo gli assalti alle ambasciate in Kenya e in Tanzania,
gli Stati Uniti tentano di imbastire una reazione
adeguata. L'intelligence crede di aver individuato il
nascondiglio del "ricercato", sul quale vengono
indirizzati missili Cruise. Ma Bin Laden ha già lasciato
il suo quartier generale e riesce a evitare la
rappresaglia.
L'attacco subìto consiglia allo sceicco una maggiore
prudenza. Abolite le conferenze stampa, sono sempre più
rare le immagini che lo ritraggono. Un video relativo al
matrimonio del figlio è uscito dall'Afghanistan alla
fine dello scorso anno, mentre di recente lo si è visto
in un filmato in cui addestra le sue reclute, che però
potrebbe essere vecchio materiale riciclato.
E' lui il sospettato principale per l'apocalisse che ha
colpito New York e Washington. Solo i suoi adepti
disporrebbero dei mezzi finaziari e del know-how che
avrebbe permesso il dirottamento di quattro aerei di
linea da trasformare in altrettante bombe dirette al
cuore politico, finanziario, militare e sociale
dell'America.
(11 settembre
2001)
Il cardiochirurgo, che aveva 78
anni, si è spento
a Cipro dove era in vacanza. Quasi certamente un infarto
E' morto Barnard
pioniere
dei trapianti di cuore
NICOSIA (CIPRO) - Stroncato da un attacco di
cuore se n'è andato Christian Barnard, il chirurgo
sudafricano pioniere dei trapianti cardiaci. L'uomo che
nel 1967 entrò nella storia per aver eseguito il primo
trapianto di cuore, è morto oggi a Cipro dove si trovava
in vacanza. Aveva 78 anni. Quasi sicuramente è stato un
infarto la causa del decesso.
Barnard è morto in un albergo della località di Paphos.
Il noto cardiochirurgo, che era arrivato tre giorni fa
sull'isola, si è sentito male nella tarda mattinata
mentre stava leggendo un libro seduto sui bordi della
piscina dell'albergo Coral Bay Paphos, sulla costa
sud-occidentale dell'isola. Barnard si è accasciato e
poi ha perso conoscenza. Subito trasportato nella sua
stanza, un medico cipriota, anch'egli ospite
dell'albergo, ha tentato di rianimarlo praticandogli la
respirazione bocca a bocca e il massaggio cardiaco, ma
senza successo. Il cardiochirurgo sudafricano è stato
quindi trasferito d'urgenza a bordo di un'ambulanza al
General Hospital dove è arrivato alle 13,15 ora locale.
Ma i medici hanno potuto soltanto constatare l'avvenuto
decesso. E' stato il ministro della Sanità cipriota,
Frixos Savvides, a dare l'annuncio.
Christian Barnard entrò nella storia in una mattina di
dicembre del 1967, quando al "Groote Schuur"
Hospital di Città del Capo, in Sud Africa, sostituì il
cuore di un uomo (affetto da una grave forma di
cardiomiopatia), con quello di una giovane deceduta a
causa di un incidente stradale. Una ventiquattrenne il
cui cuore batteva ancora ed era pronto per il trapianto.
Il giovane cardiochirurgo non informò, se non a cosa
avvenuta, la direzione dell'ospedale e nemmeno i mass
media, perché non considerava il trapianto un evento
eccezionale e nemmeno una "scoperta"
scientifica, ma semplicemente l'introduzione di una nuova
tecnica chirurgica per trattare l'insufficienza cardiaca.
In poche ore, le condizioni cardiache e generali del
paziente migliorarono, tanto da convincere il giovane
caridochirurgo che il trapianto sarebbe servito a
migliorare la qualità della vita delle persone affette
da gravi cardiopatie. Ma il paziente morì dopo 18 giorni
dall'intervento per una polmonite.
Un decesso che non fermò l'attività di Barnard.
"Continuai a fare trapianti perché ero e sono
convinto - ha dichiarato in un suo recente intervento -
che l'obiettivo della medicina non è prolungare la vita,
ma migliorare la qualità della stessa".
L'intervento gli cambiò la vita: da sconosciuto
cardiochirurgo divenne una celebrità mondiale. Barnard
aveva studiato medicina all'Università di Città del
Capo e all'università del Minnesota, negli Usa. Afflitto
da artrite, nel 1983 fu costretto a abbandonare il
bisturi. Da allora aveva viaggiato molto, tenendo
conferenze, e dividendo il suo tempo fra la sua fattoria,
nella provincia del Capo, e l'Europa.
(2 settembre 2001)
I
fassiniani: "Abbiamo già vinto", ma Berlinguer
contesta le cifre: "E'presto per fare le
congratulazioni"
Congresso
Ds
E' guerra di numeri
ROMA - Congresso diesse, guerra di nervi e di
cifre. Esce allo scoperto la reazione dei berlingueriani
ai quali le punzecchiature dei fassiniani, che danno già
per scontata la vittoria del loro candidato, non sono
piaciute. "E' presto per fare le
congratulazioni" dice Giovanni Berlinguer. Ma,
proprio oggi, è lo stesso Fassino a rincarare la dose:
"I dati dicono che c'è un consenso ampio sulla
nostra mozione. Il 65% contro il 32% della mozione
Berlinguer ed il 2% di quella Morando. Sono soddisfatto
del risultato, anche se non lo interpreto come
definitivo".
Parole più caute ma non meno chiare di quelle
pronunciate nei giorni scorsi dal "fasiniano"
Luciano Violante. Numeri che i "berligueriani",
contestano. "Fino ad oggi - ragionano i sostenitori
della mozione "Ritornare a vincere" - il
consenso ricevuto nei congressi di sezione è di oltre il
35%". Per questo le parole di Violante e del
coordinatore della Mozione Fassino che di fatto
annunciavano la vittoria congressuale sono giudicate
"di cattivo gusto e soprattutto irrispettose di
quell'80% dei compagni e delle compagne che ancora devono
incontrarsi e decidere" dicono i berlingueriani.
"Dovremmo preoccuparci di più che nelle sezioni si
discuta, ci si confronti sui grandi temi, dalla guerra
alla finanziaria Berlusconi - continuano i sostenitori
della mozione che fa capo a Berlinguer - E' assolutamente
inopportuno fornire percentuali parziali e del tutto
casuali".
Poi i berlingueriani danno i dati. I loro dati, per
dimostrare il consenso che la mozione raccoglie. A Napoli
(sezione di Casoria, 69 Berlinguer 7 Fassino), a Roma
(sezione Garbatella, 121 Berlinguer, 87 Fassino), a
Genova (sez. Rivarolo, 117 Berlinguer, 39 Fassino) a
Milano (sez. Cologno Monzese, 33 Berlinguer, 10 Fassino),
nella stessa Torino (sez. Mirafiori Sud, 33 Berlinguer,
25 Fassino), a Bari (ad oggi è in vantaggio Berlinguer
con il 53% dei consensi). Ed ancora nelle realtà
industriali (sez. Fiat Pomigliano, 30 Berlinguer, 0
Fassino; Gramsci di Taranto, 59 Berlinguer, 20 Fassino;
sez. Breda di Pistoia, 28 Berlinguer, 9 Fassino) e nei
piccoli centri (Anagni con 103 voti per Berlinguer e 77
per Fassino).
Poi tocca all'ex ministro della cultura Giovanna
Melandri, schierata con Berlinguer, partire all'attacco:
"Mi sarei aspettata dalla mozione Fassino e da
Violante più rispetto per tutti gli iscritti ai
Ds". L'ultima critica alla mozione di Fassino arriva
da Cesare salvi, anche lui arroccato nel sostegno a
Berlinguer: "Sul lavoro la mozione Fassino ha
posizioni vicine a quelle di Maroni".
(16 ottobre 2001)
Il giovane
partecipò all'assalto della jeep dei carabinieri
in piazza Alimonda durante gli scontri in cui morì
Giuliani
G8,
arresti domiciliari
per Massimiliano Monai
GENOVA - Il gip ha disposto gli arresti
domiciliari per Massimiliano Monai, il barista che ha
confessato di aver partecipato in piazza Alimonda
all'assalto della camionetta dei carabinieri dalla quale
è partito il colpo di pistola che ha ucciso Carlo
Giuliani.
Dunque il giovane che nei momenti drammatici del
pomeriggio di venerdì 20 luglio utilizzò una trave per
sfondare i vetri del Defender dei carabinieri, azione che
gli è costata l'accusa di tentato omicidio, dovrà
restare nella sua casa genovese e potrà avere contatti
solo con i genitori ed il suo avvocato.
La misura, ritenuta eccessiva dal suo difensore, è stata
richiesta dal pubblico ministero Silvio Franz secondo il
quale il giovane potrebbe inquinare le prove, ovvero
rendere più difficile l'individuazione degli altri
assalitori della jeep dell'Arma e anche commettere
nuovamente il reato per il quale è indagato.
"Presenterò subito istanza di riesame al Tribunale
della libertà di Genova - annuncia il difensore
Gianfranco Pagano - ritengo eccessiva la misura degli
arresti domiciliari, visto che Monai si è costituito e
ha fatto appello agli altri giovani presenti in piazza
Alimonda perchè si presentino agli inquirenti. Per il
mio assistito ritengo sufficiente l'obbligo di
firma".
(3 settembre
2001)
Non si
fermano le violenze contro l'istituto di Belfast
da tre giorni assediato dai teppisti protestanti
Bomba
contro la scuola cattolica
feriti due agenti di polizia
L'attentato
è stato rivendicato dai sedicenti
"Difensori della mano rossa"
BELFAST - Dai sassi alle bombe, il passo della
follia è davvero molto breve. E così stamattina nella
scuola cattolica di Ardoyne, a nord di Belfast, da tre
giorni presa d'assedio dai teppisti protestanti si è
sfiorata la tragedia. Un ordigno rudimentale è stato
lanciato contro le bambine che andavano a lezione. Questa
volta ci sono anche i feriti: due poliziotti che sono
stati investiti dall'esplosione, uno è stato gravemente
colpito alla gamba.
L'attentato è stato rivendicato dai sedicenti
"Difensori della Mano Rossa", denominazione
utilizzata come copertura da diversi gruppi paramilitari
protestanti: ad attribuirsi il lancio del rudimentale
ordigno, un tubo imbottito di esplosivo, è stata una
anonima voce maschile con una telefonata a una sala
stampa di Belfast.
I testimoni hanno parlato di un "oggetto
sibilante" che ha oltrepassato il cordone di
genitori che proteggevano l'ingresso delle bambine a
scuola. E di una forte esplosione subito dopo. Poi
l'ormai consueta sassaiola contro le forze di polizia e
la scolaresca. E i pianti e le grida di terrore di tutti
coloro che si trovavano intorno alla scuola.
L'episodio è arrivato dopo una nuova notte di violenze.
Bombe molotov erano state lanciate nei pressi
dell'istituto che sorge nel quartiere, e colpi d'arma da
fuoco erano stati sparati ieri sera nella zona, mentre
due auto bruciavano ad Ardoyne Road, la strada - ormai
ingombra di mattoni e pezzi di vetro - che da giorni è
pattugliata da polizia in tenuta antisommossa.
La polizia aveva ribadito che avrebbe mantenuto alta la
vigilanza ma aveva aggiunto di temere nuovi scontri tra
gruppi delle due comunità. "Faremo tutto ciò che
sarà necessario per proteggere i bambini e condurli sani
e salvi", aveva spiegato il capo della polizia, Sir
Ronnie Flanagan. Ma all'apertura dei cancelli la
situazione è precipitata ancora una volta.
Le violenze contro i bambini cattolici ("bastardi
feniani" e "rifiuti della terra" secondo i
protestanti) sono state stigmatizzate comunque anche da
molti dirigenti moderati. I feniani erano patrioti
irlandesi che lottarono per l'indipendenza dell'isola dal
giogo inglese nell'800.
(5 settembre
2001)
Carri armati
con la stella di David sono entrati
a Jenin. Distrutta la sede dell'Anp
Israele
attacca in Cisgiordania
Nove morti negli scontri
TEL AVIV - L'attacco è scattato nella notte.
Dopo due giorni di assedio i carri armati israeliani sono
entrati a Jenin, territororio autonomo palestinese che si
trova nel nord della Cisgiordania. Il primo bilancio
parla di nove palestinesi uccisi e della sede
del'autorità palestinese distrutta a cannonate.
Testimoni oculari hanno raccontato che i mezzi corazzati
israeliani sarebbero penetrati in città a luci spente da
diverse direzioni. Una mossa che gli israeliani motivano
con l'intento di impedire nuovi attentati suicidi da
parte degli integralisti, sei dei quali sarebbero partiti
dalla località cisgiordana negli oltre undici mesi da
quando è iniziata la rivolta nota come "Intifada di
al-Aqsa".
Dure le reazioni dei palestinesi. "Con la copertura
di quanto sta accadendo a New York - denuncia un
parlamentare dell'Anp, Jamal al-Shati, riferendosi agli
attacchi terroristici sferrati ieri negli Usa - Israele
attacca Jenin e compie i suoi brutali crimini a danno dei
palestinesi".
Oltre a Jenin, altri scontri a fuoco sono avvenuti nella
nottata anche nei vicini villaggi di Arrabe e di Tamun.
Al momento le truppe israeliane hanno lasciato la città
di Jenin ma restano appostate alla sua periferia.
(12 settembre 2001)
E' saltata
in aria una fabbrica petrolchimica: 658
feriti di cui molti gravi. Quindici-venti dispersi
Esplosione
a Tolosa
almeno 22 morti
Cittadini
colti dal panico, psicologi al lavoro
Il presidente Chirac: "Potrebbe trattarsi di un
attentato"
TOLOSA - Un'esplosione fortissima in uno
stabilimento petrolchimico che investe una fabbrica di
combustibile per missili in periferia. Poi altre, meno
forti, nel centro. Una grande nube tossica che avanza
dalla zona industriale verso le case. Almeno 22 i morti,
658 i feriti, di cui molti gravi. Quindici-venti persone
risultano disperse. Danni per miliardi. E' successo a
Tolosa, in Francia, questa mattina. Le cause sembrano
accidentali, ma non è esclusa nessuna ipotesi. Lo ha
detto il presidente francese Jacques Chirac che, dopo una
visita-lampo a Tolosa, è volato nel tardo pomeriggio a
Bruxelles per il vertice straordinario dell'Ue.
Per il presidente francese potrebbe essere un attentato
la causa del disastro. "Ma - ha detto Chirac - è
probabilmente troppo presto per affermarlo con totale
certezza". Anche durante il sopralluogo nella città
sconvolta dall'esplosione aveva sottolineato che solo
"l'inchiesta potrà spiegare le ragioni di questo
dramma".
Bloccata tutta la rete stradale, chiuso l'aeroporto,
chiuse le stazioni ferroviarie: enormi ingorghi di auto
hanno circondato la città del sud della Francia da
quando, presi dal panico che fosse in corso un attentato
terroristico contro la Francia, dopo quelli di dieci
giorni fa a New York e Washington, migliaia di abitanti
sono saliti in macchina con familiari e conoscenti e si
sono allontanati a tutta velocità. In centro, frantumi
di vetro per terra ovunque, fino a parecchi chilometri di
distanza dal luogo dell'esplosione che è stata
equivalente a una scossa di terremoto di magnitudo 3,4
gradi sulla scala Richter ed è stata avvertita anche dai
sismografi della Normandia, nel nord della Francia.
L'esplosione principale è avvenuta intorno alle 10,15. A
saltare in aria, probabilmente per cause accidentali, è
stata la fabbrica petrolchimica Azf. Poi, come in un
effetto domino, è toccato alla fabbrica di esplosivi
Snpe (Societé Nationale des Poudres et Explosifs),
situata a tre chilometri a sud del centro città. Vi si
fabbricano materiali come il combustibile per i razzi
Ariane. L'esplosione ha fatto crollare anche un grande
magazzino di ellettrodomestici. Altre deflagrazioni sono
state segnalate quasi contemporaneamente nel centro della
città e nessuno sa per ora spiegare se questa siano
collegate alla prima. L'ipotesi più accreditata è
quella di una serie di scoppi nella rete di distribuzione
del gas.
Ma quello che ha preoccupato molto la gente era la grande
nuvola di fumo fuoriuscita dalle macerie che si dirigeva
verso il quartiere Mirail, ma al momento il pericolo è
scongiurato. Il prefetto dell'Alta Garonna, Hubert
Fournier, ha detto che non c'è "nessuna traccia di
tossicità".
Panico generalizzato in città, la gente è scesa nelle
strade ed è scappata fuori dalle stazioni del metrò. I
feriti sono per lo più colpiti da schegge di vetro delle
finestre. Gli abitanti corrono nelle strade con il volto
coperto da maschere antigas distribuite dai soccorritori,
la metropolitana è stata chiusa e la gente è stata
invitata a restare in casa e a non andare in auto nel
centro della città.
"Sono caduti due aerei", "i terroristi, i
terroristi..." sono le urla che si sentivano questa
mattina. Il Prefetto ha lanciato un appello a tutti gli
psicologi della città affinché si ritrovino in Comune
per dar vita a un servizio di sostegno. Dalle
testimonianze a radio e tv di molte persone sconvolte
dall'esplosione, emerge la psicosi dell'attentato che si
è sviluppata immediatamente dopo lo scoppio. La visione
di Tolosa semidistrutta, palazzi crollati, polvere
ovunque, ha fatto il resto.
L'aeroporto di Tolosa-Blagnac è stato chiuso, tutti i
movimenti di aerei sono sospesi fino a nuovo ordine e gli
apparecchi che dovevano atterrare sono stati dirottati
sugli aeroporti più vicini.
Tolosa è la quarta città della Francia. La sua
popolazione, compresa la cintura, raggiunge i 600 mila
abitanti. Le linee telefoniche, sia quelle delle linee
fisse sia di quelle mobili, sono intasate ed è
difficilissimo telefonare in città.
(21 settembre 2001)
A Montecitorio
passano due "correzioni" dell'opposizione
E così il provvedimento deve tornare al Senato
Rogatorie, la
maggioranza
battuta da due emendamenti
ROMA - Il disegno di legge che rende più
complesso l'iter delle rogatorie internazionali da giorni
infiamma il dibattito politico interno, all'ombra delle
più ampie discussioni su un eventuale attacco americano:
la maggioranza difende la legge a spada tratta,
l'opposizione cerca in tutti i modi, compreso
l'ostruzionismo, di bloccarla. E oggi, a Montecitorio, il
centrodestra cade due volte, inciampando su un
emendamento presentato da Giuliano Pisapia, deputato
indipendente di Rifondazione comunista, e approvato con
scrutinio segreto dall'aula e un sub-emendamento
presentato dalle opposizioni. Conseguenza: Casa delle
libertà battuta, il provvedimento deve tornare all'altro
ramo del Parlamento.
Il voto segreto è stato possibile visto che, come ha
rilevato il capogruppo del Prc Franco Giordano, la
materia riguarda i diritti di libertà: e, dunque, i
promotori dell'emendamento hanno potuto chiedere, e
ottenere, che lo scrutinio non fosse palese. "Ed è
il segno - ha dichiarato Giordano - di un malessere che
esiste nel centrodestra, dove in molti si sono resi ben
conto che queste norme erano un favore per
qualcuno". Il riferimento è ovviamente, al premier
Silvio Berlusconi.
L'emendamento, approvato con 250 voti favorevoli e 228
contrari, stabilisce che "costituisce truffa in
materia fiscale la condotta di chi, con artifici o
raggiri, inducendo in errore l'autorità amministrativa,
procura a sè o ad altri un ingiusto profitto, con danno
all'ente pubblico defraudandolo di un tributo la cui
entità comporta un reato fiscale". Ora il
provvedimento torna al Senato; quanto alla Camera, dopo
la votazione il presidente, Pierferdinando Casini, ha
sospeso la seduta per mezz'ora.
Ovvio che a giochi fatti la discussione si concentri
adesso sul calcolo dei voti. Su chi, tra i parlamentari
della maggioranza, non abbia rispettato le consegne del
centrodestra. Se sui nomi dei "franchi
tiratori" impazza il pettegolezzo, il calcolo dei
voti rivela che dai banchi della Cdl sono stati 25 color
che ahnno disatteso le indicazioni. Complessivamente, i
votanti sono stati 465 mentre al momento del voto erano
presenti 240 deputati della maggioranza e 225
dell'opposizione. I sì sono stati 250 (25 in più dei
deputati di opposizione presenti), i no 215.
Dei 347 deputati di Fi, An, Ccd-Cdu e Lega non hanno
votato in 108: 44 in missione e 64 assenti. Di questi
108, a non partecipare oggi alle votazioni sono stati 46
deputati di Fi, 37 di An, 14 del Ccd-Cdu, 11 della Lega.
Quanto alle opposizioni, hanno votato fra Ulivo e Prc in
225: 122 Ds, 68 Margherita, 8 Prc, 8 Sdi, 7 Pdci, 6
Verdi, 4 iscritti al Misto dell'Ulivo, 2 delle Minoranze
Linguistiche.
Dopo una breve sospensione la sedute è ripresa e il
presidente della Camera Pier Ferdinando Casini ha
respinto le critiche di quanti hanno contestato la sua
decisione di votare a scrutinio segreto l'emendamento:
"Ho seguito il regolamento visto che l'emendamento
incideva sui diritti e le libertà personali".
Poi alle 22,40 un altro incidente per la maggioranza
battuta per 246 voti contro 242 su un sub-emendamento
dell'opposizione all'articolo 17.
(27 settembre 2001)
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