AGOSTO
2001
La Commissione,
composta da 36 parlamentari, comincerà
a lavorare lunedì e dovrà terminare il 20 settembre
Parlamento, via libera
all'indagine sul G8
Previsti
interrogatori per autorità statali,
locali e per appartenenti al Genoa Social Forum
ROMA - Partirà lunedì
l'indagine conoscitiva sulle violenze di Genova durante
il G8. Il via libera è stato dato all'unanimità nelle
commissioni Affari costituzionali della Camera e del
Senato. Domani mattina saranno designati i componenti
dell'organismo bicamerale che porterà avanti l'indagine.
I parlamentari che faranno parte della commissione
saranno 36 - 18 deputati e 18 senatori - scelti
all'interno delle commissione Affari costituzionali di
Montecitorio e del Senato e "rispettando - spiega il
diessino Soda - la composizione dei due organismi".
Sarà costituito anche un comitato ristretto, con il
compito di procedere alle audizioni. Il presidente della
commissione sarà scelto dai presidenti della Camera,
Pier Ferdinando Casini, e del Senato, Marcello Pera. Il
calendario della prossima settimana è già stato
fissato: verranno interrogati esponenti delle autorità
statali e locali (governo, regione Liguria, provincia e
comune di Genova) fino ad appartenenti al Genoa Social
Forum. La commissione dovrà presentare entro il 20
settembre il documento finale.
(1
agosto 2001)
Il ministro
dell'Interno destina ad altro incarico
La Barbera, Andreassi e il questore di Genova Colucci
G8, cadono le prime teste
rimossi tre superpoliziotti
Scajola:
"Ragioni di assoluta opportunità"
ROMA - Qualche testa doveva
cadere, lo si era capito negli ultimi giorni. E le teste
sono cadute in tarda serata, al termine di una giornata
convulsa. Sono teste eccellenti: quella del prefetto
Ansoino Andreassi, vice capo della polizia e delegato
alla supervisione della sicurezza del G8, quella del
prefetto Arnaldo a Barbera, capo dell'antiterrorismo
(Ucigos), e quella di Francesco Colucci, questore di
Genova.
Tutti e tre sono stati considerati in qualche modo
responsabili degli abusi delle forze dell'ordine che si
sono consumati a Genova nei giorni del G8. Tutti e tre
sono stati "destinati ad altri incarichi",
formula burocratica per dire che sono stati fatti fuori.
Diplomatica anche la motivazione, così illustrata dal
ministro dell'Interno Claudio Scajola: "Andreassi e
La Barbera, da bravi servitori dello Stato, hanno
condiviso la necessità che in questo momento gli alti
ruoli istituzionali che ricoprono dovessero essere in
questo momento lasciati per consentire alla magistratura
di svolgere al meglio il suo compito", ha detto.
Confermando che la decisione è stata presa per
"motivi di assoluta opportunità".
Nessun commento, intanto, dai diretti interessati.
"Non dico nulla", ha ribadito Colucci
continuando a trincerarsi dietro a un rigoroso riserbo.
Muti anche La Barbera e Andreassi. Sorpresa per il
braccio destro di De Gennaro, il cui nome, nei giorni
scorsi, sembrava essere scampato alla bufera.
Come annunciato, dunque, Scajola ha deciso di adottare la
linea dura: punire i vertici per le violenze degli
agenti, in modo da allontanare dal governo ogni sospetto
su una gestione dell'ordine pubblico che aveva scatenato
feroci polemiche. Lo ha fatto con cautela, anticipando i
suoi intenti al presidente della Repubblica Carlo Azeglio
Ciampi, dal quale sarà ricevuto domani.
La sua decisione potrebbe comunque avere conseguenze
serie, negli equilibri interni alla polizia. Andreassi e
La Barbera, soprattutto, sono considerati strettissimi
collaboratori del numero uno Gianni De Gennaro. Non è
escluso che anche la poltrona del capo della polizia
possa tremare.
(2
agosto 2001)
L'esplosione è
stata preceduta da una telefonata anonima
Lo scoppio a mezzanotte in un quartiere affollato di pub
Autobomba a Londra
sette feriti lievi
Usati
40 chili di esplosivo. Per Scotland Yard "poteva
essere una strage". Sospetti sugli oltranzisti
irlandesi
LONDRA - Almeno sette
feriti, negozi devastati, tanta paura: è il bilancio
dell'esplosione di un'autobomba che intorno alla
mezzanotte ha gettato nel panico un quartiere a ovest di
Londra. Secondo fonti mediche dell'ospedale del quartiere
di Ealing Brodway, dove è avvenuta l'esplosione, nessuno
dei feriti, tra cui una donna poliziotto, è in gravi
condizioni.
La vettura, una Saab a cinque porte di colore grigio,
imbottita di 40 chili di esplosivo, è saltata in aria a
qualche centinaio di metri dalla stazione ferroviaria e
della metropolitana di Ealing Broadway, alla periferia
occidentale della capitale britannica, teatro nel luglio
2000 di un primo attacco dinamitardo. Una zona piena di
pub, ristoranti, locali e negozi aperti fino a tardi: al
momento dell'esplosione era infatti affollatissima.
"Avrebbe potuto essere una strage", ha detto
Scotland Yard.
L'esplosione, avvenuta poco prima di mezzanotte ora
locale (l'1.00 in Italia) è stata udita nel raggio di un
chilometro ed ha mandato in frantumi molte finestre di
abitazioni e vetrine di negozi. Scotland Yard non
conferma, ma le modalità dell'atentato ricordano
precedenti azioni del sedicente Ira Autentico, gruppo di
oltranzisti fuoriusciti dall'Esercito Repubblicano
Irlandese perché ostili senza riserve al processo di
pace avviato in Ulster con l'accordo del Venerdì Santo
'98. Tra le tante azioni intraprese dalla formazione
ultra-estremistica la piu' sanguinosa è senz'altro
quella di tre anni fa a Omagh, la peggiore strage di
sempre in trent'anni di guerra civile nord-irlandese:
morirono 29 persone e trecento restarono ferite.
L'ordigno della notte scorsa era stato confezionato con
esplosivo prodotto in maniera artigianale, analogo a
quello impiegato il 4 marzo contro la sede della Bbc,
sempre nel settore ovest della capitale.
Una portavoce delle forze dell'ordine ha riferito che
poco prima dello scoppio aveva dato l'avvertimento una
telefonata anonima dai toni minatori, ma con
un'indicazione falsa per depistare la polizia. Nonostante
questo, sul posto si sono precipitati decine di agenti e
un massiccio contingente di vigili del fuoco. L'intera
area è stata chiusa al traffico e isolata con cordoni di
sicurezza, anche perché si temeva potesse esservi un
secondo ordigno innescato nascosto da qualche parte.
Tuttora la zona è isolata. I danni materiali sono
ingenti, e per la forza d'urto della deflagrazione si è
rotta una conduttura dell'acqua, che ha allagato la
strada principale del quartiere.
Dal Messico, ove si trova in visita, il premier
britannico Tony Blair ha liquidato "la violenza di
ogni genere" come "sbagliata, priva di senso e
inutile". A sua volta il pari grado della Repubblica
d'Irlanda, Bertie Ahern, ha "condannato senza
riserve" l'accaduto. "Atti del genere",
sottolinea in un comunicato ufficiale Ahern (che insieme
a Blair ha appena consegnato ai partiti aderenti al
processo di pace in Irlanda del Nord, di entrambi i
fronti contrapposti, un pacchetto di proposte per
rilanciare l'applicazione dell'accordo del Venerdì
Santo), "non scoraggeranno nessuno dei nostri due
governi nè le formazioni politiche favorevoli
all'accordo e neppure la stragrande magggioranza della
gente che su quest'isola ricerca la pace".
L'anno scorso il primo attentato a Ealing Broadway aveva
secondo gli inquirenti lo scopo di mandare all'aria uno
spettacolo allestito per celebrare il centesimo
compleanno della Regina Madre, in qualche modo presa a
simbolo delle istituzioni del Regno Unito; il rituale
sembra essere stato intenzionalmente rimesso in scena,
giacchè proprio domani la stessa Regina Madre di anni ne
compirà 101. Alan Fry, responsabile del dipartimento
anti-terrorismo di Scotland Yard, ha detto: "Siamo
stati estremamente fortunati perché la notte scorsa qua
non c'è stata una vera e propria strage, e nemmeno
persone ferite in modo critico". Stando a fonti
ospedaliere, davvero la deflagrazione miracolosamente ha
avuto effetti contenuti: la lesione più grave
riscontrata sulle persone ricoverate era una frattura
della clavicola, mentre per il resto nessuno versa in
codizioni gravi, e per lo più le ferite sono state
causate da schegge o detriti volanti.
(3
agosto 2001)
E' morto a 88 anni
il grande narratore di storie brasiliano
ha scritto "Donna Flor" e "Gabriella
garofano e cannella"
L'ultimo viaggio di Amado
il cantastorie di Bahia
Ha
scelto, ormai malato, di tornare nella sua città
Diceva: "Che ognuno si occupi del proprio
funerale"
Se ne è andato. Ha esitato a lungo
sul molo. Davanti agli occhi il mare senza ritorno di
Yemanjà, sulle cui onde ancora galleggiano i petali di
rose caduti dalle corone del carnevale del mare, che la
dea, madre dei pesci, sposa dei marinai, verrà a
raccogliere a notte fonda emergendo nel chiardiluna con i
suoi seni di schiuma, i capelli verdi di sirena, le
braccia di corallo e la coda di squame. Alle spalle, la
Bahia delle trecentosessantacinque chiese barocche chiuse
nel cerchio minaccioso e arrogante dei grattacieli della
città moderna.
Se ne è andato per sempre Jorge Amado, cantastorie e
simbolo di Bahia. È salpato per l'ultimo viaggio da qui,
da questa Baia di Tutti i Santi dove nel 1500 erano
approdate le navi della scoperta portoghese e dove lui
era tornato da qualche tempo, rinchiudendosi nel suo
rifugio del Rio Vermelho, Rua Alagoinhas 33. Le nuove
avvisaglie del male cardiaco che da anni lo insidiava gli
avevano fatto capire che Parigi, con la casa sul Quai des
Celestins dove con Zélia aveva costruito sulla Senna la
sua zattera europea, non era più per lui: che era tempo
di tornare a casa. Se è vero che ogni brasiliano è come
un cinese e solo concepisce di essere seppellito nel
luogo dove è nato.
Se ne è andato da questo porto abitato dalle ombre dei
suoi personaggi "pastori della notte", dei suoi
"ragazzi di spiaggia" preannuncio, alla fine
degli anni Trenta, di quei meninos de rua che oggi fanno
notizia in ogni parte del mondo.
Se ne è andato in sordina col suo berrettuccio di
vecchio marinaio sui candidi capelli, la camicia a fiori
e il mezzo sorriso complice e perplesso che è stato il
suo lasciapassare in questa sua seconda vita di vecchio
comunista a riposo, con ancora tanta voglia di cantare,
di inventare, di amare. Non pentito, mai, non rinnegatore
di un passato che lo aveva visto ventenne sulle barricate
contro ogni ingiustizia e ogni discriminazione. Ma fuori,
finalmente, a riposo, osservatore.
L'ultima volta che era venuto a Roma, qualche anno fa,
era già stanco, camminava a fatica, diceva di non voler
più scrivere, né leggere, solo ascoltare con gli occhi
chiusi, mano nella mano, le storie che Zélia, la sua
compagna di una vita, sapeva inventare per lui. Eppure
nei suoi occhi nerissimi sotto le candide sopracciglia
splendeva ancora una luce di amicizia, di ironia, di
complicità.
"Domani, aveva detto, mi danno una nuova laurea ad
honorem. Mi piace, sono grato agli amici che vogliono
dimostrarmi il loro affetto e la loro stima, ma insieme
mi fa ridere, come quando in Brasile, mi avevano fatto
accademico e io poi, nel 1979, avevo scritto quel
terribile libro che anche voi avete tradotto qui, voi
traducete tutto, e lo avete tradotto col titolo Alte
uniformi e camicie da notte. Proprio così, le alte
uniformi non solo dell'Accademia Brasiliana di Lettere,
ma anche dell'esercito, marina e aviazione e le camicie
da notte dei letti dove si fa, si distrugge e si gode il
potere. Tutta la mia vita io ho lottato per la libertà e
contro il potere. Tutti i poteri. Perché, l'ho fatto
dire a un mio personaggio, io dico no quando tutti dicono
sì e lo dicono in coro. Non sono un anarchico, però, e
il mio passato lo dimostra".
Questo suo passato Jorge lo aveva raccontato nel 1992 in
uno dei suoi ultimi libri, quella Navigazione di
cabotaggio che aveva come sottotitolo "Appunti
per un libro di memorie che non scriverò mai" e che
narrava senza alcuna cronologia, col solo ordine della
concatenazione dei ricordi, una vita avventurosa come
poche.
Forse nel momento dell'estremo congedo gli si sarà
srotolata nel ricordo interno tutta questa vita: dai
primi anni a Ferradas, municipio di Itabuna, nel sud
della Bahia, dove lui era nato nel 1912, figlio di un
commerciante di Sergipe divenuto proprietario terriero in
quella regione del cacao che il figlio avrebbe visto
mutare e prosperare intorno a sé.
E, nel pensiero, i fotogrammi degli accadimenti reali si
saranno mescolati a quelli dell'invenzione fissata in
tante pagine di Cacao, suo primo "romanzo
proletario", di Terre del finimondo, e di
quel Sao Jorge dos Ilhèus che gli italiani
conoscono come Frutti d'oro.
Avrà rivisto le sequenze del carcere, nel 1942,
dell'effimera gloria di deputato comunista nel 1946. E
poi, già con Zélia al suo fianco, l'esilio, il castello
degli Scrittori in Cecoslovacchia, la Russia, l'Asia, le
traduzioni moltiplicate e il suo nome conosciuto in ogni
angolo dei paesi socialisti, gente che saluta, l'ombra di
Stalin, il sorriso di Neruda. E poi la grande delusione,
il ritorno, la pausa e il ritorno alla letteratura. Ma
questa volta con una folla di personaggi complici,
stregoni negri, turchi ingegnosi, immigrati italiani e
tedeschi, donne di vita affettuose e
"colonnelli" spietati delle terre del cacao,
ladruncoli e barattieri, marinai attaccabrighe e
avventurosi.
Ma soprattutto mulatte brunorosate, donne sensuali, e
appetitose, indipendenti e coraggiose come Gabriela,
Teresa Batista stanca di guerra, Tieta dell'Agreste e
Donna Flor con i suoi due mariti: personaggi di fantasia
più reali dei tre milioni di abitanti che oggi popolano
questa vecchia capitale del Nord e personaggi variegati
che negli anni sono venuti sovrapponendosi, ma senza
cancellarli, agli eroi, tutti di un pezzo, dei primi
romanzi impegnati.
Ero a Bahia solo due settimane or sono. Nella casa di rua
Alagoinhas Zélia non mi ha più lasciato vedere Jorge.
Mi ha portato dalla stanza accanto un libro dove lui
aveva scarabocchiato una dedica "con tanto
amore" per la sua amica di tanti anni.
Ora che il Vecchio marinaio è partito per sempre, c'è
il pianto sommesso di Zélia e di Paloma, di Joao Jorge e
degli amici più stretti nel rifugio-museo di Rio
Vermelho, e c'è l'abbassabandiera sull'ufficiale,
azzurra Casa di Jorge Amado sulla piazza del Pelourinho,
cuore di Bahia. C'è la "festa" sincretica,
mezzo rito cattolico e mezzo candomblé, preti e maes de
santo, sacerdoti e cantori di ogni colore e religione che
si snoda come un mesto e complice carnevale per le viuzze
della Bahia vecchia, ora tutta ridipinta, ocra e azzurro,
per i buoni uffizi dell'Unesco.
Accennano dalle porte dei locali, dove Jorge e Zélia
conducevano i loro amici a gustare il vatapà baiano, i
proprietari e i camerieri di cantine che si chiamano
"Dona Flor" o "Gabriela". Quanto a
noi, lo saluteremo da qui con gli occhi lucidi, ma con un
sorriso. E ripeteremo l'ultima frase da lui messa in
bocca al suo Quincas Acquaiolo, "quando si gettò
nel mare di Bahia e partì per sempre, per un viaggio
senza ritorno": una frase che "ripetuta di
bocca in bocca, rappresentò per gli astanti più che un
semplice modo di accomiatarsi da questo mondo, una
testimonianza profetica, un messaggio il cui contenuto
profondo è ancora tutto da scoprire... Le luci di Bahia
brillavano in lontananza, un lampo squarciò l'oscurità,
la pioggia cominciò a cadere... In mezzo al frastuono,
le onde in furia, l'imbarcazione in pericolo, alla luce
dei lampi videro Quincas buttarsi in mare, e udirono le
sue ultime parole: "Che ognuno si occupi del proprio
funerale. Di cose impossibili non ce ne sono"".
Sarà ancora possibile, da domani, almeno per noi, che
abbiamo vissuto con lui e Zélia in quella città, che
abbiamo abitato una sua casa sulla spiaggia deserta,
nella rua Lagarto Azul 2000, via Lucertola Azzurra,
numero 2000, mescolare con tanta gioia fantasia e
realtà, consapevolezza politica e tolleranza ecumenica?
Addio, Jorge Amado. E grazie di averci insegnato un
Brasile diverso, colorito e umano. Mistirazziale e
universale.
(7
agosto 2001)
Il vescovo sposato
è stato ricevuto a Castelgandolfo
Nei prossimi giorni forse nuovi contatti con il Vaticano
Il Papa incontra Milingo
"È l'inizio di un dialogo"
Mancano
due settimane all'ultimatum per la scomunica
L'alto prelato non vuole divorziare dalla Chiesa
CASTELGANDOLFO - Monsignor
Milingo ha parlato con il Papa. Il blitz a Castelgandolfo
del vescovo esorcista ribelle, minacciato da scomunica a
causa del suo recente matrimonio, sembra quindi aver
ottenuto un primo risultato. Che è ben espresso dalle
parole di padre Ciro Benedettini, vicedirettore della
sala stampa Vaticana: "L'incontro è l'inizio di un
dialogo, che si augura possa portare sviluppi
futuri", si legge nella breve nota che conferma le
indiscrezioni su un faccia a faccia tra il Pontefice e
Milingo.
Nuovi contatti tra Milingo e le gerarchie vaticane
potrebbero seguire nei prossimi giorni. Lo ha detto
Maurizio Bisantis, l'uomo che sta svolgendo per il
vescovo le funzioni di portavoce. "Milingo era molto
contento e adesso sta pranzando serenamente", ha
aggiunto. Spiegando che l'incontro con i Papa avrebbe
avuto toni cordiali: "Ma davvero ci vuole
lasciare?", gli avrebbe detto Wojtyla alla presenza
del suo segretario monsignor Stanislao e del segretario
della Congregazione per la dottrina della fede monsignor
Tarcisio Bertone. Proprio con Stanislao, in mattinata,
Milngo aveva avuto un primo colloquio.
Il colpo di scena nella vicenda dell'ottantunenne vescovo
- esorcista africano - che il 27 maggio scorso a New York
si era unito in matrimonio col rito della setta del
reverendo Moon a una donna coreana di 43 anni, Maria Sung
- avviene a due settimane dalla scadenza dell'ultimatum
fissato dal Vaticano. Il 20 agosto - data indicata dal
cardinale Ratzinger - è l'ultimo giorno utile per una
marcia indietro da parte di Milingo prima della
scomunica. Milingo però da Washington aveva fatto sapere
di "voler rimanere nella Chiesa ed essere accettato
come un arcivescovo sposato".
Il vescovo ribelle, infatti, contesta il celibato
obbligatorio ma non ha mai manifestato alcuna volontà di
divorziare dal Vaticano. "Non è mia intenzione
rompere con la Chiesa cattolica - ha detto e ripetuto
Milingo - l'unificazione del sacramento del sacerdozio
con quello del matrimonio rafforzerà e rinnoverà
entrambi".
Nei mesi scorsi i suoi portavoce hanno dato notizia di
continue richieste del vescovo alla Santa Sede per
ottenere udienza dal Papa. Soltanto dopo le nozze
blasfeme a New York, il Vaticano ha confermato di aver
ricevuto la richiesta di Milingo per un incontro con il
Pontefice. Ma dalla Santa Sede si è fatto sapere di aver
provato a rintracciare il vescovo di Lusaka ma senza
successo. Ieri invece l'arrivo improvviso a
Castelgandolfo, dopo un tour de force aereo Stati
Uniti-Milano-Roma.
L'arcivescovo di Lusaka si è presentato al portone del
palazzo papale poco dopo le otto di sera ed è entrato in
compagnia di una donna, una pittrice sua devota nota nei
giri artistici come Vitalba. Ne è uscito verso le nove e
mezzo ma, sembra, senza essere stato ricevuto da Giovanni
Paolo II. Proprio per questo motivo oggi è tornato.
I collaboratori di Milingo sostengono che il vescovo
africano si è detto pronto a riconoscere gli sbagli
commessi e disposto agli atti di sottomissione necessari
a evitare la scomunica. L'ordine del Vaticano al vescovo
ribelle è di "manifestare obbedienza al Papa con un
gesto chiaro e inequivocabile".
(7
agosto 2001)
Caccia ai
mandanti che avrebbero ordinato gli omicidi
a Pacciani. La polizia batte la pista dei riti magici
Firenze, svolta sul mostro
"Una setta dietro i delitti"
I
feticci pagati milioni, perquisite due donne a Genova
FIRENZE - C'era una setta
dietro ai delitti del mostro. Un gruppo di diecidodici
personaggi insospettabili. Gente potente e protetta che
commissionava gli omicidi al gruppo di fuoco e con i
feticci delle vittime celebrava riti satanici. Non è
più solo una suggestione, ma un'ipotesi di lavoro
precisa, scritta nero su bianco su un rapporto appena
consegnato dalla squadra mobile di Firenze alla procura.
E' il primo atto ufficiale in cui si descrive
dettagliatamente la pista. Il rapporto rilegge e riscrive
la storia di sette degli otto duplici delitti del mostro,
escludendo dalla serie il primo doppio omicidio, quello
dell'agosto 1968. Dunque, una scia di sangue iniziata nel
'74 e terminata nell'85, con quattordici vittime, e un
elenco di elementi comuni che per gli investigatori
collegano gli omicidi ad un'unica ritualità, mai
casuale, sempre necessaria per le cerimonie successive
della setta di mandanti.
Dopo il rapporto firmato dal capo della squadra mobile
Michele Giuttari e consegnato al sostituto procuratore
Paolo Canessa, le indagini hanno ricevuto
un'accelerazione e nei giorni scorsi sono state eseguite
due perquisizioni a Genova a caccia dei primi riscontri.
L'ipotesi di lavoro del capo della mobile - padre
dell'inchiesta bis sui delitti - rivisita gli omicidi e
assegna nuovi ruoli ai protagonisti. Secondo lo scenario
degli investigatori, Pietro Pacciani, accusato di aver
compiuto gli omicidi e morto (forse ucciso) nel febbraio
1998 in attesa del nuovo processo, Mario Vanni e
Giancarlo Lotti (condannati in Cassazione per alcuni dei
duplici delitti del mostro) erano soltanto gli esecutori
materiali. Sopra di loro avrebbero agito mandanti ricchi
e insospettabili, uniti dal vincolo di una setta. Omicidi
e feticci in cambio di soldi, tanti soldi. Elemento che
spiegherebbe, per gli investigatori, il misterioso
patrimonio di Pacciani, contadino per lunghi anni
rinchiuso in carcere che però fra 1981 e il 1987 aveva
depositato in vari uffici postali circa 160 milioni e
acquistato due case.
Il rapporto della squadra mobile si sofferma sulle
similitudini degli omicidi, descrivendone la ritualità.
Notti senza luna, spesso nel fine settimana, mutilazioni
(pube e seno), utilizzo della stessa pistola (la Beretta
calibro 22) e lo stesso coltello. Nelle pagine si ricorda
anche come Vanni e Pacciani amassero partecipare negli
anni '80 a sedute spiritiche e messe nere nella casa del
mago Salvatore Indovino a San Casciano, sulle colline di
Firenze.
Negli ultimi mesi, in questura sono arrivate alcune
lettere anonime ritenute particolarmente interessanti.
Nei messaggi si parla di magia nera dietro agli omicidi
della calibro 22, si offrono dettagli che solo chi è
bene informato può conoscere, e si invita la polizia a
cercare una donna genovese (descrivendola, ma senza
rivelarne l'identità) che molto saprebbe sulla vicenda.
La donna è stata rintracciata a Genova dalla squadra
mobile, nei giorni scorsi è stata interrogata, così
come la sorella, e i loro appartamenti sono stati
perquisiti. Dal faccia a faccia, un indizio: Pacciani
frequentava i vicoli di Genova, la zona a luci rosse
delle lucciole da marciapiede, fra la fine degli anni '70
e l'inizio degli '80.
Particolare da chiarire: l'ultima di queste lettere
anonime è stata consegnata già aperta in questura e in
ritardo rispetto al giorno del suo arrivo a Firenze. La
procura ha già sentito l'ufficiale di polizia
giudiziaria che l'ha ritrovata per primo per chiarire
l'elemento. La pista ora è nel mirino dei magistrati e
qualcuno ricorda come, circa un anno e mezzo fa, un
consulente della procura di Catanzaro, Giuseppe Cosco,
esperto in esoterismo, descrisse nel dettaglio il
collegamento mostro di Firenzesetta in un articolo
apparso sulla rivista "Teologica". Presto
comunque scatteranno altri accertamenti, altri ordini di
interrogatorio, e probabilmente nuove perquisizioni. E le
porte sprangate e i silenzi negli uffici della squadra
mobile confermano l'attesa dei nuovi sviluppi.
(7
agosto 2001)
RESPINTA
LA DOMANDA A BOMBRESSI PER le polemiche del dopo G8"
ROMA - E' stata respinta la
domanda di grazia per Ovidio Bompressi, condannato in via
definitiva - assieme ad Adriano Sofri e Giorgio
Pietrostefani - per l'omicidio del commissario Luigi
Calabresi. Lo ha reso noto, con un comunicato, il
ministro di Grazia e Giustizia Roberto Castelli: in
pratica, il responsabile del dicastero ha stabilito di
non inoltrare la richiesta al presidente della
Repubblica, a cui sarebbe spettata la decisione finale.
"Ho ritenuto di non dare corso alla domanda - ha
spiegato il Guardasigilli - sulla base del parere
negativo espresso dal magistrato di sorveglianza di Massa
e dalla Procura generale di Milano. Ma non solo: ho
ritenuto inopportuno in un momento come questo, in cui le
forze dell'ordine sono criminalizzate in modo
indiscriminato per quanto accaduto nel corso del G8,
proporre la grazia per chi è stato giudicato colpevole,
dopo ben sette gradi di giudizio, di concorso in omicidio
ai danni di un commissario di polizia".
Insomma, una doppia motivazione, giudiziaria ma anche
politica. La richiesta di grazia per Ovidio Bompressi era
stata presentata
il 12 luglio dello scorso anno Dopo l'acquisizione di pareri (negativi) da
parte dei magistrati competenti, due mesi fa il
precedente ministro della Giustizia Piero Fassino aveva
deciso, al termine della legislatura, di rinviare la
decisione al successore.
Ed è proprio Fassino, oggi, ha spiegare la sua
decisione: "Non ho sottoposto al Presidente della
Repubblica la proposta di grazia per Ovidio Bompressi
perché l'attività istruttoria, da me avviata
immediatamente dopo aver ricevuto la domanda di grazia,
aveva registrato i pareri negativi della magistratura di
sorveglianza e della Procura generale di Milano. Ed è
regola generale che il Ministro della Giustizia non
inoltri proposte di grazia al Capo dello Stato, quando
tutte le autorità giudiziarie interessate sono
contrarie".
La decisione odierna ha scatenato immediate reazioni nel
mondo politico. "Purtroppo si conferma che il
Ministro di Grazia e Giustizia è il coerente
rappresentante di quello statista italiano, attualmente
autorevolissimo esponente del governo, che ebbe a
dichiarare 'meglio Milosevic che Culosevic' dove
naturalmente Culosevic ero io" ha quindi commentato
Marco Pannella. "Adesso sorge un problema
interessante per i cultori del diritto costituzionale,
perché il 'diritto di grazia' è, come è noto, in
ultima istanza, sovranamente del Presidente della
Repubblica".
Bordate molto pesanti anche dai deputati verdi Marco
Boato e Paolo Cento. Il primo ha definito la decisione
"un capolavoro di meschinità politica e di
irresponsabilità istituzionale". Grave perché il
ministro ha, in questo caso, un compito meramente
istruttorio e "ancora più grave, al limite
dell'incredibile e della provocazione istituzionale, il
riferimento ai fatti del G8". Mentre Cento ha
parlato di una scelta che "afferma il concetto di
una giustizia disumana e vendicativa", con chiaro
riferimento ai fatti di Genova.
Ed è proprio il movente di "vendetta" quello
che torna più di frequente nelle critiche
dell'opposizione. Questo desiderio, infatti, animerebbe
la decisione di Castelli, definita "aberrante"
dall'ex presidente del Senato, Ersilia Salvato.
L'esponente Ds, che da senatrice aveva presentato insieme
ad altri colleghi di diversi schieramenti politici la
grazia per Adriano Sofri, giudica "grave" il
diniego del Guardasigilli. "Il potere di grazia
spetta a Ciampi - sottolinea Salvato - e il fatto di non
avergli inoltrato l'istruttoria (l'unico compito che
spetta la Ministro) non solo è discutibile dal punto di
vista formale, ma è mostruoso nella sostanza in quanto
giustificato con i fatti di Genova per i quali è al
lavoro la magistratura e un comitato parlamentare
d'indagine".
Da tempo Bompressi è agli arresti domiciliari, che gli
sono stati concessi per motivi di salute.
(8 agosto 2001)
Caduti da un
elicottero in fase di atterraggio. Erano alpini
della brigata Taurinense. Rimpatriate le salme
Kosovo, due militari italiani
muoiono in incidente aereo
La
Procura militare e quella di Roma aprono inchieste
Il pm Intelisano: "Molti lati oscuri"
PEC (Kosovo) - Due militari
italiani in missione di pace sono morti ieri sera in
Kosovo in un incidente aereo. Giuseppe Fioretti e Dino
Paolo Nigro sono caduti da un elicottero in fase di
atterraggio nella città di Morines. "Ci sono molti
aspetti da chiarire, diversi lati oscuri" ha detto
il procuratore militare di Roma, Antonino Intelisano, che
ha aperto un'inchiesta per far luce sull'incidente.
"La dinamica, per il momento, non è affatto chiara.
Cercheremo di far luce con sollecitudine".
Un'indagine parallela è già stata avviata anche
all'interno delle forze armate. Anche la procura della
repubblica di Roma ha aperto un fascicolo, per il momento
contro ignoti: l'ipotesi di reato è quella di omicidio
colposo.
Le salme dei due militari italiani sono state rimpatriate
stasera: ad accoglierle all'aeroporto militare di
Ciampino, dove sono arrivate con un C-130
dell'Aeronautica militare italiana proveniente da
Dakovica, atterrato alle 21,56, oltre ai familiari delle
vittime, alcuni esponenti politici e militari. Da
Ciampino le salme saranno portate, su disposizione
dell'autorità giudiziaria, al Policlinico "Umberto
I" di Roma per gli esami autoptici.
I due militari, appartenenti al terzo reggimento alpini
della brigata Taurinense, facevano parte di un plotone
che, a bordo di un elicottero del contingente italiano,
si stava trasferendo da Dakovica a Morines nel corso di
una attività operativa. Fioretti era di Tuscania (in
provincia di Viterbo) e Nigro era della provincia di
Cosenza. Qualche notizia più chiara sta arrivando ora
dal Comandante del Corpo, il Generale Roberto Scaranari,
che si trova a Udine per una cerimonia militare.
Nel corso della manifestazione Scaranari ha chiesto
un'interruzione, per un minuto di silenzio in memoria dei
due alpini morti in Kosovo e ha espresso il cordoglio di
tutto il Corpo alle loro famiglie. Anche il ministro
Martino ha espresso il profondo cordoglio personale e del
presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
I due militari avevano lasciato nello scorso mese di
giugno la caserma "Berardi" di Pinerolo. Il
Reggimento Alpini della Brigata Taurinense, di cui
facevano parte, è composta da tutti volontari a ferma
prolungata. Giuseppe Fioretti e Dino Paolo Nigro erano in
missione da tre mesi.
(10
agosto 2001)
Un uomo si è
fatto saltare in aria in pieno centro
quindici morti, tra cui sei bambini, e 90 feriti
Uomo-bomba in pizzeria
è strage a Gerusalemme
Il
locale appartiene alla catena "Sbarro"
Un attentato rivendicato dalla Jihad e da Hamas
GERUSALEMME - Una bomba
all'ora di pranzo, in pieno centro di Gerusalemme da
"Sbarro", una delle pizzerie fast-food più
affollate di Jaffa Street. Una bomba portata da un
attentatore suicida che si è fatto saltare in aria.
L'ultimo bilancio della Radio militare israeliana è
pesantissimo: 15 morti (compreso il terrorista) e 90
feriti di cui dieci gravi. Tra le vittime, sei bambini.
Sul numero delle persone rimaste uccise, durante tutta la
giornata, sono circolate notizie diverse: il dato è
salito fino a 19 morti, poi, per fortuna, nelle ultime
dichiarazioni ufficiali del governo, è sceso di nuovo a
15.
Non è ancora chiaro chi abbia progettato l'attentato,
rivendicato prima dalla Jihad islamica poi dal movimento
Hamas, ma entrambi i gruppi hanno detto di aver agito per
vendicare la morte di tanti fratelli palestinesi per mano
degli israeliani. Immediatamente è partito un coro
unanime di condanne all'attacco. Tra i primi a far
sentire la sua voce, il leader palestinese Yasser Arafat.
L'attentatore è entrato nella pizzeria della catena
italo-americana affollata di impiegati e famiglie intorno
alle 14, nel momento di massima affluenza; aveva con sé
un potente ordigno riempito di chiodi e lo ha fatto
esplodere tra i tavoli.
"Tutti i vetri sono andati in pezzi", ha
raccontato Eliezer Vanzorai, un ragazzino di 16 anni
scampato alla strage. "Ho visto due persone
morte", ha proseguito, "una aveva il cervello
che usciva da una ferita, l'altra perdeva sangue dal
naso".
Altrettanto terribili gli altri racconti. "La cosa
più tremenda che ho visto, e che non dimenticherò per
tutta la vita, è un bambino seduto in passeggino fuori
da un negozio: era morto e la madre poco dopo è uscita e
ha cominciato a urlare", ha raccontato Naor Shara,
un militare che si trovava a passare accanto al
ristorante quando c'è stata l'esplosione.
Del locale non resta più nulla, solo pezzi dell'insegna
tricolore: bianca, rossa e verde come la bandiera
italiana, "logo" della catena statunitense di
pizzerie. I rabbini hanno raccolto brandelli di carne
sparsi ovunque, tra i corpi straziati che ancora
giacevano per terra, una scena che ormai è diventata
quotidiana in Israele.
L'attentato di oggi è stato il più sanguinoso dopo
quello del primo giugno a Tel Aviv: un attentatore
suicida si fece saltare in aria fuori da una discoteca e
nell'esplosione morirono 21 ragazzi.
Un episodio, quello di oggi, che potrebbe aver messo la
parola fine a qualsiasi tentativo di riportare le
trattative di pace fuori dal binario morto in cui sono da
mesi e dare finalmente attuazione al piano Mitchell.
Arafat ha subito condannato l'attentato e ha chiesto
l'ennesima dichiarazione congiunta con Israele per un
nuovo cessate-il-fuoco, a partire già da domani. Ma il
governo del primo ministro Ariel Sharon sembra tutt'altro
che intenzionato a concordare una tregua.
Sharon ha immediatamente riunito il gabinetto di
sicurezza per decidere la rappresaglia che si preannuncia
durissima. Dalla sua, il premier israeliano ha la
riprovazione generale per l'attacco contro civili inermi:
il presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha chiesto
ad Arafat di intervenire con forza per arrestare i
responsabili e impedire che si ripetano in futuro azioni
terroristiche. "Deploro e condanno con forza
l'attentato di oggi a Gerusalemme", ha affermato
ancora Bush, "con atti codardi come questi non si
ottiene niente: l'assassinio deliberato di civili fa
orrore a tutti".
Dure dichiarazioni di condanna all'attentato sono
arrivate da tutto il mondo, dalla Russia alla Francia,
dall'Unione Europea al segretario delle Nazioni Unite
Kofi Annan. Per l'Italia, sia il presidente Carlo Azeglio
Ciampi sia il ministro degli Esteri Renato Ruggiero hanno
chiesto la fine delle violenze e la ripresa del dialogo.
Ma in alcuni campi profughi palestinesi in Libano la
gente ha festeggiato l'attacco di Gerusalemme. Ad Ain el
Helo, il più grande dei villaggi abitati da fuoriusciti,
numerosi giovani hanno cantato e ballato in segno di
giubilo.
(9
agosto 2001)
Il piano prevede
il disarmo dei guerriglieri
E domani la Nato decide sull'invio di 3500 militari
Skopje: firmata la pace
tra albanesi e macedoni
Anche
l'Uck accetta l'accordo:
consegna delle armi entro 15 giorni
SKOPJE (Macedonia) - Una
firma per la pace, dopo sei mesi di guerriglia. Alla
fine, macedoni e albanesi, riuniti attorno al tavolo
delle trattative, hanno raggiunto l'accordo: alle 17 e
23, nell'ufficio del presidente macedone, Boris
Trajkovski, il governo di Skopje e i partiti albanesi
hanno siglato l'intesa. Per ora, non sono stati forniti
ulteriori dettagli, ma il piano dovebbe essere incentrato
su tre punti principali: l'integrità dello stato
macedone, la concessione di più diritti alla minoranza
albanese (che rappresenta il 25 per cento della
popolazione) e il disarmo della guerriglia.
Un accordo accettato anche dai guerriglieri albanesi
dell'Uck, stando alla notizia data dalla televisione
privata macedone "Sitel". In particolare l'Uck
ha accettato di consegnare le armi alla forza di pace che
la Nato invierà in Macedonia. I guerriglieri, secondo la
fonte, si sarebbero detti disponibili al disarmo entro 15
giorni.
Vogliono però vedere da subito le prime applicazioni del
documento firmato oggi, e conoscere i termini
dell'amnistia, che secondo fonti informate riguarderebbe
tutti i guerriglieri non suscettibili di incriminazioni
da parte del Tribunale penale internazionale.
E domani a Bruxelles si riuniranno gli ambasciatori della
Nato per discutere dell'eventuale invio in Macedonia di
una forza di pace. Il segretario generale dell'alleanza,
George Robertson, riferirà in merito agli ultimi
sviluppi della situazione. Se ci saranno rassicurazioni
sulla effettiva volontà di rispettare il
cessate-il-fuoco e sul disarmo dell'Uck, la Nato invierà
nella regione 3500 militari, di cui 400 italiani.
(13
agosto 2001)
L'anticolesterolo
Lipobay sarebbe il farmaco
responsabile dei decessi in tutto il mondo
La Bayer ammette
"Sono 52 i morti"
LEVERKUSEN (GERMANIA) - Meno
di una settimana fa il ritiro del farmaco anticolesterolo
dal mercato. Oggi l'ammissione che la cerivastatina, la
sostanza presente nel farmaco venduto dalla Bayer in
tutto il mondo, ha causato almeno 52 decessi. Tre i
medicinali italiani che contengono la sostanza sotto
accusa: Lipobay, Cervasta e Stativa. Un colpo per la casa
farmaceutica che scoprì l'aspirina e che è sull'orlo
del collasso finanziario.
Il ministero della Sanità italiana aveva ritirato i tre
farmaci subito dopo l'annuncio tedesco. Ma per mesi il
farmaco ha continuato a essere venduto e prescritto
nonostante l'allarme fosse scattato già da tempo negli
Usa. Dopo l'annuncio del ritiro dal mercato, l'8 agosto,
la Food and Drug Administration, l'ente governativo
statunitense preposto alla vigilanza su farmaci e
alimenti, aveva infatti espresso soddisfazione. Secondo
la Fda la somministrazione del farmaco, chiamato Baycol e
approvato negli Usa nel 1997, risulterebbe associata a 31
casi di morte a seguito di rabdomiolisi, una patologia
caratterizzata da lesioni dei muscoli che provoca
debolezza e lesioni renali. Fino alla morte.
Ben 12 di questi 31 decessi riguarderebbero pazienti che
assumevano contemporaneamente un altro farmaco
anticolesterolo, il Gemfibrozil. Un miscuglio che
risulterebbe letale. E le morti non si contano solo negli
Usa: 3 decessi in Spagna e fino a 6 in Germania, oltre a
un caso in Francia ancora in fase di valutazione.
Il responsabile della divisione farmaceutica del gruppo
Bayer, David Ebsworth, ha affermato oggi in una
conferenza stampa che a questo stadio è difficile
stabilire con certezza i legami di causalità. Numerosi
pazienti sono infatti deceduti dopo aver ricevuto la
cerivastatina in combinazione con il Gemfibrozil, ha
spiegato Ebsworth. E per il numero uno di Bayer, Manfred
Schneider, "è ancora impossibile dire se il
medicinale potrà essere rimesso in commercio". Per
ora solo il Giappone continuerà a venderlo: nel paese
del Sol Levante il Gemfibrozil non è in commercio e il
coktail micidiale non è possibile.
Una magra consolazione per i guai della Bayer il cui
titolo è crollato in Borsa del 20 per cento in tre
giorni. Ma nonostante le gravi difficoltà derivate dal
ritiro della medicina, la casa farmaceutica ha dichiarato
che "la compagnia non ha bisogno di un
salvataggio" e che conta di presentare entro poche
settimane i primi risultati della ristrutturazione
dell'attività farmaceutica. "La straordinaria serie
di infortuni - ha detto Schneider - non minaccia
l'esistenza di Bayer".
(13
agosto 2001)
L'ipotesi sulla
segreteria lanciata in un'intervista
all'Unità. Commenti positivi da Salvi, Melandri e Mussi
Ds, Giovanni Berlinguer
verso la candidatura
ROMA - Giovanni Berlinguer,
fratello di Enrico, potrebbe candidarsi alla segreteria
della Quercia in alternativa a Piero Fassino. Lo ha detto
in un'intervista al quotidiano l'Unità, spiegando di
sostenere "la mozione che comprende anche la
sinistra e che rappresenta una sintesi di orientamenti
diversi e un programma per tornare a vincere nel quadro
dell'Ulivo". Un'ipotesi - quella della sua
candidatura, come capo del "correntone" che
vede insieme Sergio Cofferati, Antonio Bassolino, Cesare
Salvi e la sinistra, che ha già suscitato le reazioni
positive di alcuni leader della Quercia, come Giovanna
Melandri, Fabio Mussi e Massimo Brutti.
Nell'intervista, Berlinguer si è detto "molto
preoccupato per divisioni, personalismi e incoerenze. Due
molle spingono il mio impegno: la preoccupazione per un
declino che bisogna fermare e la speranza che l'Italia
esca bene da questa fase. Penso che il partito debba
essere trasformato molto profondamente: molte correnti di
pensiero e meno coalizioni di potere". Berlinguer,
77 anni, si è augurato comunque "un dibattito
sereno. "Non ho intenzione di impegnarmi contro.
Sono pieno di rispetto e di stima per chi ha avuto
funzioni politiche in questi anni in una situazione
difficile".
E già questa mattina sono arrivate anche le reazioni.
Ecco l'ex ministro del Lavoro, Cesare Salvi, che è anche
leader della corrente Socialismo 2000: "L'adesione
motivata di Giovanni Berlinguer alla mozione congressuale
numero 1 e la sua disponibilità all'impegno diretto sono
motivo di grande soddisfazione. Ritengo che Berlinguer
sarebbe in questa fase un ottimo segretario del
partito".
Per Fabio Mussi, ex capogruppo alla Camera,
"Giovanni Berlinguer ha una storia a politica ed
intellettuale di straordinario valore. Per tutta la sua
vita si è mosso tra i grandi problemi del mondo moderno
che rappresentano oggi le vere frontiere della
sinistra". Anche per Giovanna Melandri, Berlinguer
può rappresentare la sintesi tra "più sinistra e
più Ulivo", di cui i Ds hanno bisogno. Infine,
apprezzamento per l'ipotesi è stata espressa da Massimo
Brutti: "E' un'iniziativa positiva perché
porterebbe chiarezza".
(18
agosto 2001)
Bis storico di
Maranello, campioni piloti e costruttori
Barrichello secondo a Budapest, incomincia la grande
festa rossa Schumi da leggenda
Ferrari in cima al mondo
BUDAPEST - Michael Schumacher ce l'ha fatta: è
campione del mondo di Formula Uno. La Ferrari è campione
del mondo piloti e costruttori. A due mesi dalla fine dei
Mondiali, Maranello, per la seconda volta consecutiva, è
la regina. Un trionfo totale che solo perché la passione
ha bisogno di nomi e volti si incarna in Michael
Schumacher e nella gara perfetta di un Mondiale perfetto.
Di una carriera perfetta: quarto titolo mondiale. Dietro
di lui è arrivato Barrichello, mai come oggi prezioso
nel guardare le spalle al tedesco. E' finita così, con
la grande festa rossa che parte da Budapest e si allarga
in tutta Italia in un agosto a cui i tifosi chiedevano
solo questo.
Perché Schumacher questo Gran premio lo ha dominato.
Partito in pole (strepitosa, da record, resterà nella
storia) è rimasto in testa cedendo il comando solo per i
pit stop fisiologici. Lui davanti, Barrichello subito
dietro a controllare gli assalti. Pochi e poco
pericolosi, in verità.
E pensare che qualche preoccupazione - più di tipo
scaramantico che tecnico - Schumi ai tifosi l'aveva data
finendo fuori pista nel giro di pre-ricognizione che
prima di ogni Gran premio tutte le scuderie fanno
svolgere alle loro monoposto per raggiungere lo
schieramento di partenza.
Tecnici subito al lavoro e unica conseguenza un uitardo
nell'allineamento di partenza. Luce verde e Schumi vola
via, Barrichello passa la McLaren di Coulthard. Seguono
la Williams di Ralf Schumacher, poi Trulli e Hakkinen che
perdono subito terreno nei confronti dei primi tre. La
Jaguar di Irvine va fuori.
Solo Coulthard ha cercato di rendere meno scontata la
corsa. Ma dopo aver registrato i giri più veloci nei
primi quattro, si è dovuto arrendere. Nell'undicesimo,
dodicesimo e quattordicesimo giro Schumi segna un record
dopo l'altro e scende fino a 1'18"256. Fatto sta che
a metà della gara, il ferrarista ha più di 12 secondi
di vantaggio da Coulthard.
Poi incomincia la girandola dei pit stop. Schumacher è
rimasto in testa dopo che tutti i piloti di testa si sono
fermati ai box. La McLaren di Coulthard fa un
rifornimento più veloce della Ferrari di Barrichello,
passa la rossa del brasiliano piazzandosi al secondo
posto. Provvisorio.
Anche il secondo pit stop è favorevole a Schumi. Sempre
in testa. Il momento decisivo della gara è tra il giro
51 e 54. Il ferrarista si ferma ai box, ci resta per
8", quando esce è terzo, dietro a Coulthard e
Barrichello. Tre giri dopo, tocca allo scozzese fermarsi.
Problemi ancora e sempre con il bocchettone della benzina
(la maledizione della McLaren). E schumi torna in testa.
Poco dietro Hakkinen tallona Ralf Schumacher per il
quarto posto. Finiti i tempi in cui il finlandese era il
re della Formula 1.
A venti giri dalla fine, a quattro Gran premi dalla fine
del Mondiale, la Ferrari ha virtualmente in mano il
titolo piloti e costruttori. Il divario tra Schumi e
Coulthard, sempre guardato a vista da Barrichello è sui
sette secondi, sempre intatto. Il count down verso la
fine si risolve in qualche attacco a Rubinho che serve a
Coulthard solo per dargli la certezza di aver fatto il
proprio dovere fino alla fine. Perché ormai Schumi ce
l'ha fatta.
(19 agosto 2001)
Nei prossimi
giorni partiranno gli avvisi di garanzia
Coinvolti 140 funzionari e agenti dell'irruzione alla
Diaz
G8,
nel registro degli indagati
i primi 20 poliziotti del blitz
GENOVA - Partiranno gli
avvisi di garanzia per i funzionari e i poliziotti che,
nella notte fra il 20 ed il 21 luglio, fecero irruzione
alla scuola Diaz trasformata in un dormitorio e
nell'edificio utilizzato dal Genoa Social Forum come
quartier generale. I primi riguarderebbero una ventina di
persone. I giudici genovesi hanno deciso di vederci
chiaro su quell'operazione alla fine della quale una
sessantina di persone finirono in ospedale piuttosto
malridotte e per questo hanno deciso di indagare per
lesioni.
Gli avvisi di garanzia non riguarderanno in blocco tutte
le 140 persone che quella notte entrarono nella scuola
ma, al contrario, i magistrati sembrano intenzionati di
agire a scaglioni e, secondo la Procura, gli avvisi di
garanzia partiranno "secondo le necessità delle
indagini".
I giudici dunque cercheranno di capire se, come
denunciato dai ragazzi che dormivano nelle due scuole e
da molti cittadini attirati in piazza dalle urla che
provenivano dalla scuola, i poliziotti si sono lasciati
andare a dellle violenze gratuite e cercheranno di
ricostruire la verità su quell'operazione che è costata
il posto al questore di Genova, al vice capo della
polizia e al capo dell'antiterrorismo.
Ma i problemi per la polizia non sono finiti. Da Atene
arriva la notizia che un cittadino Greco ha denunciato
alla magistratura le forze dell'ordine italiane per il
trattamento subito al momento dell'attracco ad Ancona del
traghetto sul quale viaggiava il 18 luglio e che
trasportava gli anti G8 greci in Italia. I greci furono
caricati e ci furono degli scontri con le forze
dell'ordine. Il greco, che ha sporto denuncia, sostiene
di aver riportato "ematomi sulle spalle e fratture
al torace".
Panayotis Angelopoulos, procuratore del Pireo - a sud
ovest di Atene - ha avviato un procedimento nei confronti
delle forze di polizia italiane. Secondo fonti
giudiziarie, il procuratore avrebbe l'intenzione di
perseguire, oltre agli esecutori materiali del gesto,
anche "tutti coloro che hanno dato l'ordine ai
poliziotti di agire in quel modo e che hanno, pertanto,
la responsabilità morale e politica di quanto
accaduto".
(21
agosto 2001)
Il Consiglio
atlantico ha autorizzato oggi
la raccolta delle armi dei guerriglieri Uck
Macedonia,
sì della Nato
alla missione di disarmo
BRUXELLES - Il Consiglio
atlantico ha autorizzato oggi l'avvio della missione Nato
per la raccolta delle armi dei ribelli albanesi in
Macedonia. Lo annuncia un comunicato dell'Alleanza
atlantica diffuso a Bruxelles.
"Alle 12 di oggi - si afferma nella breve nota della
Nato - il Consiglio atlantico ha dato il proprio avallo
alla direttiva esecutiva che autorizza il comandante
supremo delle forze alleate in Europa, generale Joseph
Ralston, a emettere l'ordine di attivazione per
l'operazione Raccolto essenziale".
I 19 Paesi dell'Alleanza avevano tempo fino alle 12 per
presentare eventuali obiezioni alla missione, che prevede
il dispiegamento di 3.500 soldati, ma nessuno ha espresso
parere contrario. Il ministro della Difesa britannico ha
immediatamente annunciato la partenza di 700
paracadutisti. Alla missione parteciperanno anche 700 militari italiani
>, 450 operativi e il
resto di supporto logistico.
(22
agosto 2001)
Scuotono le
Nazioni Unite le accuse sui festini a luci rosse
dei soldati del contingente internazionale
Caschi blu e baby-prostitute
l'Onu apre una inchiesta
L'associazione
dei genitori
dei soldati: "Intervenga Ciampi"
PADOVA - Scuote il Palazzo
di Vetro lo scandalo delle baby prostitute
"noleggiate" durante la missione di pace in
Africa orientale dai caschi blu di vari Paesi, Italia
compresa.
Ieri, infatti, l'Onu ha annunciato una commissione
d'inchiesta da parte della locale missione "con il
compito di far piena luce su avvenimenti e
responsabilità", come ha spiegato Farkhan Haq a
nome della struttura per le operazioni di pace delle
Nazioni Unite. "Prendiamo molto seriamente queste
accuse - ha aggiunto - anche se per il momento non si sa
nulla di più di quanto è stato finora scritto sui
giornali". Haq ha ricordato che "quando nella
scorsa primavera è scoppiato un caso simile sempre in
Eritrea e che coinvolgeva soldati del contingente
olandese, la commissione era formata esclusivamente da
funzionari delle Nazioni Unite".
Tuttavia è ancora presto per sapere quali
caratteristiche avrà la commissione d'inchiesta, cioè
se sarà costituita solo da funzionari dell'Onu o
includerà anche inquirenti rappresentanti le autorità
eritree. Lo scandalo ha attirato anche l'attenzione di
giornali e agenzie straniere, che ieri hanno intervistato
il procuratore padovano Maurizio Block, e rimbalzando a
livello internazionale rischia di avere effetti
devastanti sulla credibilità dei caschi blu.
Ieri, nel quasi totale silenzio del mondo politico,
l'unica voce forte è stata quella del Angesol,
l'Associazione dei genitori dei soldati in servizio
obbligatorio di leva, che ha inviato una lettera aperta
al ministro della Difesa e al presidente della
Repubblica, chiedendo l'intervento del presidente della
Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. "Si ripete - scrive
l'Angesol - quanto già accaduto in Mozambico, Somalia,
Bosnia e pare anche in Kosovo. Che siano coinvolti
proprio coloro che dovrebbero portare la cosiddetta pace,
l'ordine, è degradante; che poi si tratti, in questo
specifico caso, di un solo militare italiano, è poco
credibile ma poco importa. Non è tuttavia credibile -
prosegue la lettera - che gli alti comandi militari
fossero all'oscuro, perché quando vogliono sanno tutto
di tutti: e come mai in questo caso non sono intervenuti?
Non sono complici?".
Un interrogativo per ora senza risposta. A comandare il
contingente italiano, formato da circa duecento uomini,
era il colonnello dell'Aeronautica Maurizio Salvadorini.
Dall'inchiesta è emerso che molti dei militari italiani
coinvolti furono privati della libera uscita,
provvedimento disciplinare che confermerebbe come i
vertici fossero almeno in parte al corrente di certi
episodi.
Ai weekend "a luci rosse" avrebbero partecipato
molti degli oltre quattromila militari di vari Paesi
comandati dal gen. olandese Patrick C. Cammaert e inviati
sul posto per garantire la difficile pace tra Etiopia ed
Eritrea. Degli incontri sessuali, anche con bambine di
1011 anni, che le stesse famiglie offrivano ai militari
in cambio di pochi dollari, esiste un video filmato da
soldati danesi.
L'unico indagato in Italia, per favoreggiamento e
sfruttamento della prostituzione, è un sergente maggiore
della Croce Rossa di origine toscana e di circa
quarant'anni. La Croce Rossa ha già ricevuto una
richiesta dati dagli inquirenti e quindi forse non
tarderà a prendere provvedimenti, come promesso da Maria
Pia Garavaglia, presidente generale della Cri.
(25
agosto 2001)
A Piazza Affari
il Mibtel chiude a meno 1,87%
Il Numtel lascia sul terreno il 3,42%
Giovedì nero per le Borse
Milano ai minimi dell'anno
Arretra
Wall Street sui dati negativi di consumi e sussidi
di disoccupazione. Il Dow Jones chiude in perdita
dell'1,69%
MILANO - Crolla Wall Street:
al termine della giornata di contrattazioni il Dow Jones
che, a metà giornata toccava i 10 mila punti, chiude in
perdita dell'1,69%. In discesa libera anche il Nasdaq che
chiude con un calo del 2,79%. E peggiorano le Borse
europee, cui il
taglio di un quarto di punto dei tassi deciso questa
mattina dalla Banca
centrale europea, non ha dato nessun aiuto. Le piazze del
Vecchio continente si attendevano dalla riunione di
Francoforte un intervento più sostanzioso sulla scia
delle ripetute prese di posizione messe in atto negli
scorsi mesi dalla Federal reserve americana. E Piazza
Affari chiudere la seduta sui nuovi minimi dell'anno e
degli ultimi 20 mesi. A Piazza Affari il Mibtel ha chiuso
con una perdita dell'1,87 per cento, a 24.649 punti, il
Mib30 il 2,16 a 34.820 punti e il Midex l'1,29% a 27.863
punti. Il Numtel, l'indice del Nuovo mercato ha lasciato
sul campo il 3,42 per cento.
A deprimere i mercati continentali sono i titoli
tecnologici. Giù anche i telefonici i media, i
farmaceutici e gli alimentari.
Si chiude una giornata difficile per Wall Street. Il dow
Jones ha perso l'1,69%. Il Nasdaq va anche peggio (il
calo è del 2,79%). Ad affondare Wall Street sono stati i
dati economici poco incoraggianti e le notizie sul fronte
societario decisamente negative. Le spese per i consumi
in luglio hanno segnato un incremento dello 0,1 per
cento, il più basso dallo scorso ottobre, sebbene il
reddito personale sia salito dello 0,5 per cento.
Gli economisti sperano che nei prossimi mesi i maxi
rimborsi fiscali decisi dal governo ridiano vigore alle
spese degli americani, ma vi è comunque preoccupazione.
Un calo ulteriore dei consumi provocherebbe un
peggioramento del quadro generale, già di per sé
deteriorato. Negativa anche la situazione sul fronte
occupazionale, con le richieste di sussidi di
disoccupazione per un periodo prolungato che hanno
raggiunto il livello più alto degli ultimi 9 anni.
Le notizie societarie peggiori sono arrivate ancora una
volta dal settore hi-tech. Il gigante dell'informatica
Sun Microsystems, ha annunciato che il trimestre in corso
si chiuderà con perdite operative, mentre prima si
aspettava un pareggio di bilancio.
(30 agosto
200
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