AGOSTO 2001

La Commissione, composta da 36 parlamentari, comincerà
a lavorare lunedì e dovrà terminare il 20 settembre


Parlamento, via libera
all'indagine sul G8

Previsti interrogatori per autorità statali,
locali e per appartenenti al Genoa Social Forum

ROMA - Partirà lunedì l'indagine conoscitiva sulle violenze di Genova durante il G8. Il via libera è stato dato all'unanimità nelle commissioni Affari costituzionali della Camera e del Senato. Domani mattina saranno designati i componenti dell'organismo bicamerale che porterà avanti l'indagine.

I parlamentari che faranno parte della commissione saranno 36 - 18 deputati e 18 senatori - scelti all'interno delle commissione Affari costituzionali di Montecitorio e del Senato e "rispettando - spiega il diessino Soda - la composizione dei due organismi". Sarà costituito anche un comitato ristretto, con il compito di procedere alle audizioni. Il presidente della commissione sarà scelto dai presidenti della Camera, Pier Ferdinando Casini, e del Senato, Marcello Pera. Il calendario della prossima settimana è già stato fissato: verranno interrogati esponenti delle autorità statali e locali (governo, regione Liguria, provincia e comune di Genova) fino ad appartenenti al Genoa Social Forum. La commissione dovrà presentare entro il 20 settembre il documento finale.

(1 agosto 2001)

Il ministro dell'Interno destina ad altro incarico
La Barbera, Andreassi e il questore di Genova Colucci


G8, cadono le prime teste
rimossi tre superpoliziotti

Scajola: "Ragioni di assoluta opportunità"

ROMA - Qualche testa doveva cadere, lo si era capito negli ultimi giorni. E le teste sono cadute in tarda serata, al termine di una giornata convulsa. Sono teste eccellenti: quella del prefetto Ansoino Andreassi, vice capo della polizia e delegato alla supervisione della sicurezza del G8, quella del prefetto Arnaldo a Barbera, capo dell'antiterrorismo (Ucigos), e quella di Francesco Colucci, questore di Genova.

Tutti e tre sono stati considerati in qualche modo responsabili degli abusi delle forze dell'ordine che si sono consumati a Genova nei giorni del G8. Tutti e tre sono stati "destinati ad altri incarichi", formula burocratica per dire che sono stati fatti fuori.

Diplomatica anche la motivazione, così illustrata dal ministro dell'Interno Claudio Scajola: "Andreassi e La Barbera, da bravi servitori dello Stato, hanno condiviso la necessità che in questo momento gli alti ruoli istituzionali che ricoprono dovessero essere in questo momento lasciati per consentire alla magistratura di svolgere al meglio il suo compito", ha detto. Confermando che la decisione è stata presa per "motivi di assoluta opportunità".

Nessun commento, intanto, dai diretti interessati. "Non dico nulla", ha ribadito Colucci continuando a trincerarsi dietro a un rigoroso riserbo. Muti anche La Barbera e Andreassi. Sorpresa per il braccio destro di De Gennaro, il cui nome, nei giorni scorsi, sembrava essere scampato alla bufera.

Come annunciato, dunque, Scajola ha deciso di adottare la linea dura: punire i vertici per le violenze degli agenti, in modo da allontanare dal governo ogni sospetto su una gestione dell'ordine pubblico che aveva scatenato feroci polemiche. Lo ha fatto con cautela, anticipando i suoi intenti al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, dal quale sarà ricevuto domani.

La sua decisione potrebbe comunque avere conseguenze serie, negli equilibri interni alla polizia. Andreassi e La Barbera, soprattutto, sono considerati strettissimi collaboratori del numero uno Gianni De Gennaro. Non è escluso che anche la poltrona del capo della polizia possa tremare.

(2 agosto 2001)

L'esplosione è stata preceduta da una telefonata anonima
Lo scoppio a mezzanotte in un quartiere affollato di pub


Autobomba a Londra
sette feriti lievi

Usati 40 chili di esplosivo. Per Scotland Yard "poteva
essere una strage". Sospetti sugli oltranzisti irlandesi

LONDRA - Almeno sette feriti, negozi devastati, tanta paura: è il bilancio dell'esplosione di un'autobomba che intorno alla mezzanotte ha gettato nel panico un quartiere a ovest di Londra. Secondo fonti mediche dell'ospedale del quartiere di Ealing Brodway, dove è avvenuta l'esplosione, nessuno dei feriti, tra cui una donna poliziotto, è in gravi condizioni.

La vettura, una Saab a cinque porte di colore grigio, imbottita di 40 chili di esplosivo, è saltata in aria a qualche centinaio di metri dalla stazione ferroviaria e della metropolitana di Ealing Broadway, alla periferia occidentale della capitale britannica, teatro nel luglio 2000 di un primo attacco dinamitardo. Una zona piena di pub, ristoranti, locali e negozi aperti fino a tardi: al momento dell'esplosione era infatti affollatissima. "Avrebbe potuto essere una strage", ha detto Scotland Yard.

L'esplosione, avvenuta poco prima di mezzanotte ora locale (l'1.00 in Italia) è stata udita nel raggio di un chilometro ed ha mandato in frantumi molte finestre di abitazioni e vetrine di negozi. Scotland Yard non conferma, ma le modalità dell'atentato ricordano precedenti azioni del sedicente Ira Autentico, gruppo di oltranzisti fuoriusciti dall'Esercito Repubblicano Irlandese perché ostili senza riserve al processo di pace avviato in Ulster con l'accordo del Venerdì Santo '98. Tra le tante azioni intraprese dalla formazione ultra-estremistica la piu' sanguinosa è senz'altro quella di tre anni fa a Omagh, la peggiore strage di sempre in trent'anni di guerra civile nord-irlandese: morirono 29 persone e trecento restarono ferite. L'ordigno della notte scorsa era stato confezionato con esplosivo prodotto in maniera artigianale, analogo a quello impiegato il 4 marzo contro la sede della Bbc, sempre nel settore ovest della capitale.

Una portavoce delle forze dell'ordine ha riferito che poco prima dello scoppio aveva dato l'avvertimento una telefonata anonima dai toni minatori, ma con un'indicazione falsa per depistare la polizia. Nonostante questo, sul posto si sono precipitati decine di agenti e un massiccio contingente di vigili del fuoco. L'intera area è stata chiusa al traffico e isolata con cordoni di sicurezza, anche perché si temeva potesse esservi un secondo ordigno innescato nascosto da qualche parte. Tuttora la zona è isolata. I danni materiali sono ingenti, e per la forza d'urto della deflagrazione si è rotta una conduttura dell'acqua, che ha allagato la strada principale del quartiere.

Dal Messico, ove si trova in visita, il premier britannico Tony Blair ha liquidato "la violenza di ogni genere" come "sbagliata, priva di senso e inutile". A sua volta il pari grado della Repubblica d'Irlanda, Bertie Ahern, ha "condannato senza riserve" l'accaduto. "Atti del genere", sottolinea in un comunicato ufficiale Ahern (che insieme a Blair ha appena consegnato ai partiti aderenti al processo di pace in Irlanda del Nord, di entrambi i fronti contrapposti, un pacchetto di proposte per rilanciare l'applicazione dell'accordo del Venerdì Santo), "non scoraggeranno nessuno dei nostri due governi nè le formazioni politiche favorevoli all'accordo e neppure la stragrande magggioranza della gente che su quest'isola ricerca la pace".

L'anno scorso il primo attentato a Ealing Broadway aveva secondo gli inquirenti lo scopo di mandare all'aria uno spettacolo allestito per celebrare il centesimo compleanno della Regina Madre, in qualche modo presa a simbolo delle istituzioni del Regno Unito; il rituale sembra essere stato intenzionalmente rimesso in scena, giacchè proprio domani la stessa Regina Madre di anni ne compirà 101. Alan Fry, responsabile del dipartimento anti-terrorismo di Scotland Yard, ha detto: "Siamo stati estremamente fortunati perché la notte scorsa qua non c'è stata una vera e propria strage, e nemmeno persone ferite in modo critico". Stando a fonti ospedaliere, davvero la deflagrazione miracolosamente ha avuto effetti contenuti: la lesione più grave riscontrata sulle persone ricoverate era una frattura della clavicola, mentre per il resto nessuno versa in codizioni gravi, e per lo più le ferite sono state causate da schegge o detriti volanti.

(3 agosto 2001)

E' morto a 88 anni il grande narratore di storie brasiliano
ha scritto "Donna Flor" e "Gabriella garofano e cannella"


L'ultimo viaggio di Amado
il cantastorie di Bahia

Ha scelto, ormai malato, di tornare nella sua città
Diceva: "Che ognuno si occupi del proprio funerale"

Se ne è andato. Ha esitato a lungo sul molo. Davanti agli occhi il mare senza ritorno di Yemanjà, sulle cui onde ancora galleggiano i petali di rose caduti dalle corone del carnevale del mare, che la dea, madre dei pesci, sposa dei marinai, verrà a raccogliere a notte fonda emergendo nel chiardiluna con i suoi seni di schiuma, i capelli verdi di sirena, le braccia di corallo e la coda di squame. Alle spalle, la Bahia delle trecentosessantacinque chiese barocche chiuse nel cerchio minaccioso e arrogante dei grattacieli della città moderna.

Se ne è andato per sempre Jorge Amado, cantastorie e simbolo di Bahia. È salpato per l'ultimo viaggio da qui, da questa Baia di Tutti i Santi dove nel 1500 erano approdate le navi della scoperta portoghese e dove lui era tornato da qualche tempo, rinchiudendosi nel suo rifugio del Rio Vermelho, Rua Alagoinhas 33. Le nuove avvisaglie del male cardiaco che da anni lo insidiava gli avevano fatto capire che Parigi, con la casa sul Quai des Celestins dove con Zélia aveva costruito sulla Senna la sua zattera europea, non era più per lui: che era tempo di tornare a casa. Se è vero che ogni brasiliano è come un cinese e solo concepisce di essere seppellito nel luogo dove è nato.

Se ne è andato da questo porto abitato dalle ombre dei suoi personaggi "pastori della notte", dei suoi "ragazzi di spiaggia" preannuncio, alla fine degli anni Trenta, di quei meninos de rua che oggi fanno notizia in ogni parte del mondo.

Se ne è andato in sordina col suo berrettuccio di vecchio marinaio sui candidi capelli, la camicia a fiori e il mezzo sorriso complice e perplesso che è stato il suo lasciapassare in questa sua seconda vita di vecchio comunista a riposo, con ancora tanta voglia di cantare, di inventare, di amare. Non pentito, mai, non rinnegatore di un passato che lo aveva visto ventenne sulle barricate contro ogni ingiustizia e ogni discriminazione. Ma fuori, finalmente, a riposo, osservatore.

L'ultima volta che era venuto a Roma, qualche anno fa, era già stanco, camminava a fatica, diceva di non voler più scrivere, né leggere, solo ascoltare con gli occhi chiusi, mano nella mano, le storie che Zélia, la sua compagna di una vita, sapeva inventare per lui. Eppure nei suoi occhi nerissimi sotto le candide sopracciglia splendeva ancora una luce di amicizia, di ironia, di complicità.

"Domani, aveva detto, mi danno una nuova laurea ad honorem. Mi piace, sono grato agli amici che vogliono dimostrarmi il loro affetto e la loro stima, ma insieme mi fa ridere, come quando in Brasile, mi avevano fatto accademico e io poi, nel 1979, avevo scritto quel terribile libro che anche voi avete tradotto qui, voi traducete tutto, e lo avete tradotto col titolo Alte uniformi e camicie da notte. Proprio così, le alte uniformi non solo dell'Accademia Brasiliana di Lettere, ma anche dell'esercito, marina e aviazione e le camicie da notte dei letti dove si fa, si distrugge e si gode il potere. Tutta la mia vita io ho lottato per la libertà e contro il potere. Tutti i poteri. Perché, l'ho fatto dire a un mio personaggio, io dico no quando tutti dicono sì e lo dicono in coro. Non sono un anarchico, però, e il mio passato lo dimostra".

Questo suo passato Jorge lo aveva raccontato nel 1992 in uno dei suoi ultimi libri, quella Navigazione di cabotaggio che aveva come sottotitolo "Appunti per un libro di memorie che non scriverò mai" e che narrava senza alcuna cronologia, col solo ordine della concatenazione dei ricordi, una vita avventurosa come poche.

Forse nel momento dell'estremo congedo gli si sarà srotolata nel ricordo interno tutta questa vita: dai primi anni a Ferradas, municipio di Itabuna, nel sud della Bahia, dove lui era nato nel 1912, figlio di un commerciante di Sergipe divenuto proprietario terriero in quella regione del cacao che il figlio avrebbe visto mutare e prosperare intorno a sé.

E, nel pensiero, i fotogrammi degli accadimenti reali si saranno mescolati a quelli dell'invenzione fissata in tante pagine di Cacao, suo primo "romanzo proletario", di Terre del finimondo, e di quel Sao Jorge dos Ilhèus che gli italiani conoscono come Frutti d'oro.

Avrà rivisto le sequenze del carcere, nel 1942, dell'effimera gloria di deputato comunista nel 1946. E poi, già con Zélia al suo fianco, l'esilio, il castello degli Scrittori in Cecoslovacchia, la Russia, l'Asia, le traduzioni moltiplicate e il suo nome conosciuto in ogni angolo dei paesi socialisti, gente che saluta, l'ombra di Stalin, il sorriso di Neruda. E poi la grande delusione, il ritorno, la pausa e il ritorno alla letteratura. Ma questa volta con una folla di personaggi complici, stregoni negri, turchi ingegnosi, immigrati italiani e tedeschi, donne di vita affettuose e "colonnelli" spietati delle terre del cacao, ladruncoli e barattieri, marinai attaccabrighe e avventurosi.

Ma soprattutto mulatte brunorosate, donne sensuali, e appetitose, indipendenti e coraggiose come Gabriela, Teresa Batista stanca di guerra, Tieta dell'Agreste e Donna Flor con i suoi due mariti: personaggi di fantasia più reali dei tre milioni di abitanti che oggi popolano questa vecchia capitale del Nord e personaggi variegati che negli anni sono venuti sovrapponendosi, ma senza cancellarli, agli eroi, tutti di un pezzo, dei primi romanzi impegnati.

Ero a Bahia solo due settimane or sono. Nella casa di rua Alagoinhas Zélia non mi ha più lasciato vedere Jorge. Mi ha portato dalla stanza accanto un libro dove lui aveva scarabocchiato una dedica "con tanto amore" per la sua amica di tanti anni.

Ora che il Vecchio marinaio è partito per sempre, c'è il pianto sommesso di Zélia e di Paloma, di Joao Jorge e degli amici più stretti nel rifugio-museo di Rio Vermelho, e c'è l'abbassabandiera sull'ufficiale, azzurra Casa di Jorge Amado sulla piazza del Pelourinho, cuore di Bahia. C'è la "festa" sincretica, mezzo rito cattolico e mezzo candomblé, preti e maes de santo, sacerdoti e cantori di ogni colore e religione che si snoda come un mesto e complice carnevale per le viuzze della Bahia vecchia, ora tutta ridipinta, ocra e azzurro, per i buoni uffizi dell'Unesco.

Accennano dalle porte dei locali, dove Jorge e Zélia conducevano i loro amici a gustare il vatapà baiano, i proprietari e i camerieri di cantine che si chiamano "Dona Flor" o "Gabriela". Quanto a noi, lo saluteremo da qui con gli occhi lucidi, ma con un sorriso. E ripeteremo l'ultima frase da lui messa in bocca al suo Quincas Acquaiolo, "quando si gettò nel mare di Bahia e partì per sempre, per un viaggio senza ritorno": una frase che "ripetuta di bocca in bocca, rappresentò per gli astanti più che un semplice modo di accomiatarsi da questo mondo, una testimonianza profetica, un messaggio il cui contenuto profondo è ancora tutto da scoprire... Le luci di Bahia brillavano in lontananza, un lampo squarciò l'oscurità, la pioggia cominciò a cadere... In mezzo al frastuono, le onde in furia, l'imbarcazione in pericolo, alla luce dei lampi videro Quincas buttarsi in mare, e udirono le sue ultime parole: "Che ognuno si occupi del proprio funerale. Di cose impossibili non ce ne sono"".

Sarà ancora possibile, da domani, almeno per noi, che abbiamo vissuto con lui e Zélia in quella città, che abbiamo abitato una sua casa sulla spiaggia deserta, nella rua Lagarto Azul 2000, via Lucertola Azzurra, numero 2000, mescolare con tanta gioia fantasia e realtà, consapevolezza politica e tolleranza ecumenica?

Addio, Jorge Amado. E grazie di averci insegnato un Brasile diverso, colorito e umano. Mistirazziale e universale.

(7 agosto 2001)

Il vescovo sposato è stato ricevuto a Castelgandolfo
Nei prossimi giorni forse nuovi contatti con il Vaticano


Il Papa incontra Milingo
"È l'inizio di un dialogo"

Mancano due settimane all'ultimatum per la scomunica
L'alto prelato non vuole divorziare dalla Chiesa

CASTELGANDOLFO - Monsignor Milingo ha parlato con il Papa. Il blitz a Castelgandolfo del vescovo esorcista ribelle, minacciato da scomunica a causa del suo recente matrimonio, sembra quindi aver ottenuto un primo risultato. Che è ben espresso dalle parole di padre Ciro Benedettini, vicedirettore della sala stampa Vaticana: "L'incontro è l'inizio di un dialogo, che si augura possa portare sviluppi futuri", si legge nella breve nota che conferma le indiscrezioni su un faccia a faccia tra il Pontefice e Milingo.

Nuovi contatti tra Milingo e le gerarchie vaticane potrebbero seguire nei prossimi giorni. Lo ha detto Maurizio Bisantis, l'uomo che sta svolgendo per il vescovo le funzioni di portavoce. "Milingo era molto contento e adesso sta pranzando serenamente", ha aggiunto. Spiegando che l'incontro con i Papa avrebbe avuto toni cordiali: "Ma davvero ci vuole lasciare?", gli avrebbe detto Wojtyla alla presenza del suo segretario monsignor Stanislao e del segretario della Congregazione per la dottrina della fede monsignor Tarcisio Bertone. Proprio con Stanislao, in mattinata, Milngo aveva avuto un primo colloquio.

Il colpo di scena nella vicenda dell'ottantunenne vescovo - esorcista africano - che il 27 maggio scorso a New York si era unito in matrimonio col rito della setta del reverendo Moon a una donna coreana di 43 anni, Maria Sung - avviene a due settimane dalla scadenza dell'ultimatum fissato dal Vaticano. Il 20 agosto - data indicata dal cardinale Ratzinger - è l'ultimo giorno utile per una marcia indietro da parte di Milingo prima della scomunica. Milingo però da Washington aveva fatto sapere di "voler rimanere nella Chiesa ed essere accettato come un arcivescovo sposato".

Il vescovo ribelle, infatti, contesta il celibato obbligatorio ma non ha mai manifestato alcuna volontà di divorziare dal Vaticano. "Non è mia intenzione rompere con la Chiesa cattolica - ha detto e ripetuto Milingo - l'unificazione del sacramento del sacerdozio con quello del matrimonio rafforzerà e rinnoverà entrambi".

Nei mesi scorsi i suoi portavoce hanno dato notizia di continue richieste del vescovo alla Santa Sede per ottenere udienza dal Papa. Soltanto dopo le nozze blasfeme a New York, il Vaticano ha confermato di aver ricevuto la richiesta di Milingo per un incontro con il Pontefice. Ma dalla Santa Sede si è fatto sapere di aver provato a rintracciare il vescovo di Lusaka ma senza successo. Ieri invece l'arrivo improvviso a Castelgandolfo, dopo un tour de force aereo Stati Uniti-Milano-Roma.

L'arcivescovo di Lusaka si è presentato al portone del palazzo papale poco dopo le otto di sera ed è entrato in compagnia di una donna, una pittrice sua devota nota nei giri artistici come Vitalba. Ne è uscito verso le nove e mezzo ma, sembra, senza essere stato ricevuto da Giovanni Paolo II. Proprio per questo motivo oggi è tornato.

I collaboratori di Milingo sostengono che il vescovo africano si è detto pronto a riconoscere gli sbagli commessi e disposto agli atti di sottomissione necessari a evitare la scomunica. L'ordine del Vaticano al vescovo ribelle è di "manifestare obbedienza al Papa con un gesto chiaro e inequivocabile".

(7 agosto 2001)

Caccia ai mandanti che avrebbero ordinato gli omicidi
a Pacciani. La polizia batte la pista dei riti magici


Firenze, svolta sul mostro
"Una setta dietro i delitti"

I feticci pagati milioni, perquisite due donne a Genova

FIRENZE - C'era una setta dietro ai delitti del mostro. Un gruppo di diecidodici personaggi insospettabili. Gente potente e protetta che commissionava gli omicidi al gruppo di fuoco e con i feticci delle vittime celebrava riti satanici. Non è più solo una suggestione, ma un'ipotesi di lavoro precisa, scritta nero su bianco su un rapporto appena consegnato dalla squadra mobile di Firenze alla procura.
E' il primo atto ufficiale in cui si descrive dettagliatamente la pista. Il rapporto rilegge e riscrive la storia di sette degli otto duplici delitti del mostro, escludendo dalla serie il primo doppio omicidio, quello dell'agosto 1968. Dunque, una scia di sangue iniziata nel '74 e terminata nell'85, con quattordici vittime, e un elenco di elementi comuni che per gli investigatori collegano gli omicidi ad un'unica ritualità, mai casuale, sempre necessaria per le cerimonie successive della setta di mandanti.

Dopo il rapporto firmato dal capo della squadra mobile Michele Giuttari e consegnato al sostituto procuratore Paolo Canessa, le indagini hanno ricevuto un'accelerazione e nei giorni scorsi sono state eseguite due perquisizioni a Genova a caccia dei primi riscontri. L'ipotesi di lavoro del capo della mobile - padre dell'inchiesta bis sui delitti - rivisita gli omicidi e assegna nuovi ruoli ai protagonisti. Secondo lo scenario degli investigatori, Pietro Pacciani, accusato di aver compiuto gli omicidi e morto (forse ucciso) nel febbraio 1998 in attesa del nuovo processo, Mario Vanni e Giancarlo Lotti (condannati in Cassazione per alcuni dei duplici delitti del mostro) erano soltanto gli esecutori materiali. Sopra di loro avrebbero agito mandanti ricchi e insospettabili, uniti dal vincolo di una setta. Omicidi e feticci in cambio di soldi, tanti soldi. Elemento che spiegherebbe, per gli investigatori, il misterioso patrimonio di Pacciani, contadino per lunghi anni rinchiuso in carcere che però fra 1981 e il 1987 aveva depositato in vari uffici postali circa 160 milioni e acquistato due case.

Il rapporto della squadra mobile si sofferma sulle similitudini degli omicidi, descrivendone la ritualità. Notti senza luna, spesso nel fine settimana, mutilazioni (pube e seno), utilizzo della stessa pistola (la Beretta calibro 22) e lo stesso coltello. Nelle pagine si ricorda anche come Vanni e Pacciani amassero partecipare negli anni '80 a sedute spiritiche e messe nere nella casa del mago Salvatore Indovino a San Casciano, sulle colline di Firenze.
Negli ultimi mesi, in questura sono arrivate alcune lettere anonime ritenute particolarmente interessanti. Nei messaggi si parla di magia nera dietro agli omicidi della calibro 22, si offrono dettagli che solo chi è bene informato può conoscere, e si invita la polizia a cercare una donna genovese (descrivendola, ma senza rivelarne l'identità) che molto saprebbe sulla vicenda. La donna è stata rintracciata a Genova dalla squadra mobile, nei giorni scorsi è stata interrogata, così come la sorella, e i loro appartamenti sono stati perquisiti. Dal faccia a faccia, un indizio: Pacciani frequentava i vicoli di Genova, la zona a luci rosse delle lucciole da marciapiede, fra la fine degli anni '70 e l'inizio degli '80.

Particolare da chiarire: l'ultima di queste lettere anonime è stata consegnata già aperta in questura e in ritardo rispetto al giorno del suo arrivo a Firenze. La procura ha già sentito l'ufficiale di polizia giudiziaria che l'ha ritrovata per primo per chiarire l'elemento. La pista ora è nel mirino dei magistrati e qualcuno ricorda come, circa un anno e mezzo fa, un consulente della procura di Catanzaro, Giuseppe Cosco, esperto in esoterismo, descrisse nel dettaglio il collegamento mostro di Firenzesetta in un articolo apparso sulla rivista "Teologica". Presto comunque scatteranno altri accertamenti, altri ordini di interrogatorio, e probabilmente nuove perquisizioni. E le porte sprangate e i silenzi negli uffici della squadra mobile confermano l'attesa dei nuovi sviluppi.

(7 agosto 2001)

RESPINTA LA DOMANDA A BOMBRESSI PER le polemiche del dopo G8"

ROMA - E' stata respinta la domanda di grazia per Ovidio Bompressi, condannato in via definitiva - assieme ad Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani - per l'omicidio del commissario Luigi Calabresi. Lo ha reso noto, con un comunicato, il ministro di Grazia e Giustizia Roberto Castelli: in pratica, il responsabile del dicastero ha stabilito di non inoltrare la richiesta al presidente della Repubblica, a cui sarebbe spettata la decisione finale.

"Ho ritenuto di non dare corso alla domanda - ha spiegato il Guardasigilli - sulla base del parere negativo espresso dal magistrato di sorveglianza di Massa e dalla Procura generale di Milano. Ma non solo: ho ritenuto inopportuno in un momento come questo, in cui le forze dell'ordine sono criminalizzate in modo indiscriminato per quanto accaduto nel corso del G8, proporre la grazia per chi è stato giudicato colpevole, dopo ben sette gradi di giudizio, di concorso in omicidio ai danni di un commissario di polizia".

Insomma, una doppia motivazione, giudiziaria ma anche politica. La richiesta di grazia per Ovidio Bompressi era stata
presentata il 12 luglio dello scorso anno Dopo l'acquisizione di pareri (negativi) da parte dei magistrati competenti, due mesi fa il precedente ministro della Giustizia Piero Fassino aveva deciso, al termine della legislatura, di rinviare la decisione al successore.

Ed è proprio Fassino, oggi, ha spiegare la sua decisione: "Non ho sottoposto al Presidente della Repubblica la proposta di grazia per Ovidio Bompressi perché l'attività istruttoria, da me avviata immediatamente dopo aver ricevuto la domanda di grazia, aveva registrato i pareri negativi della magistratura di sorveglianza e della Procura generale di Milano. Ed è regola generale che il Ministro della Giustizia non inoltri proposte di grazia al Capo dello Stato, quando tutte le autorità giudiziarie interessate sono contrarie".

La decisione odierna ha scatenato immediate reazioni nel mondo politico. "Purtroppo si conferma che il Ministro di Grazia e Giustizia è il coerente rappresentante di quello statista italiano, attualmente autorevolissimo esponente del governo, che ebbe a dichiarare 'meglio Milosevic che Culosevic' dove naturalmente Culosevic ero io" ha quindi commentato Marco Pannella. "Adesso sorge un problema interessante per i cultori del diritto costituzionale, perché il 'diritto di grazia' è, come è noto, in ultima istanza, sovranamente del Presidente della Repubblica".

Bordate molto pesanti anche dai deputati verdi Marco Boato e Paolo Cento. Il primo ha definito la decisione "un capolavoro di meschinità politica e di irresponsabilità istituzionale". Grave perché il ministro ha, in questo caso, un compito meramente istruttorio e "ancora più grave, al limite dell'incredibile e della provocazione istituzionale, il riferimento ai fatti del G8". Mentre Cento ha parlato di una scelta che "afferma il concetto di una giustizia disumana e vendicativa", con chiaro riferimento ai fatti di Genova.

Ed è proprio il movente di "vendetta" quello che torna più di frequente nelle critiche dell'opposizione. Questo desiderio, infatti, animerebbe la decisione di Castelli, definita "aberrante" dall'ex presidente del Senato, Ersilia Salvato. L'esponente Ds, che da senatrice aveva presentato insieme ad altri colleghi di diversi schieramenti politici la grazia per Adriano Sofri, giudica "grave" il diniego del Guardasigilli. "Il potere di grazia spetta a Ciampi - sottolinea Salvato - e il fatto di non avergli inoltrato l'istruttoria (l'unico compito che spetta la Ministro) non solo è discutibile dal punto di vista formale, ma è mostruoso nella sostanza in quanto giustificato con i fatti di Genova per i quali è al lavoro la magistratura e un comitato parlamentare d'indagine".

Da tempo Bompressi è agli arresti domiciliari, che gli sono stati concessi per motivi di salute.

(8 agosto 2001)

Caduti da un elicottero in fase di atterraggio. Erano alpini
della brigata Taurinense. Rimpatriate le salme


Kosovo, due militari italiani
muoiono in incidente aereo

La Procura militare e quella di Roma aprono inchieste
Il pm Intelisano: "Molti lati oscuri"

PEC (Kosovo) - Due militari italiani in missione di pace sono morti ieri sera in Kosovo in un incidente aereo. Giuseppe Fioretti e Dino Paolo Nigro sono caduti da un elicottero in fase di atterraggio nella città di Morines. "Ci sono molti aspetti da chiarire, diversi lati oscuri" ha detto il procuratore militare di Roma, Antonino Intelisano, che ha aperto un'inchiesta per far luce sull'incidente. "La dinamica, per il momento, non è affatto chiara. Cercheremo di far luce con sollecitudine". Un'indagine parallela è già stata avviata anche all'interno delle forze armate. Anche la procura della repubblica di Roma ha aperto un fascicolo, per il momento contro ignoti: l'ipotesi di reato è quella di omicidio colposo.

Le salme dei due militari italiani sono state rimpatriate stasera: ad accoglierle all'aeroporto militare di Ciampino, dove sono arrivate con un C-130 dell'Aeronautica militare italiana proveniente da Dakovica, atterrato alle 21,56, oltre ai familiari delle vittime, alcuni esponenti politici e militari. Da Ciampino le salme saranno portate, su disposizione dell'autorità giudiziaria, al Policlinico "Umberto I" di Roma per gli esami autoptici.

I due militari, appartenenti al terzo reggimento alpini della brigata Taurinense, facevano parte di un plotone che, a bordo di un elicottero del contingente italiano, si stava trasferendo da Dakovica a Morines nel corso di una attività operativa. Fioretti era di Tuscania (in provincia di Viterbo) e Nigro era della provincia di Cosenza. Qualche notizia più chiara sta arrivando ora dal Comandante del Corpo, il Generale Roberto Scaranari, che si trova a Udine per una cerimonia militare.

Nel corso della manifestazione Scaranari ha chiesto un'interruzione, per un minuto di silenzio in memoria dei due alpini morti in Kosovo e ha espresso il cordoglio di tutto il Corpo alle loro famiglie. Anche il ministro Martino ha espresso il profondo cordoglio personale e del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.

I due militari avevano lasciato nello scorso mese di giugno la caserma "Berardi" di Pinerolo. Il Reggimento Alpini della Brigata Taurinense, di cui facevano parte, è composta da tutti volontari a ferma prolungata. Giuseppe Fioretti e Dino Paolo Nigro erano in missione da tre mesi.

(10 agosto 2001)

Un uomo si è fatto saltare in aria in pieno centro
quindici morti, tra cui sei bambini, e 90 feriti


Uomo-bomba in pizzeria
è strage a Gerusalemme

Il locale appartiene alla catena "Sbarro"
Un attentato rivendicato dalla Jihad e da Hamas

GERUSALEMME - Una bomba all'ora di pranzo, in pieno centro di Gerusalemme da "Sbarro", una delle pizzerie fast-food più affollate di Jaffa Street. Una bomba portata da un attentatore suicida che si è fatto saltare in aria. L'ultimo bilancio della Radio militare israeliana è pesantissimo: 15 morti (compreso il terrorista) e 90 feriti di cui dieci gravi. Tra le vittime, sei bambini. Sul numero delle persone rimaste uccise, durante tutta la giornata, sono circolate notizie diverse: il dato è salito fino a 19 morti, poi, per fortuna, nelle ultime dichiarazioni ufficiali del governo, è sceso di nuovo a 15.

Non è ancora chiaro chi abbia progettato l'attentato, rivendicato prima dalla Jihad islamica poi dal movimento Hamas, ma entrambi i gruppi hanno detto di aver agito per vendicare la morte di tanti fratelli palestinesi per mano degli israeliani. Immediatamente è partito un coro unanime di condanne all'attacco. Tra i primi a far sentire la sua voce, il leader palestinese Yasser Arafat.

L'attentatore è entrato nella pizzeria della catena italo-americana affollata di impiegati e famiglie intorno alle 14, nel momento di massima affluenza; aveva con sé un potente ordigno riempito di chiodi e lo ha fatto esplodere tra i tavoli.

"Tutti i vetri sono andati in pezzi", ha raccontato Eliezer Vanzorai, un ragazzino di 16 anni scampato alla strage. "Ho visto due persone morte", ha proseguito, "una aveva il cervello che usciva da una ferita, l'altra perdeva sangue dal naso".

Altrettanto terribili gli altri racconti. "La cosa più tremenda che ho visto, e che non dimenticherò per tutta la vita, è un bambino seduto in passeggino fuori da un negozio: era morto e la madre poco dopo è uscita e ha cominciato a urlare", ha raccontato Naor Shara, un militare che si trovava a passare accanto al ristorante quando c'è stata l'esplosione.

Del locale non resta più nulla, solo pezzi dell'insegna tricolore: bianca, rossa e verde come la bandiera italiana, "logo" della catena statunitense di pizzerie. I rabbini hanno raccolto brandelli di carne sparsi ovunque, tra i corpi straziati che ancora giacevano per terra, una scena che ormai è diventata quotidiana in Israele.

L'attentato di oggi è stato il più sanguinoso dopo quello del primo giugno a Tel Aviv: un attentatore suicida si fece saltare in aria fuori da una discoteca e nell'esplosione morirono 21 ragazzi.

Un episodio, quello di oggi, che potrebbe aver messo la parola fine a qualsiasi tentativo di riportare le trattative di pace fuori dal binario morto in cui sono da mesi e dare finalmente attuazione al piano Mitchell.

Arafat ha subito condannato l'attentato e ha chiesto l'ennesima dichiarazione congiunta con Israele per un nuovo cessate-il-fuoco, a partire già da domani. Ma il governo del primo ministro Ariel Sharon sembra tutt'altro che intenzionato a concordare una tregua.

Sharon ha immediatamente riunito il gabinetto di sicurezza per decidere la rappresaglia che si preannuncia durissima. Dalla sua, il premier israeliano ha la riprovazione generale per l'attacco contro civili inermi: il presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha chiesto ad Arafat di intervenire con forza per arrestare i responsabili e impedire che si ripetano in futuro azioni terroristiche. "Deploro e condanno con forza l'attentato di oggi a Gerusalemme", ha affermato ancora Bush, "con atti codardi come questi non si ottiene niente: l'assassinio deliberato di civili fa orrore a tutti".

Dure dichiarazioni di condanna all'attentato sono arrivate da tutto il mondo, dalla Russia alla Francia, dall'Unione Europea al segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan. Per l'Italia, sia il presidente Carlo Azeglio Ciampi sia il ministro degli Esteri Renato Ruggiero hanno chiesto la fine delle violenze e la ripresa del dialogo.

Ma in alcuni campi profughi palestinesi in Libano la gente ha festeggiato l'attacco di Gerusalemme. Ad Ain el Helo, il più grande dei villaggi abitati da fuoriusciti, numerosi giovani hanno cantato e ballato in segno di giubilo.

(9 agosto 2001)

Il piano prevede il disarmo dei guerriglieri
E domani la Nato decide sull'invio di 3500 militari


Skopje: firmata la pace
tra albanesi e macedoni

Anche l'Uck accetta l'accordo:
consegna delle armi entro 15 giorni

SKOPJE (Macedonia) - Una firma per la pace, dopo sei mesi di guerriglia. Alla fine, macedoni e albanesi, riuniti attorno al tavolo delle trattative, hanno raggiunto l'accordo: alle 17 e 23, nell'ufficio del presidente macedone, Boris Trajkovski, il governo di Skopje e i partiti albanesi hanno siglato l'intesa. Per ora, non sono stati forniti ulteriori dettagli, ma il piano dovebbe essere incentrato su tre punti principali: l'integrità dello stato macedone, la concessione di più diritti alla minoranza albanese (che rappresenta il 25 per cento della popolazione) e il disarmo della guerriglia.

Un accordo accettato anche dai guerriglieri albanesi dell'Uck, stando alla notizia data dalla televisione privata macedone "Sitel". In particolare l'Uck ha accettato di consegnare le armi alla forza di pace che la Nato invierà in Macedonia. I guerriglieri, secondo la fonte, si sarebbero detti disponibili al disarmo entro 15 giorni.

Vogliono però vedere da subito le prime applicazioni del documento firmato oggi, e conoscere i termini dell'amnistia, che secondo fonti informate riguarderebbe tutti i guerriglieri non suscettibili di incriminazioni da parte del Tribunale penale internazionale.

E domani a Bruxelles si riuniranno gli ambasciatori della Nato per discutere dell'eventuale invio in Macedonia di una forza di pace. Il segretario generale dell'alleanza, George Robertson, riferirà in merito agli ultimi sviluppi della situazione. Se ci saranno rassicurazioni sulla effettiva volontà di rispettare il cessate-il-fuoco e sul disarmo dell'Uck, la Nato invierà nella regione 3500 militari, di cui 400 italiani.

(13 agosto 2001)

L'anticolesterolo Lipobay sarebbe il farmaco
responsabile dei decessi in tutto il mondo


La Bayer ammette
"Sono 52 i morti"

LEVERKUSEN (GERMANIA) - Meno di una settimana fa il ritiro del farmaco anticolesterolo dal mercato. Oggi l'ammissione che la cerivastatina, la sostanza presente nel farmaco venduto dalla Bayer in tutto il mondo, ha causato almeno 52 decessi. Tre i medicinali italiani che contengono la sostanza sotto accusa: Lipobay, Cervasta e Stativa. Un colpo per la casa farmaceutica che scoprì l'aspirina e che è sull'orlo del collasso finanziario.

Il ministero della Sanità italiana aveva ritirato i tre farmaci subito dopo l'annuncio tedesco. Ma per mesi il farmaco ha continuato a essere venduto e prescritto nonostante l'allarme fosse scattato già da tempo negli Usa. Dopo l'annuncio del ritiro dal mercato, l'8 agosto, la Food and Drug Administration, l'ente governativo statunitense preposto alla vigilanza su farmaci e alimenti, aveva infatti espresso soddisfazione. Secondo la Fda la somministrazione del farmaco, chiamato Baycol e approvato negli Usa nel 1997, risulterebbe associata a 31 casi di morte a seguito di rabdomiolisi, una patologia caratterizzata da lesioni dei muscoli che provoca debolezza e lesioni renali. Fino alla morte.

Ben 12 di questi 31 decessi riguarderebbero pazienti che assumevano contemporaneamente un altro farmaco anticolesterolo, il Gemfibrozil. Un miscuglio che risulterebbe letale. E le morti non si contano solo negli Usa: 3 decessi in Spagna e fino a 6 in Germania, oltre a un caso in Francia ancora in fase di valutazione.

Il responsabile della divisione farmaceutica del gruppo Bayer, David Ebsworth, ha affermato oggi in una conferenza stampa che a questo stadio è difficile stabilire con certezza i legami di causalità. Numerosi pazienti sono infatti deceduti dopo aver ricevuto la cerivastatina in combinazione con il Gemfibrozil, ha spiegato Ebsworth. E per il numero uno di Bayer, Manfred Schneider, "è ancora impossibile dire se il medicinale potrà essere rimesso in commercio". Per ora solo il Giappone continuerà a venderlo: nel paese del Sol Levante il Gemfibrozil non è in commercio e il coktail micidiale non è possibile.

Una magra consolazione per i guai della Bayer il cui titolo è crollato in Borsa del 20 per cento in tre giorni. Ma nonostante le gravi difficoltà derivate dal ritiro della medicina, la casa farmaceutica ha dichiarato che "la compagnia non ha bisogno di un salvataggio" e che conta di presentare entro poche settimane i primi risultati della ristrutturazione dell'attività farmaceutica. "La straordinaria serie di infortuni - ha detto Schneider - non minaccia l'esistenza di Bayer".

(13 agosto 2001)

L'ipotesi sulla segreteria lanciata in un'intervista
all'Unità. Commenti positivi da Salvi, Melandri e Mussi


Ds, Giovanni Berlinguer
verso la candidatura

ROMA - Giovanni Berlinguer, fratello di Enrico, potrebbe candidarsi alla segreteria della Quercia in alternativa a Piero Fassino. Lo ha detto in un'intervista al quotidiano l'Unità, spiegando di sostenere "la mozione che comprende anche la sinistra e che rappresenta una sintesi di orientamenti diversi e un programma per tornare a vincere nel quadro dell'Ulivo". Un'ipotesi - quella della sua candidatura, come capo del "correntone" che vede insieme Sergio Cofferati, Antonio Bassolino, Cesare Salvi e la sinistra, che ha già suscitato le reazioni positive di alcuni leader della Quercia, come Giovanna Melandri, Fabio Mussi e Massimo Brutti.

Nell'intervista, Berlinguer si è detto "molto preoccupato per divisioni, personalismi e incoerenze. Due molle spingono il mio impegno: la preoccupazione per un declino che bisogna fermare e la speranza che l'Italia esca bene da questa fase. Penso che il partito debba essere trasformato molto profondamente: molte correnti di pensiero e meno coalizioni di potere". Berlinguer, 77 anni, si è augurato comunque "un dibattito sereno. "Non ho intenzione di impegnarmi contro. Sono pieno di rispetto e di stima per chi ha avuto funzioni politiche in questi anni in una situazione difficile".

E già questa mattina sono arrivate anche le reazioni. Ecco l'ex ministro del Lavoro, Cesare Salvi, che è anche leader della corrente Socialismo 2000: "L'adesione motivata di Giovanni Berlinguer alla mozione congressuale numero 1 e la sua disponibilità all'impegno diretto sono motivo di grande soddisfazione. Ritengo che Berlinguer sarebbe in questa fase un ottimo segretario del partito".

Per Fabio Mussi, ex capogruppo alla Camera, "Giovanni Berlinguer ha una storia a politica ed intellettuale di straordinario valore. Per tutta la sua vita si è mosso tra i grandi problemi del mondo moderno che rappresentano oggi le vere frontiere della sinistra". Anche per Giovanna Melandri, Berlinguer può rappresentare la sintesi tra "più sinistra e più Ulivo", di cui i Ds hanno bisogno. Infine, apprezzamento per l'ipotesi è stata espressa da Massimo Brutti: "E' un'iniziativa positiva perché porterebbe chiarezza".

(18 agosto 2001)

Bis storico di Maranello, campioni piloti e costruttori
Barrichello secondo a Budapest, incomincia la grande festa rossa Schumi da leggenda
Ferrari in cima al mondo

BUDAPEST - Michael Schumacher ce l'ha fatta: è campione del mondo di Formula Uno. La Ferrari è campione del mondo piloti e costruttori. A due mesi dalla fine dei Mondiali, Maranello, per la seconda volta consecutiva, è la regina. Un trionfo totale che solo perché la passione ha bisogno di nomi e volti si incarna in Michael Schumacher e nella gara perfetta di un Mondiale perfetto. Di una carriera perfetta: quarto titolo mondiale. Dietro di lui è arrivato Barrichello, mai come oggi prezioso nel guardare le spalle al tedesco. E' finita così, con la grande festa rossa che parte da Budapest e si allarga in tutta Italia in un agosto a cui i tifosi chiedevano solo questo.

Perché Schumacher questo Gran premio lo ha dominato. Partito in pole (strepitosa, da record, resterà nella storia) è rimasto in testa cedendo il comando solo per i pit stop fisiologici. Lui davanti, Barrichello subito dietro a controllare gli assalti. Pochi e poco pericolosi, in verità.

E pensare che qualche preoccupazione - più di tipo scaramantico che tecnico - Schumi ai tifosi l'aveva data finendo fuori pista nel giro di pre-ricognizione che prima di ogni Gran premio tutte le scuderie fanno svolgere alle loro monoposto per raggiungere lo schieramento di partenza.

Tecnici subito al lavoro e unica conseguenza un uitardo nell'allineamento di partenza. Luce verde e Schumi vola via, Barrichello passa la McLaren di Coulthard. Seguono la Williams di Ralf Schumacher, poi Trulli e Hakkinen che perdono subito terreno nei confronti dei primi tre. La Jaguar di Irvine va fuori.

Solo Coulthard ha cercato di rendere meno scontata la corsa. Ma dopo aver registrato i giri più veloci nei primi quattro, si è dovuto arrendere. Nell'undicesimo, dodicesimo e quattordicesimo giro Schumi segna un record dopo l'altro e scende fino a 1'18"256. Fatto sta che a metà della gara, il ferrarista ha più di 12 secondi di vantaggio da Coulthard.

Poi incomincia la girandola dei pit stop. Schumacher è rimasto in testa dopo che tutti i piloti di testa si sono fermati ai box. La McLaren di Coulthard fa un rifornimento più veloce della Ferrari di Barrichello, passa la rossa del brasiliano piazzandosi al secondo posto. Provvisorio.

Anche il secondo pit stop è favorevole a Schumi. Sempre in testa. Il momento decisivo della gara è tra il giro 51 e 54. Il ferrarista si ferma ai box, ci resta per 8", quando esce è terzo, dietro a Coulthard e Barrichello. Tre giri dopo, tocca allo scozzese fermarsi. Problemi ancora e sempre con il bocchettone della benzina (la maledizione della McLaren). E schumi torna in testa.

Poco dietro Hakkinen tallona Ralf Schumacher per il quarto posto. Finiti i tempi in cui il finlandese era il re della Formula 1.

A venti giri dalla fine, a quattro Gran premi dalla fine del Mondiale, la Ferrari ha virtualmente in mano il titolo piloti e costruttori. Il divario tra Schumi e Coulthard, sempre guardato a vista da Barrichello è sui sette secondi, sempre intatto. Il count down verso la fine si risolve in qualche attacco a Rubinho che serve a Coulthard solo per dargli la certezza di aver fatto il proprio dovere fino alla fine. Perché ormai Schumi ce l'ha fatta.

(19 agosto 2001)

Nei prossimi giorni partiranno gli avvisi di garanzia
Coinvolti 140 funzionari e agenti dell'irruzione alla Diaz


G8, nel registro degli indagati
i primi 20 poliziotti del blitz

GENOVA - Partiranno gli avvisi di garanzia per i funzionari e i poliziotti che, nella notte fra il 20 ed il 21 luglio, fecero irruzione alla scuola Diaz trasformata in un dormitorio e nell'edificio utilizzato dal Genoa Social Forum come quartier generale. I primi riguarderebbero una ventina di persone. I giudici genovesi hanno deciso di vederci chiaro su quell'operazione alla fine della quale una sessantina di persone finirono in ospedale piuttosto malridotte e per questo hanno deciso di indagare per lesioni.

Gli avvisi di garanzia non riguarderanno in blocco tutte le 140 persone che quella notte entrarono nella scuola ma, al contrario, i magistrati sembrano intenzionati di agire a scaglioni e, secondo la Procura, gli avvisi di garanzia partiranno "secondo le necessità delle indagini".

I giudici dunque cercheranno di capire se, come denunciato dai ragazzi che dormivano nelle due scuole e da molti cittadini attirati in piazza dalle urla che provenivano dalla scuola, i poliziotti si sono lasciati andare a dellle violenze gratuite e cercheranno di ricostruire la verità su quell'operazione che è costata il posto al questore di Genova, al vice capo della polizia e al capo dell'antiterrorismo.

Ma i problemi per la polizia non sono finiti. Da Atene arriva la notizia che un cittadino Greco ha denunciato alla magistratura le forze dell'ordine italiane per il trattamento subito al momento dell'attracco ad Ancona del traghetto sul quale viaggiava il 18 luglio e che trasportava gli anti G8 greci in Italia. I greci furono caricati e ci furono degli scontri con le forze dell'ordine. Il greco, che ha sporto denuncia, sostiene di aver riportato "ematomi sulle spalle e fratture al torace".

Panayotis Angelopoulos, procuratore del Pireo - a sud ovest di Atene - ha avviato un procedimento nei confronti delle forze di polizia italiane. Secondo fonti giudiziarie, il procuratore avrebbe l'intenzione di perseguire, oltre agli esecutori materiali del gesto, anche "tutti coloro che hanno dato l'ordine ai poliziotti di agire in quel modo e che hanno, pertanto, la responsabilità morale e politica di quanto accaduto".

(21 agosto 2001)

Il Consiglio atlantico ha autorizzato oggi
la raccolta delle armi dei guerriglieri Uck


Macedonia, sì della Nato
alla missione di disarmo

BRUXELLES - Il Consiglio atlantico ha autorizzato oggi l'avvio della missione Nato per la raccolta delle armi dei ribelli albanesi in Macedonia. Lo annuncia un comunicato dell'Alleanza atlantica diffuso a Bruxelles.

"Alle 12 di oggi - si afferma nella breve nota della Nato - il Consiglio atlantico ha dato il proprio avallo alla direttiva esecutiva che autorizza il comandante supremo delle forze alleate in Europa, generale Joseph Ralston, a emettere l'ordine di attivazione per l'operazione Raccolto essenziale".

I 19 Paesi dell'Alleanza avevano tempo fino alle 12 per presentare eventuali obiezioni alla missione, che prevede il dispiegamento di 3.500 soldati, ma nessuno ha espresso parere contrario. Il ministro della Difesa britannico ha immediatamente annunciato la partenza di 700 paracadutisti. Alla missione parteciperanno anche
700 militari italiani >, 450 operativi e il resto di supporto logistico.

(22 agosto 2001)

Scuotono le Nazioni Unite le accuse sui festini a luci rosse
dei soldati del contingente internazionale


Caschi blu e baby-prostitute
l'Onu apre una inchiesta

L'associazione dei genitori
dei soldati: "Intervenga Ciampi"

PADOVA - Scuote il Palazzo di Vetro lo scandalo delle baby prostitute "noleggiate" durante la missione di pace in Africa orientale dai caschi blu di vari Paesi, Italia compresa.

Ieri, infatti, l'Onu ha annunciato una commissione d'inchiesta da parte della locale missione "con il compito di far piena luce su avvenimenti e responsabilità", come ha spiegato Farkhan Haq a nome della struttura per le operazioni di pace delle Nazioni Unite. "Prendiamo molto seriamente queste accuse - ha aggiunto - anche se per il momento non si sa nulla di più di quanto è stato finora scritto sui giornali". Haq ha ricordato che "quando nella scorsa primavera è scoppiato un caso simile sempre in Eritrea e che coinvolgeva soldati del contingente olandese, la commissione era formata esclusivamente da funzionari delle Nazioni Unite".

Tuttavia è ancora presto per sapere quali caratteristiche avrà la commissione d'inchiesta, cioè se sarà costituita solo da funzionari dell'Onu o includerà anche inquirenti rappresentanti le autorità eritree. Lo scandalo ha attirato anche l'attenzione di giornali e agenzie straniere, che ieri hanno intervistato il procuratore padovano Maurizio Block, e rimbalzando a livello internazionale rischia di avere effetti devastanti sulla credibilità dei caschi blu.

Ieri, nel quasi totale silenzio del mondo politico, l'unica voce forte è stata quella del Angesol, l'Associazione dei genitori dei soldati in servizio obbligatorio di leva, che ha inviato una lettera aperta al ministro della Difesa e al presidente della Repubblica, chiedendo l'intervento del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. "Si ripete - scrive l'Angesol - quanto già accaduto in Mozambico, Somalia, Bosnia e pare anche in Kosovo. Che siano coinvolti proprio coloro che dovrebbero portare la cosiddetta pace, l'ordine, è degradante; che poi si tratti, in questo specifico caso, di un solo militare italiano, è poco credibile ma poco importa. Non è tuttavia credibile - prosegue la lettera - che gli alti comandi militari fossero all'oscuro, perché quando vogliono sanno tutto di tutti: e come mai in questo caso non sono intervenuti? Non sono complici?".

Un interrogativo per ora senza risposta. A comandare il contingente italiano, formato da circa duecento uomini, era il colonnello dell'Aeronautica Maurizio Salvadorini. Dall'inchiesta è emerso che molti dei militari italiani coinvolti furono privati della libera uscita, provvedimento disciplinare che confermerebbe come i vertici fossero almeno in parte al corrente di certi episodi.

Ai weekend "a luci rosse" avrebbero partecipato molti degli oltre quattromila militari di vari Paesi comandati dal gen. olandese Patrick C. Cammaert e inviati sul posto per garantire la difficile pace tra Etiopia ed Eritrea. Degli incontri sessuali, anche con bambine di 1011 anni, che le stesse famiglie offrivano ai militari in cambio di pochi dollari, esiste un video filmato da soldati danesi.

L'unico indagato in Italia, per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, è un sergente maggiore della Croce Rossa di origine toscana e di circa quarant'anni. La Croce Rossa ha già ricevuto una richiesta dati dagli inquirenti e quindi forse non tarderà a prendere provvedimenti, come promesso da Maria Pia Garavaglia, presidente generale della Cri.

(25 agosto 2001)

A Piazza Affari il Mibtel chiude a meno 1,87%
Il Numtel lascia sul terreno il 3,42%


Giovedì nero per le Borse
Milano ai minimi dell'anno

Arretra Wall Street sui dati negativi di consumi e sussidi
di disoccupazione. Il Dow Jones chiude in perdita dell'1,69%

MILANO - Crolla Wall Street: al termine della giornata di contrattazioni il Dow Jones che, a metà giornata toccava i 10 mila punti, chiude in perdita dell'1,69%. In discesa libera anche il Nasdaq che chiude con un calo del 2,79%. E peggiorano le Borse europee, cui il taglio di un quarto di punto dei tassi deciso questa mattina dalla Banca centrale europea, non ha dato nessun aiuto. Le piazze del Vecchio continente si attendevano dalla riunione di Francoforte un intervento più sostanzioso sulla scia delle ripetute prese di posizione messe in atto negli scorsi mesi dalla Federal reserve americana. E Piazza Affari chiudere la seduta sui nuovi minimi dell'anno e degli ultimi 20 mesi. A Piazza Affari il Mibtel ha chiuso con una perdita dell'1,87 per cento, a 24.649 punti, il Mib30 il 2,16 a 34.820 punti e il Midex l'1,29% a 27.863 punti. Il Numtel, l'indice del Nuovo mercato ha lasciato sul campo il 3,42 per cento.

A deprimere i mercati continentali sono i titoli tecnologici. Giù anche i telefonici i media, i farmaceutici e gli alimentari.

Si chiude una giornata difficile per Wall Street. Il dow Jones ha perso l'1,69%. Il Nasdaq va anche peggio (il calo è del 2,79%). Ad affondare Wall Street sono stati i dati economici poco incoraggianti e le notizie sul fronte societario decisamente negative. Le spese per i consumi in luglio hanno segnato un incremento dello 0,1 per cento, il più basso dallo scorso ottobre, sebbene il reddito personale sia salito dello 0,5 per cento.

Gli economisti sperano che nei prossimi mesi i maxi rimborsi fiscali decisi dal governo ridiano vigore alle spese degli americani, ma vi è comunque preoccupazione. Un calo ulteriore dei consumi provocherebbe un peggioramento del quadro generale, già di per sé deteriorato. Negativa anche la situazione sul fronte occupazionale, con le richieste di sussidi di disoccupazione per un periodo prolungato che hanno raggiunto il livello più alto degli ultimi 9 anni.

Le notizie societarie peggiori sono arrivate ancora una volta dal settore hi-tech. Il gigante dell'informatica Sun Microsystems, ha annunciato che il trimestre in corso si chiuderà con perdite operative, mentre prima si aspettava un pareggio di bilancio.

(30 agosto 200