GIUGNO 2001
Nkosi Johnson aveva 12 anni ed
era sieropositivo dalla nascita
L'anno scorso intervenne alla conferenza mondiale di
Durban
Morto
il bimbo sudafricano
simbolo della lotta all'Aids
JHOANNESBURG - Era diventato il simbolo della
lotta all'Aids nel suo paese, quel Sudafrica dove
combattono la malattia quattro milioni di sieropositivi e
dove l'epidemia potrebbe colpire sette milioni di
persone. Ma oggi il dodicenne Nkosi Johnson è morto, ha
smesso di lottare, il suo giovane cuore si è arreso.
Nkosi era nato sieropositivo, sua madre gli aveva
trasmesso il virus e per anni, sfidando le previsioni dei
medici, aveva tenacemente resistito alla malattia. E la
sua battaglia era diventata un simbolo di speranza e lui
una voce dei malati del grande paese africano, punta
estrema di un continente che l'Aids sta devastando.
Nessun ruolo ufficiale per il piccolo Nkosi ma solo un
incarico informale che il leader nero Nelson Mandela gli
aveva di fatto dato e che ebbe come momento più alto la
partecipazione del piccolo ammalato alla conferenza
mondiale sull'Aids di Durban dello scorso anno. In
quell'occasione il bimbo, attirando le attenzioni di
medici, politici e giornalisti, chiese al mondo intero
che gli ammalati di Aids fossero trattati come persone
normali, e al presidente del suo Paese, Thabo Mbeki, di
consentire che il costoso farmaco anti Aids AZT fosse
distribuito alle donne incinte.
Un piccolo personaggio il bimbo sudafricano sul quale si
erano appuntate anche malevole campagne di stampa. Appena
ieri la madre adottiva, Gail Johnson, aveva dovuto
convocare una conferenza stampa per ribattere alle accuse
di un medico, pubblicate dal quotidiano "The
Sowetan", secondo cui Nkosi non stava affatto male,
tanto che avrebbe potuto andare a scuola. Ma la madre
adottiva - aveva detto il medico - non lo faceva uscire
di casa perché era diventato una fabbrica di soldi,
grazie alle donazioni di Organizzazioni non governative
di lotta all'Aids create in suo nome. "Mio figlio è
moribondo - ha detto ieri indignata la signora Johnson -,
è ridotto pelle e ossa, pesa dieci chili". Stamane
la morte lo ha colto nel sonno.
(1 giugno 2001)
Secondo la relazione tecnica
del ministero del Tesoro
bisogna intervenire su sanità, pensioni e acquisti di
beni e servizi
Conti
pubblici
a rischio manovra
In calo la spesa
per le pensioni
ROMA - Tre cose da fare e un rischio dietro
l'angolo: quello di dover fare i conti con un
"buco" di 10mila miliardi nei conti pubblici.
Trova conferma nella ricognizione tecnica effettuata dal
Tesoro, e firmata dal ministro Vincenzo Visco. Un
documento che fissa i tre interventi per mettere a posto
i conti della finanza pubblica. "La realizzazione
degli obiettivi di finanza pubblica per il 2001 è
possibile - si legge nel documento inviato alla
presidenza del Consiglio - ma richiede il proseguimento
di un'azione su acquisti di beni e servizi, sulla spesa
sanitaria e sulle vendite di immobili". Altrimenti,
è l'avvertimento al nuovo governo, "potrebbe
verificarsi un debordo dell'ordine di 10.000
miliardi". Anche perché il rallentamento
dell'economia potrebbe deprimere il gettito tributario.
Per ora le conseguenza sono state poco percepibili ma,
sul fronte delle entrate, si attendono già effetti
negativi sulle previsioni del gettito Iva e delle accise,
"in relazione alla domanda interna in possibile calo
rispetto alle previsioni".
Vendita immobili. La campagna di dismissioni del
patrimonio immobiliare pubblico dovrebbe fruttare al
Tesoro a fine anno 2.500 miliardi in meno rispetto agli
8.000 miliardi previsti. "Per avere di più - si
legge nella ricognizione tecnica - occorre riprendere il
governo delle procedure, rafforzare il coordinamento
interministeriale e prendere qualche decisione
amministrativa".
Stipendi. La spesa per il personale del settore statale
rischia di sfondare di 1.500 miliardi le previsioni.
L'onere aggiuntivo, sempre secondo la relazione tecnica,
potrebbe essere provocato dall'imminente rinnovo del
contratto del personale del comparto sanità non
dirigente e dagli effetti della sentenza della Corte
costituzionale che ha riconosciuto il diritto alla
corresponsione di interessi e rivalutazione monetaria
sulle somme liquidate del comparto ministeri per
l'effetto dell'inquadramento definitivo nelle qualifiche
funzionali.
Pensioni. La crescita della spesa per le pensioni
"potrà essere inferiore a quanto previsto",
con un risparmio di circa 2.000 miliardi. Un risparmio
che, spiega la relazione, potrebbe essere neutralizzato,
almeno in parte, "da una maggior crescita, rispetto
alle previsioni, delle altre spese per le prestazioni
sociali".
Privatizzazioni. L'effetto delle privatizzazioni sullo
stock del debito pubblico, originariamente stimato dal
Dpef in 65.000 miliardi, registra ad oggi un ritardo di
circa 20-24.000
miliardi. "Ove a fine anno le privatizzazioni
rimanessero al livello attuale - si legge nella
ricognizione tecnica - l'effetto aggiuntivo sulla spesa
degli interessi potrebbe quantificarsi in 1.000
miliardi".
(2 giugno
2001)
Los Angeles, una giuria
condanna la Philip Morris
a pagare oltre 3 miliardi di dollari
Fumo,
risarcimento-record
seimila miliardi a un malato
La somma andrà a
Richard Boeken, un uomo di 56 anni
che soffre di cancro ai polmoni e al cervello
LOS ANGELES - Una giuria di Los Angeles ha
ordinato ieri sera alla Philip Morris di risarcire con
oltre 3 miliardi di dollari (quasi 6.500 miliardi di
lire) un uomo di 56 anni malato di cancro. Nel processo
la vittima ha accusato la multinazionale del tabacco di
non averlo adeguatamente avvertito dei rischi che il fumo
comporta.
Richard Boeken, che soffre di cancro al cervello e ai
polmoni, aveva portato in tribunale la Philip Morris dopo
averla denunciata per frode, cospirazione e negligenza.
Chiedendo 12 milioni 370 mila dollari per i danni, e un
risarcimento compreso tra i 100 milioni e i 10 miliardi
di dollari.
L'uomo, che aveva cominciato a fumare Marlboro all'età
di 13 anni, sosteneva di essersi reso conto solo alla
metà degli anni Novanta che il fumo può uccidere.
Diversa, naturalmente, la posizione del team di legali
che difendeva la Philip Morris. Con una linea difensiva
che è quella consueta, adottata dalle multinazionali del
tabacco in casi come questo: il cliente non poteva non
conoscere i rischi a cui andava incontro.
Ma il tribunale di Los Angeles non ha accolto questa
versione dei fatti, dando invece ragione a Boeken. E,
soprattutto, ordinando un risarcimento di proporzioni
davvero enormi, considerato che si tratta di soldi che
andranno a un singolo individuo e non, come è successo
altre volte, ai centinaia di partecipanti a una causa
collettiva.
(7 giugno
2001)
L'incontro con Ciampi è durato
un'ora e mezza
Incarico
a Berlusconi
domani la lista dei ministri
ROMA - Dopo sette anni dalla fine del suo
primo governo Silvio Berlusconi inizia la nuova avventura
a Palazzo Chigi. Oggi, il presidente della Repubblica gli
ha formalmente dato l'incarico di formare il nuovo
governo, incarico che il leader della Casa delle libertà
ha accettato con riserva e promettendo di presentare
entro domani la lista dei ministri.
Berlusconi, con il doppiopetto delle grandi occasioni, è
arrivato al Quirinale alle 19 ed è subito entrato nello
studio del presidente da poco rientrato dal vertice dei
capi di Stato e di governo europei. Ciampi e Berlusconi
si sono chiusi nello studio del presidente e sono rimasti
a colloquio per circa un'ora e mezza.
Intorno alle 20,30 il segretario generale del Quirinale,
Gaetano Gifuni, ha annunciato ai giornalisti che
l'incarico era stato dato. Poco dopo Silvio Berlusconi è
uscito dallo studio per rilasciare una breve
dichiarazione ai giornalisti. "Il presidente della
Repubblica - ha detto il presidente del consiglio
incaricato - conformemente al risultato del voto del 13
maggio, mi ha conferito l'incarico di formare il nuovo
governo e di questo lo ringrazio. Conto di sciogliere la
riserva al più presto, probabilmente entro domani".
(9 giugno
2001)
Belusconi dà a
Ciampi
la lista dei ministri
Fini vicepremier,
a Bossi l'incarico alla Devolution
ROMA - E' fatta. Il governo presieduto da
Silvio Berlusconi è nato, dopo gli ultimissimi ritocchi
alla lista dei
ministri Questa mattina, dopo che
lo stesso Berlusconi ha sciolto la riserva, l'elenco è
stato consegnato dal premier al capo dello Stato, Carlo
Azeglio Ciampi. "Sono molto soddisfatto di essere
riuscito a mettere insieme un'ottima squadra - ha
commentato il nuovo inquilino di Palazzo Chigi,
comunicando ai cronisti i nomi dell'esecutivo - che possa
tenere fede agli impegni assunti con gli italiani, che
possa garantire l'innovazione, la libertà, il benessere
di tutti i cittadini. Ora vado a lavorare". Il
giuramento dei ministri avverrà domani alle 11, al
Quirinale. Mentre la fiducia è prevista per lunedì alle
18, prima al Senato e poi alla Camera.
Ed era un Berlusconi raggiante, quello che si è
presentato ai microfoni per leggere i nomi dei suoi
futuri collaboratori. Accompagnato, fin quasi alla
tribuna, da un Ciampi altrettanto sorridente, che gli ha
stretto a lungo la mano. Poi il premier, come da prassi
istituzionale, ha avuto un colloquio con il presidente
del Senato Marcello Pera, poi col presidente della Camera
Pierferdinando Casini, e ancora col primo ministro
uscente Giuliano Amato. Subito dopo è partito per
Milano, per tornare nella capitale domani mattina per il
giuramento.
Sul piano della rappresentanza politica, va detto che le
poltrone "pesanti" sono in tutto 16: 14 i
ministri "con portafoglio" (Berlusconi ha già
annunciato che al primo consiglio dei ministri varerà
una modifica della legge Bassanini, che ne prevedeva 12,
facendo rientrare di nuovo Sanità e Comunicazioni); la
vicepresidenza del Consiglio, assegnata come da tempo si
sapeva a Gianfranco Fini; e il sottosegretariato alla
Presidenza, che va al fedelissimo Gianni Letta. Facendo
la ripartizione dei sedici ruoli, vediamo che Forza
Italia ne ottiene sei (oltre Letta, Claudio Scajola
all'Interno, Giulio Tremonti all'Economia, Antonio
Marzano alle Attività produttive, Antonio Martino alla
Difesa, Giuliano Urbani ai Beni culturali), An quattro
(oltre Fini, Altero Matteoli all'Ambiente, Gianni
Alemanno alle Politiche agricole, Maurizio Gasparri alle
Comunicazioni), la Lega due, con Roberto Maroni al
Welfare e Roberto Castelli alla Giustizia (a cui però si
aggiunge un altro incarico importante dal punto di vista
simbolico, quello a Bossi come responsabile della
Devolution). Quattro, infine, gli indipendenti: Renato
Ruggiero agli Esteri, Letizia Moratti alla Pubblica
istruzione, Pietro Lunardi a Infrastrutture e trasporti,
il medico Girolamo Sirchia alla Sanità.
Il Biancofiore, in questa lista di ministri
"pesanti", non riceve nulla, ma - oltre ad aver
ottenutoo la presidenza della Camera - può consolarsi
con Rocco Buttiglione alle Politiche comunitarie e con
Carlo Giovanardi ai Rapporti col Parlamento.
Quanto al capo dello Stato, interpellato dai cronisti al
Quirinale, si limita a dire che queste per lui sono
"giornate intense"; per aggiungere poi, tra il
serio e l'ironico, che la giornata è soprattutto
dedicata allo sport.
(10
giugno 2001)
Iniezione letale per il
terrorista di Oklahoma City
l'ultimo messaggio: "Sono padrone del mio
destino"
McVeigh,
condanna eseguita
Bush: "Un atto di giustizia"
TERRE HAUTE (Indiana, Usa) - Timothy McVeigh,
l'autore della strage di Oklahoma City, è stato
giustiziato con un'iniezione letale nel carcere di Terre
Haute nell'Indiana. Il presidente degli Stati Uniti
George W. Bush è intervenuto con una dichiarazione:
"Le vittime dell'attentato hanno avuto non vendetta,
ma giustizia. McVeigh è andato oggi incontro al destino
che aveva scelto per sè sei anni fa".
Si chiude così la storia del più violento atto
terroristico della storia americana. Quella di oggi è la
prima esecuzione decisa da una corte federale dal 1963.
La bomba di McVeigh, reduce decorato della guerra del
Golfo, nel 1995 fece 168 morti, tra cui 19 bambini, e 500
feriti.
Pantaloni kaki, maglietta bianca e pantofole di gomma, il
condannato si è diretto al patibolo. All'esecuzione
hanno assistito una trentina di persone, tra cui parenti
delle vittime, rappresentanti dei media e quattro persone
scelte dallo stesso condannato. Il suo corpo sarà ora
consegnato alla famiglia.
McVeigh ha chiesto di essere cremato e che le sue ceneri
siano conservate in una località segreta. Ha lasciato
come messagio di addio una poesia di William Henley, un
poeta inglese dell'Ottocento: "Sono il padrone del
mio destino, il capitano della mia anima". McVeigh
ha consegnato il testo della poesia scritto a mano da lui
stesso, ma non ha detto una sola parola. Aveva 33 anni.
Secondo uno dei testimoni della stampa, McVeigh è morto
con gli occhi aperti: ha guardato una telecamera
collegata con Oklahoma City e ha guardato i familiari
delle vittime. McVeigh era molto dimagrito, ha detto
un'altra testimone della stampa.
Con il freddo e rituale linguaggio burocratico che usano
in questi casi un responsabile del carcere ha detto che
il condannato è stato calmo e cooperativo per tutta la
procedura. S'è sdraiato da solo sul lettino di morte.
L'endovena, composta da tre potenti veleni, gli è stata
praticata nella gamba destra.
"E' stata una cosa molto difficile da fare - ha
detto ancora il responsabile del carcere - ma il mio
pensiero va ora alle vittime e ai loro familiari".
All'esterno del carcere, dove è imponente lo
schieramento di tv e stampa, si sono radunati circa 200
manifestanti contro la pena capitale e una cinquantina a
favore.
(11
giugno 2001)
Positiva anche la risposta dei
palestinesi alla
proposta di George Tenet, inviato da Washington
Sharon
e Arafat
accettano la tregua
L'accordo dovrebbe
permettere la ripresa di colloqui
sulla sicurezza e aprire la strada a nuove trattative
GERUSALEMME - Israeliani e palestinesi hanno
accettato il piano del direttore della Cia George Tenet,
inviato del presidente americano George W. Bush, per una
tregua dopo più di otto mesi di violenze con i
palestinesi. Lo hanno riferito un portavoce del primo
ministro Ariel Sharon e una fonte americana a Washington.
"Il primo ministro e il ministro della Difesa hanno
concluso un incontro nel quale hanno accettato la
proposta di Tenet, a parte alcune riserve, per un totale
cessate il fuoco bilaterale", aveva detto questa
mattina il portavoce, Raanan Gissin. Gli ha fatto eco
più tardi, nella notte, il consigliere di Arafat, M.
Nabil Abou Roudeina: "Abbiamo trovato un accordo
riguardo alla proposta di Tenet sulla base del rapporto
Mitchell".
Gli israeliani avevano accettato in precedenza le
proposte di Tenet. L'annuncio dell'accordo con i
palestinesi è arrivato invece nella notte e, secondo la
fonte, dovrebbe permettere la ripresa di colloqui sulla
sicurezza e potrebbe aprire la strada a nuove misure per
costruire la fiducia reciproca, e forse in futuro a nuovo
round di negoziati di pace. Anche se Arafat ha dato il
proprio assenso con una riserva: non condivide
l'istituzione di zone-cuscinetto tra il territorio
israeliano e le aree sotto il controllo palestinese.
Del resto, anche il portavoce del primo ministro Ariel
Sharon aveva sottolineato "alcune riserve" da
parte israeliana, ma questo non sembra aver vanificato
gli sforzi del direttore della Cia. Andati a buon fine
dopo un primo round di colloqui che si era concluso senza
risultati; finito, anzi, fra le urla delle rappresentanze
israeliane e palestinesi.
Da parte sua, il funzionario palestinese aveva detto
"accetteremo da Tenet ogni idea che non contraddica
il rapporto Mitchell", facendo riferimento agli
esiti della commissione internazionale che ha indagato
sulle violenze, guidata dall'ex senatore Usa George
Mitchell. E' così è stato: la commissione Mitchell
aveva raccomandato che le due parti ponessero fine alle
violenze per avviare una fase di graduale ricostruzione
dei rapporti, che comprendeva anche il congelamento delle
attività di insediamento dei coloni israeliani in
Cisgiordania e nella striscia di Gaza.
(13
giugno 2001)
Un agente circondato dagli
autonomi ha fatto fuoco
coprifuoco nel centro e vicino alla sede del vertice Ue
Goteborg,
la polizia spara
feriti tre dimostranti
Fermati 600
manifestanti dopo gli incidenti di oggi
I lavori dei Quindici vanno avanti lo stesso
GOTEBORG - Alla fine i nervi hanno ceduto e
sono partiti i colpi di pistola. Tre manifestanti sono
stati feriti da un poliziotto che si era visto
circondato. A Goteborg, dove è in corso il vertice Ue la
situazione è carica di tensione. I cittadini sono stati
invitati con un annuncio radiofonico a non uscire di casa
e comunque sconsigliati dall'avvicinarsi al centro
cittadino, dove continuano i violenti scontri tra
manifestanti antiglobalizzazione e polizia. Sarebbero 600
gli arrestati dopo la prima ondata di violenza degli
autonomi incominciata questa mattina all'apertura del
vertice.
In serata, dopo qualche ora di calma, la guerriglia
urbana è ricominciata nella zona dell'università, a un
paio di chilometri dal palazzo dei congressi dove è in
corso il summit. Un centinaio di poliziotti in assetto
antisommossa si sono ritrovati a fronteggiare 1.500
giovani. In questo frangente ci sarebbero stati i feriti
da arma da fuoco, anche se la polizia non ha ancora
confermato la notizia.
E' stata una giornata nera questa apertura dei lavori
ddei leader dei Quindici che durerà fino a domani. A
causa degli scontri tra manifestanti e forze dell'ordine
i capi di Stato hanno raggiunto il castello dove si è
tenuto il pranzo con il re di Svezia a bordo di pullmann
granturismo, invece che sulle consuete limousine.
E col passare delle ore l'allarme è cresciuto: tanto che
la cena dei Grandi, programmata in un ristorante
cittadino, è stato spostata all'interno del centro
congressi dove si svolge il vertice, una struttura
superblindata controllata da centinaia di agenti. E
questa sera sono stati anche allontanati dai loro
alberghi i funzionari di quattro delegazioni.
La situazione si è fatta critica già dalla mattinata,
quando la Avenyn, il lungo viale che attraversa la
città, è stata devastata dai dimostranti, che hanno
semidistrutto il pian terreno dell'Hotel Radisson e
causato danni a parecchi negozi, ristoranti e locali (tra
cui un McDonald).
I manifestanti - alcune migliaia in
rappresentanza di una dozzina di gruppi
anti-globalizzazione, anti-Ue e anti-Bush - sono arrivati
molto vicini al centro congressi e hanno tirato pietre
contro la polizia, provocando una reazione durissima. Le
forze di sicurezza hanno caricato e sono intervenute con
reparti antisommossa, cani poliziotto e soldati a
cavallo, mentre alcuni elicotteri sorvolavano il centro
della città.
I manifestanti, molto organizzati e quasi tutti con i
volti coperti da passamontagna, hanno eretto barricate,
attaccato due blindati e continuato a tirare pietre. La
conta finale porta a nove il numero dei poliziotti feriti
tra ieri e oggi ma anche i dimostranti parlano di feriti
e contusi tra le loro fila. Durante gli scontri di ieri
c'erano stati 250 fermi.
E mentre in piazza si consumavano gli scontri, il vertice
ha cominciato puntualmente i suoi lavori. Fitta l'agenda
dei Quindici: dall'allargamento dell'Unione europea a
Est, al protocollo di Kyoto, agli orientamenti di
politica economica. Secondo un'anticipazione dell'agenzia
Agi, nel documento finale verrà ribadito che
l'allargamento dell'Unione europea è un processo
"irreversibile"; ma non verrà però indicato
un calendario per l'apertura ai nuovi membri. La Germania
e, in misura minore, la Francia si sono infatti opposte
alla fissazione di scadenze. C'è stata anche, sulla
questione ingresso nell'euro, la richiesta dei
rappresentanti britannici, di un "periodo di
tranquilla riflessione" necessario prima di una loro
decisione definitiva sulla moneta unica.
(15
giugno 2001)
Scene di entusiasmo
indescrivibile nella capitale
E la gioia prende il posto della scaramanzia Il delirio
dopo 18 anni
L'Olimpico
esplode
ROMA Il delirio non si può descrivere, e
all'Olimpico è il delirio ad essere andato in scena. E
allora si può provare a raccontare per spot uno stadio e
una città che hanno visto materializzarsi un sogno,
un'attesa durata 18 anni e un mese finita solo alle 15,19
quando Totti ha scaricato di rabbia alle spalle di Buffon
il pallone della vittoria. A quel punto si è assistito
al fenomeno paranormale del sogno che si trasforma in un
qualcosa di concreto e il delirio prende la forma di una
scena surreale con i giocatori costretti in mutande
quando ancora la partita deve finire mentre intorno i
tifosi giallorossi hanno deciso che basta, 18 anni sono
troppi, non si possono aspettare ancora 3 minuti e
decidono, di abbracciare i giocatori, di spogliarli sotto
lo sguardo inferocito di chi in campo non è sceso.
Un qualcosa che esce da ogni binario di normalità come
la città sonnolenta della domenica percorsa solo da
motorini e auto imbandierate tutte dirette verso lo
stadio, verso il sogno o come la sposa vestita di bianco
che ha scelto la tribuna per festeggiare quello che per
lei certamente sarà "il giorno più bello" con
tanto di foto con un sorridente Franco Sensi.
Gli "amanti della maggica" arrivano presto per
consumare questa festa negata, tenuta sotto traccia ma
viva, vivissima. E guardandoli andare verso i cancelli ci
si chiede come farà l'imponente struttura ad accoglierli
tutti. Arrivano con ogni mezzo, moto, motorini, auto ma
anche camion con altoparlanti. Si sono vestiti da
Batistuta con tanto di mitraglia (giocattolo) sparare da
un'auto decapottabile, hanno indossato delle parrucche di
nylon che nel caldo afoso di oggi solo un grande amore
avrebbe potuto far sopportare. Ognuno di loro ha una
bandiera, una sciarpa, qualcuna anche
della biancheria intima giallorossa.
Hanno invaso l'Olimpico, qualche delinquente ha tentato
di trasformare la festa in un festival del teppismo ma
non ci è riuscito. In tre sono stati arrestati dopo una
carica ma poi ha ripreso il sopravvento la voglia di
risppropriarsi del sogno. Dentro lo stadio la lunga
attesa con il primo boato quando in completo grigio da
ministero più che da campo di calcio la faccia sorniona
di Totti ha fatto capolino fuori dal tunnel. Era il
segnale, si poteva iniziare. Le bandiere (un numero mai
visto) hanno inziato a sventolare e dalle curve si
esprimeva tutto l'immaginario collettivo dei tifosi
giallorossi dal classico "Ave Roma" della curva
Nord ad un più popolaresco "Er core ce se
'nfoca" esposto nella Sud.
Eppure la paura c'era, la convinzione che i
"gufi" avrebbero colpito anche questa volta
aleggiava e ci ha pensato Carlo Zampa ad allontanare le
paure al momento della presentazione della squadra
accolta con un boato mai visto in uno stadio che ha
surclassato anche quello del maggio 1983 una sorta di
esorcismo collettivo, un trito vodoo ripetuto
un'infinità di volta cantando "Roma, Roma" ma
che questa volta assumeva un tono diverso. Poi alle 15,19
Totti, il più amato, "uno di noi" dicono in
curva, cuciva lo scudetto sulle maglie della Roma. E
Montella rifiniva la cucitura alle 15,39. A quel punto i
gufi avevano perso, la tradizione era sconfitta, il senso
di essere perseguitati pure e solo alle 16,25 sul 3 a 0
l'Olimpico ha rotto gli indugi ed ha iniziato a cantare
"vinceremo il tricolor", gli argini della
superstizione, la paura dei "gufi" era ormai
lontana dagli spalti dell'Olimpico: il sogno era
diventato realtà.
I gol ormai erano 4 ma chi se lo ricordava? La partita è
sospesa per dieci interminabili minuti in cui si cercava
di ridare all'Olimpico la veste di un campo di calcio con
Samuel in mutande a cercare una divisa, Antognoli che
rientra verso la sua porta in ciabatte, Totti che tira
bottigliette ai compagni. Ma alla fine, con Buffon che si
fa prestare una maglia dai romanisti e la indossa
rovescita, si riesce a finire e mentre lo stadio canta
"La società de li magnaccioni" la gioia
esplode incontenibile, i giocatori fuggono e i tifosi si
prendono il campo sdraiandosi per terra a baciarlo come
fosse una reliquia e a quel punto l'Olimpico diventa
un'enorme discoteca.
(17
maggio 2001)
L'ordigno incendiario in una
carrozza dell'Eurostar
nei pressi di Modena. Forse il gesto di un folle
Lancia
una bomba nel treno
e si dilegua, nessun ferito
MODENA - Getta una bomba sull'Eurostar
Roma-Milano, provocando un incendio, e si dilegua. E'
successo poco prima delle 18, nei pressi di Modena. Per
fortuna, l'insano gesto non ha avuto conseguenze per le
persone, a parte qualche caso di intossicazione da fumo
(due ragazze sono state portate al pronto soccorso, ma le
loro condizioni non sono preoccupanti). Il capotreno, che
si è accorto in tempo dell'accaduto, ha fermato il
convoglio, consentendo a tutti i passeggeri (circa 550)
di scendere prima che le fiamme potessero minacciarli.
Una delle carrozze, però, ha subito seri danni.
L'autore del gesto, stando all'identikit fornito dai
testimoni, è un uomo giovane, alto, con la barba,
pantaloni a strisce bianco-blu, una felpa con cappuccio e
scarpe da tennis. L'uomo aveva uno zainetto e un
testimone lo avrebbe visto estrarre da lì la bomba
incendiaria prima di lanciarla nella carrozza.
Le ricerche sono estese alle stazioni di Bologna e
Firenze: la speranza è che sia stato ripreso da qualche
telecamera a circuito chiuso. Non sono ancora chiari i
motivi del gesto. Una delle ipotesi è che si tratti di
uno squilibrato.
(17
giugno 2001)
Fece parte della Costituente e
fu ministro degli Interni
in anni molto delicati. Fu tra i fondatori della Dc
E'
morto il senatore Taviani
50 anni al crocevia della politica
In un libro
postumo la sua preziosa testimonianza
Il 30 maggio aveva presieduto la prima seduta del nuovo
Senato
ROMA - Il senatore a vita Paolo Emilio
Taviani, colpito giovedì scorso da un ictus, è morto
stamani all'alba a Roma, nella clinica dove era
ricoverato. I funerali si terranno domani a Roma, alle
11, nella parrocchia di Santa Emerenziana. Una cerimonia
si svolgerà successivamente anche a Bavari, sulle alture
di Genova, dove si trova la casa di famiglia di Taviani.
La camera ardente sarà allestita oggi a partire dalle
ore 13 a Palazzo Madama e rimarrà aperta anche domani
mattina. Il senatore sarà sepolto nel cimitero di Bavari
accanto a uno dei figli e ai genitori.
Il senatore a vita si è sentito male nella sua
abitazione romana giovedì mattina. Immediatamente
ricoverato, in un primo momento è sembrato riprendersi,
ma ieri le sue condizioni sono improvvisamente peggiorate
finendo nel tunnel del coma. Al capezzale di Taviani si
sono riuniti, fino alla fine, i sette figli e alcuni dei
suoi numerosi nipoti. Particolarmente vicino alla
famiglia anche il neo ministro degli interni, l'imperiese
Claudio Scajola, di cui Taviani fu padrino di cresima.
Taviani, era nato a Genova il 6 novembre 1912, laureato
in Giurisprudenza, professore, fra i più giovani, di
Storia delle Dottrine economiche. Nel 1931 si era
iscritto all'Azione cattolica e, nel 1934 era diventato
presidente degli universitari cattolici genovesi riuniti
nel Fuci. Durante la guerra fu capitano in artiglieria,
subì un breve periodo di confino per attività
antifascista e divenne ben presto uno dei capi partigiani
"bianchi" più autorevoli e riconosciuti
dell'Appennino ligure. Comandò, insieme ai partigiani
comunisti e socialisti l'insurrezione di Genova (23-26
aprile 1945).
L'esperienza dell'unità antifascista ha segnato tutta la
successiva esistenza politica di Taviani che, dopo la
guerra, fu tra i fondatori della Dc e, per lungo tempo,
fra gli uomini (come Moro, Andreotti, Piccoli e pochi
altri) che ne stabilivano la linea. Dalla cabina di
comando della Balena bianca e, poi, dalla delicatissima
poltrona di ministro degli Interni, (ricoperta in due
momenti "caldi" dal 1962 al 1968 e, poi, dal
'73 al '74) Taviani ha sempre combattutto i comunisti
rispettandoli profondamente e sempre distinguendo tra lo
stalinismo sovietico e la linea italiana impersonata
prima da Togliatti, poi da Longo e da Berlinguer.
Contemporaneamnte, dall'altra parte, ha saputo tenere
nell'alveo della democrazia le spinte di destra che nella
Dc e in molti settori del suo elettoralto erano presenti
e forti. Con la fine della Dc, Taviani è passato senza
tentennamenti al Ppi schierandosi con il centrosinistra
di cui, in fondo, aveva sempre fatto parte.
Nella sua lunga esperienza politica Taviani si è trovato
all'incrocio delle storie e dei segreti che hanno segnato
mezzo secolo di repubblica italiana.
Ha gestito la prima fase della Gladio e ne ha
probabilmente combattuto le deviazioni ha saputo (o ha
potuto subodorare) cose che in parte ha raccontato e, in
parte, si è riservato di rendere pubbliche dopo la sua
morte.
Di un libro di memorie di Taviani si è molto parlato. Si
sa che ci stava lavorando e che, ultimamente, aveva
accelerato individuando anche l'editore, "Il
Mulino" che già aveva pubblicato scritti di
Taviani. Ora si sa che il testo dovrebbe uscire a
gennaio.
Il senatore si era riproposto di raccontare, in questo
libro, anche cose che non aveva mai voluto dire, neppure
alla Commissione stragi dalla quale era stato sentito in
più occasioni: "Non si tratta di fatti a mia
conoscenza - aveva spiegato - Quelli li ho detti tutti.
Ma di valutazioni e giudizi. Il riserbo era ed è dovuto
alla convinzione che i protagonisti della politica
possano restare degni di rispetto anche quando alcune
posizioni da loro assunte si rivelino poi infondate o
erronee". Alcune delle cose non dette, comunque,
erano anche trapelate, come la vicenda della strage di
piazza Fontana del 12 dicembre 1969. Taviani ne parlò il
7 settembre del 2000 rispondendo alle domande del
maggiore dei carabinieri Massimo Giraudo: "La sera
del 12 dicembre 1969 - aveva raccontato l'ex ministro
dell'Interno all'ufficiale dei carabinieri del Ros - il
dottor Matteo Fusco, defunto negli anni '80, stava per
partire da Fiumicino per Milano, era un agente di tutto
rispetto del Sid con un ufficio in corso Rinascimento a
Roma. Doveva partire per Milano recando l'ordine di
impedire attentati terroristici. A Fiumicino seppe dalla
radio che una bomba era tragicamente scoppiata e rientrò
a Roma".
Negli ultimi anni, Taviani si era occupato più degli
studi colombiani, materia nella quale era considerato uno
dei massimi esperti mondiali, ma non aveva abbandonato
l'impegno politico. L'ultima occasione, poche settimane
fa, il 30 maggio, quando aveva presieduto la prima seduta
del Senato uscito dalle elezioni. Prima di lasciare lo
scranno al neo eletto presidente Marcello Pera, Taviani
aveva ricordato la prima seduta della Costituente, 57
anni fa, alla quale aveva preso parte. "Dopo la dura
lotta contro l'invasione nazista - disse Taviani - si
doveva rinnovare la struttura dello Stato: costituire la
Repubblica. Fu allora che sancimmo, nella prima parte
della Costituzione, tre valori fondamentali ed essenziali
dello Stato democratico: la libertà, l'uguaglianza, la
solidarietà".
(18
giugno 2001)
Skopje, la violenta protesta è
scoppiata questa sera
La gente chiede le dimissioni del Capo dello Stato
Macedonia,
manifestanti
irrompono in Parlamento
SKOPJE - Una violenta protesta è scoppiata
questa sera davanti al Parlamento di Skopje. Tra i
manifestanti macedoni, che hanno sparato in strada e
hanno fatto irruzione nell'edificio, ci sono molti
poliziotti dei reparti speciali e riservisti. Tutti
accusano il capo dello Stato, Boris Trajkovski, e il
ministro dell'Interno di aver accettato un accordo coi
guerriglieri albanesi interrompendo l'offensiva su
Aracinovo.
I violenti disordini sono iniziati intorno alle 22. Nel
palazzo del Parlamento si trovavano alcuni esponenti
politici che sono immediatamente fuggiti. Poi il lancio
delle pietre e alla fine gli spari. I manifestanti, a
migliaia, hanno tentato di fare irruzione e un piccolo
gruppo è riuscito ad arrivare fino all'ufficio del capo
dello Stato, che però ha fatto in tempo a scappare. In
tutta la zone non sembrano esserci agenti delle forze
dell'ordine e la situazione è completamente in mano ai
manifestanti.
A gran voce si sente chiamare il nome dell'ex presidente
della Repubblica Kiro Gligorov, che i macedoni vorrebbero
tornasse al posto dell'attuale capo di Stato, Boris
Trajkovski. Da un balcone del Parlamento, alcuni uomini
strappano in mille pezzi la bandiera macedone innalzando
il vecchio vessillo nazionale con il sole a sedici raggi
che la Grecia nel 1993 proibì di utilizzare.
(26
giugno 2001)
Domani alle 11 i funerali
della grande scrittrice
Morta
a 95 anni
Lalla Romano
MILANO - È morta ieri sera, nella sua casa
milanese di via Brera, Lalla Romano. Nata a Demonte, in
provincia di Cuneo, l'11 novembre 1906, l'autrice de
"Le parole tra noi leggere" aveva 95 anni ed
era malata da tempo. Accanto a lei, nella casa di via
Brera c'erano il compagno e curatore di tanti suoi libri
Antonio Ria e Vittorio Bo, amministratore delegato della
casa editrice Einaudi che da sempre pubblica i libri
della Romano. "Eravamo passati di qui verso le 8 per
salutarla, è spirata tra le mie braccia", dice Ria.
Poeta, pittrice e narratrice, i suoi titoli più noti
vanno da "Tetto murato" del 1957 a "La
penombra che abbiamo attraversato" del 1964, a
"Le parole tra noi leggere" del 1969, con cui
vinse il premio Strega, ma che il figlio Piero,
protagonista suo malgrado, non le ha mai perdonato, come
ricordava lei stessa.
La Romano era stata celebrata dieci anni fa con la
pubblicazione dell'opera omnia nei Meridiani, curata da
Cesare Segre, che oggi, alla notizia della morte, dice:
"Una grande scrittrice, una perdita grave".
Lalla Romano ha continuato a scrivere fino a
qualche mese fa, fino a quando è diventata quasi
completamente cieca. Da tempo non usciva più e
soprattutto non andava più ai concerti che tanto amava e
dove molti l'avevano vista accompagnata anche
dall'adorato nipote Emiliano che, bambino, era stato
raccontato in "Inseparabile".
Per lei, anche dopo l'ultimo ricovero in ospedale, nel
marzo scorso, ha continuato a prendere appunti fino agli
ultimi giorni Antonio Ria. "Le leggevo ogni giorno
gli appunti nuovi, facevamo progetti per cinque mostre
che illustreranno la sua opera nei prossimi mesi a La
Spezia, Roma, Milano, Acqui Terme, Torino. Le leggevo
anche le molte lettere che sono arrivate dopo la
ripubblicazione delle poesie. Nei giorni scorsi aveva
ricevuto anche un bellissimo messaggio di Mario Luzi. E
tanti amici sono venuti a trovarla fino alla fine. Anche
monsignor Ravasi. Con tutti quelli che vorranno esserci,
faremo fino all'ora dei funerali una veglia continua
leggendo le opere di Lalla".
Sarà proprio Gianfranco Ravasi, biblista, scrittore,
prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano, a
celebrare i funerali della scrittrice di origine
piemontese che ha scelto Milano come sua città di
elezione, seguendo il marito Innocenzo Monti, alto
dirigente di banca. ("Mi dicono che non so vivere
altrove", raccontava Lalla Romano agli amici che la
andavano a trovare nella casa di via Brera, dove abitava
dal 1953, dopo i primi anni milanesi passati in un
piccolo appartamento di via Paolo Sarpi). Le esequie
probabilmente domani alle 11 nella basilica di San Marco
in corso Garibaldi. Poi Lalla tornerà nella sua terra
d'origine, a Demonte, per essere sepolta lì, nella tomba
di famiglia.
(27
giugno 2001)
Ecco i provvedimenti adottati
dal Consiglio dei ministri
per rilanciare l'economia nella prima fase della
legislatura
Piano
dei cento giorni
tutte le misure del governo
ROMA - Dalla Tremonti-bis al lavoro sommerso.
Dall'imposta sulle successioni e sulle donazioni ai
contratti a termine. Ecco, nel dettaglio, le misure
adottare dal governo nel cosidetto "piano dei cento
giorni".
SANATORIA DEL SOMMERSO. Le imprese che operano in nero e
vogliono emergere devono presentare entro il 30 novembre
2001 una dichiarazione "di emersione" che darà
diritto a un regime fiscale e contributivo agevolato per
tre anni a partire dal 2001. In particolare per quanto
riguarda le imposte dirette (Irpeg e Irpef) e l'Irap
sarà sufficiente pagare una imposta unica sostitutiva
calcolata sull'incremento di imponibile dichiarato
rispetto l'anno precedente fino ad un massimo del triplo
del costo del lavoro fatto emergere con la dichiarazione.
A tale imponibile si applicherà nei 3 anni una aliquota
rispettivamente del 10, 15 e 20 per cento. Sul maggiore
imponibile previdenziale dichiarato si applica una
contribuzione sostitutiva con aliquota nei tre anni
rispettivamente dell'8, 10, e 12 per cento. Per i
lavoratori che emergono dal nero è esclusa per i tre
anni ogni contribuzione previdenziale mentre ai fini
Irpef si applica nei 3 anni una imposta sostitutiva con
aliquota dell'8, 10 e 12 per cento.
TREMONTI-BIS. Sarà concessa la detassazione degli
investimenti nell'acquisto di beni strumentali attraverso
la deduzione del 50 per cento dall'imponibile degli
investimenti che eccedono la media di quelli realizzati
negli ultimi 5 anni. All'agevolazione saranno ammesse
tutte le imprese, anche quelle in contabilità
semplificata, che saranno in grado di dimostrare
l'incremento degli investimenti operati. Rispetto alla
prima Tremonti due le novità più significative:
l'agevolazione sarà estesa anche ai costi per la
formazione e la ricerca. Agevolazione anche per il costo
del personale impegnato nelle attività di formazione e
aggiornamento fino al 20 per cento delle retribuzioni.
L'incentivo si applica anche alle imprese con meno di 5
anni di attività. In questo caso la media degli
investimenti da considerare è quella risultante dagli
anni di attività.
SEMPLIFICAZIONE FISCALE. Una serie di norme relative ad
adempimenti burocratici fiscali usciranno definitivamente
di scena. Scomparirà la vidimazione del libro giornale e
del libro inventari attraverso una modifica del codice
civile. Sarà possibile tenere un unico registro al posto
dei vari registri Iva acquisti e vendite. Perno della
nuova contabilità delle imprese diventano i libri
contabili che dovranno essere numerati e, ove previsto,
bollati in ogni foglio dall'ufficio del registro.
Nell'accertamento con adesione il contribuente potrà
farsi rappresentare da un procuratore munito di procura
speciale. Novità anche per le dichiarazioni dei redditi
con l'introduzione di una data unica per tutte le varie
dichiarazioni. Quanto ai versamenti saranno spostati dal
16 all'ultimo giorno del mese quelli periodici, mentre i
versamenti Irpef saranno fissati al 31 maggio, mentre per
le imprese si andrà al 31 luglio.
ADDIZIONALE IRPEF. Viene previsto che le delibere dei
comuni relative all'addizionale Irpef devono essere
pubblicate su un sito internet che sara indicato dal
ministero dell'Economia. Tali delibere saranno operativa
dall'anno successivo a quello di delibera e pubblicazione
sul sito.
LEGGE OBIETTIVO SULLE INFRASTRUTTURE. Il governo è
delegato ad emanare il 30 giugno di ogni anno un
provvedimento in cui indica le infrastrutture e gli
insediamenti industriali strategici da realizzare
inserendoli nei collegati alla legge finanziaria. Tali
opere potranno essere indicate dal ministro competente o
dalle regioni e saranno inserite nel Dpef. Per la loro
realizzazione si seguirà una procedura accelerata che
consentirà di derogare ad una serie di normative in
materia di rilascio di autorizzazioni per avere tempi
certi nella realizzazione delle opere. Per la definizione
di tali procedure il governo viene delegato a emanare uno
o più decreti che riordineranno le procedure per la
valutazione di impatto ambientale e introdurranno un
regime autorizzatorio speciale in deroga alla procedura
abituale. E' prevista la progettazione con la tecnica del
project financing, viene introdotto un termine massimo di
6 mesi per i progetti preliminari e ulteriori 7 mesi per
l'approvazione finale dei progetti.
NEW ECONOMY. Viene introdotta una polizza assicurativa al
posto della sottoscrizione del capitale sociale delle Spa
e delle srl. Vengono poi introdotte nuove regole sulla
proprietà intellettuale di invenzioni industriali.
EDILIZIA. Per apportare modifiche agli immobili relative
a ristrutturazioni, interventi minori in regola con le
norme urbanistiche, ampliamenti in esecuzione di
strumenti urbanistici, non saranno più necessarie
concessioni e autorizzazioni, ma solo una denuncia di
inizio attività.
SUCCESSIONI E DONAZIONI. L'imposta viene soppressa a
partire dalle successioni e donazioni fatte
successivamente alla data di entrata in vigore del
provvedimento. Per le donazioni di importo superiore a
350 milioni anche se a favore di coniugi e parenti si
applica l'imposta di registro in misura proporzionale
sulla quota di valore che eccede i 350 milioni. Per gli
immobili inclusi nella dichiarazione di successione viene
eliminato l'obbligo della dichiarazione Ici. sarà
l'uffico dove si è presentata la dichiarazione a fare la
comunicazione al comune. Il beneficiario di donazioni di
valori mobiliari che cede i valori stessi entro i
successivi 5 anni è tenuto a pagare l'imposta
sostitutiva come se la donazione non fosse stata fatta.
LAVORO A TEMPO DETERMINATO. Viene introdotto nella nostra
legislazione il contratto di lavoro a termine. Può avere
una durata massima di 3 anni e può essere prorogato una
sola volta se inferiore a 3 anni e in ogni caso per un
periodo non superiore nel complesso ai 3 anni. Sarà il
contratto collettivo di lavoro a stabilire la percentuale
di contratti a termine praticabili. Chi ha lavorato con
contratto a termine ha diritto di precedenza in caso di
assunzione per la stessa qualifica. Se il rapporto dura
oltre la scadenza inizialmente fissata il lavoratore ha
diritto ad una maggiorazione del 20 per cento fino al
decimo giorno e del 40 per cento per ciascun giorno
ulteriore. Al lavoratore con contratto a termine spettano
ferie, tredicesima e Tfr e ogni altro trattamento in atto
nell'impresa. Tale contratto comunque non può essere
utilizzato per sostituire lavoratori in sciopero, nelle
aziende in cui ci sono stati nei 6 mesi precedenti
licenziamenti o vi siano lavoratori in cassa
integrazione, in unità produttive in cui sia in atto una
riduzione dell'orario di lavoro. Inoltre sono escluse dal
contratto a termine tutte le altre forme di
flessibilità, alcuni contratti agricoli e il commercio
di esportazione. Una speciale disciplina viene introdotta
per il settore del trasporto aereo: il contratto a
termine può durare 6 mesi nel periodo estivo e 4 negli
altri periodi dell'anno.
(28
giugno 2001)
Carcere a vita per i
neofascisti Zorzi, Rognoni e Maggi
Dopo 32 anni la verità sulla strage milanese
Tre
ergastoli
per piazza Fontana
MILANO - La condanna arriva trentadue anni
dopo la strage. Carcere a vita per i neofascisti Delfo
Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni, al termine
del processo per l'attentato del 12 dicembre del '69 di
piazza Fontana (16 morti e 88 feriti). Tre anni per
favoreggiamento per Stefano Tringali, mentre per il
pentito Carlo Digilio, i giudici hanno decretato di
"non doversi procedere" per estinzione del
reato. Eccola la sentenza dei i giudici della seconda
corte d'Assise di Milano, salutata dall'applauso dei
familiari delle vittime.
Uno dei tre condannati, Delfo Zorzi, ex leader di Ordine
Nuovo a Mestre, indicato come l'esecutore materiale
dell'attentato, da anni si trova in Giappone dove ha
ottenuto la cittadinanza, un nuovo lavoro e un nuovo nome
(Hagen Roy). Fino ad oggi le richieste di estradizione
non hanno avuto seguito. Maggi, all'epoca responsabile di
Ordine Nuovo nel Veneto, già condannato all'ergastolo
per la strage alla questura di Milano nel '73, sarebbe
stato invece l'ispiratore dell'attentato, compiuto con
l'appoggio logistico di Giancarlo Rognoni, del gruppo
"La Fenice".
Era il 1969 e Con l'attentato di piazza Fontana si
cominciò a parlare di "strategia della
tensione". Alle 16,30 del 12 dicembre una bomba
esplode dentro la Banca nazionale dell'Agricoltura a
Milano. E' una strage: per terra restano 16 morti e 88
feriti. Nella stessa giornata un ordigno, inesploso,
viene scoperto nella sede milanese della Banca
Commerciale Italiana in piazza della Scala. Altre bombe
esplodono invece a Roma: alla Banca nazionale del Lavoro
in via Veneto (13 feriti), all'Altare della Patria e
all'ingresso del Museo del Risorgimento (altri 4 feriti).
Gli investigatori arrestano una decina di militanti dei
circoli anarchici. Tra questi il ferroviere Giuseppe
Pinelli e il ballerino Pietro Valpreda. Il 15 dicembre,
durante un'interrogatorio, Pinelli precipita da una
stanza del quarto piano della Questura di Milano.
"Si è suicidato" dice la Questura. "E'
stata ucciso dal commissario Calabresi" ribatte la
sinistra extraparlamentare.
Ma gli anarchici, dimostreranno indagini e processi,
erano innocenti. Nonostante questo Valpreda subirà
diversi processi e resterà a lungo in carcere prima di
essere definitivamente assolto. Il 3 marzo del '72
vengono arrestati i neofascisti Franco Freda e Giovanni
Ventura e l'inchiesta passa ai giudici Gerardo D'Ambrosio
ed Emilio Alessandrini. Nel '74 però la Corte di
Cassazione sottrae l'inchiesta a Milano e l'istruttoria
viene trasferita a Catanzaro: gli imputati verranno
asssolti. Le indagini ripartono nel '90, sempre a Milano,
con la riapertura del fascicolo da parte del giudice
Guido Salvini e del Pm Grazia Pradella. Il 24 febbraio
del 2000 si apre quindi il processo conclusosi oggi.
"E' una sentenza politica" polemizza l'avvocato
Gaetano Pecorella, difensore di Delfo Zorzi. "Tutte
le volte che qualcuno perde un processo - replica
l'avvocato di parte civile, Federico Sinicato - subito
parla di sentenza politica".
(30
giugno 2001)
Le manifestazioni a 30 anni
dalla strage di piazza Fontana
Il treno di Dario Fo e il corteo antifascista a Roma
Diliberto
promette
"Via il segreto di Stato"
Il ministro,
contestato a Milano da autonomi e Prc,
assicura che chiederà di togliere tutti gli omissis
MILANO - Prima scena, Milano: urla e fischi
coprono la voce del ministro della Giustizia Oliviero
Diliberto che annuncia: "Chiederò di togliere tutti
gli omissis e i segreti di Stato sulle stragi degli anni
Settanta". Seconda scena, Brescia: parte il
"treno della memoria e del dolore" con a bordo
Dario Fo. Arriverà a Milano per unirsi alle
manifestazioni, per non dimenticare. Terza scena, Roma:
un corteo di poco più di duecento persone parte dal
Museo della resistenza di via Tasso, dove il mese scorso
qualcuno aveva fatto esplodere una bomba rudimentale per
ripetersi pochi giorni dopo con un altro ordigno vicino a
Montecitorio.
Eccola Piazza Fontana 30 anni dopo: l'anniversario della
bomba che nel cuore di Milano uccise 16 persone. Fu la
strage che inaugurò la stagione delle altre stragi,
della strategia della tensione, dei misteri irrisolti,
dei suicidi sospetti, degli insabbiamenti, dei tentativi
di golpe e della P2. E proprio oggi Ugo Paolillo che istruì le
indagini sull'attentato ricostruisce come
una telefonata della Procura generale di Roma bloccò
l'azione della magistratura togliendo il caso a Milano.
Ancora ombre, dunque. Ancora tasselli mancanti.
"Gridate compagni, gridate". In piazza Fontana
il guardasigilli Diliberto è stato interrotto dalla
contestazione di sinistra: urla, fischi e una decina di
esplosioni di petardi dai settori della piazza dove si
trovavano giovani autonomi milanesi. Cori di
"Cossiga boia" sono invece arrivati da alcuni
gruppi di Rifondazione comunista, che come i giovani
autonomi contestavano la partecipazione di Diliberto al
governo D'Alema e l'avallo della guerra in Kosovo e la
vicenda Ocalan. Il ministro ha interrotto il discorso con
queste parole: "State tranquilli compagni e gridate,
perché non mi farò intimidire da voi". Altre
contestazioni, oltre a quelle contro la presenza sul
palco dei presidenti del Consiglio Comunale Massimo De
Carolis e della Provincia Ombretta Colli, hanno toccato
anche l'intervento del segretario generale della Camera
del Lavoro di Milano, Antonio Panzeri.
Sceso dal palco, Diliberto ha detto: "Chiederò che
siano tolti tutti gli omissis e il segreto di Stato sugli
atti riguardanti lo stragismo degli anni Settanta" e
ha replicato agli attacchi parlando del
"cretinismo" dei contestatori.
Ma la questione del segreto di Stato da abolire è andata
anche oltre la manifestazione. Diliberto ha aggiunto:
"Credo che sia un dovere per un governo come il
nostro, di centrosinistra, un governo democratico. Per
quanto mi riguarda, io l'ho già fatto per Portella della
Ginestra". Dall'opposizione gli risponde il
presidente del Comitato di controllo sui servizi segreti,
Franco Frattini: "Il ministro ha ragione, ma
dovrebbe fare, invece di limitarsi a chiedere".
Il treno della memoria. E' partito da Brescia alle 11.30.
Il "treno della memoria e del dolore", nato da
un'idea del premio Nobel Dario Fo e di Franca Rame
"Sarebbe meglio chiamarlo il treno della conoscenza
- ha detto Fo - una delle cose da evitare in queste
occasioni è cedere alle tentazioni di commemorare.
Meglio fare informazione e chiedere giustizia". In
piazza della Loggia, luogo di un altro drammatico momento
della strategia della tensione, stamani si era tenuta una
breve cerimonia. Otto partigiani hanno consegnato ad
altrettanti ragazzi le sagome delle vittime della bomba
che il 28 maggio del '74 esplose nel corso di una
manifestazione sindacale indetta per protestare contro
l'escalation di attentati fascisti in città nelle
settimane precedenti.
Roma, la paura di un nuovo inizio. Si sono mossi da via
Tasso, dal museo storico della Resistenza dove di recente
è stato fatto esplodere un ordigno rudimentale, diretti
a piazza Venezia, dove il 12 dicembre del 1969 fu fatta
scoppiare una bomba davanti all'altare ella patria. Erano
200 quelli che hanno risposto all'appello lanciato dagli
"Antifascisti romani". I manifestanti hanno
sfilato dietro uno striscione con la scritta "Piazza
Fontana, la strage è di Stato".
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