1
NOVEMBRE 2001
George W. Bush annuncia che le
operazioni andranno avanti anche durante il Ramadan e dà
il via libera all'istituzione di tribunali speciali per
processare i cittadini stranieri sospettati di
terrorismo. L'alleanza del Nord conquista Mazar-i-Sharif
e Jalalabad. Sette giornalisti muoiono in due diversi
episodi mentre seguivano la guerra: fra loro l'inviata
del Corriere della Sera Maria Grazia Cutuli. L'Italia
annuncia che parteciperà alle operazioni militari. Ecco
gli altri eventi di questo mese.
Le ragazze
di Magro vincono i mondiali di Nimes
Bronzo agli Usa che superano la Germania
Fioretto
d'oro per l'Italia
le azzurre battono la Russia
Per
la nostra nazionale è la quarta medaglia
NIMES (Francia) - Le ragazze del fioretto sono
campionesse del mondo. Hanno battuto in finale la Russia
per 45-30. Bronzo agli Stati Uniti che hanno superato la
Germania 45-43. Gioia, commozione e felicità al momento
della premiazione. Le azzurre, cantando l'inno di Mameli,
hanno chiamato sul podio anche Margherita Granbassi,
infortunatasi ai legamenti prima del torneo.
Margherita è arrivata sul palco della premiazione con le
stampelle e ha pianto di gioia insieme alle compagne. E'
questa l'immagine della squadra femminile di fioretto,
che ha regalato la quarta medaglia d'oro all'Italia.
E' stata Frida Scarpa, al momento della consegna
dell'oro, a far salire sul palco anche la sfortunata
atleta che avrebbe dovuto essere lì al suo posto. A quel
punto, la quarta azzurra ha messo al collo la medaglia
dividendola proprio con la Granbassi. "Un'immagine
fantastica", ha commentato il tecnico azzurro,
Andrea Magro. Che ha aggiunto: "E' una cosa
meravigliosa e la dedichiamo a Matteo Zennaro (anche lui
infortunato ndr)
e a Margherita Granbassi".
La ricetta del successo azzurro fa leva, come accade
ormai negli ultimi anni, sull'estro della veterana
Trillini e della fuoriclasse Valentina Vezzali, oro
individuale (fioretto) nella rassegna francese e
olimpionica a Sydney.
Questi i punteggi ottenuti dal trio Vezzali, Trillini e
Bianchedi: Trillini-Youcheva 5-1; Vezzali-Bojko 6-7;
Bianchedi-Hakimova 14-12; Trillini-Bojko 20-14;
Bianchedi-Youcheva 23-17; Vezzali-Hakimova 30-22;
Bianchedi-Bojko 32-25; Trillini-Hakimova 40-29; Vezzali-
Youcheva 45-30.
(1
novembre 2001)
Violente
proteste nell'aula bunker di Mestre alla lettura
della sentenza che scagiona i vertici Montedison
Processo
per il Petrolchimico
tutti assolti i 28 imputati
Presenti
parenti delle 157 vittime e i centri sociali
Bettin in lacrime. Casarini: "Non c'è
giustizia"
MESTRE (Venezia) - Sono tutti assolti i 28
imputati nel maxi-processo per il Petrolchimico di Porto
Marghera. Dopo dieci giorni di camera di consiglio
nell'aula bunker di Mestre è stata letta questo
pomeriggio la sentenza: tutti assolti, a vario titolo, ma
tutti assolti gli imputati, accusati di strage, omicidio
e lesioni plurime per aver causato 157 morti per tumore
tra gli operai del Petrolchimico, e disastro colposo per
aver inquinato con gli scarichi aria, suolo, sottosuolo e
acque lagunari.
Sconcertata la reazione dei presenti nel corso della
lettura. Nei cinque minuti che sono serviti al presidente
del tribunale, Ivano Nelson Salvarani, per leggere le
decisioni dei giudici, nell'aula bunker si è scatenato
il finimondo: familiari e dipendenti del Petrolchimico
hanno iniziato a urlare "vergogna, vergogna";
il prosindaco di Venezia, Gianfranco Bettin, è scoppiato
in lacrime; i giovani dei centri sociali, capeggiati da
Luca Casarini, si sono uniti alla protesta spintonando e
additando giudici e imputati al grido di
"assassini". Casarini ha urlato: "Oggi è
stata scritta una pagina infame di una giustizia che non
c'è".
In aula hanno pianto commossi anche i difensori degli
imputati. Per tutti ha parlato l'avvocato Pierfranco
Pasini. "Il problema del processo - ha detto - non
era stabilire di cosa questi operai siano morti, ma di
capire se gli imputati sono responsabili. Il tribunale ha
detto che non lo sono, e lo ha fatto con grande
coraggio".
Gli imputati del processo, iniziato
il 13 marzo 1998 erano
accusati di strage, omicidio e lesioni plurime, tutte a
titolo colposo - per aver causato morti da tumore (157 le
vittime) e malattie (103) tra gli operai addetti alle
lavorazioni di Cvm e Pvc - e disastro colposo, per aver
inquinato con gli scarichi aria, suolo, sottosuolo e
acque lagunari, avvelenando anche pesci e molluschi.
Nel lungo elenco figurano nomi eccellenti: dagli ex
presidenti Montedison Eugenio Cefis e Giuseppe Medici,
agli ex amministratori delegati di Montedison Alberto
Grandi e Giorgio Porta, quest'ultimo chiamato in causa
anche come presidente Enichem ed Enimont, fino all'ex
presidente di Enichem ed Enimont Lorenzo Necci.
"La sentenza si commenta da sola, non voglio
aggiungere altro e non commento", ha dichiarato il
pm Felice Casson, che nel corso del processo aveva
chiesto 185 anni di carcere per i 28 imputati. Casson è
uscito rapidamente dal Tribunale ed è stato accolto in
strada dagli applausi dei manifestanti.
Ma la tensione fuori e dentro l'aula era così forte che
e le reazioni così dure che il presidente del tribunale
Ivano Nelson Salvarani ha spiegato ai cronisti per sommi
capi le motivazioni delle assoluzioni che saranno
depositate tra 90 giorni. "Il processo - ha detto -
ha consentito di accertare che tutte le malattie causate
dal Cvm sono riconducibili alle molto elevate esposizioni
risalenti agli anni '50 e '60 e dei primi anni '70,
quando se ne ignorava la tossicità che fu evidenziata
dalla comunità scientifica solo nel 1973".
Pur specificando che "non si spiegano le sentenze
appena emesse", Salvarani, vista l'attenzione su
questa vicenda, ha sottolineato: "Solo una parte
delle malattie possono dirsi causate dall'esposizione a
cvm".
"Successivamente al 1973 - ha proseguito Salvarani -
per prima Montedison e poi Enichem realizzarono
tempestivamente gli interventi sugli impianti necessari a
ridurre l'esposizione dei lavoratori a livelli
compatibili con quelle norme di protezione che il
legislatore solo allora emanò".
Per quanto riguarda il capo d'accusa relativo ai reati
ambientali, Salvarani ha sottolineato che "il
processo ha consentito di accertare che lo stato di
inquinamento dei canali industriali, pur sussistente, è
tuttavia risalente a epoche in cui non esistevano norme
di protezione ambientale".
Intanto arrivano le reazioni anche dal mondo politico.
Inferociti Verdi e Rifondazione. Pecoraro Scanio parla di
"sentenza choc", Grazia Francescato di
"licenza di uccidere", l'ex ministro
dell'Ambiente Edo Ronchi si dice
"scandalizzato", Fausto Bertinotti annuncia che
"ingiustizia è fatta".
Fuori dal coro il veneziano Gianni De Michelis:
"Pensare di risolvere il grande tema dell'equilibrio
tra progresso, economia e salute ricorrendo a strumenti
giuridici e addirittura penali è profondamente
sbagliato".
(2
novembre 2001)
La
tossicità delle sostanze fu accertata solo nel 1973 e
non esistevano in quegli anni norme di protezione
ambientale
Ecco
i motivi
delle assoluzioni
MESTRE (Venezia) - Quella del Petrolchimico è
una sentenza destinata a far discutere. In attesa di
leggere le motivazioni, ecco in sintesi i motivi delle
assoluzioni anticipate dallo stesso tribunale.
Innanzitutto, secondo il collegio, le due sostanze Cvm
(clorulo di vinile) e Pvc (polivinile di cloruro)
provocano solo alcune limitate forme di tumore
(angiosarcoma epatico ed altre forme di epatopatia) e la
loro tossicità fu accertata solo nel 1973: quindi per le
morti e le malattie anteriori a quel periodo il fatto non
costituisce reato, mentre per quelle successive gli
imputati sono stati assolti per non aver commesso il
fatto in quanto Montedison ed Enichem si adeguarono
tempestivamente alle nuove norme. Tanto che, ha riferito
il presidente del tribunale Ivano Nelson Salvarani,
nessun lavoratore assunto a Porto Marghera dopo il 1967
ha riportato malattie legate al Cvm.
Cade quindi l'ipotesi d'accusa secondo cui le aziende,
pur essendo a conoscenza degli effetti nocivi di Cvm e
Pvc, non fecero nulla per salvaguardare la salute degli
operai.
Quanto al secondo capo di imputazione, dal disastro
ecologico all'avvelenamento dell'ittiofauna e delle falde
acquifere, il tribunale riconosce l'esistenza
dell'inquinamento dei canali industriali ma, sulla base
di parametri Oms, ritiene che non costituisca un pericolo
reale per la salute pubblica e comunque ne attribuisce
l'origine a un periodo in cui non esistevano norme di
protezione ambientale, emanate solo tra la metà degli
anni Settanta e primi anni Ottanta.
(2
novembre 2001)
Intesa
segreta raggiunta solo pochi giorni prima
della sentenza che ha assolto tutti gli imputati
Accordo
Stato-Montedison
525 miliardi per Marghera
VENEZIA - In gran segreto pochi giorni prima
della sentenza, che ha assolto i vertici della chimica
italiana, da una parte la presidenza del Consiglio dei
ministri e il ministero dell'Ambiente, parti civili al
processo sul petrolchimico, dall'altra la Montedison
hanno firmato un accordo il quale prevede che l'ex
colosso chimico sborsi complessivamente 525 miliardi per
risanare almeno alcune zone inquinate di Marghera. Pochi
giorni fa, quindi, la Montedison cercava di correre ai
ripari in previsione di una dura condanna, almeno da un
punto di vista risarcitorio, condanna che poi non è
arrivata.
Si tratta di un accordo transativo per lavori di bonifica
integrale di nove siti dell'area chimica di Marghera, che
è stato chiuso a Roma, e arriva dopo l'altro
megarisarcimento, oltre 60 miliardi, pagato all'inizio
del processo da Montedison ed Enichem alle famiglie degli
operai morti. "Abbiamo portato a casa - ha spiegato
ieri l'avvocato dello Stato di Venezia Giampaolo
Schiesaro, che durante il processo aveva quantificato in
71.500 miliardi i danni ambientali provocati dalle due
aziende - il risarcimento massimo possibile per quanto
riguarda la posizione di Montedison. È un risultato
straordinario e con Montedison abbiamo chiuso ogni
pretesa".
È dunque evidente che, almeno con questa società,
l'avvocato dello Stato per conto del ministero
dell'Ambiente non dovrebbe presentare appello alla
sentenza assolutoria, sollevando sicuramente più di una
polemica. L'avvocato Schiesaro ha spiegato poi che i
termini dell'accordo prevedono che Montedison si accolli
le spese per il risanamento ambientale integrale dei nove
siti, tra canali e aree terrestri, che l'accordo sulla
chimica dava in carico al magistrato alle acque. "In
più - ha aggiunto il legale - ci sarà un versamento di
25 miliardi a titolo di risarcimento per ogni profilo di
danno ipotizzabile qualsiasi fosse stato poi l'esito del
processo".
Il prosindaco di Mestre Gianfranco Bettin, invece, ha
annunciato che il Comune di Venezia ricorrerà
sicuramente in appello, mentre per la settimana prossima
sarà convocata una riunione per valutare alcune
iniziative di mobilitazione. "Troviamo nuova forza -
ha sottolineato Bettin - dalla rabbia legata agli esiti
del processo e l'idea è quella di convocare nei prossimi
mesi una sorta di tribunale Russell internazionale per
fare un controprocesso al petrolchimico. Dal dibattito di
questi anni - si dice convinto Bettin - sono già uscite
delle responsabilità morali e storiche e mi sembra che
anche nell'anticipo della motivazione data dal collegio
giudicante dopo la lettura della sentenza sia sottintesa
questa valutazione. Sul piano generale si potrebbe dire
che c'è la colpa storica, c'è la vittima, ma non ci
sono responsabilità".
Intanto, l'associazione Gabriele Bortolozzo, intitolata
all'operaio di Porto Marghera che ha denunciato per primo
le morti per cancro dovute al cloruro di vinile monomero
nell'area industriale veneziana, ha reso note le linee
d'azione future. "Oltre al ricorso contro la
sentenza - ha spiegato l'ingegner Franco Rigosi, uno dei
componenti dell'associazione - stiamo accelerando i tempi
per fare un libro sul processo, con gli articoli di
giornale degli ultimi tre anni, nei quali si nota bene la
profonda differenziazione della sentenza rispetto
all'andamento del processo".
L'associazione sta inoltre riversando in un sito Internet
in via di completamento sia il materiale storico e
documentale dell'associazione, sia i documenti più
importanti del processo. "Vogliamo inoltre
incrementare la battaglia che stiamo facendo contro il
rischio Marghera" ha terminato l'esponente
dell'associazione.
(4
novembre 2001)
I 18 stati
che hanno fatto causa al colosso di Seattle
hanno tempo fino a martedì prossimo per valutare
l'intesa
Microsoft,
accordo con governo
"Restrizioni per cinque anni"
Il
gigante di Bill Gates dovrà fornire ai concorrenti
informazioni per creare prodotti compatibili con Windows
WASHINGTON - Accordo fatto tra la Microsoft e
il dipartimento di Giustizia americano. L'intesa prevede
restrizioni della durata di cinque anni per il colosso
informatico di Bill Gates. Il giudice incaricato del
caso, Collen Kollar-Kotelley, dopo aver ricevuto gli
avvocati della Microsoft, del dipartimento di Giustizia e
dei 18 stati, ha aggiornato la seduta a martedì
prossimo. Per quella data i 18 stati dovranno dire se
sono d'accordo o meno a sottoscrivere l'accordo.
"Penso sia importante - ha detto il giudice - che si
sia arrivati ad un'intesa con il maggior numero di parti
possibile".
"L'accordo è giusto e ragionevole e, cosa ancora
più importante, è negli interessi dei consumatori e
dell'economia". Cosi il numero uno di Microsoft,
Bill Gates, ha commentato in una nota l'accordo raggiunto
con il Ministero di Giustizia e approvato dal Tribunale
federale. "Se da una parte questo accordo - ha
aggiunto Gates in una nota - impone regole molto dure e
restrizioni sulle nostre attività, dall'altra riteniamo
che la risoluzione di questo caso sia la cosa giusta da
fare per i nostri clienti, per l'intera industria
tecnologica e per l'economia".
L'intesa raggiunta oggi arriva dopo tre anni di
contenzioso tra la giustizia americana e il colosso di
Gates, accusato di pratiche monopolistiche. Il piano
impone delle restrizioni che dureranno cinque anni (e il
termine verrà allungato di altri due se la Microsoft
commetterà delle violazioni) e che impongono regole su
come Microsoft potrà condurre i suoi affari con i
produttori di pc e con i concorrenti nell'industria del
software. L'accordo infatti renderà più facile ai
produttori indipendenti di software creare prodotti
perfettamente compatibili con Windows. Inoltre la
Microsoft non potrà siglare accordi esclusivi e dovrà
commercializzare in maniera uniforme il suo sistema
operativo Windows ai produttori di computer. "E' nei
nostri interessi favorire un'industria del software la
più competitiva possibile - ha detto l'Attorney General
John Ashcroft - Questo accordo storico porterà sollievo
ai mercati e assicurerà ai consumatori la possibilità
di poter scegliere tra una maggiore varietà di offerte
quanto a computer".
Secondo quanto riferito dallo stesso dipartimento di
Giustizia, l'accordo ricalca la sentenza originale del
giudice Thomas Penfield Jackson ma tiene conto delle
innovazioni introdotte dal lancio di Windows Xp e dagli
altri sviluppi dell'industria del computer. "Gli
obiettivi del governo erano di bloccare certe condotte
illegali di Microsoft e riportare la competitività nel
mercato del software - ha detto Charles James, che guida
la divisione antitrust del dipartimento di Giustizia - e
credo che questo accordo ci permetta di considerare
raggiunti questi obiettivi".
(2
novembre 2001)
Milano,
chiesta la visita fiscale per Stefania Ariosto
che avrebbe dovuto testimoniare stamattina
Imi-Sir:
Previti
ricusa i giudici
"Questo
processo è un'esecuzione di piazza"
MILANO - "Il processo in corso è
un'esecuzione in piazza, dove la legge è
calpestata". E' frontale l'attacco che Cesae Previti
sferra ai giudici di Milano impegnati nel processo
Imi-sir che vede coinvolto il senatore forzista. In una
lettera inviata al Collegio della quarta sezione penale
del tribunale di Milano,Previti revoca il mandato ai suoi
legali e ricusa gli stessi giudici del processo Imi-Sir.
Previti motiva la ricusazione e la revoca in una lettera
consegnata dai suoi difensori al presidente del collegio
Paolo Carsì. Previti individua il cuore della sua
decisione nella decisione di mercoledì scorso del
tribunale di proseguire il processo nonostante una
sentenza della Corte Costituzionale abbia annullato tre
ordinanze del Gup Alessandro Rossato. "Si tratta di
un "abominio compiuto" scrive il senatore
forzista. Un atto talmente grave che, a giudizio di
Previti, si può dire che "nel corso di questo
processo sia stata "calpestata la legge"
poiché il tribunale "ha rifiutato di applicare la
sentenza della Corte Costituzionale". Accuse che
Previti rinforza con la convinzione che "il processo
in corso sia "lo strumento di una esecuzione di
piazza" compiuta attraverso un "massacro della
legalità ".
Dopo la revoca dei difensori, ha voluto riaffermare la
sua innocenza. Il Tribunale ha quindi nominato un
difensore d'ufficio e ha aggiornato l'udienza alla tarda
mattinata. Lo slittamento servirà anche a verificare le
condizioni di salute di Stefania Ariosto che avrebbe
dovuto comparire, come testimone, all'udienza di
stamattina. L'Ariosto però ha fatto sapere di avere
problemi di salute che ne impedirebbero la sua presenza
in aula. I giudici allora hanno deciso di effettuare una
"visita fiscale" per verificare le reali
condizioni di salute di Stefania Ariosto.
(23
novembre 2001)
Il filosofo
aveva ripudiato il marxismo negli anni Settanta
eletto due volte alla Camera si considerava un
indipendente
E'
morto Lucio Colletti
voce "contro" di Forza Italia
Ha
avuto un malore mentre nuotava
durante una vacanza in Toscana
VENTURINA (Livorno) - Un malore in acqua,
mentre stava nuotando, forse per una congestione. E'
morto così, oggi pomeriggio Lucio Colletti, filosofo e
deputato di Forza Italia. Aveva 77 anni, era in vacanza
con la moglie e alcuni amici. Erano le 11,30 quando
Colletti si è tuffato in acqua alle Terme di Calidario a
Venturina (Livorno) dopo aver fatto colazione e ha
iniziato a nuotare sott'acqua. La moglie non si è
preoccupata perché per il marito quella era
un'abitudine. E' stato un bagnino che, non vedendolo
risalire per troppo tempo, si è impaurito. Si è subito
gettato in acqua e lo ha tirato fuori.
Alcuni medici presenti nelle terme, resisi conto della
gravità delle condizioni del filosofo, hanno subito
iniziato l'operazione di rianimazione. Poco dopo i
soccorritori della Crose Rossa, hanno continuato per
quasi un'ora, ma non c'è stato niente da fare.
Lucio Colletti era docente universitario di filosofia
teoretica. Eletto con il sistema proporzionale nella
circoscrizione VIII (Veneto 2) nella lista di Forza
Italia nel maggio scorso. Già deputato nella XIII
legislatura, era componente della IV commissione
permanente Difesa dal 21 giugno scorso.
Ma Colletti era e si è sempre sentito soprattutto uno
studioso. Fin da quando era entrato in politica (lui a
lungo pensatore marxista convertitosi a Forza Italia) ha
sempre mostrato di essere uno spirito indipendente.
Tagliente, quasi sempre fuori dal coro e dalle opinioni
del partito, Colletti aveva alle spalle una carriera
accademica che ebbe l'imprimatur di Galvano Della Volpe.
Ma dalla formazione marxista - titoli di alcuni suoi
saggi più famosi sono "Il marxismo e Hegel" e
"Ideologia e società" - Colletti è stato il
protagonista di una clamorosa rottura nel 1974, quando il
filosofo pubblicò dalla casa editrice Laterza
l'"Intervista politico-filosofica": in quel
libro ammetteva senza mezzi termini la sconfitta
dell'ideologia comunista e teorizzava la necessità di
guardare ormai al modello liberale.
L'"Intervista" divenne immediatamente un caso
editoriale, con traduzioni in numerose lingue straniere.
Comunista fin da giovane, nel 1956 (a parte una parentesi
nel '43 nel Partito d'azione), dopo i fatti di Ungheria,
Lucio Colletti fu tra i 101 firmatari della famosa
lettera degli intellettuali comunisti dissidenti con la
linea del partito relativamente alla repressione
sovietica nel Paese socialista.
Alla metà degli anni '60, all'Università di Roma, dette
vita insieme a un gruppo di giovani ricercatori alla
rivista "La Sinistra". Tuttavia in seguito alle
polemiche suscitate dalla sua "Intervista" nel
1977 Colletti fu costretto a lasciare l'Università
romana sotto le minacce di morte provenienti da ambienti
estremistici, che lo accusavano di essere diventato un
"revisionista al servizio dei padroni": per
alcuni anni si recò in Svizzera, insegnando filosofia
all'Università di Ginevra.
Affascinato dal "nuovo corso" del Partito
socialista impresso da Bettino Craxi alla fine degli anni
Settanta, Colletti cominciò a essere uno dei più
assidui collaboratori della rivista "Mondo
operaio" partecipando insieme a numerosi
intellettuali alla elaborazione della politica riformista
socialista dell'epoca.
Nel 1994 salutò con soddisfazione la nascita di Forza
Italia e l'impegno diretto in politica di Silvio
Berlusconi, diventandone in breve tempo amico ed anche
"consulente". Nel 1996 accettò, lui che aveva
sempre rifiutato di candidarsi alle elezioni politiche,
un seggio alla Camera, sottolineando tuttavia di
considerarsi a tutti gli effetti un indipendente
all'interno del movimento di Berlusconi.
E per tutta la legislatura è rimasto coerente a questo
impegno, diventando spesso un pungolo per il movimento
azzurro non lesinando mai critiche. Nella scorsa
primavera, proprio a causa di questo suo atteggiamento
critico, Colletti rischiò di rimanere escluso dalla
competizione elettorale, ma all'ultimo il suo nome fu
ripescato e fu di nuovo eletto a Montecitorio.
(3
novembre 2001)
Un rapporto
dell'Fmi fotografa così l'economia
del nostro Paese e i contraccolpi del conflitto
Effetto
guerra in Italia
La crescita ferma all'1,4%
Si
confermano previsioni e indiscrezioni
WASHINGTON - Nel freddo linguaggio dei numeri
l'attacco terroristico all'America si traduce in una
contrazione della crescita economica di mezzo punto
percentuale. "decimale più, decimale meno". Un
dato che per l'Italia significa che la crescita
dell'economia nel 2002 sarà dell'1,4%, secondo un rapporto dell'Fmi discusso
oggi dal Board dell'istituzione monetaria internazionale.
Una cifra che sarebbe stata migliore se non pesasse così
tanto l'impatto degli attacchi terroristici dell'11
settembre.
Il rapporto sull'economia dell'Italia era stato, in un
primo tempo, stilato dopo una visita a Roma, tra la fine
di luglio e i primi di agosto, di una missione del Fondo
monetario internazionale. Poi, dopo gli attacchi
terroristici dell'11 Settembre, ai primi d'ottobre una
seconda missione ha raccolto dati e valutazioni
aggiornati. E le cifre sono cambiate in peggio.
I cosiddetti rapporti 'ex articolo IV' dell'Fmi sono
stilati e discussi ogni anno. Il Fondo renderà pubblico,
a giorni, il documento sull'Italia mentre oggi, ha
diffuso quello sulla Francia discusso il 26 ottobre. Gli
esperti dell'Fmi considerano che l'11 Settembre avrà,
sull'economia dei Paesi europei, un impatto pari, in
genere, a una contrazione della crescita prevista intorno
a mezzo punto nel 2002, con piccole variazioni legate
alle situazioni specifiche di ogni paese.
(6
novembre 2001)
Il candidato
sindaco per i repubblicani eredita da Giuliani
la guida della città: il rivale Green ammette la
sconfitta
Bloomberg
sul "trono" di New York
dopo un serrato testa a testa
Secondo
gli ultimi dati non ancora ufficiali
avrebbe vinto per poco più di 30 mila voti
NEW YORK - Mark Green ha gettato la spugna: è
del repubblicano Bloomberg il "trono" di
Rudolph Giuliani. Il candidato democratico alla poltrona
di sindaco di New York ha concesso la vittoria
all'avversario questa mattina all'alba prima ancora di
sondaggi tv e scrutini. E nonostante dallo spoglio
risultasse un serrato testa a testa tra i due. Alla guida
della Grande Mela dunque, per i prossimi quattro anni, ci
sarà ancora un repubblicano.
Bloomberg, al suo debutto come candidato, l'ha spuntata -
secondo gli ultimi dati non ancora ufficiali - per poco
più di 30 mila voti su Green, politico navigato e dal
'94 Difensore pubblico della città.
Il ricchissimo Bloomberg, appoggiato dal sindaco uscente
e per due volte in carica Giuliani, era l'uomo da
battere: il candidato degli spot tv, quello cui Green
voleva dimostrare che "non si compra l'onore di
essere primo cittadino". Green ha fatto la corsa in
testa nei sondaggi, in una città più democratica che
repubblicana. Bloomberg ha recuperato quando si sono
fatti sentire il fattore soldi (ha investito cento
miliardi di tasca sua per la campagna elettorale) e
l'appoggio di Giuliani che dopo l'undici settembre ha
guadagnato i favori anche di chi non amava la sua
politica.
"Abbiamo dato tutto, davvero lo abbiamo fatto, ma
non è stato abbastanza", ha dichiarato lo sconfitto
ai suoi sostenitori prima di fare la telefonata di rito
per congratularsi con il vincitore.
Green era considerato favoritissimo fino a
pochi giorni dalle elezioni.
"La buona notizia - ha detto Bloomberg nel suo
discorso d'investitura - è che abbiamo vinto. Ma abbiamo
bisogno di essere uniti per fare questa città migliore:
non è questione d'essere democratici o repubblicani, ma
di essere cittadini di New York". "Abbiamo
sofferto una tragedia terribile l'11 Settembre, ma non
lasceremo che i terroristi ci battano: ne usciremo
vincitori. New York è viva, è forte e lavora".
E davvero non sarà semplice il suo compito di
risollevare la città dopo gli attentati terroristici
dell'11 settembre. Sebbene i newyorchesi abbiano ripreso
la vita di sempre e non si siano mostrati per nulla
remissivi, il bilancio della Grande Mela parte in pesante
passivo.
In altre elezioni che si sono tenute sempre ieri, i
democratici hanno strappato ai repubblicani i governatori
del New Jersey e della Virginia, il sindaco di Cincinnati
è stato confermato, per quelli di Miami e di Houston ci
vorrà il ballottaggio.
(7
novembre 2001)
Cgil, Cisl e
Uil scelgono la linea dura:
"Il governo deve ritirare la delega"
Lavoro,
licenziamenti facili
I sindacati: "Sciopero generale"
Iniziative
dal 5 al 7 dicembre
E il 14 tocca al pubblico impiego
ROMA - L'ottimismo del governo espresso in
mattinata dal vicepremier Gianfranco Fini e dal ministro
al Welfare Roberto Maroni dura lo spazio di una riunione.
Il tempo necessario ai sindacati di vedersi e decidere la
risposta alla rigidità dell'esecutivo sull'articolo 18
dello Statuto dei lavorati, quello sui licenziamenti
facili. La risposta è quella immaginata sin da ieri:
sciopero generale di tutti i lavoratori dipendenti.
Sciopero spalmato lungo tre giorni, da 5 al 7 dicembre,
con assemblee di base e incontri con i parlamentari.
Niente manifestazione in piazza, dunque ma pur sempre una
risposta dura, come spiega pure Pezzotta della Cisl:
"La nostra non è una linea morbida, anzi".
Eppure, Maroni, al mattino, sembrava convinto che tutto
andasse per il meglio: "Non ci sarà sciopero su un
fatto marginale", aveva detto. E come lui Fini:
"Non c'è uno scontro sociale, non si è trattato di
una grande rottura".
Non la pensano così i sindacati. Angeletti della Uil
ribadisce le parole pronunciate ieri dopo l'incontro
fallito con Berlusconi: "Questa è una rottura
politica". Sergio Cofferati della Cgil va nella
stessa direzione: "Il nostro obiettivo è quello di
costringere il governo a ritirare le norme sull'articolo
18 e l'arbitrato. Serviva una risposta immediata alle
risposte negative che ci ha dato il governo non solo sui
licenziamenti facili, ma anche sulla mancanza di risorse
aggiuntive per il rinnovo dei contratti del pubblico
impiego".
E infatti per i lavoratori del pubblico impiego c'è una
tabella specifica di protesta. Contro la decisione del
governo di non inserire in Finanziaria le risorse
necessarie per il rinnovo dei contratti ci saranno otto
ore di sciopero generale fissate per il 14 dicembre.
"E' solo l'inizio", aggiunge Cofferati, che poi
attacca il governo: "Vedremo in seguito come
calibrare gli atti e i passi successivi, anche in
relazione all'atteggiamento dell'esecutivo e all'iter
parlamentare dei provvedimenti in questione. Appare
evidente un rapporto stretto di interessi convergenti tra
governo e Confindustria. E' chiaro che le soluzioni
individuate dall'esecutivo sono quelle che Confindustria
ha ripetutamente chiesto e che in questo caso il governo
avalla. Per questo noi le vogliamo contrastare".
Ed è lo stesso concetto espresso da Angeletti, anche lui
duro con Berlusconi: "Solo un rapporto stretto con
Confindustria può giustificare questo atteggiamento. Un
atteggiamento per noi inaccettabile".
(27
novembre 2001)
L'intesa tra
i 167 Paesi riuniti alla Conferenza Onu sul clima
è stata possibile grazie all'appoggio di Giappone e
Russia
Marrakesh,
accordo fatto
sul protocollo di Kyoto
Entro
il 2012 i 39 paesi industriali dovranno ridurre del 5%
le emissioni di gas responsabili dell'effetto serra
MARRAKESH - Dopo una notte di trattative, è
stato finalmente raggiunto l'accordo sul documento di
attuazione del protocollo di Kyoto per la riduzione delle
emissioni di gas responsabili del surriscaldamento della
pianeta. L'intesa tra i 167 paesi presenti alla
conferenza dell'Onu sul clima a Marrakech è giunta dopo
che la Ue hanno accolto alcune richieste di Russia,
Giappone, Australia e Canada.
I ministri dell'Ambiente e i rappresentanti dei 167 Paesi
presenti a Marrakesh hanno adottato in via definitiva le
regole per l'applicazione del protocollo di Kyoto che
impone a 39 Paesi industriali una riduzione entro il 2012
del 5,2 per cento delle emissioni di anidride carbonica e
di altri cinque gas giudicati responsabili
dell'"effetto serra". Ora, per entrare in
vigore, il protocollo dovrà essere ratificato da almeno
55 dei Paesi responsabili del 55 per cento delle
emissioni di anidride carbonica rilevate nel 1990.
Una mano fondamentale al raggiungimento dell'accordo è
stata data da Giappone e Russia, due Paesi decisivi dopo
la rinuncia degli Stati Uniti - cui va imputata la
responsabilità maggiore per le emissioni dei cosiddetti
"gas serra" - lo scorso marzo: allora
Washington aveva annunciato che non avrebbe ratificato il
protocollo ritenendolo troppo restrittivo e ingiusto,
perché non fissa limiti vincolanti alle emissioni di gas
nocivi dei Paesi in via di sviluppo.
Nella giornata conclusiva delle Conferenza promossa dalle
Nazioni Unite, Russia e Giappone, finora incerte sulle
scelte da fare, hanno infine appoggiato la ratifica del
protocollo siglato in Giappone, accettando un documento
di compromesso presentanto dalla presidenza marocchina
della Conferenza.
"Questo accordo apre la stada alla ratifica di tutti
i Paesi, compresa la Federazione russa", ha detto
Alexander Bedritsky, capo delle delegazione di Mosca.
Sulla stessa linea il primo ministro giapponese,
Junichiro Koizumi: "Confido di potere convocare già
lunedì prossimo una riunione al quartier generale per la
Prevenzione effetto serra e valutare se andare avanti
verso la conclusione il protocollo di Kyoto".
"E' una giornata straordinaria, ma ci sono voluti
quattro anni di trattativa", ha detto il
sottosegretario britannico per l'Ambiente, Michael
Meacher.
Oliveier Deleuze, capo della delegazione dell'Ue e
mininistro belga per l'Energia, ha detto di potere
ritenere "salvo il protocollo" e che "il
processo avviato sia ormai irreversibile". E ha
aggiunto: "Credo che tutti i Paesi lo ratifichino, a
eccezione degli Stati Uniti. Quelli che non lo faranno,
sarà per motivi politici". "Un altro passo
nella giusta direzione: quello della tutela dell'ambiente
globale": così il ministro dell'ambiente Altero
Matteoli.
(10
novembre 2001)
L'intervento
del nuovo segretario dei Ds, che chiede
la conferma di D'Alema alla presidenza
Fassino:
"E' finita
la traversata nel deserto"
"Non
dobbiamo avere paura dei cambiamenti
e anche il sindacato deve cambiare pelle"
PESARO - "Dico ad Amato, siamo
pronti". Lo scandisce tra gli applausi Piero Fassino
quello che più che un appello è una via obbligata. Con
Amato verso il partito del socialismo europeo, quello
auspicato, tratteggiato, temuto da alcuni. Nei suoi cento
minuti di discorso Fassino lo dice chiaro: "serve un
cambiamento", perché l'unica sinistra che vince è
quella riformista ed è inutile guardare al passato
perché "il passato è finito" e il presente è
"costruire il futuro". Per questo alla
minoranza saranno riconosciuti spazi e regole certe, ma
il confronto politico "non deve tradursi in un
appannamento delle scelte politiche o in incertezza della
decisione". Un partito che ha da stasera Fassino
segretario, e che avrà Massimo D'Alema alla presidenza.
Un partito che batte le mani a tempo scandendo
"L'Internazionale" e cantando "Fratelli
d'Italia".
Lancia dal palco quella che, per usare le sue parole,
dovrò segnare l'inizio della Bad Godesberg in salsa Ds.
L'aveva annunciata come l'unica via possibile, il
neosegretario. Da tempo, da quando i primi risultati dei
congressi di sezione lo avevano proiettato verso la
poltrona della segreteria. Lo aveva fatto scrivere nello
slogan del congresso: serve "il coraggio di
cambiare". Il partito oggi, il mondo chissà. Parte
dell'11 settembre Fassino e non poteva essere altrimenti.
La guerra ha profondamente segnato il congresso. Ha
spaccato la sinistra tra contrari e favorevoli
all'intervento armato. Quel sì all'intervento che
Fassino difende: "Siamo ad un tornante decisivo per
il futuro dell'umanità dice il segretario In Afghanistan
si è fatta una guerra non per occupare una nazione, ma
per liberarla da un regime complice del terrorismo".
Al movimento no global e al rapporto da tenere con un
movimento che ancora pochi giorni fa ha portato in corteo
migliaia di persone sotto le insegne pacifiste, Fassino
manda un messaggio di dialogo: "Non si tratta di
aprire negoziati ma di confrontarsi, rispettando le
proprie autonomie". Niente aperture in bianco
dunque, proprio mentre Vittorio Agnoletto annuncia un suo
intervento in un centro sociale di Pesaro.
Poi il segretario volge lo sguardo in casa propria.
Ricorda la nettezza del voto che lo ha portato alla
segreteria, ma rende omaggio a Berlinguer e Morando, suoi
antagonisti ampiamente distanziati. Volge lo sguardo al
passato e alle sconfitte subite dal partito. Le collega
"alla mancanza di politica riformista che ha
bloccato la sinistra, incapace di organizzare le domande
della società italiana". Boccia continuismo e
ripiegamenti. E allora bisogna mutare, senza avere paura
delle mutazioni: "Troppo spesso ci siamo protetti
dai cambiamenti invece di dirigerli". E questa,
scandisce Fassino, deve essere la via da seguire.
E' con questa sinistra e con questo partito che ha, tra
chi lo vota, molti che non vengono dal Pci e che ribalta
la proporzione tra chi lo dirige, che Fassino chiede di
fare i conti. Lo fa indicando la strada, il partito
"nuovo", che non può non pensarsi dentro
l'Ulivo, "casa comune dei riformisti". Poi
tocca al sindacato. Se possibile, l'attenzione della sala
cresce ancora. Fassino stamattina era in piazza con i
metalmeccanici. E dire sindacato, nel catino di Pesaro,
significa fare il nome di Sergio Cofferati, ricordare i
suoi scontri con D'Alema, il suo appoggio alla mozione
Berlinguer, la schermaglia per la scaletta degli
interventi al congresso. Sbaglia chi si aspetta un
attacco frontale. Fassino lo dice chiaro: "Serve
più sindacato, non meno". Ma quello che il
segretario Ds auspisca è un sindacato
"moderno", "unito", che vada oltre
"la sfera contrattuale", che non si limiti a
rappresentare "le figure classiche della fabbrica
fordista". A Cofferati la replica, domenica mattina.
A Fassino il compito, ora, di bocciare la proposta di
Confindustria e governo per modificare l'articolo 18
dello statuto dei lavoratori. "Una proposta che
significa una secca precarizzazione dei rapporti di
lavoro", scandisce il neosegretario.
La relazione di Fassino volge al termine. Le 39 pagine
che il segretario ha meticolosamente limato e riscritto
restano sul tavolo. Tra i fogli il più citato è Tony
Blair. Ed ancora il padre del "new deal"
Franklin Delano Roosvelt, e Thomas Mann. Resta il tempo
per riassumere e scolpire quello che sarà il partito di
Fassino. Il neosegretario, poco prima di concludere il
suo intervento tra gli applausi della platea e qualche
lacrima, non tradisce le aspettative: chiede che sulla
poltrona della presidente sieda Massimo D'Alema. Lo dice
alla fine, quasi ad evitare che un invito a guardare
avanti venga viziato da polemiche del passato.
(16
novembre 2001)
Sono 230
mila secondo la Fiom-Cgil le tute blu in corteo
a Roma. Anche Agnoletto e i no global in piazza
"Contro
la guerra
e per il contratto"
ROMA - "Per il contratto e per la
democrazia": è uno degli striscioni dietro i quali
stanno sfilando migliaia di metalmeccanici (230 mila
secondo gli organizzatori della Fiom-Cgil) provenienti da
varie regioni d'Italia che sono partiti da tre diversi
punti di raccolta, diretti a piazza San Giovanni. Nelle
prime file il leader della Cgil, Sergio Cofferati e Bruno
Trentin, i parlamentari Piero Fassino, Massimo D'Alema e
Giovanni Berlinguer e Alfiero Grandis dei Ds, Marco Rizzo
di Rifondazione Comunista. Per l'Arci è presente Tom
Benettollo, mentre Vittorio Agnoletto e Luca Casarini
rappresentano i no global.
La Fiom è pronta a portare fino in fondo la battaglia a
sostegno del referendum sull'accordo separato per il
rinnovo del contratto dei metalmeccanici e per riaprire
la trattativa. Lo ha affermato il segretario generale
della Fiom, Claudio Sabbatini, in apertura della
manifestazione delle 'tute blu' a Roma. "Oggi siamo
due volte in piazza - ha detto Sabbatini - per il rinnovo
del contratto e per la difesa dei diritti dei lavoratori
colpiti ieri dal provvedimento del governo. La delega sul
lavoro e sui licenziamenti è uno degli attacchi più
gravi ai diritti dei lavoratori. E' un attacco - ha
concluso Sabbatini - anche al diritto di sciopero".
I metalmeccanici sono giunti a Roma a bordo di 25 treni
speciali e 2000 pullman. In questo corteo sono confluite
le rappresentanze della Fiom dell'Italia centrale, ma
anche del nord-est e di tre regioni meridionali,
Calabria, Puglia e Basilicata. I tre cortei sono
composti, a tratti silenziosi, e il tema del contratto ha
comunque lasciato spazio anche a molti cartelli e
striscioni che chiedono la pace. Pensionati con le
bandiere della Fiom sono stati affiancati da molti
giovani dei centri sociali, soprattutto dell'Emilia
Romagna.
Poco spazio è stato lasciato alla coreografia, anche se
non sono mancati dei momenti in cui il tema del contratto
è stato affrontato con umorismo: un gruppo di
manifestanti si è mascherato da "Banda
Bassotti" con tanto di mascherine e magliette
bordeaux. Un manifestante a torso nudo sul corpo ha
scritto: "Contratto per vestirsi" e sulle
spalle ha scritto: "Siamo in mutande".
I politici più bersagliati sono il presidente del
Consiglio Berlusconi e il ministro Maroni. Contro
Berlusconi è stato spesso intonata la famosa canzone di
Renato Carosone: "Tu vò fa l'americano, ma sei nato
in Italy". I manifestanti cantano spesso anche
"Siete voi, siete voi, la rovina dell'Italia siete
voi", mutuata dal motivetto dei tifosi romanisti per
la conquista dello scudetto.
Pochi anche i cartelli, ma tutti sullo stesso tema:
"Contro la guerra e per il contratto";
"Contro il neoliberismo e per la libertà dei
popoli"; "Per la pace, no al terrorismo, un
nuovo mondo è possibile". Gli altri striscioni e
bandiere sono tutti della Fiom-Cgil e indicano da dove
provengono i metalmeccanici che compongono il corteo.
(16
novembre 2001)
Oggi tutte e
tre le istituzioni internazionali
forniscono dati poco incoraggianti
Fmi,
Ocse e Ue rivedono
le stime sul Pil italiano
Nel
2001 la crescita non supererà l,8%
Il nostro governo l'aveva calcolata al 2%
ROMA - L'Ocse, il Fondo monetario
internazionale, la Commissione europea: oggi tutti e tre
gli autorevoli organismi internazionali hanno fornito
dati sulla crescita italiana più pessimisti di quelli
del nostro governo. Il quale, nel programma di stabilità
inviato a Bruxelles, ha indicato una crescita del
prodotto interno lordo pari al 2 per cento per l'anno in
corso, e del 2,3 nel 2002.
Cifre differenti da quelle che provengono dalle tre
istituzioni internazionali. Cominciamo dalla Commissione:
le Previsioni economiche autunnali, che saranno rese note
ufficialmente domani, il capitolo che riguarda il nostro
Paese - secondo le anticipazioni circolate oggi -
indicano un Pil all'1,8 per cento nel 2001, e dell'1,3
nel 2002.
Ancora minori margini di crescita economica, nelle
previsioni elaborate da Fmi ed Ocse, e identiche riguardo
all'Italia. Il Fondo monetario internazionale, nel
Rapporto diffuso oggi a Washington, e l'Organizzazione
per la cooperazione e lo sviluppo economico, nell'Outlook
diffuso oggi, hanno assegnato al nostro Paese un più 1,8
per cento per il 2001, e un 1,2 per il 2002. "Lo
scenario della crescita nel medio periodo - hanno scritto
gli esperti Fmi, che sollecitano provvedimenti entro la
prossima primavera - dipenderà in maniera cruciale dal
ritmo delle riforme strutturali".
Ma il rapporto Ocse è pessimista anche su altri fronti:
nel documento si dice infatti che bisognerà aspettare la
fine del 2002 per tornare a parlare di ripresa
nell'economia mondiale. "Gli eventi dell'11
settembre - si legge nel rapporto - hanno inflitto un
forte choc all'economia mondiale". Così, per la
prima volta in venti anni, il Pil dell'area monitorata -
le trenta economie più sviluppate - registrerà una
contrazione dello 0,3 per cento nella seconda metà del
2001 per chiudere l'anno in crescita dell'1 per cento.
(20
novembre 2001)
L'ex Beatle
ha perso la battaglia con il cancro
La morte è arrivata ieri: con lui moglie e figlio
Muore
a Los Angeles
George Harrison
Comunicato
della famiglia:
"Ha lasciato il mondo come ha vissuto"
NEW YORK - George Harrison è morto. L'ex
Beatle aveva 58 anni e da tempo era malato di cancro.
Nelle ultime settimane era ricoverato in una clinica di
New York per sottoporsi a una terapia sperimentale: aveva
scelto di farsi registrare con il nome della moglie per
non subire le pressioni dei media. La morte è avvenuta
ieri alle 13.30 (22,30 in Italia). Harrison non era più
in ospedale, ma a casa di un amico a Los Angeles: con lui
c'erano la moglie Olivia e il figlio Dhani di 24 anni.
In un comunicato diffuso 12 ore dopo la morte, la
famiglia ha ricordato Harrison. "Ha lasciato questo
mondo come aveva vissuto -dice la nota - pensando a Dio,
senza paura della morte, in pace e circondato dalla
famiglia e dai suoi amici. Spesso diceva: 'Tutto può
aspettare ma la ricerca di Dio no. E neppure l'amore
reciproco". Un funrale privato è già stato
celebrato in California.
Harrison aveva ammesso di essere malato di cancro nel
1998: "Questo ti fa venire in mente che nella vita
ti può succedere di tutto", aveva detto. All'inizio
il cancro aveva preso gola e polomoni: poi si era esteso
anche al cervello. Negli ultimi tempi le sue condizioni
si erano aggravate: a maggio era stato operato, a luglio
aveva passato un lungo periodo in una clinica svizzera.
La settimana scorsa, i suoi ex compagni, Ringo Starr e
Paul Mc Cartney erano andati a trovarlo nella clinica
newyorchese: ne erano usciti sconvolti. Il segno che la
fine era vicina.
George Harrison era considerato il solitario dei Beatles:
quando il gruppo si sciolse, nel 1970, aveva solo 27
anni. Da allora proseguì la carriera solista,
affiancandola a quella di produttore. Era tornato a
lavorare con gli ex compagni lo scorso anno, per
"1", la compilation che raccoglie i numeri uno
dei Beatles.
Da tempo aveva scelto di vivere isolato, in campagna o su
un'isola. Ma questo non era bastato ad allontanare da lui
la curiosità e le morbosità: nel dicembre 1999 fu
accoltellato per dieci volte da un folle entrato nella
sua villa vicino Oxford. Fu la moglie Olivia a salvargli
la vita, rompendo una lampada sulla testa
dell'aggressore.
(30
novembre 2001)
|