MEMORIA E REALTA’

Le tipologie di pensiero del racconto autobiografico

di LAURA TUSSI

L’attenzione per la narrazione autobiografica non consta esclusivamente nella cronaca viscerale degli eventi passati, ma nella globale ricostruzione della propria storia esistenziale.

Il narratore è condotto nel processo di rimemorazione dal ricordo quale traccia in trasformazione metabletica, in un percorso mnemonico, tra memoria e realtà, sempre dinamico, in cui i ricordi risultano soprattutto ricostruttivi e non riproduttivi, in una reinterpretazione senza sosta del tempo trascorso.

La memoria è un supporto in evoluzione, in fieri, in itinere nel percorso di rimemorazione in un processo mnemonico di tipologia dinamica nella continua reinterpretazione degli eventi trascorsi, aggiornati da nuove esperienze, che agisce retroattivamente apportando varianti al ricordo.

La memoria individuale collegata ed intrecciata con quella collettiva può fungere da setaccio degli episodi e degli eventi imbrigliati nel ricordo, producendo oltre al naturale processo dell’oblio, la metabletica rimemorativa, ossia la trasformazione dei ricordi, influenzati anche dalle storie di vita altrui.

Soprattutto i racconti collettivi contribuiscono ad accentuare determinate caratteristiche che formano il mito personale, vale a dire quell’immagine propria cristallizzata in un personaggio con caratteri particolari e continuamente alimentata da leggende familiari. Il passato viene così riconsiderato in base al presente preannunciato in alcuni eventi, immagini ed iconemi infantili, in una lettura e profezia della personale vicenda esistenziale, utile per creare coerenza tra passato e presente, trasfigurando anche gli avvenimenti di vita delle persone più umili e dei più deboli.

Nelle storie di vita prevale l’aspetto affettivo ed emotivo, in quanto si pongono in rilievo le dinamiche motivazionali, dove i ricordi risultano trasformati e rimaneggiati. Se il senso e i significati attribuiti alle proprie narrazioni vengono accentuati, le diversità di contenuto in relazione all’evoluzione rispetto al passato assumono spessore. 

Dunque tramite il percorso autobiografico risulta possibile ricostruire la propria storia di vita e recuperare l’esistenza personale intorno a tutte le esperienze significative scaturite da una rivisitazione creativa e retroattiva dell’agito individuale, riabilitando non solo gli antefatti, ma soprattutto gli “artefatti” della narrazione di sé.

Non la realtà, ma una propria dimensione reale risulta costruita e strutturata soggettivamente ed arbitrariamente, ponendo in rilievo l’unicità e la soggettività del narratore intento nell’esplorazione della personale interiorità. L’artefatto autobiografico assume una forma nell’ambito dello spazio compreso tra realtà fattuale e realtà psichica, ossia il luogo privilegiato dell’incontro tra narratore ed educatore. L’intelligenza autobiografica viene stimolata dal racconto introspettivo che suscita un valore autoformativo, in quanto risveglia la molteplicità dei processi cognitivi coinvolti nel pensiero autobiografico. L’intelligenza narrativa si realizza nel pensiero retrospettivo, permettendo di contenere la proliferazione dispersiva dei ricordi nella rivitalizzazione della memoria. La riflessione autobiografica promuove anche il pensiero introspettivo che porta ad acquisire la propria identificazione morale, sociale e individuale. La capacità di concentrazione può condurre fino alla meditazione, grazie a cui si ottiene una potenzialità riflessiva sempre più complessa, profondamente interiorizzata e consapevole rispetto alla realtà e alle istanze psichiche dell’Io, del Sé e del super-Io. L’autobiografia, in forma orale o scritta, oppure creativa, in senso artistico, concepisce anche il potenziamento del pensiero abduttivo che procede per metafore, analogie, immagini simboliche, iconemi rappresentativi ed archetipici presenti nel racconto narrativo di sé. Il narratore tramite il principio dell’archetipo simbolico, interpreta e valorizza la personale esistenza in modalità artistiche e potenzialità creative, imparando a riflettere, a cogliere ed elaborare, in modo spontaneo, i nessi, i collegamenti, gli intrecci, le interconnessioni e i legami tra gli eventi, concependo in modo intuitivo la dimensione logica non rappresentabile potenzialmente. Il pensiero logico si rivela in effetti insufficiente nell’interpretazione della complessità di un percorso esistenziale in cui solo in parte gli eventi presentano sequenze di causa-effetto. La narrazione di sé si avvale quindi per la maggior parte del pensiero analogico e ipotetico-deduttivo che richiedono intuizione, creatività, capacità di sintesi, potenzialità immaginative, sviluppando così l’uso dell’emisfero destro del cervello, per cui l’utilizzo coordinato e orchestrato di tali processi psichici contribuisce ad attivare una solida dimensione educativa e trasformativa del proprio sé.