DA LA REPUBBLICA Il
presidente d'onore della Fiat è deceduto alle 8,30 di
stamattina
Lo hanno assistito la moglie Marella e la figlia
Margherita
E' morto Gianni Agnelli
Era da tempo malato di cancro alla prostata
TORINO
- E' morto l'Avvocato Gianni Agnelli. Avrebbe compiuto 82
anni il 12 marzo. Le condizioni dell'Avvocato, già
gravissime nel tardo pomeriggio di ieri, si sono
ulteriormente aggravate in serata e il senatore a vita
non ce l'ha fatta a superare la crisi. E' morto alle 8,30
di questa mattina. Un comunicato diffuso dalla famiglia
dice: "Giovanni Agnelli è spirato nella sua casa
torinese, dopo mesi di malattia. Lo hanno assistito la
moglie Marella e la figlia Margherita con i suoi figli.
La camera ardente sarà allestita al Lingotto e i
funerali si svolgeranno a Villar Perosa in forma
strettamente privata".
Agnelli aveva ammesso per la prima volta nel maggio 2002
di avere problemi di salute e aveva annunciato il suo
viaggio negli Stati Uniti per curare un cancro alla
prostata. Dopo qualche settimana di cure, Agnelli era
rientrato in Italia. Ma la sua permanenza a Torino è
durata poco. Dopo qualche mese era stato necessario un
nuovo ricovero negli Usa. Da molto tempo il presidente
d'onore della Fiat aveva limitato quasi del tutto le sue
apparizioni in pubblico ma aveva seguito in prima persona
la crisi dell'azienda torinese. L'ultima volta che aveva
partecipato a una cerimonia ufficiale con il presidente
della Repubblica fu nel settembre scorso in occasione
dell'inaugurazione della pinacoteca che la famiglia aveva
donato alla città di Torino.
Proprio oggi era prevista l'assemblea dell'accomandita di
famiglia con all'ordine del giorno la richiesta a Umberto
Agnelli di assumere la presidenza della Fiat. La riunione
è incominciata nonostante il lutto. John Elkan, il
nipote dell'Avvocato e la sorella Susanna Agnelli, sono
stati tra i primi che si sono presentati poco prima delle
9, al centro storico Fiat in via Chiabrera, per
l'assemblea della "Giovanni Agnelli e C".
L'ultima ad arrivare è stata Margherita che dopo pochi
minuti se ne è andata uscendo da una porta secondaria.
Susanna Agnelli, grandi occhiali neri, visibilmente
affranta non ha parlato con nessuno. Silenzio anche da
parte degli altri soci-azionisti che stanno arrivando
alla spicciolata. Tutti senza dire una parola ai
giornalisti affollati in via Chiabrera. La riunione si è
conclusa dopo una quarantina di minuti.
Il mercato reagisce alla notizia con un rialzo del titolo
Fiat del 4,19% a 8,5 euro in preapertura di Borsa, poi
sale al 6,03%. Corrono anche i titoli delle finanziarie
di casa Agnelli: le Ifil ordinarie guadagnano il 3,69% a
3,37 euro.
DA
LA REPUBBLICA
Infanzia e giovinezza all'ombra del
nonno, poi la guida
della Fiat e poi l'ultimo difficilissimo anno
L'Avvocato, una vita
nel segno dell'azienda
di SALVATORE TROPEA
Capitano d'industria, gentiluomo, play boy,
ereditiere. Lo hanno chiamato in mille modi a seconda dei
ruoli svolti nella sua intensa esistenza. Per molti è
stato il sovrano che ha regnato sull'ultimo grande impero
industriale privato italiano. Per tutti è stato e sarà
sempre l'Avvocato, il nipote del fondatore della Fiat:
Giovanni, di nome, come lui. E come lui, presidente e
padrone della Fiat e senatore a vita. Ha goduto di una
fama nel mondo che gli hanno invidiati in tanti. In
parecchi momenti della sua vita ha rappresentato l'Italia
più e meglio di molti leader politici e di governo.
Giovanni Agnelli nasce a Torino il 12 marzo 1921 in una
città scossa da tensioni politiche e sindacali. Secondo
di sette figli nati da Edoardo e Virginia Bourbon del
Monte, primo dei maschi, trascorre la sua fanciullezza
tra la casa torinese di Corso Matteotti e la residenza di
campagna dei nonni a Villar Perosa, frequenta il liceo
Massimo d'Azeglio per poi laurearsi in giurisprudenza,
ufficiale dell'esercito viene ferito in Africa. Gianni,
come lo chiamano in famiglia, manifesta sin da ragazzo le
doti del "capo" inteso come punto di
riferimento per le sorelle e i due fratelli più giovani
di lui. "E' stato sempre naturale chiedere il suo
parere per qualsiasi cosa" ricorda Susanna Agnelli.
Per il fondatore della Fiat Gianni è stato il vero
delfino, il successore per antonomasia. E al nonno il
"bel cit" è legato fin da bambino da un
rapporto di affetto e di grande rispetto e devozione.
Prima di morire il vecchio senatore gli consiglia di
"girare il mondo, divertirsi un poco, far conoscenze
utili" lasciando temporaneamente la guida
dell'azienda al professor Vittorio Valletta. Gianni lo
prende in parola e si tuffa nel bel mondo internazionale
diventando una sorta di mito delle notti brave della
Costa Azzurra. Dove nel 1952 un grave incidente
automobilistico gli costa una menomazione alla gamba
destra. Nel novembre del 1953 sposa Marella Caracciolo di
Castagneto e dal matrimonio nascono Edoardo e Margherita.
Vicepresidente della Fiat dal 1946, esattamente vent'anni
dopo, assume il comando dell'azienda di famiglia ed è
come la svolta, il passaggio dalla vecchia alla nuova
Fiat. Quasi contemporaneamente comincia ad accostarsi
più di quanto non abbia fatto in passato al mondo
imprenditoriale italiano e a quello politico. Con la Fiat
sta cambiando anche lo scenario politico italiano e
l'Avvocato è interessato a questa
"metamorfosi" che in qualche modo lo vede tra i
protagonisti. Nel 1974, anno durissimo per le finanze
della Fiat ricordato anche per l'ingresso nel gruppo di
un manager che si chiama Cesare Romiti, Agnelli diventa
presidente della Confindustria. Due anni più tardi sta
quasi per cedere alla tentazione della politica o, almeno
così si dice.
"Il mio cuore batte repubblicano" ammette ed
è nota la sua amicizia con Ugo La Malfa. Ma non lesina
appoggi e sempatie ai liberali. In politica invece
finisce il fratello Umberto la cui esperienza come
indipendente nelle file della Dc non è entusiasmante.
Dicono che lui non l'abbia né incoraggiata né
apprezzata. Al rientro dalla Confindustria pilota
l'ingresso nel capitale Fiat dei libici di Gheddafi. In
quegli anni fronteggia, assieme ai suoi manager, due
fatti, diversi tra loro ma entrambi duri per la Fiat. Il
terrorismo e il grande scontro con il sindacato culminato
nell'autunno dell'80 con la marcia dei quarantamila.
Il fenomeno terroristico, al quale l'azienda paga un
pesante tributo di morti e feriti, lo preoccupa. Dicono
che in quegli anni ha meditato seriamente di portare via
la Fiat dall'Italia. Negli ani Ottanta lui regna sulla
Fiat governata da Romiti. Annette l'Alfa Romeo che
definisce "la provincia debole", manca
l'alleanza con la Ford, liquida il socio scomodo
Gheddafi. A metà di quel decennio indica come suo
successore alla presidenza di Fiat il fratello Umberto.
Ma le cose andranno diversamente. Nel 1993, un altro
periodo finanziariamente difficile per il gruppo, è
costretto a bussare alle porte di Mediobanca dove ancora
impera l'anziano Enrico Cuccia. La banca milanese
organizza e sostiene un maxiaumento di capitale per Fiat
ma la contropartita è la rinuncia di Umberto alla
successione.
L'Avvocato deve mandare giù un boccone amaro, ma lo fa
con classe. Cerca di rifarsi nel 1996 indicando come
successore, almeno sul fronte della famiglia, Giovanni
Alberto, figlio di Umberto. Ma Giovannino morirà
giovanissimo tre anni dopo. E per lui è un colpo
durissimo perché avverte l'interruzione di una
continuità della famiglia sulla quale ha fatto
affidamento dal momento in cui si è reso conto che il
suo diretto discendente, Edoardo, non è adeguato al
ruolo di guida del gruppo. Quando, settantacinquenne,
lascia il comando della Fiat gli succede Cesare Romiti.
La morte prematura del nipote sul quale ha fatto
affidamento e il suicidio di Edoardo segnano il vecchio
patriarca che è costretto, quasi ottuagenario, a
riprendere in mano il comando, per lo meno della
famiglia. Adesso più che mai è un punto di riferimento
per tutto il clan Agnelli. Riversa affetto e attenzioni
su un altro nipote, John, Iaki per i familiari, figlio di
Margherita e di Alain Elkann, un ragazzo poco più che
ventenne che si laurea a Torino e viene mandato in
America a "farsi le ossa". Ma la possibilità
per questo giovane erede di assumere le redini del gruppo
di famiglia è ancora molto lontana.
Quando Romiti compie settantacinque anni l'Avvocato non
ha dubbi. "La regola degli anni vale per tutti"
dice e chiama al comando Paolo Fresco, un avvocato che
per molti anni è stato vicepresidente della General
Electric. Amministratore delegato diventa Poalo
Cantarella. Sempre più "torinese" e sempre
più attento alle sorti della Fiat, Agnelli riprende un
ruolo che probabilmente non aveva messo in conto per la
sua vecchiaia. I nipoti che affollano Villa Frescot sulla
collina torinese, le sorelle, gli impegni di
rappresentanza, i convegni internazionali, le frequenti
incursioni al campo di Villar Perosa dove si allena la
Juventus, un gruppo di amici che impietosamente
l'anagrafe sfoltisce: così il "bel cit"
approda al suo ultimo appuntamento.
Le cronache dell'ultimo anno, discrete sul piano privato
non altrettanto su quello societario e aziendale,
descrivono un Avvocato ormai fuori dalla scena e tuttavia
attento alle vicende della famiglia. Partecipa
telefonicamente all'assemblea della Fiat del maggio 2002,
segue per tutta l'estate gli sviluppi della situazione e
interviene direttamente nei momenti delicati e difficili.
E' lui che convince Paolo Cantarella a farsi da parte e a
lasciare il posto a Gabriele Galateri come amministratore
delegato del Gruppo. Ed è sempre lui che si occupa
successivamente del passaggio da Galateri ad Alessandro
Barberis nel dicembre scorso. Certo, le sue condizioni di
salute si andavano aggravando col passare dei giorni e
lui lo sapeva. Ma ha voluto recitare il ruolo di capitano
d'industria fino in fondo.
DA
LA REPUBBLICA
Telefonata tra Pera e Ciampi. Prodi:
"Un grande dolore"
Casini: "Un simbolo del nostro Paese nel mondo"
L'Italia in lutto per
l'Avvocato
"Se ne va un pezzo di Storia"
Cesare Romiti: "Per lui l'auto era la
vita"
De Benedetti: "Insostituibile". Angeletti:
"Ci ha sempre rispettato"
ROMA - L'Avvocato è stato per cinquant'anni
uno degli uomini più potenti, e noti, dell'Italia e del
mondo. Il presidente del Senato Marcello Pera è
stato informato della sua morte dal fratello Umberto
Agnelli. Subito dopo è seguita una telefonata dello
stesso Pera, che oggi pomeriggio sarà a Torino per
rendere omaggio alla salma, con il capo dello Stato Carlo
Azeglio Ciampi.
A Torino ci sarà anche il presidente della Camera Pier
Ferdinando Casini, che ha deciso di rientrare in
anticipo da Valencia dove sta prendendo parte ai lavori
del Foro dell'Amicizia Italia-Spagna. Dalla Spagna Casini
ricorda che "Proprio da fuori Italia si avverte
quanto forte sia stata l'immagine di Agnelli come simbolo
del nostro Paese nel mondo", e aggiunge che da oggi
"i lavoratori della Fiat e la città di Torino si
sentono certamente più soli".
"Con Agnelli - dice il sindaco di Torino Sergio
Chiamparino - scompare una figura che ha avuto un
valore simbolico forte per la nostra città, nel bene e
nel male, negli alti e bassi della vita". Una
persona che per il sindaco era "estremamente
interessata ai problemi piccoli e grandi della città e
della comunità in cui viveva, che affrontava con grande
curiosità e semplicità insieme".
Romano Prodi, presidente della Commissione
Europea, dice di aver appreso la notizia "con grande
dolore". Perché Agnelli, aggiunge il professore,
"non è stato solo il rappresentante più conosciuto
dell' Italia industriale, ma ha accompagnato tutto il
cambiamento del nostro Paese". Parla anche il
commissario europeo Mario Monti, secondo il quale
"Gianni Agnelli era "una persona carismatica,
potente ma al tempo stesso vicino al cuore della
gente".
"La scomparsa di Giovanni Agnelli lascia un vuoto
incolmabile nella mia vita", è il commento del
presidente della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo,
che gli dedidca i successi della Ferrari e ricorda come
"da oltre 35 anni la sua amicizia e il suo affetto
sono stati per me un punto di riferimento
insostituibile".
"Con Giovanni Agnelli - dice l'ex presidente della
Repubblica Francesco Cossiga che lo nominò
senatore a vita - scompare un altro pezzo della storia
civile del nostro Paese". Per il ministro delle
Comunicazioni Maurizio Gasparri "si è spento
un grande italiano, un uomo capace di dialogare con il
mondo quando l'Italia era ancora un pò
provinciale". Sempre dal governo arriva la reazione
del ministro delle Attività Produttive Antonio
Marzano, che esprime il suo cordoglio "non solo
come ministro ma anche come cittadino". Per Marzano
vanno ricordate con ammirazione "la sua visione di
imprenditore e la sua capacità di prevenire gli sviluppi
della storia". L'ex ministro delle Finanze Vincenzo
Visco (Ds), ricorda che è stato "un simbolo
dell'Italia del dopoguerra che cresceva", e che ora,
senza di lui, "l'immagine del paese all'estero è
più debole".
Di Luigi Angeletti, leader della Uil, le prime
parole del mondo sindacale. "L'avvocato Agnelli -
dice Angeletti - è stato per decenni un simbolo
dell'imprenditore italiano, che ha avuto sempre un
profondo rispetto nei confronti dei lavoratori e delle
organizzazioni sindacali". "L'auto per lui era
la vita", dice Cesare Romiti, che fu amministratore
delegato e presidente di Fiat. Che aggiunge: "So del
suo tormento in questi ultimi anni di crisi dell'azienda
e credo che abbia sofferto quello che non avrebbe dovuto
soffrire". "L'Italia da oggi è più
povera", dice l'ingegner Carlo De Benedetti,
anch'egli in passato amministratore delegato della Fiat.
Con lui è sempre l'ingegnere che parla - "scompare
una figura insostituibile e un grande protagonista degli
ultimi cinquant'anni".
Appena appresa la notizia la Fiom-Cgil, "in
segno di rispetto", ha sospeso lo sciopero di due
ore previsto per oggi pomeriggio a Mirafiori.
DA
LA REPUBBLICA
Pochi minuti dopo l'annuncio,
articoli su Gianni Agnelli
appaiono sulle edizioni online di tutti i grandi giornali
E la notizia della
morte
fa subito il giro del mondo
"E' morto il leggendario capo della Fiat":
è con questo titolo, tra i primi della sua homepage, che
il sito della Bbc annuncia la scomparsa di Gianni
Agnelli. Un lutto non solo italiano, visto che le
principali testate internazionali danno alla notizia
grande evidenza, e con notevole velocità: molti hanno
usato la formula delle breaking news, notizie
brevi con cui vengono riportati fatti importanti appena
accaduti.
E non solo in Europa. Grazie al tempestivo lancio dell'Associated
Press, la principale agenzia di stampa americana,
l'evento è riportato online anche oltreoceano. Con quasi
tutti i giornali che riprendono il titolo dell'Ap, in cui
l'Avvocato viene definito "il Patriarca".
Compreso il più prestigioso fra tutti i quotidiani a
stelle e strisce: il New York Times. E compreso il
network Cnn, che per dare l'annuncio interrompe la
normale scaletta.
Ma torniamo nel Vecchio continente. Come sempre, tra i
più veloci nel riportare le notizie di maggiore
rilevanza, è il giornale spagnolo El Mundo: il
sito sottolinea non solo che la morte è giunta in una
giornata cruciale, in cui Umberto Agnelli sarebbe dovuto
tornare alla presidenza; ma anche l'impennata che i
titoli della casa torinese hanno avuto in borsa dopo
l'annuncio della scomparsa dell'Avvocato. Più stringato
l'austriaco Die Presse: "Se ne va il vero re
d'Italia".
Uguale rilevanza sulle homepage di tutti gli altri
quotidiani europei: dal francese Libération al
tedesco Spiegel. E l'elenco potrebbe continuare.
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DA
LA REPUBBLICA
Da Baggio "coniglio
bagnato" a Del Piero "Pinturicchio"
storia di una passione incominciata ottant'anni fa
Juventus in lutto per
Agnelli
il grande amore resta orfano
L'Avvocato lasciò la presidenza della
società bianconera nell'87
ma non aveva mai smesso di esserne il primo tifoso
TORINO - C'è un'altra Italia che resta orfana
di Gianni Agnelli, l'Italia trasversale accomunata da
Nord a Sud dalla stessa passione che l'Avvocato ha avuto
da sempre: quella della Juventus. L'Avvocato era
presidente d'onore della società, con il fratello
Umberto e Giampiero Boniperti. Non si perdeva una sola
partita dei bianconeri, ma ormai da tempo non si vedeva
allo stadio, quel Delle Alpi che non gli è mai piaciuto.
Il suo arrivo al campo di allenamento dei bianconeri, era
sempre atteso - e desiderato - dai cronisti, sicuri di
avere da lui battute destinate immancabilmente a fare
titolo. E l'appuntamento di metà agosto a Villar Perosa,
per la tradizionale amichevole in famiglia della Juventus
nella Valle Chisone, era il prologo alla stagione
calcistica.
Le risposte dell'Avvocato erano distillati sul mondo del
calcio, frasi destinate a essere quasi sentenze, giudizi,
umani e tecnici, sui giocatori che avrebbero fatto
storia. Così Del Piero era diventato
"Pinturicchio", ma anche un Godot da aspettare
e da pungolare, Roberto Baggio il "coniglio
bagnato", Zidane, alla sua partenza da Torino,
"un giocatore più divertente che utile", Zibì
Boniek "bello solo di notte".
Uno dei campioni più
ammirati dall' Avvocato è stato, naturalmente, il
fuoriclasse francese Michel Platini. Alla sua ultima
partita, il 17 maggio dell' 87, Giovanni Agnelli disse:
"Oggi è una giornata triste, un altro pezzo di vita
che passa e se ne va. Platini sarà ricordato come uno
dei grandi della Juventus. Come Sivori". Con la
Juventus, l'Avvocato ha conosciuto grandi trionfi e
giorni difficili, come quelli in Europa, con la Coppa
Campioni sfuggita beffardamente, fino alla tragica notte
dell'Heysel.
La Juventus era nel destino dell'Avvocato. Aveva solo due
anni quando il padre Edoardo ne divenne presidente,
quattro quando festeggiò il primo scudetto - il secondo
nella storia bianconera - quindici quando il nonno
Giovanni lo chiamò a fare parte del consiglio di
amministrazione. Era appena morto il papà dell'Avvocato,
Edoardo Agnelli, precipitato a bordo di un idrovolante
mentre andava a trovare i figli in vacanza. L'Avvocato
entrava nella vita della Juventus, di cui sarebbe stato
presidente effettivo per oltre sette anni, dal 22 luglio
1947 al 18 settembre 1954, conquistando due scudetti,
dopo la tragica scomparsa del Grande Torino.
"Un impegno irrinunciabile - avrebbe commentato più
volte l' Avvocato - e, negli anni, un impegno
rilevante". Giovanni Agnelli lasciò il testimone
della presidenza al fratello Umberto, e poi a Vittore
Catella, Giampiero Boniperti e Vittorio Chiusano, ma
dietro le quinte continuò a occuparsi della Juventus e a
esserne il primo tifoso, ma anche critico esigente, oltre
che osservatore del mondo del calcio e dei suoi
cambiamenti.
Era stato molto tiepido, ad esempio, all'arrivo di
Ronaldo in Italia: "E' difficile fare sempre grandi
affari - aveva detto - e non sono convinto che Ronaldo lo
sia. E' un grandissimo giocatore, il più grande
attaccante che c'è in giro, ma non è detto che con lui
bisogna vincere tutto". Parole profetiche e di
grande attualità, dopo il sorpasso della Juve, campione
d'Italia per la ventiseiesima volta, proprio a spese
dell'Inter di Ronaldo. Un successo celebrato esaltando
Buffon: "Avevo chiesto un parere a Zoff - rivelò -
e aveva ragione. Ci ha consentito di vincere quelle
partite della rimonta senza le quali non saremmo arrivati
al titolo".
E' stato l'ultimo scudetto per l' Avvocato. Un altro
trofeo avrebbe voluto rivincere, quella Coppa dei
Campioni che i bianconeri hanno alzato al cielo due sole
volte. Troppo poche, pensava Giovanni Agnelli, per il
blasone di quella squadra cominciata ad amare, 80 anni
fa, quando giocava in corso Marsiglia e il campione era
Hirzer, il velocissimo ungherese appena arrivato a
Torino. Da quel giorno la Juventus ha vinto 26 scudetti.
Con orgoglio un giorno Giovanni Agnelli rispose, a chi
gli chiedeva, 'Vinca la Juve o vinca il migliore?, Sono
fortunato, spesso le due cose coincidono".
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