Lettera aperta al cooordinamento dei movimenti e ai partiti del centro-sinistra palermitano sulla “questione morale”

 

Con questa lettera voglio esprimere il mio disagio per la scelta, sancita dalla “convention” di febbraio e riconfermata successivamente, di candidare Luigi Cocilovo alla Presidenza della Provincia di Palermo. Condivido l’esigenza di una candidatura forte e autorevole, in grado di unificare e allargare lo schieramento necessario per battere il centro-destra, ma non credo che questo obiettivo possa essere raggiunto sottovalutando la questione morale.

Non mi si dica che la questione andava posta prima e che ormai è troppo tardi. Chi era presente alla “convention” del 21 e 22 febbraio sa benissimo che la gran parte dei partecipanti probabilmente non conosceva o, certamente, non ricordava nel merito le vicende giudiziarie di Cocilovo, rese note solo successivamente sull’edizione palermitana di Repubblica da un articolo di Enrico Del Mercato (23 febbraio) e, con dovizia di particolari (fino ad oggi non smentiti da nessuno), da un intervento di Marco Travaglio (27 febbraio). C’era, dunque, in quell’assemblea un deficit di informazione, che in democrazia è prerequisito necessario per una scelta pienamente consapevole.

Non voglio, qui, entrare nel merito di quelle vicende, ma mi limito a constatare che è stato lo stesso Cocilovo, ricorrendo in appello per ottenere “una formula assolutoria ancora più ampia” (la Repubblica, 1/3/03), a riconoscere implicitamente che la sentenza di assoluzione abbia lasciato delle ombre. Se dunque è lo stesso Cocilovo a non essere soddisfatto di quella sentenza, perché mai dovrebbero esserne soddisfatti i suoi potenziali elettori e, più in generale, l’opinione pubblica?

Non sono assertore di alcun “moralismo giudiziario” e non voglio, certamente, trasformare una sentenza di assoluzione in “indizi di colpevolezza nel tribunale improprio del sistema mediatico”, come sembra temere Giovanni Fiandaca. Ma rivendico, semplicemente, il diritto di mettere in dubbio l’opportunità politica, non la “legittimità” democratica, di una candidatura che, oggettivamente, espone il centro-sinistra a quelle stesse critiche che spesso abbiamo rivolto al centro-destra: ad esempio, quando, ispirandoci al principio di separazione tra responsabilità penale e responsabilità politica - approvato quasi all’unanimità dalla Commissione parlamentare antimafia nel ’93 – abbiamo sottolineato, in occasione dei noti processi a importanti uomini politici, che le sentenze dei tribunali stabiliscono l’esistenza o meno di una responsabilità penale, ma non cancellano di per sé le responsabilità storiche, politiche e morali; o quando, come è avvenuto recentemente al Comune e alla Regione, abbiamo chiesto le dimissioni degli assessori Miceli e Pellegrino per dei comportamenti ritenuti, indipendentemente dall’esito di eventuali accertamenti giudiziari, censurabili sul piano etico-politico. E’ del tutto evidente che il centro-sinistra, se vuole essere credibile agli occhi dell’opinione pubblica e degli elettori, non può usare due pesi e due misure, non può pretendere il massimo di trasparenza nelle istituzioni quando si tratta dell’avversario e, poi, non applicare lo stesso rigore nei confronti dei propri rappresentanti.

Per queste ragioni avevo apprezzato la sensibilità e il senso di responsabilità mostrate da Luigi Cocilovo quando ha deciso di ritirare la propria candidatura. Per le stesse ragioni non ho condiviso le insistenti sollecitazioni dei partiti e dei movimenti che lo hanno indotto ad accettare, ed auspico quindi che questa scelta possa essere riconsiderata.

Comprendo la preoccupazione di chi teme che rimettendo in discussione le scelte sancite dalla “convention” di febbraio si svilisca il significato innovativo di quella esperienza, ma in realtà non c’è un nesso logico tra le due questioni. Sulle primarie e sui metodi innovativi per allargare la partecipazione democratica si possono avere opinioni diverse e si deve continuare a discutere per andare avanti, e non certo per tornare indietro. Ma la questione morale dipende, più che dalle regole e dalle procedure, dalla volontà che ispira le scelte politiche.

Ritengo, in conclusione, che si sia commesso un grave errore, ma che sia ancora possibile rimediare. Se ci fosse la volontà politica non sarebbe difficile stabilire tempi e modi per individuare una nuova candidatura credibile e autorevole, in grado di unire e allargare lo schieramento di centro-sinistra. In caso contrario si rischierebbe non solo e non tanto qualche nuova divisione palese tra le forze politiche, ma sopratutto la crescita invisibile e silenziosa del disincanto, della rassegnazione, del distacco dalla politica e dell’astensionismo tra coloro che, nel corso dell’ultimo anno, avevano creduto e contribuito al pur timido e parziale risveglio di alcuni settori della società civile palermitana.

 

Claudio Riolo                                                                                           Palermo, 11-3-03