Tra la
peste e il colera
di Gianni Vattimo
Ma sì, forse dovremmo davvero dar ragione a Berlusconi e
ai suoi alleati polisti. In nome di quella ragion di
stato che Ostellino, sul Corriere del 19 marzo, ci
ricorda (anche lui «realisticamente») come unico
movente serio della politica, altro che utopie e
chiacchiere papali. L'Italia è vicina agli Usa e alle
loro sacrosante ragioni; tuttavia, non si impegna con i
propri soldati: se c'è da morire, anche in pochi (ci si
ricorda che nella prima guerra del Golfo le perdite
americane furono di un centinaio di caduti, a parte
quelli morti dopo per le varie sindromi conseguenti
all'uso di certe armi, vittime di «veleno amico»), che
muoiano gli americani e gli inglesi (oltre naturalmente
agli iracheni).
Altri rischi, per noi, non ce ne sono, salvo qualche
manifestazione pacifista, qualche sciopero dei soliti
scalmanati, qualche attentato terroristico (ma pochi,
poiché noi siamo «non belligeranti»). E certo non c'è
il rischio che sia una guerra persa: figuriamoci se Bush
e Blair non la vinceranno in pochi giorni.
Che Saddam abbia armi chimiche e batteriologiche da
distribuire immediatamente ai «suoi» terroristi
islamici sparsi nel mondo non lo credono davvero neanche
gli anglo-americani, se no sarebbero stati meno perentori
nell'iniziare la guerra. Dunque, di che cosa ci
lamentiamo? Siamo dalla parte del sicuro vincitore, non
rischiamo (quasi) niente, parteciperemo con tutte le
nostre imprese e mafie alla «ricostruzione» dell'Iraq
su basi democratiche e anche più sane (acquedotti
puliti, ospedali attrezzati, carceri più vivibili:
guerra igiene del mondo), rimaniamo fedeli alle nostre
più tradizionali alleanze (o sudditanze, fate un po'
voi: sotto l'America ieri, oggi, sempre; alla faccia del
«nuovo» ordine mondiale); ci liberiamo finalmente di
quell'ingombro che è la pretesa dell'Unione Europea di
imporre limiti alle nostre regole interne, alla
depenalizzazione dei falsi in bilancio, e ad altre
quisquilie a cui ha pensato la legge Cirami, o penserà
la legge salva-Previti in corso di confezione.
Eppure, anche a prescindere da ogni irrealistico
attaccamento a ridicoli residui di morale, o alla vecchia
Costituzione repubblicano-resistenziale; anche a guardare
dal semplice punto di vista della ragion di stato, non
riusciamo a non sentire la situazione nella quale siamo
come a una scelta obbligata tra la peste e il colera,
secondo l'espressione di un nostro amico scomparso.
Ha un bel dire Anselma Dall'Olio in Ferrara (dove per
pudore non si invita lo straripante marito, come a Porta
a Porta di lunedì scorso, c'è almeno lei) che, posta di
fronte alla scelta tra Bush e Saddam non ha dubbi,
preferisce Bush. Noi spontaneamente (ma quanto, data la
dieta mediatica a cui siamo democraticamente sottoposti)
tenderemmo a pensare lo stesso. Ma i due esiti
dell'alternativa ci sembrano altrettanto deprecabili.
Anche se una vera alternativa non è, posto che Bush non
può perdere.
Mettiamola dunque così: è preferibile che la guerra sia
davvero una guerra lampo, come Bush-Blair promettono,
oppure che sia lunga e sanguinosa, con gravi perdite
anche dalla parte degli alleati? Suvvia, siamo umani,
meglio senz'altro la prima possibilità.
Vittoria americana, poche perdite e ordine mediorientale
ristabilito, anche senza terrorismi scatenati, visto che
sarà stato eliminato il vero capo e ispiratore di Al
Qaeda, che sta (lo credevamo in Afghanistan, ma no) a
Bagdad. E poi? Possiamo lasciarci andare ai ricordi
liceali, non sarà che la lupa americana «dopo il pasto
ha più fame che pria»? Non muoverà subito, con le
stesse tecniche pacifiche (o te ne vai, o ti sterminiamo)
verso altri stati «canaglia», come Iran, Corea,
Pakistan, Siria o che altro?
La nostra peste è certo Saddam; ma il colera, o malattia
equivalente, è la vittoria dell'impero di Bush Essa
dimostrerebbe che: a) può infischiarsene di ogni
legalità internazionale; b) la sola cosa che possiamo
aspettarci per il futuro è l'ampliamento e
l'intensificazione dell'unipolarismo; non solo superiore
a tutti in fatto di armi - convenzionali, chimiche,
atomiche, batteriologiche, spaziali - ma anche deciso a
perseguire la propria (sacrosanta) ragion di stato; c) e
che persegue la sua ragion di stato come, se non peggio,
i più fanatici kamikaze (certo, rischiando meno),
giacché pensa (sinceramente, ahimé; in questo il
cavaliere è meglio, non crede a niente) di avere per
questo un mandato divino.
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Il nostro
no alla guerra
di Piero Fassino
Stiamo discutendo di una guerra e la parola
"guerra" evoca sofferenza, distruzione, morte
per centinaia di migliaia di persone. In particolare,
stiamo parlando di una guerra che, ogni giorno di più,
appare ingiustificata. Ad oggi, nulla prova che non
sarebbe stato possibile disarmare Saddam Hussein
attraverso le ispezioni dellOnu.
Anzi. Infatti, mano a mano che quelle ispezioni erano
venute approfondendosi e allargandosi, si erano ottenuti
i primi risultati di smantellamento degli armamenti e
degli arsenali di Saddam Hussein. Ciò dimostrava,
appunto, la possibilità di ottenere il disarmo
attraverso una soluzione politica e non necessariamente
precipitandosi in una guerra. Si doveva e si poteva
perseguire e proseguire nell'iniziativa dell'ONU, mentre
si è voluto precipitosamente interromperla.
Si tratta di una guerra che appare insensata per le
conseguenze che può produrre. Questo conflitto ci è
stato presentato più volte da chi lo vuole come una
guerra per rendere il mondo più sicuro; il rischio è
che, all'indomani di questa guerra, il mondo sia più
insicuro se solo pensiamo a come tale conflitto sarà
vissuto e percepito dalle opinioni pubbli che dei paesi
islamici ed arabi, vale a dire in quelle società che
già oggi sono percorse dalla febbre antioccidentale, che
dunque trarranno da questa guerra nuovo motivo per
esprimere questi sentimenti.
(...) C'è da chiedersi chi difenderà il mondo da una
sequenza reattiva di attentati terroristici, che potrebbe
scatenarsi e mettere a repentaglio la sicurezza di
nazioni intere. Una guerra ingiustificata e una guerra
insensata. Una guerra unilaterale e priva di legittimità
internazionale, perché questa guerra non ha
un'autorizzazione dell'ONU. E non solo. Per come si sono
sviluppate le cose nell'ultime settimane, si può
affermare che questa guerra la si sta facendo contro la
maggioranza degli Stati che sono membri delle Nazioni
Unite.
È la prima volta nella storia delle Nazioni Unite che il
Consiglio di Sicurezza non esprime un orientamento che
sia in sintonia con gli orientamenti del principale paese
di questo pianeta. E, non a caso, gli Stati Uniti hanno
rinunciato a portare in Consiglio di Sicurezza, insieme
alla Spagna e alla Gran Bretagna, la seconda risoluzione,
perché avrebbero dovuto registrare l'insussistenza, in
quella sede, di una maggioranza a sostegno della
risoluzione.
(...) Nel 2001, quando si è intervenuto in Afghanistan,
lo si è fatto all'indomani di un attentato come quello
delle Torri gemelle, che ha rivelato l'esistenza di
un'attività terroristica particolarmente preoccupante e
pericolosa per l'umanità intera, che aveva in
Afghanistan uno dei suoi santuari principali. C'era un
rapporto di proporzione tra la decisione di usare la
forza e il rischio drammatico per la sicurezza di popoli
e di nazioni che era in campo in quel momento. Nessuno
rapporto di proporzionalità c'è oggi tra lo scatenare
una guerra e il pericolo costituito da Saddam Hussein,
che poteva e doveva essere perseguito continuando
l'attività delle ispezioni. In questo modo, si sarebbe
potuto ottenere il risultato di disarmare Saddam Hussein,
senza precipitare il mondo in una guerra.
Sono queste le ragioni che ci portano a dire
"no". E, badate: chi si assume oggi la
responsabilità di condividere una guerra -
sostanzialmente di condividerla, come ha fatto lei,
signor Presidente del Consiglio - si assume la
responsabilità non soltanto di condividere una scelta
sbagliata ma anche di contribuire a mettere in mora
quelle Nazione Unite di cui, dopo questa crisi, tutti
avvertiamo che c'è ancora più necessità.
(...) Ecco, noi avremmo voluto sentire queste parole
oggi, qui, signor Presidente del Consiglio. Invece, noi
abbiamo sentito da parte sua espressioni non preoccupate,
non consapevoli dei rischi che stanno di fronte
all'umanità, ma espressioni che hanno teso a dare
legittimità a una guerra illegittima: sostanzialmente,
espressioni che ci dicono che lei e il suo Governo
condividono questa avventura bellica in cui si stanno
imbarcando gli Stati Uniti e alcuni altri paesi, fuori di
qualsiasi quadro dell'Onu, fuori di qualsiasi quadro di
legittimità internazionale.
(...) La verità è che, ancora una volta, lei ha dato
una dimostrazione di inadeguatezza grave alle
responsabilità che spettano ad un Governo. In ogni caso,
finché questo deprime la credibilità sua e del suo
Governo, poco male, ma nel momento in cui questo
atteggiamento deprime la credibilità del paese, lei
conduce un danno all'Italia intera, al suo prestigio
internazionale ed al ruolo che il paese può giocare.
Ciò che questo Parlamento deve dire - e noi ci sentiamo
il dovere di dire - è che questa è una guerra
sbagliata, insensata e ingiustificata, un'iniziativa
militare unilaterale che non deve essere sostenuta
(Commenti di deputati del gruppo di Forza Italia). È
quello che chiedono milioni di donne e di uomini del
nostro paese e noi chiediamo al Governo italiano di
tenerne conto. Se il Governo italiano non intende tenere
conto di tutto ciò, saremo noi dell'opposizione a farci
carico di rappresentare quell'Italia, che è la
stragrande maggioranza dei cittadini italiani.
Ecco il testo dellintervento di Piero Fassino
alla Camera.
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DA - LIBERAZIONE Un
no che rafforza il moviemento della pace
di Fausto Bertinotti
Pubblichiamo il testo integrale della dichiarazione di
voto pronunciata ieri a Montecitorio dal segretario di
Rifondazione comunista
Signor presidente, onorevoli colleghi, la guerra sta
precipitando ed è una scelta esclusiva
dell'amministrazione Bush. Nulla, neanche i crimini, la
giustificano. Il re è nudo e, del resto, mai il governo
degli Stati Uniti dAmerica è stato così
impopolare nel mondo. Mai è stata compiuta una scelta
che rischia di essere così distruttiva nelloggi e
nel domani dellumanità e della politica. Del
resto, da tempo contro questa guerra si è sollevata
lopinione pubblica mondiale, e un giornale come il
New York Times lha eletta seconda superpotenza
mondiale.
Questa guerra precipiterà in una catastrofe umanitaria
il popolo dellIraq, già duramente provato da un
embargo disumano. Tutte le guerre, assai più che i
tiranni, colpiscono i popoli e, nei popoli, i più
poveri: il Sud del mondo. E da oggi il rapporto tra il
Sud ed il Nord del mondo sarà ulteriormente avvelenato.
Noi, come tanti e tante, viviamo ore di angoscia, ma non
siamo disperati. Vive e vivrà la speranza che abbiamo
contribuito a costruire. Non siamo riusciti a impedire la
guerra, possiamo tuttavia fermarla. Lopposizione
alla guerra crescerà!
Signor Presidente del Consiglio, lei avrà la maggioranza
in questo Parlamento, ma lei sa, come tutti, che non ha
la maggioranza in questo paese. E quando questa guerra
precipiterà, il paese sarà segnato da uno sciopero in
generale, dalla partecipazione dei lavoratori e delle
lavoratrici alla lotta e alle manifestazioni che vi
saranno in tutta Italia. Ne ha parlato diffusamente la
collega Deiana. Ma non le vedete le bandiere della pace
che segnano un nuovo corso di questo paese? Non avete
visto la composizione delle manifestazioni per la pace?
Sicuramente, esse non hanno bloccato la guerra, ma
potranno fermarla. Non ha impedito la guerra neanche il
pontefice, che ha usato parole senza precedenti e che ha
parlato di guerra criminale. Domenica, con un ricorso
alla drammatica memoria del secondo conflitto mondiale,
ha usato lanatema: mai più la guerra! Anche lui
non è riuscito a fermarla, così comè non
lha fermata lopposizione, anzi la minaccia di
veto di paesi così importanti del mondo, spesso alleati,
come voi, degli Stati Uniti dAmerica. Ma questo
movimento, questa opinione e questi spostamenti di forze
hanno indebolito limpero e la sua logica. Hanno
disvelato tutta la sua ipocrisia ed hanno rilevato il
carattere di questa guerra: una guerra per il controllo
di risorse strategiche, cinicamente perseguita con
determinazione assoluta. Si chiamano petrolio, acqua,
risorse biologiche. Una guerra costruita per controllare
unarea geopolitica del mondo, quella del Golfo
Persico, ed irradiare da quella posizione ricatti verso
altre aree. Una guerra imperiale, fatta con solo una
manciata di governi amici e senza lOnu.
Signor Presidente del consiglio, lei ha citato le vicende
del Consiglio di sicurezza, ma, al contrario di quello
che lei sostiene, esse rendono evidente il carattere
illegittimo di questa guerra.
Il governo degli Stati Uniti è stato indotto a
«passare» per le Nazioni unite dai suoi alleati e da
quelli che lo sostenevano. Larticolo 41 del
trattato delle Nazioni Unite, che illumina
inequivocabilmente il significato della risoluzione 1441
del 2002, prevede che quando si accerta lesistenza
di una qualsiasi minaccia alla pace, violazione della
pace o atto di aggressione, le Nazioni Unite hanno il
potere di misure «non implicanti luso della
forza».
E larticolo 42 aggiunge che solo la constatazione
dellinadeguatezza di tali misure consente
luso della forza. Questa constatazione, lOnu
non l'ha fatta. Non la poteva fare perché gli ispettori
hanno chiesto più tempo per svolgere la loro missione.
Non lha fatta perché gli Usa, dopo tanti sforzi
diplomatici, anche densi di ricatti, non hanno avuto la
possibilità di consolidare una maggioranza a proprio
favore nel Consiglio di sicurezza. Non lha potuto
fare perché paesi come la Francia, la Russia, la Cina
hanno detto che avrebbero opposto il veto. E allora,
signor Presidente del Consiglio, lei non può sfuggire a
questa denuncia: questa guerra, oltre che brutale, è
illegittima.
Lei ha manifestato imbarazzo nel compiere questa scelta,
secondo me servile nei confronti degli Stati Uniti
dAmerica che, tuttavia, non ha saputo giustificare.
Anzi, lei ha proposto una scelta dura, aspra, di
complicità con la guerra e di suo sostegno politico, ma
nascosta con il minimalismo delle motivazioni. Così, lei
non è riuscito a nascondere lessenziale.
Voi non avete colto lopportunità che si presentava
di costruire una nuova Europa. Lha colta la Francia
di un presidente conservatore, tuttavia consapevole della
sua storia e che, pur con una cultura come quella
gollista, ha saputo vedere un passaggio. E lo hanno
saputo vedere altri, come la Russia, la Germania (ne ha
parlato con acutezza, in quest'aula, Saverio Vertone).
Certo, le nostre motivazioni, quelle di cui ha parlato
Ramon Mantovani, con grande chiarezza, sono agli antipodi
una politica imperiale che affronta la crisi e la sua
globalizzazione con la logica fondamentalista che si
esprime nelamministrazione Bush.
E, tuttavia, quel tentativo cercava di dispiegare
unEuropa diversa. Voi oggi, con questa scelta, vi
collocate lontano dal popolo dItalia e fuori da
questa Europa. Voi contribuite ad aprire un interrogativo
sul destino dell'umanità.
Voi ripudiate le ragioni politiche della nuova Europa e
della pace. Lo fate scegliendo comunque la vicinanza agli
Stati Uniti dAmerica. E una prova di
fedeltà, ma anche di accecamento della ragione politica.
La fedeltà atlantica, peraltro, non vi porta a nulla
perché è una fedeltà ad una alleanza in crisi, messa
in crisi dagli stessi Stati Uniti dAmerica con la
dottrina Bush e con la sostituzione ad essa di una
geometria variabile, nella ricerca delle alleanze. Voi,
in realtà, parlate di Alleanza atlantica come se fosse
la continuità e, invece, state parlando di una nuova
costruzione, di unalleanza subalterna ad un ordine
imperiale.
Non sapete parlare neppure in nome della continuità di
una parte della classe dirigente italiana. Ma qual è la
vostra idea dellItalia, del Mediterraneo,
dellEuropa? Non vi parlerò di La Pira e della sua
ispirazione. Ma dovè finita quella che ha
attraversato anche le culture di molti di voi, del
cattolicesimo politico? Berlusconi, il presidente, ha
detto: gli argomenti della politica non possono mettere
in discussione lAlleanza atlantica. E vero il
contrario, signor Presidente: gli argomenti della
politica possono e debbono mettere in discussione una
Alleanza atlantica che si rivela servile dipendenza dagli
Stati Uniti dAmerica.
LEuropa oggi è incompatibile con questo
servilismo. Ecco perché vi diciamo: cominciamo dal No
alle basi, cominciamo da una posizione in cui non basta
non essere belligeranti per non essere complici. Bisogna
essere contro la guerra, vecchia, antica, parola
dordine popolare: né un uomo né un soldo per la
guerra. Niente di niente.
Non solo, come è ovvio, No a uomini italiani impegnati
nella guerra, ma nessun uso del territorio, dello spazio
aereo, delle basi militari. Quello che lei non ha detto,
signor Presidente, è che del resto questa scelta sarebbe
illegittima, come riconosce anche un Presidente emerito
della Repubblica italiana.
La guerra degli Usa è illegittima per la carta
dellOnu. La posizione dellItalia, che offre
una cooperazione passiva delle basi militari, è
illegittima dal punto di vista della Costituzione
repubblicana.
La disobbedienza civile diventa lazione per
ripristinare la legalità e la legittimità. Il popolo
della pace la saprà perseguire. E noi diciamo al
Presidente della Repubblica che sarebbe suo impegno
intervenire per impedire questa illegalità.
Oggi, nel Parlamento le opposizioni trovano
ununità e presentano davanti al paese una
posizione comune che dice No alla guerra. E niente di
niente dellItalia per questa guerra! Una posizione
limpida che interpreta lo spirito del paese.
In questo Parlamento, lo spirito dellItalia è,
oggi, rappresentato dallopposizione. Il popolo
della pace ne avrà un rafforzamento
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