Dall’Afghanistan al Kossovo la “libertà duratura” del narcotraffico

Fabrizio VIELMINI

Esperto per l’Asia centrale dell’Observatoire Géopolitique des drogues, collaboratore di “Narcomafie”

Per giustificare al mondo l’entusiasta partecipazione inglese all’aggressione contro il popolo afghano, il “guerriero del bene” Tony Blair aveva particolarmente insistito sulla necessità di sradicare l’economia del narcotraffico da quel paese.

Appare allora quanto meno strano che a più di due mesi dalla “vittoria” anglo-americana, con le truppe di Sua Maestà a pattugliare le strade di Kabul, il narcotraffico afghano appaia più fiorente che mai. Tale dato si osserva su tutte le rotte di smercio della droga. Verso Nord, in Tagikistan (3.780 kg di eroina sequestrati nel corso del 2001), durante il mese di gennaio l’Agenzia nazionale per il controllo dei narcotici ha intercettato 182 kg di ero, ossia il 230% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (78kg). Del pari a sud dell’Afghanistan, nel Beluchistan pakistano, a fine gennaio è stata intercettata una partita record di circa una tonnellata fra eroina e morfina. Non è difficile spiegare tale aumento del narcotraffico. Con l’eliminazione dei talebani, l’Afghanistan è ritornato ad essere un bivacco di bande armate, con la cui attività il governo filo-americano di Karzai si guarda bene dall’interferire, pena una nuova esplosione generalizzata della violenza.

La nuova situazione sta sollevando una serie d’inquietudini in Europa, dove si smercia il 95 % dell’ero afgana. In Gran Bretagna in particolare, la contraddizione fra l’azione del governo e la realtà dei fatti appare particolarmente clamorosa ed una parte della stampa ha iniziato a mettere il fatto in risalto. Ciò che viene giustamente evidenziato è che, al di là delle ricadute sociali del fenomeno, l’incremento del narcotraffico sta portando ad un  pericoloso rafforzamento del potere delle mafie che agiscono indisturbate all’interno del “Kossovo libero”. Dal 1991 l’Observatorie Géopolitique des Drogues aveva denunciato che gran parte dei profitti della vendita dell’eroina in Europa (un mercato da 18 miliardi di dollari !) veniva controllata dall’UCK per le sue azioni terroriste anti-jugoslave. Dato il ruolo della NATO in Kossovo, le prove di tale fatto che si accumulavano presso i giudici ed i commissariati europei furono passate sotto silenzio.

Oggi le cose sembrano mettersi altrimenti. Secondo quanto riportato dal Daily Telegraph del 18/2, “ufficiali d’intelligence europei operanti in Kossovo, Macedonia e Svizzera affermano che a partire dallo scorso ottobre le mafie albanesi hanno già utilizzato almeno 4 miliardi e mezzo di narco-dollari per l’acquisto di armi.” I nuovi acquisti andranno a ri-equipaggiare le cellule terroriste albanesi in Macedonia che avevano consegnato le loro armi alle truppe della Nato lo scorso autunno. L’articolo osserva ancora che "i ribelli in Macedonia, gli ex-UCK, e gli estremisti albanesi nella Serbia meridionale sono tutti componenti di una rete unica di famiglie kossovare e albanesi che controllano i giri criminali in Svizzera, Austria, Germania ed altrove."

Anche questa primavera dunque, nei Balcani non ci sarà da annoiarsi. Ritornando alla stampa britannica, ancora più interessante appare un articolo apparso sul prestigioso “Financial Times” (sempre 18/2) il quale fa il punto sulle crescenti tensioni che oppongono i governi europei a quello americano, proprio riguardo alla compiacenza che quest’ultimo (insieme con le agenzie specializzate delle Nazioni Unite da esso controllate) verso la massiccia crescita della produzione di oppio nell’Afghanistan post-talebano. Secondo le parole di un diplomatico, “i governi europei pensano che una delle ragioni del disinteresse americano su tale questione è che l’eroina afghana non gioca un ruolo significativo sul mercato statunitense, dove conta per meno del 5 percento del consumo." Ma evidentemente il governo USA ha altre gatte da pelare nella sua “guerra contro il terrorismo”. Quello che aggiungeremmo noi è che bisognerebbe chiedersi se il disinteresse di Washington non abbia a che fare col fatto che entro la fine dell’anno in Bosnia debutterà la prima manifestazione concreta di una difesa europea autonoma dalla Nato.