Francesco è tornato alla Fiat,



al suo posto di lavoro



I giudici, in appello, hanno confermato le prime due sentenze. Il
licenziamento era illegittimo, la scusa di scarso rendimento è miseramente
naufragata.

Abbiamo sostenuto che non si trattava di un problema individuale ma
collettivo, un atto della guerra sotterranea che si svolge tutti i giorni,
in tutte le fabbriche fra operai e padroni. La reintegrazione di Francesco è
una prova che si può resistere. Non vincere, ma solo resistere e in una
società dominata dai padroni è già un grande risultato.

Il padrone cerca di eliminare gli operai più combattivi, non li attacca
apertamente per le lotte che organizzano, per le posizioni che prendono nel
corso degli scontri che naturalmente avvengono in fabbrica. Cerca di
incastrarli sul terreno della disciplina del lavoro, li provoca per
incolparli di esercitare violenza privata, costruisce prove false per
tentare i licenziamenti per giusta causa. Per Francesco si è inventato lo
scarso rendimento, non poteva certo attaccarlo per la lotta contro i sabati
lavorativi. La guerra contro i padroni ha delle regole e una di queste è
cercare il più possibile di coprirsi le spalle su questo versante.

Il padrone affronta il licenziamento per tappe. Prima tappa buttare fuori
dalla fabbrica l'operaio licenziato, le guardie private servono allo scopo.
Seconda tappa contenere le risposta dei compagni di lavoro nei limiti della
protesta simbolica, ha bisogno del sindacato per farlo e molte volte il
sindacato è disponibile fino al dare sottomano il consenso.

Nella migliore delle ipotesi i funzionari sindacali si impegnano per le vie
legali. Preferiscono sempre il tribunale alla lotta in fabbrica il padrone
non va troppo disturbato. Per Francesco la RSU ha boicottato gli scioperi di
protesta, con un comunicato ha quasi giustificato la Fiat, non ha messo a
disposizione nessun supporto legale, alla fine non ha voluto nemmeno
sottoscrivere un comunicato di solidarietà.

Il padrone va per vie legali. Ha la potenza economica per farlo. Guadagna
tutto il tempo che vuole. Fino alla sentenza definitiva possono passare dai
quattro ai cinque anni. Nel frattempo spera che i compagni di lavoro
dimentichino, che l'operaio licenziato si stanchi. Il padrone tenta la carta
della transazione, mette sul tavolo un po' di milioni sperando di comprarsi
l'operaio senza più speranza. La fase più difficile è questa, non vendersi
presuppone la solidarietà di altri operai, la coscienza di essere parte di
una classe in lotta contro un'altra, far parte di una comunità operaia che
ha fatto della liberazione degli operai dalla schiavitù dei padroni il suo
programma. Così anche Francesco, come tanti altri resiste per quattro anni,
respinge le proposte economiche della Fiat, trova tanti operai che
solidarizzano.

Il giudice dà ragione all'operaio e ne ordina il reintegro. La causa del
licenziamento era così mal inventata che non ha retto. Gli operai sanno bene
che le leggi che limitano l'esercizio del potere dei padroni sono poche,
zoppe, piene di lacune, gli operai sanno altrettanto bene che quando il
giudice dà loro ragione lo fa per non tirare troppo la corda, per non far
scoprire a tutti che in questa società il padrone è il dittatore assoluto e
gli operai sono solo degli schiavi. L'abolizione dell' articolo 18 è un
ulteriore manifestarsi di questa dittatura, sono sempre più gli operai che
lo capiscono e scendono in lotta per mettere questa dittatura in discussione
fin dalle fondamenta. Saremmo degli stupidi se non utilizzassimo quelle
poche norme di legge che possiamo far valere di fronte alla prepotenza dei
singoli padroni, ma siamo ben lontani dall'illudere gli operai sulla
giustizia di una società governata dai padroni anche quando ci da ragione.

Queste sono le conclusioni sintetiche che la lotta per far reintegrare
Francesco  ha prodotto,  le rendiamo collettive perché gli operai che sono
in guerra con i padroni le possano utilizzare immediatamente.

Associazione per la Liberazione degli Operai



13-feb-2002          Sezione della Fiat New Holland di Modena