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Il Rabbino Meir Kahane, leader spirituale del KACH, era stato assassinato, in circostanze parimenti sospette, CINQUE ANNI PRIMA DI RABI’N, ESATTAMENTE, AL MESE E ALLA SETTIMANA, La campagna di istigazione contro il Rabbino Kahane, negli anni precedenti la sua uccisione, raddoppiarono pure l’ atmosfera che portō all’ assassinio di Rabėn. Questi perō č stato rappresentato, dopo la sventura, come un anto dai media Israeliani, mentre Kahane continua a essere criminalizzato. Per Ravėv, agghindare le sue comparse da ragazzi del KACH significava sfruttare semplicemente un’ immagine pubblica giā pronta.

Ma Amėr non era membro del KACH. Una volta presa la decisione di uccidere Rabėn (presa giā probabilmente a metā Settembre 1995), i cospiratori corsero in questa marcia, a trasformare Amėr nella organizzazione pių miserabile, folle, e antigovernativa: EYAL. All’ uopo fu chiamato in azione Eitan Oren. Il 22 Settembre, un mese e mezzo prima della morte di Rabėn, Canale Uno trasmise il servizio di Oren sul giuramento di EYAL, sulla tomba di Theodor Herzl, il fondatore del Sionismo politico moderno. Mi ha detto Eran Agelbo: "La scenetta di Ravėv fu cosė buffa, che abbiamo riso a lungo. Ci aveva ripresi per 45 minuti, e ne ha tratti 10 per la TV. Il mio avvocato ha cercato di ottenere da Canale Uno il nastro intero, ma nessuno lo ha dato, e la Polizia si č rifiutata di confiscarlo.

Ma’arėv, 24 Novembre 1995:

"Un ragazzo Haredi, 18 anni, che ha partecipato alla cerimonia del giuramento, ricorda: "Nessuno dei partecipanti apparteneva a EYAL, perché, salvo Ravėv e Agelbo, EYAL non esiste" . "

Nel servizio di Oren, un ragazzo incappucciato brandisce un mitra, e giura che ucciderā chiunque, Arabo o Ebreo, ostacolerā i piani di EYAL. Regista, produttore e autore: Avishāi Ravvėv. Dice il ragazzino Haredi: "

"Arrivai alle 19, e vidi Ravėv distribuire passamontagna agli altri. Mi disse che cosa dovevamo fare, quel che dovevamo dirfe, dove dovevamo stare. Agelbo mi disse: "Tu hai una bella voce, sei tu che farai giurare tutti." Che cosa Eitan Oren pensasse, non so, ma sapeva che tutto era orchestrato. In una scena, Ravėv ha insegnato a picchiare i nuovi arrivati, per far loro confessare se erano membri della Shabāk. Era cosė assurdo, che tutti scoppiammo a ridere. Nessuno stupore, se Eitan Oren ha tagliata quella scena dal suo film".

Yediōt Achronōt, 26Novembre 1995:

"La Polizia ha arrestato Erān Agelbo, e Mosh Erinfeld, per aver partecipato a una cerimonia di giuramento di EYAL, filmata da Eitan Oren, e trasmessa su Canale Uno il 22 Settembre. I nuovi adepti giurano di versare il

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sangue di Arabi e di "Ebrei che non sono Ebrei", e d’ irrompere nella Orient House a Gerusalemme".

Ma’arėv,24 Novembre 1995: "Durante un precedente giuramento, Ravėv uscė due minuti prima che le auto della Polizia arrivassero, e arrestassero i presenti."

Una domanda resta: in qual modo e per qual via EYAL ottenne copertura TV totalmente sproporzionata alle sue dimensione e forza? Domanda buona, risposte zero. Un’ altra: come si puō spiegare il comportamento di Oren, se non lavorava direttamente per la Shabāk? Pensa un collaboratore di Oren: "E’ ideologicamente al punto di divenire eticamente sbilanciato, pensando di fare la cosa sbagliata per la giusta causa".

Forse, ma qualcuno a Canale Uno incaricō Oren di creare dal nulla EYAL, e Moti Kirschenbaum approvō la diffusione della disinformazione di Oren, rozza e bugiarda. Poche settimane prima dell’ assassinio, era indispensabile che Yagāl Amėr fosse filmato. E cosė….."

Yediōt Achronōt, 20 Novembre 1995: "Una pattuglia per le vie di Hebrōn; c’č pure Yigāl Amėr, la notizia del giorno. Il gruppo, prima spacca finestre di case Arabe, poi fracassa la macchina fotografica d’ un paparazzo Arabo."

Dopo questo piccolo incidente, giusto due settimane prima dell’ assassinio, Yigāl Amėr va a Efrat, a una dimostrazione antigovernativa, e si rassicura che la TV lo riprenda mentre vien trascinato via dalla Polizia. Amėr scalcia, e urla. La scena č diffusa da Canale Uno meno di quattro ore dopo la morte di Rabėn. L’ emittente aveva la prova pronta. L’ indomani, Canale Uno era pronta a incolpare "La comunitā anti-Pace" (oltre metā del Paese) della morte di Rabėn.

Subito il pubblico la bevve: Amėr aveva assassinato Rabėn perché Amėr era membro del gruppo estremista EYAL. Ciō che al pubblico non č stato detto, č che EYAL era stata creata dalla Shabāk, e da Canale Uno. Se fosse stato cosė informato, il movente politico di Amėr sarebbe divenuto quanto mai sospetto.

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5 CAPITOLO CINQUE COME HAN FATTO A NON BECCARE AMI’R AL COMIZIO’

Uno dei quesiti posti dai mass media dopo l’ assassino: come la Shabāk mancō d’ identificare Amėr nell’ "area sterile" in cui sparō a Rabėn? Dapprima la Shabāh aveva risposto: la folla era tanto fitta, che beccare Amėr fu impossibile. Tutto il contrario, dimostra il film amatoriale(la videocassetta č a disposizione) fatta da Roni Kempler. E’ in piedi da solo Amėr, presso una pianta in vaso, per vari minuti, non un’ anima in vista per metri attorno a lui. Si vedono solo due persone parlare con lui, due Poliziotti in divisa.

In circostanze normali, la Shabāk avrebbe impedito a Amėr fin d’avvicinarsi al comizio, e se in qualche modo fosse riuscito a accedere all’ area sterile, lo avrebbe dovuto acciuffare sul posto, in quanto la Shabāk ne aveva, di informazioni: Amėr stava preparandosi a assassinare Rabėn.

Prendi il famoso caso di Shlomi Halevy, soldato della riserva delle IDF (Israel Defence Forces), della "Brigata Intelligence", giā compagno di studi di Amėr alla Universitā Bar Ilan. Dopo essere stato informato che Yigāl Amėr parlava di uccidere Rabėn, riferė la noizia all’ Ufficiale suo superiore nella Brigata. Che disse a Halevy di andare subito alla Polizia. Cui Halevy disse: "Uno Yemenita basso, di EYAL, si vanta di essere sul punto di ammazzare Rabėn". La Polizia prese Shlomi molto sul serio, e ne trasferė il rapportō alla Shabāk, dove non fu trovato se non tre giorni dopo il crėmine. La rivista settimanale YERUSHALAYI’M il 22 Settembre 1996 riesce a convincere Halevy a concedere la sua prima intervista dopo la scoperta del rapporto, e la conseguente reazione a catena sui mass-media. Nota la rivista: "Il rapporto di Halevy, e pure altri, sulle intenzioni di Amėr, che negli archivi della Shabāk non presero che polvere, hanno alimentato varie teorie su una congiura…. Dopo il clamore, Halevy si č nascosto".

"Shlomi Halevy, se hai fatta una cosa giusta, perché sfuggivi il pubblico?" "Per la Shabāk l’ assassinio di Rabėn č una piaga dolente. Sono grossi, io sono piccolo. Non so che potrebbero farmi".

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Halevy fu il caso pių pubblicizzato. Perché, come soldato della "Brigata Intelligence", la Shabāk era assolutamente tenuta a prendere tenuta a prendere sul serio la sua deposizione, come la Polizia aveva fatto. Ma Halevy non fu l’ unico informatore.

Yediōt Achronōt, 12 Novembre 1995: "Varie settimane prima dell’ assassinio di Rabėn, la Shabāk ricevette informazioni sull’ esistenza di Amėr, e sulla sua intenzione di uccidere Rabėn".

Yediōt Achronōt era stata informata che uno degli attivisti di EYAL arrestato la settimana scorsa era stato interrogato, in quanto possibile correo di Yigāl Amėr, perché il fratello dell’ assassino, Haggai, l’ aveva menzionato nel proprio interrogatorio.

All’ inizio dell’ interrogatorio il sospettato scoppiō in lagrime amare, e riferė un fatto che all’ inizio parve agli interrogatori il cacio sui maccheroni. Poche settimane prima del crimine, il sospettato aveva udėto Amėr decantare le sue intenzioni, e ne era stato sconvolto. Era tra i due fuochi: informare le autoritā, e tradire i suoi compagni? Cosė scelse la via di mezzo. Indicō le intenzioni di Amėr, senza farne il nome.

Dopo qualche esitazione, informō un Ufficiale della Intelligence della Polizia del piano di Amėr in dettaglio, salvo nome e indirizzo. Disse dove "quello" studiava, e descrisse "Uno Yemenita, scuro, basso, coi rėccioli". La descrizione fu passata attraverso i canali di comunicazione della Polizia, e classificate come IMPORTANTE. Fu girata pure alla Shabāk, che di conseguenza fece deporre il sospettato.Siccome era in posizione delicata, né la Polizia, né la Shabāk esercitarono ulteriori pressioni su di lui.

Durante l’ interrogatorio, il sospettato fece i nomi degli Ufficiali di Polizia e della Shabāk che avevano parlato con lui, e la sua vicenda fu sottoposta a verėfica. Egli fu poi rilasciato. Ufficiali della Shabāk han confermato, l’ uomo aveva dato loro PRECEDENTEMENTE, una descrizione di Amėr, e del suo piano per uccidere Rabėn.

Ma’arėv, 19NOV1995: "Hila Frank conosceva bene Amėr da quando lei studiava alla Universitā Bar Ilān. Dopo l’ assassinio di Rabėn, ella assunse un Avvocato, e gli disse che lei aveva udėto Amėr esprimere l’ intenzione di uccidere Rabėn, ben prima dell’ atto. Lei, quale membro della Commissione Sicurezza dell’ Ateneo, aveva organizzate dimostrazioni contro il Governo".

Pertanto era dilaniata dall’ incertezza: rivelare le intenzioni di Yigāl Amėr, o fare l’ interesse dello Stato? Per superare il dilemma, lei passō le sue informazioni a Shlōmi Halevy, soldato della riserva nella Brigata Intelligence, il quale promise di girarle alla gente giusta.

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Yerushalayėm, 17NOV1995:"Perché al personale della sicurezza di Rabėn Premier non fu distribuėto un identikit di Amėr, basato sulla descrizione di Halevy? E loro, perché non interrogarono altri attivisti di EYAL per scoprire chi fosse l’ uomo che minacciava di uccidere il Primo Ministro?".

Yediōt Achronōt, 10NOV1995: "Un mese prima dell’ assassinio, il giornalista Yarōn Kennet si finse simpatizzante, e trascorse due giorni a uno Shabbāth di studio a Hebrōn, organizzato da Yigāl Amėr…

"Chi ha organizzato questa riunione?" io domandai. Egli indicō Yigāl Amėr: egli aveva invitate 400 persone, e ne arrivarono oltre 540, un disastro per l’ organizzazione.

"Quando Amėr parlava, tutti facevano silenzio, dimostrando che lui aveva qualche carismo. D’ altro canto, i suoi toni pacati e la sua statura non impressionante non avrebbero convinto nessuno a comprare da lui nemmeno un ghiacciuolo in una giornata afosa".

Ma’arėv, 12DIC1995: "Durante le sue "fine-settimana dell’ identitā", centinaja di persone udirono Amėr esprimere i suoi pensieri estremistici, fra cui giustificazioni Bibliche per uccidere Rabėn".

Yediōt Achronōt, 24NOV1995: "Yigāl Amėr divenne oggetto di attenzione della Shabāk a partire da sei mesi fa, quando prese a organizzare weekend di studio a Kiryat Arba, e loro domandarono un rapporto su di lui. Ravėv preparō il rapporto".

Ma’arėv, 24DIC1995: " Un’ auto carica di studenti della Bar Ilān si allontanava da Tel Avėv, quando essi hanno udėta alla radio la notizia della sparatoria contro Rabėn. Hanno fatto un giuoco, indovinare cinque persone che potevano essere l’ assassino. Yigāl Amėr era sulla lista di tutti".

Come potč la Shabāk farsi sfuggire Amėr al comizio, a meno che non lo abbia fatto apposta? Yigāl Amėr non aveva tenute segrete le sue intenzioni di assassinare Rabėn; le aveva decantate a tante centinaja di personeradunate alle sue fine-settimana di studio, e a quanto pare le raccontō a chiunque fosse a portata di orecchio all’ Universitā Bar Ilān.

A parte la questione del desiderio, proprio poco da assassino, di Amėr, di far conoscere al Mondo intero, prima, i suoi piani, dobbiamo porci la domanda: perché la Shabāk non lo prese? Be lo conoscevano. Le prove erano inconfutabili: a quelli della Shabāk lo avevano detto due persone: una interna a EYAL, una della Brigata Intelligence. L’ agente loro Avishāi Ravėv udė le sue minacce, insieme con centinaja di altre persone, alle fine-settimana di studio, e le aveva riferite ai suoi superiori.

Cosė, perché loro non lo arrestarono ben prima del comizio, fuori del comizio o all’ interno della zona sterile? Perché, volente o nolente, per la Shabāk Yigāl Amėr lavorava.

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6 CAPITOLO SEI LE PROVE GENERALI

Oltre un anno prima del crėmine, all’ inizio del Settembre 1994, la gente responsabile della istigazione all’ assassinio di Rabėn svolgeva una vasta campagna di esercitazioni, e di provocazioni. Diciassette Ebrei furono arrestati e tenuti in carcere per vari giorni, senza accuse. Poi Shabāk e Polizia con orgoglio raccontarono d’ aver conciata per le feste VENDETTA EBRAICA, CLANDESTINA, una "milizia Ebraica clandestina che preparava attacchi terroristici contro villaggi Arabi, e contro la Orient House", il bastione dei Palestinesi, dell’ OLP, a Gerusalemme. I 17 poi furono accusati di associazione a delinquere finalizzata all’ omicidio.

Sorse subito un problema per l’ accusa di cospirazione: nessuno degli accusati conosceva gli altri. In comune avevano una sola cosa: tutti erano stati incastrati dal Brigadiere Generale della Riserva, Yisrael Blumental (della Brigata Hebrōn delle IDF), e da Yves Tibi, agente della Shabāk.

Dei 17, il caso pių pubblicizzato fu quello contro il Tenente Oren Edri, che era stato arrestato mentre faceva la naja in Libano, e accusato di aver fornito addestramento e esplosivi alla asserita VENDETTA CLANDESTINA, Il suo vero crimine, come per gli altri 16, era aver amicizie fra gli Ebrei di Hebrōn. Con qualcuno dei 400 Ebrei di Kiriat Arba, circondati da 120mila Arabi. E’ stato in carcere due mesi, in una cella infestata da parassiti d’ ogni qualitā. Quando i genitori riuscirono a fargli visita per la prima volta, inorridirono oltre ogni dire, vedendo il suo volto morsicato dai ratti.

Altri arresti furono quasi altrettanto scandalosi. Un esempio:

Blumental diede a Uri Barųch il progetto per costruire un silenziatore per fucili, e l’ indomani Barųch fu arrestato per aver progettato di costruire un silenziatore per la CLANDESTINA. La "prova": quei disegni messi da Blumental in mano a Barųch.

Alla fine caddero tutte le prove a carico di Edri, e di Barųch, come pure per 13 altri congiurati. A processo di tutti i membri della falsa organizzazione clandestina finirono soltanto i due fratelli Yehoyada e Eitan Kahalani. L’ 8 Giugno 1995, io ho incontrato l’ avvocato che rappresentava il loro appello: fu gentile quanto bastō per fornirmi documenti segreti e classificati dalla Polizia e dalla Shabāk, a condizione che io parlassi di lui come di "un avvocato" senza farne il nome. Egli spiega:

"Nel Febbrajo 1996, i fratelli Kahalani furono condannati a 12 anni di prigione ciascuno. E’ stato uno shock totale per quasi tutti, nel mondo giudiziario. Cercai di sollevare il morale ai ragazzi, offrendomi di preparare gratis un

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appello. Rimasi sgomento quando fu respinto, e ne trassi qualche conclusione.

"La prima č che il caso era direttamente collegato con l’ assassinio di Rabėn. La stessa gente che curava Avishāi Ravėv, e che si prendeva cura pure di Yigāl Amėr, č quella che incastrō anche i fratelli Kahalani. Yves Tibi riceveva gli ordini da Eli Barāk, capo del "Dipartimento non-Arabo,o Ebraico, della Shabāk. E Kalo, e Gillōn erano i superiori di Barāk."

L’ Avv. Ha dimenticato di menzionare: Yitzhāk Rabėn, Ministro della Difesa, era l’ Ufficiale superiore e il Funzionario massimo della Shabāk, e deve essere stato bene al corrente dell’ operazione che portō all’ imprigionamento dei fratelli Kahalani.

Qui narriamo la sventura di uno dei peggiori aborti giudiziarii nella storia d’ Isračl. Comincia con una trappola in un contrabbando di uova. Causa la corruzione nelle vendite dei prodotti in Isračl, gli alimenti, anche le uova, costano troppo. Tibi viveva a Kiryāt Arba, quartiere di Hebrōn. Entrō in affari coi fratelli Kahalani contrabbandando uova. Le comprava dai pollivendoli Arabi della Sponda Occidentale, o West Bank, o Giudea e Samaria, a una frazione del prezzo Israeliano, e le introduceva di contrabbando in Isračl entro la "Linea Verde" del 1967.

Il 2 Settembre 1994, i due fratelli andarono a cercare vie di transito in Giudea e Samaria, o Sponda Occidentale (i "Territori" occupati, o liberati, o amministrati), per prepararsi al loro nuovo business. Per tale motivo guidavano attraverso sconosciuti villaggi della West Bank. Prova, secondo Shabāk, che stavano preparando un massacro in uno dei villaggi. Al rientro a Kiryāt Arba, il loro camion misteriosamente andō in panne, e non ce la fece a tornare a Gerusalemme, su per la collina. Chiamarono Tibi, spiegarono il loro dilemma, e gli chiesero di prestar loro l’ auto sua. Disse sė, e tutti s’ incontrarono a Gerusalemme, alle 14. I Kahalani si allontanarono sull’ auto di Tibi, e alle 14.15 furono fermati da una jeep della Shabāk che li aspettava per un’ imboscata. Furono obbligati a uscire dall’ auto, con le armi puntate alla loro testa. L’ auto fu perquisita. Bene avvolti in una coperta furono trovati due fucili automatici M-16 . Sųbito dopo arrivō l’ automobile di una squadra della Polizia, e i due fratelli furono arrestati. Senza accuse vennero tenuti in una gattabuja della Shabāk per 10 giorni, senza poter vedere un avvocato. Il 12 Settembre 1994, alfine, vennero incriminati per il tentativo di uccidere un Arabo di nome Ziad Shami, il quale si era recato alla Polizia dicendo che, mentre andava a lavorare in bicicletta, i due avevano tentato di sparargli, ma il loro fucile aveva fatto cilecca. Era stata la Shabāk a cercarlo a Batėr "per vedere se era stato colpito, o no". Una settimana dopo, anche il cugino di Shami si era lamentato con la Polizia : "Alcuni coloni hanno cercato di spararmi". Soltanto il 15 Settembre la Shabāk spiegō di aver manipolati i fucili dei

fratelli

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Kahalani, in modo che non potessero sparare, al fine di beccare con le mani nel sacco gli aspiranti assassinji. Se questa vicenda suona come una prova precoce dell’ assassino di Rabėn, ebbene l’ assonanza probabilmente č fondata.

La letteratura degli assassinii politici ha i suoi precedenti con prove pių o meno generali. Al Presidente Gerald Ford, Squeaky Fromme sparō per prima, per motivi "ecologici". E poi, pochi giorni dopo, Sarah Moore fece altrettanto, per simili motivi. John Lennon fu ucciso un mese prima del tentato assassinio di Ronald Reagan nel 1982. Mark David Chapman, assassino di Lennon, spiegō poi di essere lo Holden Caulfield di "Catcher in the Rye", e il pųbblico accettō la sua incredibile storia. Visto il successo della prova generale, il mancato assassino di Reagan affermō di aver sparato al Presidente perché voleva impressionare l’ attrice Jodie Foster, e il pubblico la bevve, come previsto.

Gli assassini di Rabėn stavano sperimentando operazione mordi e fuggi di provocazione, per vedere se loro riuscisse di far incolpare senza motivo gli zimbelli, e di farli incarcerare senza grandi pubbliche proteste. Con l’ ajuto della Polizia e dei Tribunali, il metodo funzionava. Il pųbblico di Isračl era in grande maggioranza credulone e apātico, quanto bastava per ignorare le punzecchiature, e le relative implicazioni per i proprii diritti civili.

All’ Avvocato ho chiesto se la congiura non ha scatenato reazioni almeno verso il caso del tenente Edri, morsicato dai topi. Mi ha risposto con una domanda: "Fu qualcuno della Shabāk imputato per l’ ingiusto arresto di Edri?". "La passarono liscia per questo. E il pubblico Israeliano dimostrō che non protestava nemmeno per le atrocitā contro un soldati innocente. La Shabāk ormai lo sapeva, l’ avrebbe passata liscia in qualsiasi provocazione".

Giusto, se ha ottenuta l’ incarcerazione dei fratelli Kahalani contro tutte le regole della giurisprudenza. L’ avvocato mi ha mostrati alcuni documenti "delicati". Il primo veniva dal perito balistico della Polizia Bernard Shechter, che esaminō i fucili e le munizioni asseritamene dei fratelli Kahalani, proprio come, un anno dopo, avrebbe esaminati armi e munizioni dei fratelli Amėr.

La data, sul rapporto di Shechter, č 1 Settembre 1994, UN GIORNO PRIMA CHE I FUCILI FOSSERO TROVATI SULL’ AUTO DI TIBI DAI FRATELLI KAHALANI. Riferisce Shecter: egli con quei fucili sparō, erano in buone condizioni di funzionamento. Mi si consenta di sottolineare l’ ovvio. Gli M-16 incriminatori erano nelle mani della Polizia l’1 Settembre; come poterono i Kahalani a averli proprio l’ indomani? Non ci sono dubbi, quei fucili gli furono rifilati a loro insaputa dentro all’ auto del presunto amico Tibi, vero amico della Shabāk.

Poi, l’ Avvocato mi mostrō una nota del 2 Settembre 1994, "SEGRETO", dalla Shabāk alla Polizia. La Polizia volle l’ immediata consegna dei fucili, per esaminarli. La Shabāk rifiutō, accampando considerazioni di sicurezza non meglio specificate. Poi il giurista mi mostrō un rapporto da Bernard

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Shechter in data 29 Settembre. Finalmente, dopo 27 giorni, la Polizia provō le armi, e le trovō difettose. Superfluo dirlo. Come nel caso delle asserite pallottole di Yigāl Amėr, che passarono inosservate prima che la Polizia le esaminasse, la catena delle prove sui fucili "dei fratelli Kahalani" era stata completamente spezzata. Ma ciō non turbō i giudici. Ancora, come poi nel processo a Yigāl Amėr, l’ avvocato spiega: "Il tribunale disse che non gl’ interessava chi avesse date le armi ai Kahalani, ma soltanto chi avesse premuto il grilletto".

Altro problema con questa Causa fatta dallo Stato. All’ inizio, sui fucili non c’ erano impronte digitali. Perché i fratelli Kahalani li avevano ripuliti, spiegō la Shabāk. Cosė la Shabāk lasciō che i due fratelli andassero a sparare a un Arabo, che eliminassero le impronte digitali dai fucili, e che li avvolgessero accuratamente in una coperta, prima di acciuffarli DUE MINUTI DOPO.

Lo scenario non superō il test della probabilitā; e cosė la Shabāk tirō fuori una versione nuova. Sė, in effetti sull’ arma impronte digitali ce ne erano, ma NON dei fratelli Kahalani. Chi sa come, avevano tolte le impronte proprie quei due diabolici fratelli, lasciando intatte le impronte digitali altri, e chi sa di chi. La Polizia andō al fondo della questione: controllō le impronte dei membri della VENDETTA CLANDESTINA arrestati. L’ Avvocato mi mostrō il documento della Polizia. Furono esaminate le impronte di tutti i membri, SALVO quelle della spia della Shabāk Yves Tibi (il quale probabilissimamente aveva piazzati i fucili nell’ auto sua).

Sconvolgente? E’ proprio soltanto la punta dell’ iceberg. Ecco alcune delle incongruenze elencate dall’ Avvocato nel suo appello:

1) Perché la Shabāk doveva cercare una vittima? Nessuno si lamentō contro i due fratelli, se non dopo 10 giorni, quando la Shabāk andō a cercar querelanti, "Per accertarci che l’ Arabo non fosse stato colpito". Perché? Domandō l’ Avvocato. "Perché la Shabāk doveva pensare che fosse stato colpito, visto che essa Shabāk aveva truccati i fucili in modo che non sparassero? ". La prima cosa che gli Ufficiali della Shabāk affermano d’ aver detta a Shami fu: "Non preoccuparti, noi siamo qui per proteggerti dai coloni".

2) In precedenza, Shami era stato arrestato dalla Shabāk in numerose occasioni, per attivitā violente, e due volte era stato da loro incarcerato. Si conoscevano bene reciprocamente, Shami e la Shabāk. C’ era bisogno di poca forza di convinzione per persuaderlo a testimoniare il falso, se pensava di ajutare a scacciar via gli insediatori, o coloni, o settler. Dapprima Shami disse che uno dei fratelli aveva premuto il grilletto del fucile, e d’ aver udito un "tik", e d’ aver vista la cartuccia cadere per terra. Storia palesemente assurda. LA CARTUCCIA SENZA PALLOTTOLA NON VIENE ESPULSA, OVE IL GRILLETTO SIA PREMUTO, SENZA SPARARE. E COSI’ SHAMI MUTO’ VERSIONE. Seconda deposizione alla Polizia: Shami dice che uno dei fratelli

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aveva sparato stando piegato dietro all’ auto, cosė egli non ha udėto il "tik", e non ha vista una pallottola cadere.

3)Nella sua prima deposizione alla Polizia, Shami disse di essere riuscito a identificare i Kahalani. Nella seconda deposizione,fu messo alle strette dall’ interrogatore, che gli domandō quale dei due portasse gli occhiali. Dopo avere risposto, Shami si entė dire che nessuno dei due portava occhiali. Egli allora ammise di non essere riuscito a identificare i sospettati. Né ci riuscirono i due agenti della Shabāk, che li avevano attesi e attirati nell’ imboscata. E cosė la Polizia decise di archiviare l’ ostacolo, evitando il confronto all’ Americana. In Tribunale, l’ investigatore della Polizia spiegō che organizzare tale confronto era "Logisitcamente difficile". Come la semplice procedura d’ interrogare i due soggetti. In Tribunale, al Polizia si č contraddetta pure sul tema: quale Agente ha interrogato quale dei due fratelli?

4) Perché hai aspettato 10 giorni, prima di denunciare alla Polizia chi aveva tentato d’ accopparti? Shami ha detto alla Corte: "Ci č voluto del tempo, come per qualsiasi incidente quotidiano". Ora, anche se ti trovi nell’ atmosfera politicamente carica e tesa, tėpica di Isračl e dintorni, essere preso a bersaglio da chi tenta di spararti a bruciapelo, non č un incidente d’ ogni dė. Pertanto, qualcuno decise di rimpolpare la causa di Shami, coinvolgendo un suo dipendente, il quale testimoniō che l’ indomani Shami gli raccontō l’ accaduto. Ma la difesa aveva mostrato il cartellino di lavoro di Shami: dimostra che era andato a lavorare il 2, subito dopo l’ asserėto tentativo di omicidio. Perché Shami gli ha raccontato l’ incidente il giorno dopo, e non il giorno mesmo? L’ impiegato allora ha mutato versione, ora Shami glie lo aveva detto il giorno stesso.

5) Perché il cugino di Shami non si lamentō con la Polizia il 9 Settembre, che due coloni gli avevano puntata un’ arma contro? I fratelli Kahalani erano giā al fresco, loro dunque non sono stati. Era il piccolo villaggio di Batėr bersagliato dai settler, o insedianti, o coloni, li quali terrorizzavano la cittadinanza con falliti tentativi di omicidio? Diedero la Polizia, o la Shabāk, sčguito all’ esposto, o si trattava d’ un semplice perverso tentativo d’ un familiare per salvare Shami dall’ accusa d’ aver giurato il falso?

6) Shami riferė d’ aver lasciata la sua bici sul posto, e di essersela data a gambe. I due intrappolatori della Shabāk riferirono che la bicicletta era sparita, e che Shami doveva esser fuggito in sella. Per dare spiegazione a tale problema, Shami disse che mentre correva via, aveva chiesto un passaggio a un furgone Peugeot guidato da un amico, e di essere con esso ritornato sulla scena del crėmine a tirar su il velocipede. Gli strateghi della Shabāk avrebbono dovuto vedere il furgone Peugeot ove esistito fudesse. E Shami non riusciva a ricordare il nome dell’ amico che guidava il furgone, e cosė ancora na volta modificō la sua deposizione alla Polizia. Questa volta il furgone era guidato da un estraneo, da uno sconosciuto.

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7) Shami ha insistito: uno dei suoi aggressori puntō un fucile contro di lui. Gli strateghi della Shabāk ammisero di non aver visto nessuno realmente impugnare un fucile.

8) I Poliziotti sull’ auto di servizio che accompagnō la jeep della Shabāk all’ imboscata, chi sa come non furono testimoni dell’ arresto dei fratelli Kahalani. La vettura dei Poliziotti seguiva la jeep, ma la visione era impedita "dalla polvere sollevata dalla jeep". Ormai depositata la polvere, i Poliziotti videro i Kahalani sdraiati per terra tenuti fermi sotto la minaccia delle armi, e i fucili nella coperta accanto a loro. La polvere, allora, impiegō minimo due minuti per depositarsi.

9) Shami disse alla Polizia: la prima cosa che i Kahalani gli domandarono fu: "Che ore sono?". Ma interrogato in Tribunale, rispose: "Prima cosa mi domandarono se io avessi soldi".

10) L’ Ufficiale di Mandato della Polizia Zeiger testimoniō che, al momento dell’ arresto, un nastro di pallottole era stato sfilato dallo zāino dei Kahalani. Sfortunatamente per Zeiger, sul nastro non sono state trovate impronte dei Kahalani. Inoltre, il diario di Polizia del 2 Settembre 1994, dice che il nastro fu trovato nell’ abitazione degl’ imputati. In breve, l’ Ufficiale Geiger č stato beccato a dir bugėe. Perō allora chi non raccontava frottole?

Il verdetto di questa ridicola causa doveva esser letto il 6 Novembre 1995, ma fu rinviato al 15 proprio in regione dell’ assassinio di Rabėn il 4. Il 15 Novembre, il Tribunale dichiarō i fratelli Kahalani colpevoli di tentato omicidio.

Quel verdetto, dice l’ Avvocato, "Era direttamente collegato con la morte del Premier. Se le provocazioni e le imboscate ai Kahalani non avessero comportata la dichiarazione di colpevolezza loro, la gente avrebbe potuto cominciare a porre interrogativi su Yigāl Amėr. A qualche mio amico nella Shabāk ho domandato come era possibile che i due Kahalani fossero stati condannati, a fronte di tanto profluvio di prove sfacciatamente addomesticate. Mi hanno risposto: esiste una sola possibile risposta:

"Ai massimi livelli della Shabāk, politica era delegittimare i coloni onde giustificarne la rimozione forzata in una certa fase del processo di pace."

Gli oppositori del segreto e falso "Processo di pace" andavano pertanto trasformati in selvaggi assassini. E se in realtā non lo erano, beh gli assassini allora bisognava fabbricarli. Quante ingiustizie ciō richiedesse non importava, purchč la massima possibile percentuale di elettori vedesse come barbari gli avversari del "Processo di Pace".

Con questa strategėa bene in mente, si dava per certo: Rabėn č stato assassinato da un Ebreo Sefardita di destra, religioso, che simpatizzava per il movimento dei coloni. Il giorno successivo,

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si scatenō la retata degli "Ebrei nemici della Pace", e quasi nessuno protestō. Poche settimane dopo, l’ esercito d’ Isračl si ritirō da sei aree della Sponda Occidentale, quasi sanza manifestazioni di protesta che ostacolassero il ritiro.

I fratelli Kahalani sarebbero dovuti comparire per la sentenza. Uno solo, Eitan, arrivō. Yehodaya non fu in grado di udire la condanna a 12 anni. Poche settimane prima era stato trasferito in un altro blocco di celle. Stava parlando al telefono con sua Madre, quando un tubo di ferro si abbattč sul suo cranio, sfondandolo. Finė in un coma profondo, dal quale, dapprima pareva, non sarebbe mai uscito. Le ultime parole alla Mamma: "Mi hanno messo qui, con gli assassini".

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7 CAPITOLO SETTE DALLE BOCCHE DELLA SHABA’K ==

Dopo l’ assassinio di Rabėn il capo della Shabāk, Carmi Gillōn; due suoi Ufficiali, incaricati di tenere a bada gli Ebrei estremisti; eAvishāi Ravėv, loro Agente, si trovarono in guai acidi. Il piano dopo-assassinio trovō un ostacolo, qualcuno aveva soffiata la veritā su Ravėv. Passo primo di Gillōn fu: nominare la propria Commissione interna d’ inchiesta. Ma il pubblico fiutō il trucco. Obbligando il Governo a nominare una sua commissione d’ inchiesta, presieduta dal Giudice Shamgār che, fece vedere a tutti, cercava la veritā. Accese il riscaldamento, mandando lettere a sette Ufficiali della Shabāk. Fra cui Gillōn, e Khezi Kalo (capo del Dipartimento Attivitā non-Arabe, o Ebraiche, della Shabāk), ma, significativo, non al suo collega, Eli Barāk, supervisore dell’ operazione Ravėv. Li informō tutti: siete suscettibili d’ incriminazione. Parte della loro testimonianza č pervenuta al pubblico, benché un 30% resti sepolta sotto una cappa di supposta Sicurezza dello Stato. Ma il poco sfuggito dalle bocche della Shabāk rivela la mentalitā delle persone, massime responsabili della protezione di Yitzhāk Rabėn da Yigāl Amėr.

Dalla tesi di laurea di Carmi Gillōn (1990)

"Esiste una radicalizzazione delle illegalitā ideologiche da parte dell’ estrema destra, e concerne sia il numero, sia la gravitā di tale attivitā. La Societā Israeliana manifesta tolleranza verso i fuorilegge ideologici d’ estrema destra, e ciō garantisce, benché lentamente, legittimitā a tale attivitā. "

Yediōt Achronōt, 10 NOV 1995: "Alla fine di Agosto, un gruppo di incontrō Carmi Gillōn; che fra l’ altro delineō il ritratto di un potenziale Ebreo assassino del Primo Ministro. Senza saper di dare la foto perfetta dik Yigāl Amėr. "E’ qualcuno che abita non nei Territori" disse il Capo della Shabāk. Non sta con altri č furbo, solitario o quasi, vive a Herzlea (SIC). "

Dalla tesi di Gillōn:

"Il processo di estremizzazione nella societā Israeliana va creando individui che sprezzeranno il pericolo pur di perseguire i propri obiettivi".

Yediōt Achronōt, 20 NOV 1995 : "Citazioni dal Capo della Shabāk alla Commissione Shamgār ci stanno insegnando la sua difesa. Egli sta chiamando Amėr un "matto solitario", un matto che un dė s’ č svegliato e ha deciso di uccidere il Premier, senza alcun ajuto. I matti come questo, dice Gillōn, sono molto difficili da individuarsi, dunque il crimine non puō essere addebitato a insuccessi della Intelligence".

Difesa quanto mai problematica. Ho fatto tutto da solo, ha deposto Amėr. Ma varie prove dimostrano che per tre o quattro persone non aveva segreti. Amėr non era affatto antisociale. Non regge la teoria di Gillōn, del "matto solin soletto".

Yediōt Achronōt, 24NOV1995: "Il capo della Shabāk non aveva dubbi su chi fosse l’ assassino di Rabėn. Una telefonata da lunga distanza lo informō degli spari ravvicinati,e la sua prima reazione

fu: "E’ stato un Ebreo".

Avrahām Rotem, ex capo della Sicurezza Personale della Shabāk pone a se stesso alcuni quesiti:

Ma’arėv, 10 NOV 1995:

"Dove era il capo della Shabāk la sera di Sabato scorso? All’ estero. E che ci faceva? Non si sa. Qualcosa di urgente. Che c’ č di pių urgente del proteggere la vita dl Primo Ministro? Egli non sapeva che qualcuno si apprestava a uccidere il Premier.

"Aah, mica lo sapeva? Allora perché sta scritto sui giornali che pochi mesi fa EGLI aveva avvertito Rabėn che qualcuno dall’ estrema destra stava pianificando il suo assassinio? E allora egli andō dai capi dei partiti politici per suonare lo stesso campanello d’ allarme, e per chieder loro che prevenissero l’ istigazione all’ assassinio? Tu non puoi dire al Primo Ministro che qualcuno si prepara a ammazzarlo, e poi tornartene alle procedure di sicurezza di routine".

Pare Gillōn sapesse: l’ omicidio avverrā .Attorno ai primi di Settembre, egli ammonė Rabėn, i partiti politici,i giornalisti, d’un incombente assassinio del Premier, da parte d’ un matto solitario, che non abita nei Territori.

Quarantotto ore prima dell’ assassinio, Gillōn si sentė costretto a volare a Parigi, malgradogli appelli dai suoi subordinati affinché non partisse prima del comizio. Per sconosciuti "affari urgenti". Informato a Parigi del crimine con una telefonata da Isračl, sapeva giā:"E’ stato un Ebreo".

Sfortunatamente per lui, rimase abbarbicato al piano originale. E sapendo a memoria le conclusioni raccontate dalla commissione Warren sull’ assassinio di John Fitzerald Kennedy, si č subito difeso chiamando Amėr "A lone nut", un matto solitario.

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Ma, come Oswald, Amėr non era matto, né solitario. Malgrado questa difesa fragile, e senza porre le dure domande in merito alle inquietanti previsioni esatte sue sull’ assassinio, o su che cosa facesse a Parigi, Shamgār ha congedato Gillon infliggendogli l’ atroce pena di uno schiaffetto sul polso.

L’AGENTE KALO

E’ la figura della Shabāk pių misteriosa attorno all’ assassinio di Rabėn. Manco il suo nome primo personale era arrivato ai media. Si sa che Eli Barāk, come capo del "Dipartimento Ebraico della Shabāk", gestiva Ravėv, ma nessuno ha mai delineato adeguatamente il ruolo di Kalo. Si sa che era l’ immediato superiore di Eli Barāk.

Ma’arėv, 18DIC1995: "La Commissione Shamgār ha cominciato a esaminare le contraddizioni fra le testimonianze della Polizia, e quelle dell’ agente Kalo… Domandano come la Shabāk avesse reagito alle informazioni in arrivo dalla Universitā Bar Ilān, e perché la Shabāk ignorasse le "attivitā dello Shabbāth" organizzate in Giudea e Samaria da Yigāl Amėr con Avishāi Ravėv ".

Yediōt Achronōt, 22NOV95 Secondo Kalo, (capo del Dipartimento Attivitā Ebraiche della Shabāk) durante sei ore di testimonianza alla Commissione Shamgār, la Shabāk richiese che Ravėv facesse loro pervenire un profilo panoramico sulle attivitā di Amėr, tre mesi prima dell’ assassinio.

Ravėv tornō dal suo lavoro sul campo, e riferė loro (ai dirigenti della Shabāk) delle intenzioni di Amėr di danneggiare Arabi. Kalo ha deposto: "Amėr non conosceva le vere intenzioni di Amėr, e non ci informō delle sue intenzioni di danneggiare Ebrei, Primo Ministro incluso".

Ma’arėv, 19DIC95: Fra i pių sorpresi dalla lettera d’ avviso di Shamgār era Kheshin, il quale ritiene cajusa dell’ assassinio di Rabėn sia stato un fallimento della sicurezza, non dell’ intelligence. Il mandato di comparizione a lui č, ritiene, ingiustificato.

Il capo del "Dipartimento attivitā non-Arabe, o Ebraiche" della Shabāk afferma di non aver saputo nulla delle minacce di Yigāl Amėr a Rabėn all’ Universitā Bar Ilān, e ha ricevuto un rapporto dal suo Agente, Avishai Ravėv, tre mesi prima dell’ assassinio, che completamente ignorava dette minacce, minacce che Ravėv aveva udėte in numerose occasioni.

Invece gli fu detto che Amėr voleva pestare Arabi. Ciō era sfacciatamente falso. Il fragile Amėr si rifiutava di partecipare a una qualsiasi delle molte scorrerėe e pestaggi anti-Arabi,

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scatenati dentro a Hebrōn da Ravėv, salvo una volta sola, poco prima dell’ assassinio di Rabėn, quando fu per caso filmato "in azione".

Puō qualcuno credere a questa storia? Se č vera, Ravėv stava deliberatamente nascondendo la veritā su Amėr a Kalo, mentre altri suoi sottoposti deliberatamente celavano agli occhi di lince di Kalo le informazioni su Amėr in arrivo dalla Universitā Bar Ilān.

Eli Barāk

Era il capo della Unitā "Anti-Sovversione Non-Araba" della Shabāk, comunemente detta il "Dipartimento Ebraico". Kalo era l’ Ufficiale suo superiore, e ciō indicherebbe che quel "Dipartimento" fosse separato dal suo. A causa di quel 30% di rapporto della Commissione Shamgār sottratto alla informazione pubblica, sulla infrastruttura dipartimentale della Shabāk, l’ esatta natura della catena di comando č ignota. E siccome Shamgār escluse Eli Barāk dal testimoniare in udienze aperte, per motivi noti come insabbiature o peggio cover-up, non molto č trapelato di ciō che ha da dire. Ma qualche deposizione getta luce.

Yediōt Achronōt, 20Novembre 1995: "Secondo THE OBSERVER, giornale di Londra, alti funzionari della Sicurezza Israeliana affermano: gli Ufficiali della Shabāk sapevano che Yigāl Amėr aveva intenzione di uccidere Rabėn. Il pių di alto rango al corrente era Eli Barāk, capo del "Dipartimento Ebraico", il quale non prese sul serio i ridicoli piani di Yigāl Amėr. L’ OBSERVER non spiega perché Barāk non avesse passate le minacce di Amėr al capo della Shabāk, né spiega che la risposta a ciō dovrā saltar fuori alla Commissione d’ Inchiesta".

Ma’arėv, 27NOV1995: Eli Barāk, capo del dipartimento che si occupa di Ebrei estremisti, ha testimoniato che Avishai Ravėv non sapeva che Yigāl Amėr intendeva ammazzare Yitzhāk Rabėn. Riferė soltanto che quello era un attivista all’ Universitā Bar Ilān. Secondo Eli Barāk, Amėr da solo decise di uccidere Rabėn, e che nessuno lo avrebbe potuto fermare".

Tzvė Amėr, membro della Commissione, e giā capo del Mossād, ha chiesto a Barāk di spiegare perché la Shabāk non abbia agito, in sčguito al rapporto di Shlōmo Halevy: "Un uomo basso, Yemenita, di EYAL, minaccia Rabėn". La Commissione ha sottolineato: "Siccome Halevy era un soldato della Brigata Intellingence, sarebbero dovuti scattare gli allarmi rossi".

La risposta di Eli Barāk non č mai stata pubblicata. Il frammento di Barāk che abbiamo, indica: egli coordinō con Gillon le deposizioni, e suffragō la teoria del matto

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isolato. Pure con Kalo ebbe buon dialogo, ma con una differenza: mentre Kalo proclamava di essere stato all’ oscuro dell’ estremismo di Yigāl Amėr all’ Ateneo, invece Ravėv scelse d’ informarne Barāk. Entrambi perō concordano: l’ agente Ravėv non sapeva che Amėr avesse alcun piano per uccidere Rabėn.

Avishai Ravėv

Ravėv, sappiamo, era Agente della Shabāk dal 1987 almeno, quando il decano dell’ Universitā di Tel Avėv, Itamal Rabinovitch, tentō di espellerlo per attivitā estremistiche. Il Primo Ministro Yitzhāk Shamėr mandō Yossi Achimeir, suo ajutante, a intercedere appo Rabinovitch, pro Ravėv. Ergo, nei giorni dell’ assassinio di Rabėn, Ravėv era nella Shabāk da almeno otto anni, e probabilmente era assurto a alto rango. Ma trovare frasi sue che non siano estremiste č arduo. Nel Novembre 1996, la rivista KOL HA’IR lo scova nel suo segreto posto di lavoro, in un istituto per bambini autistici a Tel Avėv. Perché avesse comunque da lavorare, č un mistero. Ma forse i bambini autistici non lo riconosceranno. Parla poco: "Nessuno crederebbe a quanto so, e non posso dire". Lo avesse detto, presumibilmente sarebbe sparito per sempre. Sappiamo pure che ha mentito al processo verso Haggai Amėr, fratello di Yigāl. Alla Corte ha detto: "Mai ho lavorato per la Shabāk, né mai ho avuto a che fare con essa". Inoltre ora sappiamo: il sistema dei Tribunali č truccato, accettō sanza proteste la falsa testimonianza sotto giuramento.

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8 CAPITOLO OTTO IL PIANO CHE NONFU MAI USATO

Non riuscė a proteggere Rabėn, a Tel Avėv, nella "Piazza I Re di Isračl", la Shabāk. Perché? Dā soltanto questa spiegazione: non aveva piani di contingenza per proteggere Rabėn da un pistolero solitario. Il concetto: "Nessuno puō fermare un folle assassino determinato" fu adottato da Carmi Gillōn, capo della Shabāk, e da lui č defluito verso tutti i ranghi e livelli.

Diciassette mesi dopo il crimine, la scusa č stata fatta a pezzi da un’ intervista concessa alla rivista ANASHI’M da Tuvia Lėvneh, e da Yisračl Shai, ex ufficiali della Unitā Sicurezza Personale della Shabāk. Ecco il paragrafo iniziale:

"Per la prima volta dočpo l’ assassinio di Rabėn, due ex Ufficiali dell’ Unitā incaricata di proteggerlo stanno parlando. Sono furibondi per il comportamento dei loro successori nella Unitā che non riuscė a impedire la morte; e per come l’ assassino, Yigāl Amėr, entrō nella "zona sterile" e sparō all’ allora Premier, dalla distanza d’ un braccio. Nei 17 scorsi mesi, non un giorno č passato senza il pensiero che il crimine non sarebbe riuscito, se loro fossero rimasti a lavorare lė. "Rabėn, con noi, non sarebbe stato ucciso". Dice Tuvia Livneh. "Auando Yisračl e io udimmo la notizia dell’ assassinio, ci infuriammo per la mancanza di un piano di contingenza, proprio per un colpo del genere, per il quale noi ci eravamo esercitati infinite volte".

Il pezzo continua:

"Questo non č il senno di poi, ma furbizia scandalosa prima, ben prima della tragedia, e viene pubblicata per la prima volta. All’ inizio degli anni ’90, quando i due comandavano l’ unitā, prepararono nei dettagli un piano di contingenza per il caao di un assassinio politico in Piazza "I Re di Isračl" a Tel Avėv.Inclusa la possibilitā che l’ assassino agisse dalle scale d’ uscita dietro al podio, precisamente dove Yigāl Amėr č rimasto a aspettare Yitzhāk Rabėn. Il piano fu girato al comando di campo, dove fu provato e riprovato. Vere varie prove generali."

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Ciō sistema Carmi Gillōn, e la sua storiella secondo la quale non esisteva nessun piano di contingenza per tentativi di omicidio nella Piazza I Re d’ Isračl. Esisteva un esatto piano di contingenza, in realtā cosė preciso, che č lecito domandarci se non sia stato usato al contrario.

Gli Ufficiali della Shabāk avevano fatte le prove generali "infinite volte" in vista d’ un assassinio politico esattamente nel punto nel quale Yigāl Amėr aspettava Rabėn. Non soltanto NON furono presi con la guardia abbassata: erano perfettamente preparati per prevenire quella morte… se lo avessero voluto.

La rivista ANASHI’M prosegue:

"Ciō che non dā pace a Livneh né a Shai, č che Amėr č rimasto vivo e vegeto pur avendo sparate pallottole tre in piena tranquiliitā. Loro principio fondamentale č: se persino un anonimo killer pčnetra nella prima linea difensiva, e in un modo o in un altro spara un colpo al Primo Ministro o a chicchessia, quello sarā il suo ultimo colpo. Subito dopo il primo sparo di Amėr, le Guardie del Corpo del Premier avrebbero dovuto compiere due azioni, entrambe provate e riprovate infinite volte. Primo: il Premier doveva essere coperto dai corpi dei suoi gorilla, e portato via di corsa; Secondo: all’ assassino si doveva sparare. Seguono tali regole i film mostrati alle guardie del corpo: il fallito assassinio di Ronald Reagan: il riuscito assassinio di Anwar Sadāt… Ma in Isračl, (considerata esportatrice di superbi sistemi di sicurezza nel Mondo intero) il killer č riuscito a sparare tre volte al Primo Ministro, e un colpo pių devastatore dell’ altro. E’ rimasto felicemente in piedi, vivo e illeso".

ANASHI’M non č stata la prima pubblicazione a chiedere per qual motivo i gorilla di Rabėn non abbiano sparato a Amėr. L’ ųnica risposta plausibile č che in antėcipo fosse loro stato ordinato di NON sparargli. Il rapporto č particolarmente significativo, in quanto viene dai massimi ranghi della Shabāk. E insiste: a Rabėn si sparō TRE VOLTE, un colpo pių devastatore dell’ altro.

Ciō coincide con le informazioni, che esamineremo successivamente: l’ annuncio dato da Ephrāim Sneh, medico e Ministro della Sanitā, la stessa sera della morte: "Rabėn č stato colpito tre volte, di cui una al torace". Il quale annuncio corrobora la deposizione d’ un teste alla Corte Suprema d’ Isračl nel Luglio 1996: il patologo dell’ Ospedale Ichilov gli disse d’ aver trovati tre fori di pallottola nel corpo di Rabėn.

Il reporter dice a Livneh: "Per anni addestrasti la tua gente a uccidere l’ assassino, ma quando la cosa č davvero accaduta, non han fatto nulla". Livneh risponde: "Suppongo che quando un uomo sconosciuto urlō: "Sono a salve ! ", abbia bloccato le guardie".

Livneh tenta una scusa per spiegare il fiasco delle guardie del corpo, ma non regge, in partenza. Tuttavia riconosce: non

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fu Amėr a urlare. Ciō conferma la deposizione dello stesso Yigāl Amėr. Poco dopo l’ arresto di Amėr, un inquirente gli domandō: "Sei stato tu a gridare che le pallottole erano a salve?". Amėr rispose: "E perché lo avrei dovuto fare?". "Per disorientare e depistare le guardie del corpo, Per confonderle un po’ di tempo". E Amėr:"Sarebbe stata un’ idea interessante, ma non sono stato io a urlare". Infatti. Come si documenterā poi, "Snāk", "Snāk ", (in Ivrėth, in Ebraico, significa "Sono a salve"),fu tra le tante cose urlate dopo gli spari. Le guardie del corpo gridarono una varietā di sėmili frasi, e e anche: "Ma non č successo niente", "E’ un’ esercitazione", "Non č una cosa reale", "Bussolotti, petardi", "Arma giocattolo" ecc etc ecc……

Livneh perō persiste con la sua tesi: "Sottolineo, personalmente non dispongo d’ informazioni dirette, ma č ragionevole immaginare: che uno dei cōrrei di Amėr nel complotto, noto o ignoto che fosse, stava nella folla vicino a lui, e lo ha ajutato cosė. O forse č stato proprio Amėr a gridare, dopotutto".

Siccome Amėr non puō aver urlato da otto o nove differenti postazioni, non č stato lui. Se altri congiurati ci furono, non poterono essere che le guardie del corpo. Il servizio di ANASHI’M aggiunge:

"Livneh e Shai furono contenti quandi fu formata la Commissione Shamgār, e attesero pazienti di esser chiamati a deporre. Entrambi erano considerati i massimi esperti di Sicurezza Personale in Isračl. Entrambi avevano prestato servizio per anni nell’ Unitā, e furono le guardie del corpo personali di figure centrali come Golda Meir, Moshč Dayan, Ezer Weizmann e dello stesso Rabėn, durante il primo suo mandato; entrambi conoscevano il servizio dentro e fuori avendolo rivoltato come i loro calzini, erano partiti dalla gavetta, e passo passo ne erano divenuti i comandanti, prima Lėvneh, dopo Shai.

"Ma la Commissione Shamgār li ignorō completamente. Entrambi hanno forti sospetti sul perché. A sto punto tuttavia i due si rifiutano di rilasciare altri commenti al pubblico, o di avanzare supposizioni che potrebbero diventare supposte".

Il motivo pių probabile, naturalmente, č che Livneh e Shai fornendo onesta testimonianza avrebbero distrutta la credibilitā della versione sui fatti fornita da quegli Ufficiali della Shabāk che avevano fatto cilecca nel proteggere Rabėn.

Livneh conclude accennando a ciō che avrebbe deposto:

"Non c’ era nulla di nuovo a proposito dell’ assassinio, nulla che noi non avessimo preso in considerazione in passato. Il fatto che l’ assassino sia riuscito a completare la sua missione fu colpa umiliante di quanti erano responsabili della sicurezza personale quella sera. E’ quanto, e tutto ciō che io sono disposto a dire".

Eppure, non fu processato un solo Ufficiale responsabile della sicurezza di Rabėn, né tampoco trascinato davanti alla Corte Marziale, o imprigionato. Il castigo pių grave irrogato fur imporre

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alcune dimissioni. E ciō ha comportato soltanto ulteriori scatti di carriera per il capo supremo della sicurezza personale di Rabėn, Carmi Gillōn. Ha lasciata la Shabāk, č stato nominato poi capo negoziatore coi Palestinesi al Ministero degli Esteri di Gerusalemme. Dopo qualc<he trattativa, Gillōn rinunciō all’ incarico. Ma resta il fatto. L’ uomo che gli offrė l’ incarico č Davėd Levy, Ministro degli Esteri del Likųd.

Il coverup proseguė, anche col nuovo Governo.

[[[[ Nel 2001 Shėmon Peres, Ministro degli Esteri, ha nominato Carmi Gillōn Ambasciatore d’ Isračl in Danimarca. - Nota del traduttore ]]]]]]]]]

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9 CAPITOLO NOVE IL FILM "DI KEMPLER"

Quasi due mesi dopo la morte per raffreddore di Rabėn, gl’ Israeliani furono sconvolti nell’ apprendere che il Telegiornale di Canale Due avrebbe trasmesso il film, girato da un dilettante, un turista Polacco dal nome impronunciabile. Ma fu proprio questa leggenda a far rinviare il giorno della trasmissione. E il cineasta in realtā fu un Israeliano, dal nome facile, Roni Kempler, e dalla vita complicata, che ancora nei successivi anni ha riservate varie sorprese goccia a goccia.

Il pubblico sollevō ovvie domande. Perché aveva aspettato un mese a tirar fuori il suo video, quando avrebbe intascati milioni di dollari se lo avesse venuto ai Network del Mondo intero, all’ indomani dell’ assassinio? Non gl’ interessava guadagnar soldi, spiegō Kempler. Che altro poteva dire?

Presto si scoprė che Kempler non era un cittadino qualsiasi. Lavorava per l’ Ufficio del Controllore di Stato, una specie di Corte dei Conti. E era una guardia del corpo nella riserva dell’ Esercito.

E’ una delle rarissime occasioni nelle quali la stampa d’ Isračl pubblica un’ opinione che esprime dubbi sulla veracitā della Commissione Shamgār, che a nome e per conto del Governo ha investigato sull’ assassinio. Eppure, nella ricaduta d’ una molto rivelatrice esposizione delle testimonianze di Agenti della Shabāk, e di Polizia, presenti vicino al luogo del crėmine, uscita su MA’ARI’V il 27SET1996, furono pubblicate due lettere. Una dell’ ON HK (Havčr Knčsset) Ofir Pines, Laburista. Egli pure, ammette, udė vazri Agenti di sicurezza gridare che erano a salve le pallottole che SI PRESUMEVA avessero ucciso Rabėn. Aggiungeva piuttosto debolmente che, in prospettiva, forse udė quelle urla nella fantasėa, perché VOLEVA CREDERE che i projettili non fossero veri.

Un’ altra lettera fu mandata da Hannah Chen, di Gerusalemme. Ella succintamente espone alcuni dei pių atroci dubbi e sospetti su Roni Kempler. Ecco la lettera:

"Consentitemi di aggiungere i dubbi miei, sui fatti strani attorno all’ assassinio di Rabėn. PRIMO, fu detto: il "cineasta" che girō il video, il quale immortalō la morte, non possedeva telecamere, se ne era fatta prestare una. Strano, un appassionato di videocamere, non ne possiede nessuna. E, ove se ne sia fatta prestare una, allora da chi? Perché nessuno ci dice quale tipo di telecamera usō? SECONDO: all’ inizio, nessuno sapeva che egli avesse fatto il film, che esistesse un film sull’ assassinio. Significa ciō che nessuno degli Agenti sulla scena

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lo scorse, mentre Kempler riprendeva dalla cima di un tetto? E quel video, come č pervenuto ai mass media? E la Shabāk non avrebbe dovuto confiscare al proprietario quel film, se fosse stata l’ unica prova documentale che avesse ritratto il crėmine? E perché l’ autore non consegnō volontariamente l’ opera alla Polizia? E’ completamente incerto se il film sia autentico. A mio parere č stato manipolato. Forse ne sono state tolte certe persone, o sono stati aggiunti suoni di pallottole. Tutti, mi pare, siamo stati presi in giro. Il cineasta lavorava per la Shabāk; e tutto č alterato ciō che ha a che fare col film, e coi tempi della sua diffusione."

La Signora Chen esprime l’ opinione di tanti cittadini. Ciononostante, il film, rieditato elaborato e manipolato, come chiaramente fu nei di mesi di esistenza sconosciuta, č prezioso per risolvere l’ assassinio di Rabėn, quanto lo fu il film di Zapruder nel disintegrare la frōttola del killer solitario, propinata al pubblico Americano nel 1963, dopo l’ assassinio di John Fitzgerald Kennedy.

Un fatto in particolare, fissato nel film, va divenendo il centro dei dubbi sulla veritieritā della Commissione Shamgār. Prima che Rabėn entri in auto, la portiera opposta viene chiusa DALL’ INTERNO. Per quasi tutti gli spettatori, č certo: qualcuno, forse l’ assassino, aspettava Rabėn nella Cadillac. Ciō č in contraddizione diretta con la conclusione ufficiale: "Rabėn entrō in un’ auto senza nessuno dentro". Ma nel film di Kempler c’ č altro, che contraddice il rapporto ufficiale, molto altro.

Mentre il film (di quindici minuti) comincia, Yigāl Amėr guarda un punto distante, e come nota il commentatore della TV: "Pare faccia gesti, segnali, a qualcuno". Non č la prima volta che viene indicata l’ eventualitā d’ un cōmplice. Alla Commissione Shamgār, gli Ufficiali di Polizia Bōaz Erān, e Moti Sergei, hanno entrambi testimoniato: circa 30 minuti prima della sparatoria, parlō con un uomo barbuto in T-shirt scura. A quanto pare, lo conosceva.

Pių vede il film, e pių lo spettatore si rende conto: č molto inesatta la testimonianza della Shabāk davanti alla Commissione Shamgār. Una delle principi scuse fornite per non aver identificato Yigāl Amėr nell’ area sterile, č "a causa della situazione affollata". Per dimostrare tale punto, vien citata la testimonianza di altri Ufficiali di Polizia. Dice: "Un altro ben noto manifestatore, che lavora per la cittā, si precipitō verso Rabėn, e gli strinse la mano." Yigāl Amėr dunque non era l’ ųnico individuo anti-Rabėn nella zona sterile. Tuttavia Amėr non č filmato in mezzo a una folla. Sta in piedi, per lunghi minuti, lontano metri da chiunque altro. Nessuno se lo sarebbe fatto sfuggire, se avessero voluto vederlo.

Allora, due ufficiali della Sicurezza tirano fuori una conversazione con Yigāl Amėr. Era stato notato, e manifestamente aveva qualche cosa da dire, proprio a quelle stesse persone che lo avrebbero dovuto identificare, e acciuffare, PRIMA.

Pochi secondi dopo, Shėmon Peres scende gių per i gradini, e cammina verso la folla alle transenne. Accoglie gli auguri di tante persone, e cammina verso un

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punto, circa un metro e mezzo opposto al cofano dell’ auto di Rabėn. Peres č accompagnato da due guardie del corpo, una delle quali chiaramente ėndica Yigāl Amėr, il quale sta seduto distante tre metri di fronte a loro. Peres si ferma, guarda dentro alla Cadillac di Rabėn, e avvėa una conversazione con i gorilla. Tutti ora dānno un attento sguardo alla portiera posteriore della limousine di Rabėn.

A sto punto c’ č un taglio. D’ improvviso, Peres sta parlando con l’ autista di Rabėn, Menachem Damti. Damti non compariva nelle inquadrature precedentemente. Con ogni probabilitā era vicino al posto suo, accanto alla porta del sedile del guidatore. Il taglio č cospicuo, probabilmente di parecchi secondi. La gente che ha fatto a fette il film, non voleva che il pubblico vedesse qualche cosa.

Dopo una faticosa serata al comizio, anziché salire sull’ auto sua, e andarsene a casa, Peres decise che era pių importante esaminare l’ auto di Rabėn, e fare una seria chiacchierata col suo autista.

Al processo verso Yigāl Amėr, sotto giuramento, venne domandato a Roni Kempler di spiegare il taglio nel film. Egli depose: " Shėmon Peres andō via, e lo filmai mentre si presumeva salisse sulla sua limousine. Ma quando Shėmon Peres č rimasto per lungo tempo in piedi, fermo nello stesso punto, ha smesso d’ interessarmi cinematograficamente. Ho spesso di filmare, e ho ricominciato nel momento nel quale egli č entrato nella sua auto".

Il resoconto di Kempler fu sbagliato, in ogni dettaglio. Se il film non fu tagliato, ma era stato lui a fermare la telecamera, ha deciso di riaccenderla mentre Peres era ancora in piedi, di fronte all’ auto di Rabėn, ora soltanto a parlare con Damti. Molti secondi dopo, Peres ha cominciato a camminare verso la propria vettura. Sotto giuramento, Kempler ha deposto il falso, eppure gli Avvocati degli Amėr, forse non avevano studiato abbastanza quel film, glie la hanno lasciata passare liscia a Kempler.

Peres entra nella sua auto mentre Rabėn discende la scalinata. La telecamera riprende l’ Agente dietro a Rabėn; chiaramente si ferma, l’ Agente. Deliberatamente l’ Agente scopre la schiena di Rabėn; fra lui e Rabėn si apre un ampio varco, che consente a Yigāl Amėr di sparare libero a Rabėn.Amėr estrae la sua pistola bene riposta in fondo alla sua tasca destra, e il commentatore TV nota: "Amėr estrae la sua arma per sparare." Chiunque, addestrato o no, potč vedere che Amėr estraeva una pistola, e a quel punto gli si doveva dare un bel pugno e buttarlo a terra. Ma ciō NON doveva accadere. Invece, Amėr fa un bel giro attorno a uno studente reporter di nome Mordi Yisračl, punta la pistola, e spara.

Esaminiamo adesso l’ assassinio, fotogramma per fotogramma. Rabėn aveva presuntamente ricevuta una pallottola da 9 mm a bruciapelo nel polmone, eppure non si piega, né vacilla. Non č manco spinto in avanti dall’ impatto, né il suo ābito mostra la menoma lacerazione. Invece, Rabėn continua a camminare avanti, e gira la testa indietro, verso la direzione del rumore.

Tre medici hanno guardato e riguardato con me questo momento: il Dott. D. e il Dott. H. mi han chiesto l’ anonimato. E il Dott. Klein di Tel Aviv non ha avute objezioni a essere citato. Io ho domandato

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se la reazione di Rabėn fosse medicamente concepėbile, ove fosse stato solamente colpito al polmone, o se la sua spina dorsale fosse stata lesa. Se la spina dorsale fosse stata lesa, mi hanno detto, Rabėn sarebbe caduto all’ istante, proprio lė. Invece, in caso di una ferita al polmone, esistono due tipi di reazione dolorosa, una per riflesso, una ritardata. Rabėn non manifestō la reazione di riflesso, che probabilmente si sarebbe manifestata col piegamento convulso del braccio. Invece, manifestō una reazione di sorpresa. Senza manifestare dolore, girō il capo in direzione dello sparo. La conclusione dei medici č: Rabėn udė uno sparo, forse avvertė lo scoppio d’ un petardo, e si voltō rapidamente verso il baccano. Questa fu una reazione di stupore, E NON PUO’ VERIFICARSI SIMULTANEAMENE CON UNA REAZIONE DI RIFLESSO AL DOLORE.

Rabėn fa tre o quattro passi in avanti, e d’ improvviso il film diviene totalmente annebbiato, appena meno di due secondi. Un tecnico esperto mi ha detto d’ essere convinto: quel video fu deliberatamente reso annebbiato con un procedimento artificiale, che sėmula un improvviso veloce spostamento della telecamera. Per corroborare la sua convinzione, il tecnico ėndica col dito un punto, una luce bianca, che si riflette sul tergicristalli dell’ auto. Il punto resta fisso nella stessa posizione, mentre si presume che la telecamera si stia muovendo. Ma la nebbia svanisce momentaneamente quasi due secondi dopo, e Rabėn ricompare, sempre in piedi, ma un passo o due pių avanti. Dall’ inizio degli spari, il Premier ha fatti almeno cinque passi. Poi la nebbia ritorna, e nella foschia successiva si sente (ma non si vede) un altro sparo.

Secondo la Commissione Shamgār, e secondo i giudici al processo verso Yigāl Amėr, quando fu sparato il secondo colpo Yorām Rubėn era sopra a Yitzhāk Rabėn bocconi per terra nel luogo del parcheggio. Versione ufficiale: dopo aver udėto il primo sparo, Rubėn balza addosso a Rabėn, e lo spinge gių per terra. Amėr si avvicinō a Rabėn e a Rubėn e, mentre veniva trattenuto da almeno altri due gorilla, ficcō una pallottola nel braccio di Rubėn, e un’ altra nella milza di Rabėn. Segue una lacuna nella ripresa, durante la quale Rubėn pensa fra sé e sé: "Un difetto nell’ arma". E poi, stando alle parole di Rubėn:

"Gli ho urlato parecchie volte: "Yitzhāk, riesci a sentirmi? Ascolta me, e nessun altro maledizione." Lui, Rabėn, ha aiutato me a rimettermi in piedi. E’ proprio cosė, abbiamo lavorato insieme. Poi Rabėn č saltato nell’ auto. A ripensarci, trovai sorprendente che un uomo dell’ etā di Rabėn riuscisse a balzare cosė".

L’ autore di questo libro trova sbalorditivo che sia comunque riuscito a saltare un uomo dell’ etā di Rabėn, e con pallottole nel polmone e nella milza

Il Kempler film rivela che tutta questa storia č assoluta falsitā e sporca brodaglia. Una famosa foto, di Rabėn spinto nell’ auto, si vede nel film con un flash. A quel punto, sappiamo, Rubėn ferito al braccio e tutto il resto, non č per terra

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invece č ritto sui piedi suoi, a reggere Rabėn. Un videofilm ha 24 fotogrammi al secondo, cosė č facile misurare i tempi dei fatti. Dal secondo sparo al flash, passano 4,6 secondi. Poi aggiungiamo la lacuna o jato, una pausa nella ripresa lunga quanto basta perché un uomo cui stanno sparando decida che č cosa sicura rialzarsi in piedi, e pensi che "quell’ arma č difettosa". Tentateci voi, se vi riesce, di far tutto ciō in SECONDI QUATTRO VIRGOLA SEI.

La ricostruzione, specie dei tampi, raccontata da Rubėn č semplicemente impossibile.

Per giunta, Rubėn č sė filmato addosso a Rabėn, se non dopo che sono giā stati sparati tutti i colpi, e Rabėn non balza in carrozza. La foto di Rubėn che spinge Rabėn dentro alla Cadillac sbugiarda smentisce e smaschera tutta la storiella, anche senza bisogno di scomodare il Kempler film. La deposizione di Rubėn, per dirla con soave eufemismo, non č suffragata dal film di Kempler.

E ora viene il PIECE DE RESISTANCE, il momento pių ossessionante del videotape. Due secondi prima che Rabėn venga ficcato dentro alla limousine, la porta posteriore opposta, dell’ altro passeggero, si chiude di botto. Questo brano č stato esaminato, e messo a dura prova, da numerosi giornalisti. E’ stata analizzata ogni ombra sullo schermo, č stata esaurita ogni possibile spiegazione, e alla fine ha superato ogni scrutinio. Qualcuno, una ignota quarta persona, forse l’ assassino, stava in auto, a aspettare Rabėn.

Quando mostro questo segmento a un auditorio, inevitabilmente mi sento domandare: "Ma perché hanno fatto questo film, se č cosė tanto incriminatorio?". E io rispondo: "Il film ha convinto tutto il Paese che č stato Yigāl Amėr a uccidere Yitzhāk Rabėn. La gente dice: "Io coi miei occhi ho visto lui farlo". E’ proprio questo che si presume il film ottenga. Ma i cospiratori sono stati cosė sciatti, da lasciarci dentro la veritā. O non la hanno notata, o credevano che nessuno la avrebbe notata".

E allora perché gli Avvocati di Amėr perché non hanno fatto a pezzi Kempler sul banco dei testimoni, o non hanno usato il film a proprio massimo vantaggio? Diciamo la veritā, i difensori di Amėr non erano abbastanza interessati al suo bene, o non erano debitamente preparati. O non avevano abbastanza talento da sfidare, lancia in resta, il Tribunale di comodo. Guardate come la Corte ha gestita la faccenda della porta che, inspiegabilmente, si chiude:

Difensore di Amėr: " Dopo il fatto, anche la portiera posteriore destra dell’ auto era aperta".

Kempler: "Io ho filmato quel che ho filmato. "

Fine, nessun sčguito, e non č che la difesa non avesse abbastanza munizioni. Nel Dicembre 1995, la sera nella quale il suo film fu mostrato su Canale Due, Kempler fu intervistato dal commentatore Rafi Reshef. Kempler parlava veloce, nervoso, incredibile, inattendėbile, come mostrano queste parti dell’ intervista.

Reshef: " Perché hai aspettato cos’ a lungo, prima di far conoscere il film al pubblico? "

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Kempler: "Per vari motivi. Non volevo mettermi in mostra. Inoltre, pensavo che fosse proibito mostrare il film, cosė poco tempo dopo l’ assassinio. Il pubblico aveva bisogno di tempo, per digerirlo quale film storico… Ma dopo che la Commissione Shamgār lo ha ricevuto, io per strada ho continuato a dire che io ero la sanguisuga, il parassita del Paese. Questo per me č stato ancora pių grave, e cosė mi sono procurato un Avvocato, e ho deciso di fare un po’ di soldi vendendo il film."

Che altruista! Kempler dimentica di dire: non raccontō a nessuno di aver filmato l’ assassino, finchč due settimane dopo, si presume, non si svegliō rendendosi conto di ciō che aveva, e mandō una lettera raccomandata alla Commissione Shamgār, per informare quei signori. Nel frattempo teneva nascoste alla Polizia prove vitali.

Reshef: "Ti ha visto qualcuno mentre filmavi?"

Kempler: " Sė, le guardie del co…. Io sono sicuro di aver visto (il cantante) Aviv Gefen guardare dritto dentro alla mia telecamera ."

Kempler quasi lasciava scivolar via il dettaglio, che le guardie del corpo lo guardavano mentre filmava, e ciō risulta palese dal film stesso quando, giusto prima del taglio su Peres, uno dei gorilla si volta indietro, ma lui sta per dirlo, ma ci ripensa, e inventa una fantasia senza senso su un pop singer.

Reshef: "Perché tu hai concentrata tanta parte delle riprese su quel tipo, che poi avrebbe sparato?"

Kempler: "Io sentivo che c’ era qualche cosa di sospetto a suo riguardo. Io ho lasciata correre via con me la mia immaginazione, e ho fiutato l’ omicidio nell’ aria. Non era cosė forte quando lė c’ era Peres, ma quando č comparso Rabėn, WOW !!!".

Kempler presentiva che c’ era nell’ aria un omicidio, e sospettava che quel tipo, Yigāl Amėr, fosse l’ assassino. Questo fu un fatto veramente parapsicolōgico, ma che fortuna, č successo per davvero, altrimenti non si sarebbe disturbato a concentrare tanta attenzione su Amėr. Guarda che fortuna, proprio a Kempler č capitato di essere l’ unico telecameraman sulla balconata sovrastante la scena del crimine. E che fortuna, c’ era tanto bujo sulla scena dell’ omicidio, che poche telecamere da dilettanti sarebbero riuscite a immortalare l’ avvenimento.

Reshef: "Ci sono state molte speculazioni, sul perché ti sia capitato di essere l’ unico al posto giusto per filmare l’ assassinio. Come lo spieghi?"

Kempler: "Ho come avuta la sensazione, qualcuno ha fatto in modo che io fossi lė in quel punto".

Reshef: "Che cosa, sei tu un fatalista? "

Macchč, Kempler č un mėstico, come presto vedremo.

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Reshef: "Tentō qualcuno d’ interferire con te? "

……

La numerazione delle pagine di questa traduzione del libro di Barry CHAMISH prosegue poi secondo la PAGE 49 del libro originale in Inglese. Questo testo in I TALIANO riprendee dopo questa pagina 34, con la seconda parte: da pagina 1 a pagina 89 .