LA QUALITA' DELLA VITA

di alfred nobel

La questione più importante è senz'altro - da sempre - la qualità della
vita. Anzi, precisando meglio: una qualità media della vita accettabile (e
tendente ad un ragionevole miglioramento) per la maggior parte delle
persone possibili (non deve dare infatti una gran goduria spassarsela
in un bunker assediati da una turma d'affamati disposti a tagliarti la
gola!). L'idea stessa della sinistra moderna nel mondo nasce - alla
fine del '700 - da questa semplice considerazione: migliorare le
condizioni di vita (della maggior parte degli individui) qui e ora, senza
rimandare ad un improbabile futuro oltremondano (che resta invece il
campo privilegiato dei preti e degli imbroglioni di ogni risma). Per
questo l'ideale della sinistra (della sinistra  pensante, libertaria, ricca di
diverse progettualità aperte, non di quella trasformatasi in regime, in
dittatura feroce o in sistema di potere comunque autoritario) mantiene
inalterato - a nostro parere - il proprio fascino e consolidate ragioni.
Anche le rivolte dell'antichità puntavano, in fin dei conti, su questo:
Spartaco e i suoi lottavano per sfuggire ad un destino di schiavitù ed
aprirsi la strada verso nuove prospettive; i ribelli israeliti delle guerre
giudaiche si battevano per strappare la loro terra e le loro vite al
dominio imposto dai romani.
Giungiamo rapidamente a noi: la qualità della nostra vita - qui in Italia,
e anche, di riflesso, nella città in cui viviamo - va deteriorandosi di
giorno in giorno. Le speculazioni sui prezzi (incentivate dai governanti
berlusconiani), la precarietà del lavoro (a salari ridicoli), una pressione
fiscale "svedese" cui non corrispondono servizi decenti hanno reso la
vita di tutti più triste e carica di rancori. A ciò si è aggiunto un degrado
culturale da mettere i brividi (tagli ripetuti e diffusi sulla cultura e sullo
spettacolo intelligente a vantaggio di squallidi lustrini e fiere
strapaesane). Non solo l'ozio (praticato saggiamente dagli antichi e
rivendicato come diritto dai rivoltosi di fine 800 e degli anni 70 del
secolo scorso), ma perfino un po' di tempo libero sembra un lusso
inarrivabile. Intanto il disastro urbanistico-cementificatorio in corso fa
assomigliare tante piccole città italiane come la nostra - un tempo
incantevoli o comunque  accoglienti - alle periferie delle metropoli. Non
a caso una recente inchiesta ha evidenziato un fortissimo stato di
delusione e di stanchezza della maggior parte degli italiani.
Che fare? La prima suggestione è quella di andarsene, di
abbandonare la barca che affonda: altrove, in tutt'Europa, si vive molto
meglio, per non parlare del Sud del mondo, che offre splendidi scenari,
popoli gentili e prospettive esistenziali gradevoli. Ma, se si rimane, è
necessario - crediamo - tirare fuori i denti, battere il regime del cavaliere
e dei suoi complici e quindi non fare sconti a nessuno (ma proprio a
nessuno, e in nessun luogo del paese!), ribadendo le parole d'ordine di
cui si diceva: migliore qualità della vita (e per più gente possibile),
giustizia e libertà di scelta nell'uguaglianza dei diritti !