CARTA
MONDIALE DELLE DONNE PER LUMANITA Preambolo Noi donne marciamo da molto tempo per denunciare loppressione che viviamo come donne, per affermare che la dominazione, lo sfruttamento, legoismo e la ricerca sfrenata del profitto che portano ad uno stato di ingiustizia, alla guerra e alle violenze, avranno una fine. Dalle nostre lotte femministe, da quelle delle nostre antenate, in tutti i continenti, sono nati nuovi spazi di libertà, per noi stesse, per le nostre figlie (e i nostri figli) e per tutte le bambine e i bambini che calpesteranno questa terra in futuro. Noi costruiamo un mondo in cui la differenza è una ricchezza e in cui si riconosce il valore sia dellindividualità che della collettività, dove si scambiano le esperienze senza costrizioni, dove le parole, i canti e i sogni possono circolare liberamente. Questo mondo che vogliamo considera la persona umana come una delle cose più preziose. E un mondo dove regna luguaglianza, la libertà, la solidarietà, la giustizia e la pace. Abbiamo la forza per crearlo. Noi donne costituiamo più della metà dellumanità. Diamo la vita, amiamo, lavoriamo, creiamo, lottiamo, ci divertiamo. Assicuriamo attualmente la maggior parte delle attività indispensabili per la prosecuzione della vita e la continuità dellumanità. Eppure il nostro ruolo nella società rimane sottovalutato. La Marcia mondiale delle donne, di cui facciamo parte, identifica il patriarcato come il sistema che opprime le donne e il capitalismo come sistema che permette ad una minoranza di sfruttare limmensa maggioranza delle donne e degli uomini del pianeta. Questi sistemi si rafforzano reciprocamente e si intrecciano con il razzismo, la xenofobia, lomofobia, il colonialismo, limperialismo, e lo schiavismo. Essi alimentano gli integralismi che negano le libertà fondamentali delle donne e degli uomini; generano povertà, esclusione, violazione dei diritti umani, in particolare delle donne, e mettono in pericolo la stessa sopravvivenza del pianeta. Noi rifiutiamo questo mondo. Ci proponiamo di costruire un altro mondo dove lo sfruttamento, loppressione, lintolleranza e le esclusioni cessino di esistere, dove lincolumità, la diversità, i diritti e le libertà di tutte e di tutti siano rispettati. Questo altro mondo, come lo concepiamo noi, si fonda sui seguenti valori: uguaglianza, libertà, solidarietà, pace e giustizia. UGUAGLIANZA Affermazione 1. Tutti gli esseri umani e tutti i popoli sono uguali in tutti i campi e in tutte le società. Hanno uguale accesso alle ricchezze, alla terra, ad un lavoro dignitoso, ai mezzi di produzione, alla casa, alleducazione, alla formazione professionale, alla giustizia, ad unalimentazione sana, nutriente e sufficiente, ai servizi di sanità fisica e mentale, alla sicurezza della vecchiaia, a un ambiente sano, alla proprietà, alle funzioni rappresentative, politiche e decisionali, allenergia, allacqua potabile, ai mezzi di trasporto, alle tecniche, allinformazione, ai mezzi di comunicazione, al tempo libero, alla cultura, al riposo, alla tecnologia e ai prodotti della scienza. Affermazione 2. Nessuna condizione umana o situazione può giustificare la discriminazione. Affermazione 3. Nessun costume, nessuna tradizione, religione, ideologia, nessun sistema economico giustifica linferiorizzazione di chiunque o autorizza atti che pregiudicano la dignità e lincolumità fisica e psichica. Affermazione 4. Le donne sono cittadine a pieno titolo prima di essere compagne, spose, madri, lavoratrici. Affermazione 5. Linsieme delle attività non rimunerate, dette femminili, che assicurano la vita e la riproduzione sociale (lavori domestici, educazione, cura dellinfanzia e dei parenti) sono attività economiche che creano ricchezza e che devono essere valorizzate e condivise. Affermazione 6. Gli scambi commerciali tra Paesi sono equi e non portano nessun pregiudizio allo sviluppo dei popoli. Affermazione 7. Ogni persona ha accesso a un lavoro equamente rimunerato, effettuato in condizioni sicure e salubri e che rispetti la sua dignità. LIBERTA Affermazione1. Tutti gli esseri umani vivono liberi da ogni violenza. Nessun essere umano appartiene ad un altro. Nessuna persona può essere schiava, essere sottoposta a lavoro forzato, oggetto di traffico, di sfruttamento sessuale. Affermazione 2. Ogni persona gode delle libertà individuali e collettive che garantiscono la sua dignità dalla nascita alla morte: libertà di pensiero, di coscienza, di opinione, di religione, di espressione, di vivere il proprio orientamento sessuale in maniera libera e responsabile, di scegliere il/la proprio partner di vita, di votare, di essere eletta, di partecipare alla vita politica, di associarsi, di riunirsi, di appartenere ad un sindacato, di manifestare, di scegliere il proprio luogo di residenza e stato civile, di scegliere i propri studi, la professione ed esercitarla, di spostarsi, di disporre della propria persona e dei propri beni, di utilizzare la lingua di comunicazione di sua scelta, (nel rispetto delle lingue di minoranze e delle scelte della società riguardanti la lingua parlata in casa e al lavoro, ) di farsi una cultura, di accedere alle tecnologie e allinformazione. Affermazione 3. Le libertà si esercitano in un quadro democratico e partecipativo, di cooperazione, di partenariato, di tolleranza, di rispetto dellopinione di ognuna e ognuno. Esse comportano responsabilità e doveri nei confronti della comunità. Affermazione 4. Le donne decidono liberamente del loro corpo, la loro sessualità e la loro procreazione. Scelgono di avere o non avere figli/e. Affermazione 5. La democrazia si radica nella libertà e nella giustizia. SOLIDARIETA Affermazione 1. La solidarietà internazionale tra individui e popoli è promossa (avulsa da ogni forma di manipolazione o di influenza) Affermazione 2. Tutti gli esseri umani sono interdipendenti. Condividono il dovere e la volontà di vivere insieme, di costruire una società generosa, libera da oppressione, esclusioni, discriminazioni, intolleranza e violenze. Affermazione 3. Le risorse naturali, i beni e i servizi necessari alla vita di tutte e di tutti sono beni e servizi pubblici ai quali ogni persona ha accesso in modo equo e ugualitario. Affermazione 4. Le risorse naturali vengono amministrate dai popoli che vivono sui corrispettivi territori, nel rispetto dellambiente e con la preoccupazione della loro preservazione e della loro durabilità. Affermazione 5. Leconomia di una società è al servizio di coloro che la compongono. E rivolta alla produzione e allo scambio di prodotti socialmente utili, che vengono distribuiti tra tutte e tutti, che assicurano innanzitutto la soddisfazione dei bisogni della collettività, che eliminano la povertà e che assicurano un equilibrio tra linteresse generale e gli interessi individuali. Assicura la sovranità alimentare. Si oppone alla ricerca esclusiva del profitto a scapito dellutilità sociale e allaccumulazione privata dei mezzi di produzione, delle ricchezze, del capitale, delle terre, alla concentrazione della presa di decisione nelle mani di singoli gruppi o individui. Affermazione 6. Il contributo di ognuna e ognuno alla società è riconosciuto e portatore di diritti sociali, qualunque sia la funzione che vi si occupa. Affermazione 7. Le manipolazioni genetiche sono controllate. Non esiste brevetto sulla materia vivente e sul genoma umano. La clonazione umana è proibita. GIUSTIZIA Affermazione 1. Tutti gli esseri umani, indipendentemente dal loro paese di origine, luogo di residenza o dalla loro nazionalità, sono considerati cittadini e cittadine a pieno titolo, che godono pienamente dei diritti umani (diritti sociali, economici, politici, civili, culturali, ambientali) in un quadro equo e democratico. Affermazione 2. La giustizia sociale è basata su una ridistribuzione equa delle ricchezze che elimina la povertà, limita la ricchezza, e assicura la soddisfazione dei bisogni essenziali alla vita e che punta al miglioramento del benessere di tutte e di tutti. Affermazione 3. Lincolumità fisica e psichica di tutte e di tutte viene garantita. La tortura, i trattamenti umilianti e degradanti sono proibiti. Le aggressioni sessuali, lo stupro, la mutilazione genitale, le violenze contro le donne e il traffico sessuale e il traffico delle persone in generale vengono considerati crimini contro la persona e contro lumanità. Affermazione 4. Viene instaurato un sistema giudiziario accessibile, ugualitario, efficace e indipendente. Affermazione 5. Ogni persona gode di una protezione sociale che le garantisce laccesso ad una alimentazione sana nutriente e sufficiente, alle cure sanitarie, ad una casa salubre, alla sicurezza durante la vecchiaia, ad un reddito sufficiente per vivere dignitosamente. Affermazione 6. I servizi sanitari e sociali sono pubblici, accessibili, di qualità e gratuiti. Ciò include tutti i trattamenti e cure relative a tutte le pandemie in particolare lHIV. PACE Affermazione 1. Tutti gli esseri umani vivono in un mondo di pace che significa: luguaglianza tra i sessi, luguaglianza sociale, economica, politica, giuridica e culturale. Il rispetto dei diritti, lo sradicamento della povertà, in modo che tutte e tutti possono condurre una vita dignitosa, libera da violenze e disporre di un lavoro e di un reddito sufficiente, educarsi, godere di cure sanitarie e di una protezione di vecchiaia. Affermazione 2. La tolleranza, il dialogo e il rispetto della differenza sono garanti di pace. Affermazione 3. Tutte le forme di dominio, di sfruttamento e di esclusione esercitate da parte di una persona sullaltra, di un gruppo su un altro, di una maggioranza su una minoranza o vice versa, di una nazione su unaltra sono bandite. Affermazione 4. Tutti gli esseri umani hanno il diritto di vivere in un mondo senza guerre e senza conflitti. Nessuno dispone del diritto di vita o di morte sulle persone o sui popoli. Affermazione 5. Nessun costume, nessuna tradizione, nessuna ideologia, nessuna religione, nessun sistema economico, giustifica le violenze. Affermazione 6. Conflitti armati e non tra paesi, comunità e popoli sono risolti tramite negoziati che producono soluzioni pacifiche e eque, a livello nazionale, regionale e internazionale. APPELLO Questa Carta mondiale delle donne per lumanità fa appello alle donne e agli uomini e a tutti i popoli oppressi a proclamare individualmente e collettivamente il loro potere di trasformare il mondo e a modificare radicalmente i rapporti che li uniscono per sviluppare relazioni basate sulluguaglianza, la pace, la libertà, la solidarietà, la giustizia. Fa appello ai movimento sociali e a tutte le forze sociali ad agire affinché i valori enunciati in questa Carta siano effettivamente messe in opera e che i poteri politici implementino le misure necessarie per applicarle. Invita allazione per cambiare il mondo. Ce nè urgente bisogno!!! Nessun elemento di questa Carta può essere interpretata o usata per enunciare opinioni o condurre azioni contrarie allo spirito di questa Carta. I valori ivi compresi formano un tuttuno. Rivestono la stessa importanza, sono interdipendenti e inscindibili; il posto che occupano nella Carta è intercambiabile.
Che cosè la Marcia mondiale delle donne? La Marcia mondiale delle donne è un movimento composto da gruppi di donne di diverse origini etniche, culturali, religiose, politiche, di classe, di età, di orientamento sessuale. Invece di dividerci questa diversità ci unisce in una solidarietà più globale. Nel 2000 abbiamo scritto, come Marcia mondiale delle donne, una piattaforma politica che conteneva 17 rivendicazioni concrete, volte a eliminare la povertà nel mondo, realizzare la ripartizione delle ricchezze, sradicare la violenza contro le donne e ottenere il rispetto della loro incolumità fisica e psichica. Abbiamo trasmesso queste rivendicazioni ai responsabili del FMI e della BM, ai dirigenti dellONU. Non abbiamo ricevuto nessuna risposta concreta. Abbiamo anche trasmesso queste rivendicazioni agli eletti e alle elette, ai dirigenti e alle dirigenti dei nostri Paesi. Da allora continuiamo a difendere le nostre rivendicazioni senza sosta. Proponiamo alternative per costruire un altro mondo. Siamo attive nei movimenti sociali e nelle nostre società. Approfondiamo la riflessione sul luogo che le donne occupano e devono occupare nel mondo. Attraverso le nostre azioni nel 2005 e la pubblicazione di questa Carta, riaffermiamo la nostra convinzione che un altro mondo, un mondo pieno di speranza, di vita e di benessere, è possibile. Attraverso questa Carta mondiale delle donne per lumanità, dichiariamo il nostro amore per la vita, la bellezza, la diversità nel mondo. APPELLO Care Amiche, Appello delle Donne per la Pace Noi, donne staunitensi, irachene e del mondo intero, non possiamo piú sopportare questa insulsa Guerra in Irak e i crudeli attacchi ai civili che si compiono intorno al mondo. Abbiamo già sepolto troppi cari. Abbiamo giá visto troppe esistenze dilaniate da ferite fisiche e psicologiche. Abbiamo assistito con orrore all'utilizzo smisurato delle nostre preziose risorse per scopi militari, mentre quelle destinate ai bisogni delle nostre famiglie, come la protezione, l'educazione, il cibo e la salute, restano inadeguate. Non possiamo piú sopportare di vivere in costante paura e violenza, osservando il crescere di questo cancro di odio e intolleranza che si infiltra nelle nostre case. Questo non é il mondo che vogliamo, né per noi, né per i nostri figli. Con il fuoco nei nostri ventri e amore nei nostri cuori, noi donne cresciamo e ci uniamo oltre i confini per chiedere la fine di questo massacro e distruzione. Abbiamo osservato come l'occupazione straniera dell'Irak abbia infiammato un movimento armato di contrasto, dando inizio ad una spirale di violenze. Siamo convinte sia giunto il momento di passare da un modello militare ad uno di risoluzione del conflitto, che rispetti i seguenti principi:
Per incrementare questo processo di pace stiamo creando un massiccio movimento di donne attraverso le generazioni, le razze, le etnie, le religioni, le frontiere e le ideologie politiche. Insieme faremo pressione sui nostri governi, sulle Nazioni Unite, sulla Lega Araba, sui Vincitori del Premio Nobel per la Pace, sui capi religiosi e di altre comunitá internazionali, per aiutare a negoziare un forte insediamento politico. In questa epoca di fondamentalismi divergenti, richiamiamo i leader mondiali ad unirsi a noi nella diffusione dei valori fondamentali di amore per la famiglia umana e per il nostro prezioso pianeta. LA LENTA E DIFFICILE INTEGRAZIONE DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELLA DONNA
Il principio di universalità dei Diritti Umani viene contestato da alcuni governi confessionali, al primo posto quelli islamici, che vogliono perseverare nell'attuazione della discriminazione perpetrata soprattutto ai danni delle donne, ma contemporaneamente giustificare il loro comportamento al cospetto degli altri Paesi. Il Diritto di Universalità, è bene ricordarlo non vuole imporre una Cultura Unica, ma vuole che la libertà di coscienza e di giudizio venga garantita, cercando di preservare la Differenza. L'universalità, quindi, non è sinonimo di uniformità. Nella Dichiarazione Programmatica di Pechino, paragrafo 118, possiamo leggere che la violenza perpetrata nei confronti delle donne, ha prodotto come effetto il potere degli uomini, e la conseguente discriminazione, che le donne hanno patito, ha rallentato lo sviluppo dell'autonomia femminile. Testimonianza di atrocità commesse in nome della tradizione, le possiamo trovare nei riti di passaggio di molti Paesi africani e del Medio Oriente, che prevedono la mutilazione degli organi genitali esterni come passo necessario, da compiere nel pieno rispetto di riti atavici, per consacrare il passaggio dalla fanciullezza alla vita adulta. La violenza contro le donne, comprese quelle domestiche, sono da considerarsi elemento integrante del modello culturale di molti paesi non necessariamente arretrati. Questi "interventi" compiuti in condizioni igieniche discutibili, da persone investite del potere del rito, ma non certo della conoscenza medica necessaria, sono l'esempio più eclatante della violazione dei diritti più elementari della donne. Il numero delle adolescenti che ha subito una mutilazione di questo tipo, ad un calcolo approssimativo risulta essere di circa 130 milioni. Numerosi sono i Documenti Ufficiali in cui vengono menzionate le violenze e le discriminazioni che hanno come soggetto le donne, come un male da estirpare attraverso interventi efficaci tesi alla totale cancellazione del fenomeno, ne sono un esempio la Quarta Conferenza Mondiale per i Diritti della Donna (1995), la Dichiarazione di Vienna (1993), in cui tutti i Paesi venivano sollecitati a ratificare la Convenzione dell'ONU sull'eliminazione delle discriminazioni nei confronti delle donne (nel 1997 solo 162 Stati su 190 avevano ratificato il documento, si spera che per il 50° anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo anche i 28 Stati restanti adottino tali disposizioni). Dall'Articolo di Giulia Bugliolo Bruna apparso su "Nuovi Orizzonti Europa" Periodico degli Italiani residenti in Francia, Belgio e Lussemburgo, n° 215 del Novembre 1998 Povertà Femminile: situazioni vecchie e nuove che aprono la strada alla povertà ed all'emarginazione. La povertà delle
donne affonda radici in un passato lontano: vedove,
orfane, prostitute. Le strade hanno sempre conosciuto
bene il volto femminile dell'indigenza
quella che
non lascia scampo ad altre vie d'uscita. Solo piccoli
lavoretti e la speranza di trovare un impiego presso una
casa signorile. Povertà Femminile: Crisi del Welfare e Lavoro non retribuito. E' stato già
accennato ad alcune delle cause che incidono in modo
decisivo sulla femminilizzazione della povertà: il
lavoro di cura non retribuito e la crisi del welfare. 8 marzo la storia La giornata della donna venne istituita il 29 agosto del 1910 a Copenaghen, in occasione della Seconda Conferenza delle donne dellInternazionale Socialista, su proposta della leader socialdemocratica tedesca Clara Essner Zetkin, direttrice del giornale "Gleichheit" (Uguaglianza). In quella occasione si propose anche il diritto universale al voto, differente dal voto per censo chiesto dal movimento britannico delle suffragette, e il riconoscimento dellindennità di gestazione anche alle donne non sposate. Se il 1910 come anno di istituzione della Giornata della Donna è un fatto, diverse sono le ipotesi sulla genesi dell8 marzo, che con gli anni prese piede come data di celebrazione della ricorrenza. Molti storici collocano in quella data lo sciopero di cui furono protagoniste nel 1908 molte migliaia (qualcuno parla di 30.000) di lavoratrici dellindustria tessile di New York. Qualcuno risale addirittura fino al 1857, quando, sempre a New York, centinaia di operaie tessili avrebbero scioperato per protestare contro i bassi salari, contro il lungo orario di lavoro, contro il lavoro minorile e le inumane condizioni di lavoro. Le stesse fonti parlano anche di una forte repressione da parte della polizia e fanno risalire al 1859 la costituzione di un sindacato delle operaie tessili. Di sicuro, comunque, la nascita della Giornata internazionale della Donna si lega sia alla storia del movimento per i diritti femminili sia a quella delle lotte operaie. Altra data certa è quella del 1889, quando iI primo Congresso della Seconda Internazionale Socialista a Parigi approvò il principio del diritto alle donne ad avere una retribuzione pari a quella degli uomini. Le proteste dei lavoratori americani per la giornata lavorativa a 8 ore, che segnarono il primo decennio del XX secolo, ebbero come protagoniste anche le donne. In questo quadro si colloca il già citato sciopero del 1908, quando le lavoratrici delle sartorie sfilarono a New York anche per il diritto al voto e contro il lavoro minorile. Le lotte proseguirono fino al 1909, quando venne celebrata negli Stati Uniti la prima Giornata nazionale delle Donne, fissata per il 28 febbraio. Quella Giornata fu ricordata fino al 1913 nellultima domenica di febbraio, affinché non si sovrapponesse ad una giornata feriale che avrebbe causato la perdita dellorario di lavoro. Sempre nel 1909, le operaie tessili della fabbrica nuovaiorchese "Triangle Shirtwaist Company", che produceva le camicette alla moda di quel tempo, le "shirtwaist" appunto, cominciarono uno sciopero, pare scegliendo l8 marzo come data di avvio della protesta. La lotta, dopo diversi azioni brutali e repressive da parte della polizia e dopo una lunga trattativa, terminò il 24 dicembre 1910 con il "Protocollo di Pace", nel quale venne riconosciuto il diritto a regole per lorario ed il salario. Pochi mesi dopo, il 25 marzo 1911, un incendio alla Shirtwaist uccise 146 donne. La maggioranza di esse erano giovani italiane o ebree dellEuropa orientale. I proprietari della fabbrica, che al momento dellincendio si trovavano al decimo piano e che tenevano chiuse a chiave le operaie per paura che rubassero o facessero troppe pause, si misero in salvo e lasciarono morire le donne. Il processo che seguì li assolse e lassicurazione pagò loro 445 dollari per ogni operaia morta: il risarcimento alle famiglie fu di 75 dollari. Quellincendio segna una data importante, anche se non è da esso, come erroneamente riportato da alcune fonti, che trae origine la Giornata della donna. Migliaia di persone presero parte ai funerali delle operaie uccise dal fuoco. Fu quel fatto tragico comunque che portò alla riforma della legislazione del lavoro negli Stati Uniti e che rafforzò nel tempo la Giornata della Donna istituita lanno prima. Ma il movimento femminile si fece sentire anche in Europa: il 19 marzo 1911, ricordando la repressione prussiana dei movimenti democratici del 1848, un milione di donne marciò per le strade di Svizzera, Austria, Danimarca e Germania, chiedendo il diritto al voto, la fine della discriminazione sessuale per le cariche pubbliche ed il diritto alla formazione professionale. Il movimento divenne universale, e nel 1913 le donne americane decisero di far coincidere la loro festa nazionale con quella individuata dallInternazionale Socialista. L8 marzo del 1917 (il 23 febbraio secondo il calendario giuliano-costantiniano) in Russia venne festeggiata la giornata internazionale del proletariato femminile e qualche mese dopo il governo socialdemocratico menscevico di Kerenskij concesse il voto alle donne. Quanto alla scelta della mimosa, essa è legata alla tradizione socialista italiana. L8 marzo del 1946, su suggerimento di Rita Montagnana, le donne dellUdi (Unione donmne italiane) scelsero come simbolo la mimosa per il semplice fatto che fiorisce proprio in quel periodo dellanno. Una scelta premiata dal tempo, tanto che ancora oggi la mimosa rimane il simbolo della Giornata della Donna. 8 marzo OBIETTIVO PARITà di Giuliana Pigozzo segreteria regionale Cgil FVG Ogni anno, in occasione dell8 marzo, si rivolgono a me decine di donne - lavoratrici, studentesse, pensionate - che vogliono essere saperne di più su comè nata questa giornata, comprenderne le ragioni storiche e le motivazioni. Ecco perché ho deciso di sfruttare internet per mettere a disposizione del materiale, recuperato attraverso una piccola ma spero esaustiva ricerca. Credo di aver risposto non soltanto a delle sollecitazioni esterne, ma anche allintima convinzione che la memoria abbia unimportanza fondamentale. Lo voglio fare in un momento storico, come quello di adesso, dove spesso non cè spazio per la storia delle persone, per le loro sofferenze, per i loro drammi; per ricordare il significato ed il valore delle lotte di tante donne e tanti uomini che hanno permesso, spesso a sacrificio della loro vita, di disporre oggi di condizioni migliori di vita e di lavoro. La legislazione sul lavoro e i contratti che hanno istituito tutele e garanzie per le lavoratrici ed i lavoratori non sono caduti dal cielo. Sono il frutto di un impegno, di una consapevolezza e di una grande determinazione individuale e collettiva. Di un lavoro organizzato di militanti politici e sindacali che nel corso degli anni hanno contribuito a costruire la democrazia in questo paese. Le conquiste di libertà delle donne hanno segnato il secolo scorso e favorito un cambiamento che ha modernizzato la nostra società, in Italia come nel resto del mondo. Rimane però ancora molto da fare: nella disuguaglianza le donne sono le più diseguali, del miliardo di persone più povere che vivono in questo pianeta, tre quarti sono donne. Con meno lavoro, meno reddito e meno diritti. La società globalizzata ha caratteristiche molto "maschili" e fa fatica a vedere e comprendere laltra parte del genere umano. La tratta delle donne è un flagello non debellato. Le guerre aggiungono ingiustizie ad ingiustizie. Nonostante ciò dalle donne viene ancora speranza, viene ancora il desiderio di un futuro migliore che è parte integrante del loro essere portatrici di vita e di istanze di libertà. Questo è il grande patrimonio che accomuna tante donne: tenaci, forti, infaticabili, intelligenti, decise a svolgere in pieno il loro ruolo nella società e nella storia. Ma ancora troppo emarginate. Il mondo in cui viviamo, tuttora costruito su forti discriminazioni tra i sessi, con classi dirigenti per larga parte formate da uomini, non è certo il migliore dei mondi possibili. Alla politica il compito di avanzare proposte per allargare gli spazi di libertà e per ridurre le disuguaglianze: le potenzialità delle donne, se siamo in grado di comprenderle e valorizzarle, sono davvero straordinarie. Una forza fresca e dinamica, la loro, che non può essere segregata nel privato, come non può essere soffocata la loro speranza di essere veramente alla pari: nei diritti, nelle opportunità, nella libertà individuale. Perché dare spazio al coraggio e alla creatività delle donne è un passaggio obbligato verso una società più giusta e un futuro migliore. Buon 8 marzo a tutte. Donne: 8 marzo giornata della donna Amnesty International (sezione italiana) <http://unimondo.oneworld.net/external/?url=http://www.amnesty.it/> | AIDOS - Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo <http://unimondo.oneworld.net/external/?url=http://www.aidos.it/> lunedì, 08 marzo, 2004 Non esistono diritti umani senza i diritti delle donne © Women's Human Rights Net 8 marzo giornata della donna. Dalla sua prima celebrazione nel lontano 1908, tante battaglie si continuano a combattere per ottenere la piena uguaglianza sul piano della dignità e dei diritti. Il Fondo delle Nazioni Unite per lo Sviluppo delle Donne <http://www.unifem.org/speeches.php?f_page_pid=77&f_pritem_pid=161> (Unifem) riconoscendo il potere della voce delle donne ricorda la lotta delle africane che si sono impegnate per l'approvazione del Protocollo sui Diritti delle donne nella Carta africana dei diritti umani dei Popoli. Oggi la Commissione dell'Unione Africana ha perciò una componente femminile pari al 50% e in Rwanda le donne occupano il 48,8% degli scanni parlamentari rappresentando uno tra i Paesi nel mondo con la maggior presenza femminile in Parlamento. L'Italia è invece l'ultimo Paese europeo <http://www.arcidonna.it> per quanto riguarda la presenza delle donne nelle istituzioni politiche. Unifem ricorda anche che le donne in questi ultimi vent'anni hanno sollevato in molti Paesi il problema della violenza di cui sono vittime. Almeno 45 nazioni hanno oggi una specifica legislazione contro la violenza domestica e altre hanno emanato disposizioni penali per castigare le aggressioni. Rimane tuttavia molto rilevante il problema della violenza <http://www.amnesty.it/campaign/maipiuviolenzasulledonne/> domestica, riconosciuta dal Consiglio dEuropa <http://80.181.0.166/Notiziario/dettaglio.asp?IdNotizia=19191> come principale causa di morte e di invalidità per le donne di età compresa tra i 16 e i 44 anni, più di cancro e incidenti automobilistici. In Italia, secondo il rapporto Istat del 1999 sulla sicurezza dei cittadini, sono 714mila, pari al quattro per cento, le donne tra i 14 e i 59 anni che hanno dichiarato di aver subito uno stupro o un tentativo di stupro nel corso della loro vita. Importante quindi la sensibilizzazione proposta dalla campagna ''Mai più violenza sulle donne <http://web.amnesty.org/actforwomen/index-eng>'' lanciata da Amnesty International <http://unimondo.oneworld.net/article/view/80823/1/>. In Guatemala 291 donne <http://www.oneworld.net/article/view/76396/1/> sono state massacrate nel 2003. L'agenzia Misna <http://www.misna.org/ita/default.htm> riporta notizia che in questo 8 marzo le organizzazioni femminili di Escuintla, 50 chilometri a sud di Città del Guatemala, marceranno partendo dalla sede della segreteria per i diritti umani per riunirsi di fronte alla sede del governo dipartimentale. Le promotrici consegneranno al governatore un documento con una lista di richieste per sollecitare indagini esaustive sugli assassinii. Se la vita o la morte di milioni di donne nel mondo dipende quindi da una decisione politica, Aidos <http://www.aidos.it/> (Associazione italiana donne per lo sviluppo) con il co-finanziamento della Commissione europea ha lanciato la campagna "Donne. Vite da salvare <http://www.donne.vitedasalvare.aidos.it/>" che ha l'obiettivo di richiamare l'attenzione politica sulle scelte che possono essere fatte - qui e ora - per contribuire a salvare una, dieci, cento, migliaia di donne. I dati <http://www.donne.vitedasalvare.aidos.it/dati.htm> colpiscono: le donne sono il 63% degli analfabeti nel mondo, ogni anno 2 milioni di donne vengono infettate dal virus HIV e 2.6 milioni di donne muoiono di AIDS. Ogni anno 2 milioni di bambine vengono costrette a prostituirsi, 585.000 donne muoiono per cause legate alla gravidanza e al parto, 60 milioni di donne mancano dalle statistiche a causa degli aborti selettivi, 130 milioni di donne nel mondo hanno subito mutilazioni dei genitali, i 2/3 dei 40 milioni di rifugiati nel mondo sono donne e bambini. L'immensa tragedia che colpisce le donne del mondo ogni anno non è però un'imprevedibile catastrofe naturale, ma un destino che si può cambiare. [RB] http://unimondo.oneworld.net/article/archive/4262 in collaborazione
con Femmis
<http://www.femmis.org> Guida Diritti delle donne <http://unimondo.oneworld.net/article/frontpage/246/3885> Il nemico dentro
- Le donne hanno la capacità di essere uguali agli
uomini: non è la possibilità, ma la consapevolezza che
manca loro. La consapevolezza deriva dalla coscienza di
quello che si vale, ma la maggior parte delle donne
impara fin dalla nascita che la donna vale meno
dell'uomo. Se una donna cerca di ribellarsi a
quest'iniquità, deve combattere con una voce dentro di
lei che le insinua il dubbio, proprio come una nazione
che combatte un nemico esterno, mentre al suo interno è
indebolita da una guerra civile. L'altra faccia della luna Unimondo <http://unimondo.oneworld.net/external/?url=http://www.unimondo.org> lunedì, 17 ottobre, 2005 La Marcia in Korea del Sud Scenderanno nelle strade, oggi, a mezzogiorno e si metteranno in cammino seguendo il tragitto del sole. Cominceranno le donne dell'Asia, poi quelle mediorientali, europee, africane ed insieme - creando un ponte immaginario sugli oceani - si congiungeranno alle loro compagne provenienti dalle Americhe. Sono le attiviste della "Marcia mondiale delle donne" che, partita l'8 marzo di quest'anno dal Brasile, arriverà oggi in Burkina Faso. Hanno attraversato 60 stati per ricordare al mondo l'"altra faccia della luna": quella fatta di discriminazione e sopruso che la terra non vorrebbe mai vedere. Ma che c'è. Il 70% di loro e dei loro bambini vive in povertà assoluta ed anche se forniscono i due terzi del lavoro mondiale ricevono solo un decimo dei redditi. Alimentano il mondo intero, ma solo il 2% delle terre fertili appartiene a loro. Alla disuguaglianza vedono sommarsi la violenza: una su tre ne è vittima e "all'inizio del XXI secolo, tra la popolazione femminile di età compresa fra i 15 e 44 anni, la violenza miete lo stesso numero di morti del cancro" - dice il rapporto pubblicato nei giorni scorsi dall'Unfpa, l'agenzia dell'Onu che fornisce dati sulla popolazione mondiale. Un fenomeno che non riguarda solo i "Paesi sottosviluppati": "in Australia, Canada, Israele, Sudafrica e Stati Uniti tra il 40 e il 70% degli omicidi femminili sono compiuti dal partner" - sottolinea il rapporto. Fra l'altro, una donna su quattro subisce abusi durante la gravidanza, una su tre è picchiata, costretta a rapporti sessuali, abusata. Anche per questo scenderanno in strada le donne della "Marcia mondiale". Dieci anni fa centinaia delle loro rappresentanti si erano incontrate a Pechino per la "Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne". Fu l'occasione per esprimere il punto di vista femminile su diverse questioni - dalle discriminazioni sociali alla rappresentanza politica, dalla dipendenza economica alle problematiche culturali e familiari - e stimolò nuove iniziative per promuovere la parità tra donne e uomini. Ne nacque la "Piattaforma di Azione", un programma di iniziative per l'eguaglianza, lo sviluppo, la pace. E per rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla partecipazione e all'attribuzione di poteri e responsabilità alle donne. I governi presenti a Pechino, si impegnarono ad adottare la Piattaforma, assicurarono adeguate risorse economiche soprattutto per i paesi del Sud del mondo. A dieci anni di distanza il bilancio è deludente: solo qualche timido passo è stato fatto, mentre persistono profonde le disuguaglianze di genere. Con l'azione politica della Marcia mondiale, le donne hanno voluto denunciare il fallimento degli impegni dei governi. Ma anche rilanciare la speranza, raccogliendo le loro attese in un nuovo documento: la "Carta mondiale delle donne per l'umanità". Approvata a Kigali (Rwanda) il 10 dicembre scorso, la Carta propone cinque valori: uguaglianza, libertà, solidarietà, pace e giustizia. Intrecciati da una convinzione: la differenza è una ricchezza. L'hanno voluta rappresentare anche in un "patchwork" della solidarietà mondiale: al passaggio della staffetta, ogni rappresentanza del Paese ha aggiunto un pezzo di tessuto per esprimere la propria identità. Le donne dell'America Latina hanno così rivendicato il diritto alla terra e richiamato l'attenzione sulle violenze che subiscono; in Giappone hanno chiesto al governo di non emendare l'articolo 9 della Costituzione che prevede la non-militarizzazione del paese; nella piccola Cipro le donne delle due parti si sono incontrate sulla linea di demarcazione per chiedere la riunificazione dell'isola; in Italia, il Coordinamento Nazionale della Marcia ha puntato l'indice contro la precarizzazione del lavoro. In India il patchwork è arrivato alla fine di giugno, nella stagione dei monsoni; ma le piogge non hanno impedito alle donne indiane di festeggiare l'approvazione del disegno di legge contro le violenze familiari approvato dopo dieci anni di lotte. Ora la Carta mondiale delle donne per l'umanità sta terminando il suo viaggio, insieme al patchwork "in progress". Dopo aver toccato numerosi Paesi africani arriva oggi, 17 ottobre, Giornata contro la fame nel mondo, in Burkina Faso. Le donne hanno scelto di testimoniare la loro solidarietà con le burkinabé finanziando una borsa di studio per una studentessa in giornalismo. Un piccolo segno, per contrastare l'immagine stereotipata che i media continuano a dare delle donne africane. Ancor più significativo nel Paese dove il tasso di analfabetismo femminile (il 92%) è il più alto al mondo. di Roberta Bertoldi Who/Chi: 25 novembre 2005 giornata internazionale contro la violenza alle donne La violenza contro le donne commessa dal partner, marito, fidanzato o padre è la prima causa di morte e invalidità permanente per le donne fra i 16 e 44 anni, ancora prima del cancro, incidenti stradali e guerra. E' quanto emerge da un'indagine del Consiglio d'Europa resa pubblica nei giorni scorsi.
Ma la violenza alle donne non è una questione di ordine pubblico, è un problema storico e culturale. E' la manifestazione di una disparità storica nei rapporti di forza tra uomo e donna, che ha portato al dominio dell'uno e alloppressione dell'altra.
Pari OPPORTUNITA/1. SECONDO UNA RICERCA EURISPES LE ITALIANE BEN RAPPRESENTATE IN POLITICA, DIVISE TRA LAVORO, CASA E MATERNITA. (DWpress) - Roma - LEurispes, nel suo "Rapporto Italia 2006", presentato nei giorni scorsi, definisce le donne italiane come "acrobate" sempre più impegnate tra lavoro, lavoro di cura e maternità, e soprattutto come una grande potenzialità che lItalia non valorizza del tutto. "In Italia, infatti - dichiara lEurispes - esiste una forte carenza dei servizi per linfanzia (attualmente lofferta pubblica di servizi copre appena il 7,4% della domanda, mentre lascia in accolte il 32,7% delle richieste effettive) che si accompagna al permanere di una cultura che, a trentanni dallinizio del processo di femminilizzazione del mercato del lavoro, stenta ancora a riconoscere il mutato ruolo della donna in seno alla famiglia e alla società, e che è ben lontana dal fornire effettiva sostanza al principio delle pari opportunità. Il risultato è che - spiega lEurispes - contrariamente ai paesi del Nord Europa, dove le donne lavorano senza per questo rinunciare alla maternità, e dove i tassi di occupazione femminili sono prossimi o addirittura superiori agli obiettivi di Lisbona, il nostro Paese è caratterizzato da un bassissimo livello di fecondità (1,33 nel 2004) e da un altrettanto modesto tasso di occupazione femminile (45,1), il più basso dellUnione a 15 nel 2004". Lindagine ha evidenziato, inoltre, che "solo l8,3% degli italiani ritiene che le donne siano già sufficientemente rappresentate e che pertanto non sia necessario favorirne una maggiore presenza. Il campione si divide sullidea secondo cui una donna per affermarsi in politica deve dimostrare di essere molto più brava rispetto ad un uomo: il 50,7% si dichiarano poco o per niente daccordo, al contrario il 48,3% afferma di essere abbastanza daccordo o del tutto daccordo". Per quanto riguarda la scarsa presenza delle donne in politica, alcuni tra gli intervistati ritengono che si tratti di uneffettiva discriminazione, altri credono sia dovuta alla difficoltà di conciliare gli impegni politici con la casa e la famiglia e altri ancora ritengono pure che il vero motivo sia linsufficiente preparazione delle donne sulla politica o un loro generale disinteresse. Due italiani su tre, sempre secondo i dati dellindagine, "si dicono favorevoli allintroduzione delle quote rosa poiché ritengono che limposizione per legge di un determinato numero di posti riservati alle donne sia lunico modo di garantire una certa presenza femminile in politica. Il 16,1%, diversamente, esprime il proprio disaccordo verso la loro introduzione, in quanto è dellopinione che le donne debbano conquistarsi le cariche pubbliche al pari degli uomini. Il 14%, infine, è sfavorevole perché ritiene che non sia attraverso unimposizione di tipo legislativo che si possono creare le pari opportunità e che queste vadano perseguite creando le condizioni che possano assicurare alle donne uneffettiva partecipazione alla vita pubblica". LEurispes ha poi realizzato unulteriore indagine sugli stereotipi di genere per scoprire le opinioni in merito ai ruoli maschili e femminili nella società di oggi, levoluzione dei due sessi e gli stereotipi con la diffusione del maschilismo. "Il 68,2% degli italiani sostiene che il ruolo delluomo ed il ruolo della donna allinterno della famiglia dovrebbero essere intercambiabili, per il 23,6% dovrebbero essere in parte distinti e per il 6,9% dovrebbero essere decisamente distinti. ( ) Secondo la metà degli intervistati, gli uomini e le donne sono diversi per natura, per il 28% non sono realmente diversi, per il 17,2% sono diversi soprattutto per ragioni culturali. Per la maggioranza degli interpellati, la diversità tra i due sessi è in primo luogo prodotta dalla natura, e quindi anche dalle differenze fisiche e biologiche. Una parte significativa dei soggetti - spiega ancora lEurispes - è dellidea che le differenze tra le singole persone non siano determinate in modo rilevante dal sesso di appartenenza, quanto piuttosto dalle personalità individuali". La ministra per le Pari Opportunità, Stefania Prestigiacomo, commenta così lindagine: "I dati resi noti dallEurispes, con due italiani su tre favorevoli alle quote rosa, confermano, ancora una volta, come nel paese esista ormai la consapevolezza che le quote rappresentano uno strumento opportuno e necessario per avviare un processo di riequilibrio della rappresentanza nelle assemblee elettive. Ormai da mesi tutti i sondaggi indicano univocamente che gli italiani e le italiane sono favorevoli alle quote, con percentuali che vanno dal 60 all80%. Credo che questo dato possa e debba ulteriormente confermare nelle forze politiche, alla vigilia dellimportante voto del Senato sul ddl governativo sulle pari opportunità, lesigenza di dare un segnale politico al paese, confermando in Parlamento, ma soprattutto nella composizione delle liste la concreta volontà di valorizzare la risorsa femminile in politica", conclude Prestigiacomo. Unaltra parte dellindagine porta alla luce un dato che testimonia che una donna su cinque, tra quelle occupate al momento della gravidanza, non lavora più dopo il parto per svariati motivi, che no sempre però, dipendono dalla sua volontà. Nel 69% dei casi è la donne a licenziarsi, nel 23,9% è perché è scaduto un contratto che non le è stato rinnovato o perché è stata direttamente licenziata. Questo perché le donne sono considerate risorse preziose per le aziende finché non rimangono incinte, dopodiché, come dire, non servono più a nulla, vengono considerate solo dei casi problematici dei quali magari è preferibile sbarazzarsi il prima possibile. I dati Eurispes riportano anche la voce della maggioranza degli italiani favorevoli alla possibilità di abortire, in linea generale, ma poco propensi per alcuni casi specifici, come la mancanza di risorse economiche o la specifica volontà, da parte della madre, di non avere un bambino. Una buona percentuale degli intervistati si dice favorevole allaborto nel caso di pericolo per la madre, di gravi anomalie e malformazioni del feto e in caso di violenza sessuale; ma le percentuali positive scendono notevolmente quando i motivi dellinterruzione sono più attinenti alle condizioni economiche o alla volontà della madre di non avere figli. |