la legge sul risparmio

di alfiero grandi

A 2 anni dallo scandalo Parmalat, la legge sul risparmio è entrata in vigore, ma i risparmiatori non sono maggiormente tranquilli, come dimostra il ritorno ai BOT. Va ricordato che per alcune leggi che stavano davvero a cuore al centro destra i tempi di approvazione parlamentare sono stati rapidissimi, anche ricorrendo frequentemente al voto di fiducia.

Come era facilmente prevedibile il vero scoglio sulla lunga e tormentata via dell’approvazione della legge è stato il falso in bilancio. La depenalizzazione del falso in bilancio, fortemente voluta dal Governo Berlusconi nell’autunno del 2001, fu tra i primi provvedimenti adottati dal centro destra e aprì la strada alle leggi salvaladri e al diluvio di condoni approvati in questi cinque anni.

La depenalizzazione del falso in bilancio era indispensabile per fare uscire il Presidente del Consiglio e i suoi sodali da svariati processi e infatti a partire dal 2001 la prescrizione ridotta, conseguenza della riduzione delle pene previste, ha agito in modo formidabile facendo uscire dai processi quasi tutti gli interessati.

Tranne Previti, per il quale è stata tentata un’altra strada ( la ex Cirielli ) in seguito rivelatasi impercorribile per lui ma comunque risultata molto utile per Berlusconi ed altri.

Era quindi facilmente prevedibile fin dall’inizio che la nuova legge sul risparmio non poteva modificare la normativa che dal 2001 ha avuto il merito, agli occhi di Berlusconi, di metterlo al riparo dai processi.

Il Senato aveva, in effetti, modificato il testo della legge sul risparmio approvato dalla Camera in prima lettura reintroducendo il reato negli stessi termini che esisteva prima della modifica voluta dal centro destra nel 2001.

Per carità nulla di paragonabile alla severità delle norme draconiane contenute nella legge Sarbanes-Oxley approvata negli USA in soli 6 mesi dopo lo scandalo Enron. Tuttavia il nuovo testo certamente avrebbe sanato lo strappo fatto nel 2001. Ma Berlusconi ha chiarito immediatamente che la modifica approvata dal Senato non poteva restare nel testo della legge e, ricorrendo al voto di fiducia, ha fatto ripristinare il testo del 2001.

Del resto perché mai il Presidente del Consiglio, come era prevedibile, avrebbe dovuto accettare di correre rischi dopo tanta fatica per mettersi al riparo dai giudici?
C’è poi una curiosità. Il Ministro Tremonti racconta spudoratamente balle. Il Ministro continua ad affermare che la nuova legge ha indurito le pene contro i truffatori. Lo fa così spudoratamente che molti giornalisti si sono affrettati a riportare il concetto senza fare alcun controllo, cosa  che avrebbe consentito di smentire facilmente le sue bugie. L’unica novità è che è stato introdotto un nuovo reato che scatta solo quando ci sarà una sorta di “strage dei risparmiatori”, nel frattempo è previsto che una truffa inferiore a questo disastro sia considerata una sorta di “modica quantità” con la conseguente non punibilità.

Il Senato ha modificato il testo della Camera sostanzialmente in 3 punti.

Il primo è il falso in bilancio e sappiamo come è finita.

Il secondo è il funzionamento delle società e definire con chiarezza i rapporti consentiti tra banche e imprese. Norme che dovrebbero servire ad introdurre più trasparenza. Non va dimenticato che le truffe partono dalle aziende e dai rapporti tra imprese e banche. I controlli sono per forza di cose possibili solo dopo. In queste materie il Senato ha peggiorato le già insufficienti norme approvate in precedenza dalla Camera. Il prof. Guido Rossi ha messo in evidenza che l’introduzione del voto segreto nell’elezione degli organi societari rischia di creare una zona oscura di legami non dichiarati e non facilmente dimostrabili. Con questa norma alcuni dei patti segreti per scalare società, che sono stati messi sotto accusa da Consob e dalla Magistratura, sarebbero stati agevolati. Nel buio del voto segreto le coalizioni di affari possono esercitarsi liberamente e non sempre per nobili ragioni.

Del resto anche alla Camera il problema del funzionamento delle società è stato l’inciampo che ha fatto saltare l’iniziale tentativo bipartisan di arrivare all’approvazione della legge sul risparmio, quando è stato approvato da tutta l’opposizione un emendamento che imponeva la presenza di almeno il 20% di consiglieri di minoranza nei consigli di amministrazione. Episodio che ha portato la maggioranza a dichiarare esaurito il tentativo.

Il terzo punto è stato il cambiamento di linea del Governo sulla Banca d’Italia.

A questo proposito va detto che la discussione sul ruolo e sulla struttura della Banca d’Italia è stata fortemente condizionata da altre questioni. La discussione è terminata solo di fronte all’ormai evidente insostenibilità della posizione dell’ex Governatore Fazio.

Vale la pena di ricostruire i fatti. All’inizio la riforma di Banca d’Italia fu concepita come grimaldello per costringere Fazio alle dimissioni, come dichiarò onestamente La Malfa. Quindi il trasferimento di poteri da Banca d’Italia a Consob e Antitrust era sostanzialmente funzionale a questo obiettivo.

In seguito intervenne una pacificazione tra Governo e Governatore, di cui Berlusconi è stato il protagonista, e infatti le norme su Banca d’Italia furono cassate dal testo della Camera con il voto della stessa maggioranza, lasciando con il cerino in mano l’isolatissimo Tabacci. Il Senato confermò sostanzialmente questa linea con in più la conferma di tutti i poteri precedenti al Governatore .

Infine, di fronte all’ impossibilità di mantenere il Governatore al suo posto per la drammatica caduta di credibilità in Italia e all’estero, il Governo ha cercato d eludere il nodo ripetendo fino alla noia di non avere gli strumenti per intervenire, nella speranza che le dimissioni volontarie del Governatore lo traessero dall’impaccio. Così la situazione è stata lasciata marcire fino alle dimissioni di Fazio ed è stata così decisa una modifica della struttura di Banca d’Italia affrettata, approssimativa e parziale che obbligherà molto presto a rimetterci le mani per ridisegnarne in modo più organico l’ordinamento. Ad esempio va bene che non ci sia più il governo monocratico del Governatore e che le decisioni  vengano motivate, ma il mandato “corto” rinnovabile non è una garanzia di autonomia della Banca d’Italia e soprattutto non è stato sciolto il nodo di quale sarà l’assetto proprietario. Oggi Banca d’Italia è una spa e le sue azioni sono delle banche. In futuro non si capisce cosa accadrà. Eppure questo è il punto essenziale per garantirne l’autonomia.

Va sottolineato un altro aspetto perchè riguarda da vicino i risparmiatori truffati ( bond argentini, Cirio, Parmalat, acc.) che dovrebbero essere i principali destinatari di questa legge.

Nel testo uscito dalla Camera era previsto un sistema di rimborso parziale dei risparmiatori attraverso un fondo speciale creato con i cosiddetti depositi bancari “ dormienti”, cioè quelli non utilizzati da molti anni, e che poteva affiancarsi e rafforzare le trattative in corso tra risparmiatori e banche per gli indennizzi a favore dei truffati. La normativa definita era perfettibile ma complessivamente interessante. Il Ministro Tremonti, approfittando del voto di fiducia, ne ha imposto la cancellazione per fare approvare un’altra norma assolutamente generica e inconcludente, che porta ad affermare senza tema di smentita che nessun risparmiatore truffato avrà un euro prima delle prossime elezioni.

Ancora una volta il Governo ha preferito un’operazione di pura immagine per cercare di raccattare voti, ma nulla di reale e concreto per compensare almeno parzialmente i risparmiatori truffati.