La morte di Matteo Vanzan si poteva evitare?

Premessa

Il caporale dei lagunari Matteo Vanzan è morto a seguito di un attacco a colpi di mortaio alla base italiana Libeccio a Nassirya condotto dai miliziani sciti nella serata del 16 maggio.

Di fronte a questo ulteriore aggravarsi della situazione di guerra sul fronte iracheno ritengo opportuno fare alcune considerazioni sia sulla conduzione delle operazioni condotte dal nostro Comando che sui mezzi utilizzati da esso:

1)Era ancora opportuno, in quel frangente, mantenere con tanta caparbietà quella posizione di fronte al dilagare della rivolta in tutta la città?

Se i miliziani sciti da giorni non facevano mistero che il loro disegno era quello di isolare e colpire l’edificio simbolico della CPA dopo averlo circondato perché non abbandonarlo preventivamente onde evitare altri lutti e danni alla città?

Questa ostinazione sembra essere la stessa con la quale il Comando Italiano della missione Antica Babilonia aveva condotto nel mese di aprile la sanguinosa " battaglia dei ponti".

Partendo dall’esperienza di quei fatti e vista la quantità (quintuplicata ) di sciti in armi, in questo attuale frangente, perché non si è preferito abbandonare momentaneamente posizioni come la Base Libeccio e la stessa CPA, aventi valenza puramente simbolica, per poi riprenderle con maggiori forze ed in un contesto politicamente e militarmente più opportuno?

Sotto il piano puramente militare, con la base logistica di White Horse a ben 15 km di distanza (ed i relativi problemi di rifornimento ed appoggio), l’ostinazione di mantenere due sacche come la Libeccio e la CPA , ha portato ad un bilancio "limitato" a qualche decina di feriti e la vita del povero Matteo solo grazie al fatto che :

a)"l’avversario " era dotato di armi leggere e scarsamente addestrato all’uso di esse.

b) il disegno degli sciti era di fare i più danni possibile senza ingaggiare un combattimento corpo a corpo a seguito di un attacco frontale alle due posizioni.

c)il limitato numero di militari italiani presenti nelle due posizioni permetteva loro di potersi meglio decentrare riparandosi dietro i ricoveri rafforzati dopo la" battaglia dei ponti" di aprile.

QUADRO MILITARE SCONCERTANTE

Il quadro militare in cui si è sviluppato l’episodio è veramente grottesco: i migliori reparti di un esercito occidentale, dotati di forze blindate, corazzate, pronte a ricevere l’appoggio aereo e che si fanno chiudere in due piccole "sacche" alla stregua del Generale Custer nella battaglia di Little Big Horn da un pugno di miliziani con le ciabatte ai piedi ed armati dell’equivalente degli archi e le frecce dei Sioux di Nuvola Rossa, sa dell’incredibile!

Possibile che un generale di grande esperienza come il gen.Chiarini sia caduto in un errore così grave o gli ordini che gli giungevano direttamente da ROMA lo costringevano ad accettare di far vivere ai suoi uomini tre giornate da martirio degno delle trincee del Carso della prima guerra mondiale?

Comunque, molte cose non quadrano e man mano che passano le ore carpendo dettagli provenienti da interviste di commilitoni del povero Marco e dalle dichiarazioni del 17 sera dell’ammiraglio DI Donna, capo dello Stato Maggiore Difesa emergono fatti sconcertanti:

1)Il maresciallo Luigi Marasco intervistato dal TG3 afferma: -… "eravamo con il Matteo a cercare di individuare visivamente (cioè allo scoperto) da dove provenissero i tiri di mortaio ed infatti abbiamo visto una vampata da una direzione, poi ci sono arrivati colpi da tutte le parti e Matteo è stato colpito"…-

TUTTO CIO’ (nel linguaggio della guerra tecnologica moderna) E’ ASSURDO!

IL MORTAIO, ARMA DEI POVERI

Noi italiani dovremmo avere da insegnare a mezzo mondo come comportarsi sotto un attacco di mortai poiché a causa di questa "piccola" arma il sogno dell’Italia fascista che spezzava le reni alla Grecia si infranse sulle montagne greco albanesi nell’inverno del 1940.

Lì, sotto i colpi dei mortai Brand (l’equivalente dei nostri "81") un manipolo di soldati greci inflisse perdite gravissime agli alpini della Julia e della divisione Pusteria , costringendoli a vivere, rintanati nel ghiaccio, afflitti da febbri petecchiali e congelamenti, un’ esperienza così sconvolgente , (oltre a quella della Russia ) che essi, dalla fine della guerra hanno portato sempre in testa alla loro sfilata annuale lo striscione MAI PIU’ GUERRE! , cosa che non è avvenuto quest’anno ,… proprio l’altro ieri…poveri alpini, censurati anche loro e soggetti, anche quelli in pensione, alle leggi di una guerra non dichiarata…

Un esperienza, quella della Grecia, studiata da un piccolo e gracile ometto, un certo generale Giap, vietnamita, che il 7 maggio del 1954 , dopo un assedio di molte settimane, ottenne la resa di migliaia di legionari francesi trincerati dentro la grande base di Dien Bien Phu, dopo averli bombardati per settimane con mortai trasportati nella giungla a bordo di biciclette.

Gli americani, alla fine degli anni sessanta, dopo aver anch’essi assaggiato la pericolosità di quest’arma nella giungla vietnamita , investirono moltissimo nella ricerca di un antidoto ed anche in questo caso l’elettronica , attraverso la Raytheon , fece il miracolo: il radar di scoperta anti-mortaio.

SPIEGAZIONI TECNICHE

Per capire a cosa serve occorre però fare una piccola spiegazione di come funziona un mortaio.

Chiunque ha un minimo di dimestichezza con le cose militari sa che quest’arma è miracolosa per le azioni di guerriglia , interdizione e di posizione, poiché è relativamente piccola rispetto al proiettile che può lanciare.

La traiettoria è molto accentuata e quindi il proiettile cadendo dall’alto in senso verticale lancia schegge micidiali a 360 gradi, si può sparare stando nascosti dietro un muretto o in una trincea , quindi senza essere individuati e grazie ad alcuni artifizi si può addirittura modificare il classico sibilo del suo arrivo per renderlo più infido.

Ricordiamo infine che è l’arma utilizzante polvere da sparo più antica del mondo, inventata dai cinesi per i fuochi d’artificio e la cui costruzione è di una semplicità spaventosa: bastano una lastra , un tubo d’acciaio e un chiodo… per i particolari potete chiederli ad un qualsiasi bambino palestinese di Gaza.

Detto questo possiamo comprendere come tutti gli eserciti , compreso quello italiano si sono dotati da tempo di unità specializzate nella lotta contro i mortai.

Esse sono formate da una compagnia dotata di più radar posti intorno alla postazione da difendere, che individuano calcolando la traiettoria dei proiettili in arrivo la postazione dei mortai nemici e la passano tramite computer agli addetti alle armi di controbatteria, sia che essi siano altri mortai ( soluzione preferibile) o artiglieria convenzionale.

DOMANDE INQUIETANTI

  1.  
  2. Nel momento in cui si è deciso di voler restare a tutti i costi nella base Libeccio e nella CPA, i nostri soldati perché non sono stati dotati di appositi strumenti antimortaio?
  3. Il contingente italiano di stanza in Iraq ha nel suo organico appositi reparti addestrati nella lotta contro i mortai?
  4. Se così non è perché il governo afferma , tramite il Ministro Martino che i nostri soldati hanno tutto ciò che gli occorre?
  5. Come mai l’ammiraglio Di Donna nella sua dichiarazione trasmessa al TG1 delle 20.00 del 17 maggio afferma con sorpresa che .-"… la novità è che gli elementi ostili sono dotati di mortai da 82 mm se non addirittura da 102mm ( mortai da campagna)…?
  6. Ma non sapeva l’ammiraglio Di Donna che da circa un anno i mortai sono utilizzati quotidianamente dai guerriglieri per attaccare tutte le postazioni fisse anglo-americane e della coalizione?
  7. I nostri ufficiali dello Stato maggiore di Stanza in Iraq non avevano informato i loro superiori a Roma che da molte settimane questo tipo di armi venivano sequestrate nella zona di Nassirya? Se non dotati di radar di scoperta ne hanno fatto richiesta in Italia?
  8. Possibile che i lagunari della Base Libeccio per poter difendersi dovevano tirarsi fuori dai loro rifugi per individuare " a vista" i mortai nemici, come nella seconda guerra mondiale?
  9. Dopo il "fattaccio" e quando tutto sembrava precipitare nella notte del 16, a detta della Cuffaro( inviata della RAI a White Horse), il generale Chiarini ha mandato i Centauro ( carri armati su ruote) a fare la caccia ai cecchini, armati di razzi cannoneggiando la città mentre dall’alto una cannoniera volante AC-130 e degli elicotteri Cobra (notoriamente dotati di mitragliatrici con proiettili ad uranio impoverito) hanno "spolverato" le postazioni di mortaio. …Speriamo che come altre volte (sic!), al più presto gli USA ci forniscano le assicurazioni sull’utilizzo dell’uranio onde non ripetere la tragedia del Kosovo e della Bosnia…visto che noi italiani non siamo come gli iracheni che dopo di dieci anni di bombardamenti all’uranio si sono ormai vaccinati!

ANTONIO CAMUSO

OSSERVATORIO SUI BALCANI DI BRINDISI

osservatoriobrindisi@libero.it

Brindisi 17 maggio 2004 ore 22.30

Quelle  poche notizie  che in queste ore che ci giungono  dopo essere state  filtrate e censurate dagli organi militari dal teatro di guerra  di Nassirya ci danno il quadro di una situazione drammatica  tinta però da connotati che giungono alla farsa. Da parte di governo e militari ci si ostina  ancora nell'imporre la Censura di Guerra ,( quella che io ho denunciato sulle pagine di Liberazione il 13 aprile scorso dopo la "battaglia dei ponti")ad un nutrito stuolo di reporter , presenti in una Nassirya in preda ad una rivolta generale da tre giorni,  e dai quali  abbiamo  solo  cronache frammentariee a volte drammatiche: due sere fa  la giorrnalista della RAI, la Cuffaro  ,assediata nell'edificio della CPA  è passata alla storia  del giornalismo con  un suo "porca putt.." sovrastato da un'esplosione, smentendo in diretta le rassicuranti parole pronunciate poco prima  dai nostri ufficiali , o come  nella stessa serata ,sempre  a Contropiano TG3 si impediva addirittura di filmare alla RAI  dalla base di White Horse  il cielo in fiamme di Nassirya assediata ritenendo quello spettacolo di chissà quale importanza strategico militare.  Oggi 16 maggio siamo al terzo giorno di rivolta ed ho la presunzione di affermare che fino al 20 maggio , giorno del dibattito in Parlamento italiano sull'Iraq, tale situazione non cesserà mentre a fare la figura degli assediati di Fort Alamo sono un pugno di militari del San Marco e dell'Ariete rintanati nei rifugi e riforniti  solo ieri da uno di quei convogli che agli studiosi di cose militari fanno ricordare quelli che raggiungevano nel 41 la mitica oasi di Giarabub (e la canzone a lei dedicata "...colonnello non voglio pane ma proiettili per il mio moschetto..") E come quella sperduta oasi che ,nel quadro di una sconfitta militare dell'armata italiana in Libia ,  resistendo ai reparti inglesi che la cingevano d'assedio  divenne un cavallo di battaglia della propaganda di guerra fascista,  così oggi il nostro governo in combutta con le forze dalla coalizione e vergognosamente coperti a Nassirya dalla Barbara Contini  ci si ostina a non voler evacuare pena lo smacco politico la sede dell'Autorità provvisoria (CPA). In queste ore la situazione si è complicata militarmente e politicamente: da un lato gruppi di sciti anche se poco numerosi e male armati hanno occupato l'ospedale di Nassirya distante solo un centinaio di metri da Fort Alamo e si divertono a fare il tiro al bersaglio, dall'altra il generale Chiarini che , memore del polverone alzatosi dopo la" battaglia dei ponti "sa che Berlusconi gli farebbe pagare caro un intervento massiccio (alla Falluja) dei soldati italiani, magari appoggiati da forze terrestri ed aeree angloamericane, che portasse sì alla fine della rivolta , ma anche ad una sfilata di cadaveri iracheni per  le strade della città in pieno dibattito al Parlamento.  Così da Nassirya ci giungono i soliti messaggi , con relativa censura di immagini di scontri e di soldati italiani in azione, in cui si dice che si sta trattando con i capi locali ( ovvero si stanno tirando fuori al suk, il mercato arabo, una catasta di soldi, di noi contribuenti) e dall'altro che noi non stiamo reagendo per non far male ai civili. L'assurdo è che in questo caso c'è un bel po' di ostaggi in mezzo: quelli , anche se consapevoli , dei marò del San Marco, ma anche delle loro famiglie qui in Italia ed in particolare della provincia di Brindisi. Tra questi ultimi  ho dei vicini e vecchi conoscenti i cui figli, coetanei dei miei e che ho visto crescere sotto i miei occhi , sono appunto lì in quell'inferno, con il San Marco e che non hanno la forza di dire BASTA, RIENTRATE! ma che portano l'angoscia stampata in faccia.