Oil Ending

di marco cavicchioli

 

Tra qualche tempo:

fine.

I pozzi sono completamente asciutti.

Le trivelle hanno smesso di perforare il terreno.

Gli oleodotti non portano più il petrolio da nessuna parte.

Tutti lo sapevamo, c’eravamo preparati, ma la notizia ha comunque colto tutti di sorpresa perché oramai c’eravamo talmente abituati all’idea che “prima o poi” l’oro nero si sarebbe esaurito che pensavamo non sarebbe accaduto davvero. Come un film in cui per tutto il tempo le cose sembrano andare male, ed invece alla fine si risolvono in uno scontato happy ending, sembrava essere già previsto che sarebbe successo qualcosa che avrebbe scongiurato questa fine ingloriosa. Nuovi ritrovamenti, nuovi sistemi per produrre il petrolio sinteticamente in laboratorio, carburanti alternativi, biologici, naturali… Ed invece nulla: solo la fine. La fine del petrolio è inevitabilmente arrivata. Come il manto nero pece che abbiamo sempre depositato sulle nostre strade per renderle più facilmente percorribili, così abbiamo dovuto stendere il pesante velo del passato su un moribondo cronico che da quasi due secoli è stato dato per morente, ma non si è degnato di crepare con tanta facilità. Prima gli rimanevano solo 20/30 anni di vita, poi 50, poi, grazie a nuovi ritrovamenti, 100, poi… è successo l’inevitabile. I timori si sono trasformati in realtà. La paura si è sciolta in dolore. In consapevolezza. In tragedia.

I pozzi sono vuoti. Le compagnie petrolifere hanno chiuso i battenti.

Ora non ci resta che…

Anni dopo:

 

abbiamo ripreso a perforare il terreno. Abbiamo scelto luoghi ad elevata attività vulcanica ed abbiamo conficcato nella nuda roccia centinaia di lunghi cunicoli fino ad arrivare a lambire il fluido incandescente stipato nelle camere magmatiche sotterranee. Ci abbiamo messo dentro resistenti tubature doppie, dentro le quali versiamo ettolitri ed ettolitri di acqua. Questa viene attratta dalla forza di gravità verso il basso, scende velocemente nell’interstizio centrale delle tubature doppie fino ad arrivare in fondo, dove una valvola le apre le porte dell’inferno. L’ossido di idrogeno, una volta entrato, a contatto con il calore generato dalla lava nella camera magmatica si vaporizza all’istante espandendosi tanto da farne esplodere la pressione che quindi lo respinge violentemente verso l’alto, nell’interstizio esterno delle tubature. Il vapore riemerge dai cunicoli a grande velocità, viene catturato da un turbina che ne trasforma l’energia cinetica in elettricità, che usiamo per alimentare altre macchine in cui il vapore acqueo stesso viene fatto passare per essere separato elettroliticamente in idrogeno ed ossigeno. E non c’è più bisogno del petrolio!

Il sistema che abbiamo ideato non è perfetto, ma funziona. E, soprattutto, ha potuto sostituire relativamente in fretta la mancanza mondiale di carburante a buon mercato, nonostante i costi ed i pericoli della sua produzione. Ossigeno ed idrogeno in grandissime quantità a prezzi ragionevoli, prodotti sfruttando solo l’energia naturale della terra: niente male! Certo gli impianti geotermici sono luoghi pericolosi, ma non inquinano! Il consumo di acqua è notevole ed il prezzo dell’idrogeno prodotto con questo nuovo sistema non è paragonabile a quello del mitico oro nero. Ma non c’è alternativa e la richiesta energetica dell’umanità è ancora in costante crescita. L’importante è che sia stata trovata una soluzione a quello che avrebbe potuto essere il peggior problema di sempre delle civiltà ipersviluppate e che questa sia compatibile con l’ambiente. Ci aspetta un mondo migliore?

Anni dopo:

 

la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera è tornata a livelli normali, da quando abbiamo cessato di bruciare carburanti fossili per estrarre l’energia necessaria per fare andare avanti questa nostra società ipertecnologica. Il buco nell’ozono si è notevolmente ridimensionato dopo che è stato vietato ogni uso di clorofluorocarburi e di tutte le altre sostanze simili. La temperatura media dell’atmosfera è scesa ai livelli naturali ed il surriscaldamento del pianeta è solo più un triste incubo, una favola che si racconta ai bambini per insegnare loro quanto l’uomo può essere stupido, a volte, fino ad arrivare addirittura a distruggere l’ambiente stesso in cui vive. Le nostre città sono diventate più vivibili da quando il costo dei carburanti per la viabilità è cresciuto, dopo l’esaurimento delle scorte di petrolio, con il conseguente ridimensionamento del traffico veicolare cittadino. L’idrogeno che ora usiamo tutti i giorni per fare spostare le nostre automobili, per cucinare, per scaldare le nostre abitazioni, per fa funzionare i generatori elettrici delle nostre aziende si combina con l’ossigeno dell’aria producendo energia e tornando infine acqua. Semplice e purissima H2O. Noi re-immettiamo nell’atmosfera la quantità di ossigeno sottratta ed il ciclo si chiude con un bilancio che sfiora la perfezione. E’ iniziata una nuova era. Finalmente.

Oggi:

peccato che sia solo un sogno!

Peccato che siano solo parole.

Bla bla bla.

qwertygcalhncaehlnacgrlha.

 

Perché il mondo è fatto di problemi da risolvere, non di idee. Ci sono politici che prendono decisioni durante le campagne elettorali e capitani d’industria che non vogliono perdere i propri monopoli. Ci sono operai specializzati che non si specializzeranno più, oramai, in mansioni diverse da quelle che hanno svolto egregiamente per anni. Ci sono interconnessioni economiche che sostengono il mercato globale fossilizzandolo, marmorizzandolo. Ci sono ben pensanti e mal pensanti. Ci sono tradizioni da rispettare ed ideologie con cui convivere. C’è il potere, i soldi, la ricchezza ed il controllo. Ci sono iniziative più meritevoli da finanziare, sanguisughe economiche nazionali, occasioni di fare bella figura spendendo solo qualche denaro in più. Ci sono scogli tecnici da superare, decisioni che non abbiamo il coraggio di prendere, scelte impopolari, emergenze imminenti più importanti da risolvere. C’è sfiducia, ignoranza, paura ed inerzia. E c’è ancora tanta gente che muore a cui la cosa che importa di più è sempre e solo trovare cibo per poter sopravvivere fino al prossimo incognito pasto. Problemi. Non idee.

 

Ma se l’uomo, in oltre 150.000 anni di vita, avesse messo da parte ogni idea, nel tentativo di concentrarsi esclusivamente sulla soluzione dei propri problemi di sussistenza, se ogni esemplare di Homo Sapiens che ha calcato il terreno di questo pianeta fosse stato completamente immune alla follia visionaria dei sognatori, se fossimo tutti perfettamente inquadrati nelle strette fila di questa società, che abbiamo creato per controllare i nostri audaci impulsi distruttivi e rivoluzionari, se insomma nessuno avesse mai avuto il coraggio di immaginare un mondo migliore non potrei essere qui a parlarvi dalla tastiera del mio PC portatile. Probabilmente vivremmo semplicemente felici in qualche grotta.

E questo a me non basta.

www.marcocavicchioli.it