Il singolo e
la società del rischio di wanda piccinonno. Lattentato di Madrid rappresenta lulteriore prova che il mondo globalizzato è un inferno governato dalla legge dellomicidio e del terrore . Lagghiacciante premessa spinge a decostruire le verità ortodosse dellideologia globalista e a delineare le possibili coordinate della democrazia a venire . Vero è che limpresa si rivela piuttosto ardua , vuoi perché i sistemi di controllo e di repressione si moltiplicano , vuoi perché regna sovrano il diritto della forza e della menzogna . Preso atto che le multiformi e veloci trasformazioni non consentono avventate previsioni , si può solo sostenere che lidea fascinosa di globalizzazione cade di fronte alle nuove forme di segregazione e di esclusione , al neotribalismo e al fondamentalismo , allo stato di guerra permanente . Considerata la rottura epocale , senza indulgere né al catastrofismo né allottimismo , è opportuno quindi optare per una sorta di esodo critico e problematico . Innanzittutto conviene fermare lattenzione anche sul dilagante barbarismo linguistico e sulla diffusa indeterminazione semantica , perché ciò ovviamente obnubila la capacità critica e oblitera il rapporto tra le parole e le cose . Nella Città-mercato , infatti , non solo alla velocità dellinformazione non corrisponde unadeguata riflessione , ma si registra anche luso improprio di alcuni termini . Da qui la necessità di avvalersi di una sorta di "anatomia del linguaggio " , nella convinzione che essa potrebbe sortire effetti positivi . Daltra parte , il linguaggio , per via della sua intrinseca essenza , può promuovere processi di autocoscienza e può creare al tempo stesso luoghi di riconoscimento reciproco . Pertanto, per evitare che si consumi unirreversibile sussunzione allimpianto paradigmatico del capitalismo cognitivo e per attivare un significativo legame fra il singolo e la comunità , vale la pena mettere a fuoco alcune parole-chiave , come "individualità " e "individualismo". Prendendo in esame questultimo si evince che esso è una tendenza allaffermazione di sé , che fa prevalere gli interessi e i valori individuali su quelli collettivi . Va precisato , però , che si rivela mal posta la questione se sia più naturale per luomo latteggiamento individualistico o quello collettivistico . Difatti tutti i tipi di condotta nascono e sono connessi ad una fase di sviluppo della società . Così è appena il caso di osservare che lindividualismo classico è tuttaltra cosa dellindividualismo moderno . Analogamente fra leudemonismo delle etiche classiche , secondo il quale il movente legittimo di ogni azione è la ricerca del bene individuale , e latteggiamento dottrinale dei costituenti americani , che stabilirono il diritto di ogni individuo alla " ricerca della propria felicità ", la somiglianza è solo verbale : la felicità e i modi di perseguirla hanno nei due casi strutture e implicazioni molto differenti . Nel secondo è comunque prevalente quella diffidenza verso lautorità costituita e la sua pretesa di controllare e di guidare lindividuo , la quale è alla base di tutto lindividualismo moderno . Va aggiunto che sul piano delle dottrine politiche la storia dellindividualismo coincide più o meno con quella del liberalismo . Così lesigenza individualistica è presente nel giusnaturalismo , che concepisce il singolo come portatore di diritti naturali inalienabili ; nel contrattualismo , che sconsacra la divina maestà dello Stato , sostenendo che esso è nato da un accordo , o contratto , stipulato dagli individui per la migliore tutela dei loro interessi particolari ; nel liberismo economico , in cui la creatività dellindividuo coraggioso e intraprendente viene contrapposta alla resistenza delle varie bardature imposte dal potere statale . Tuttavia già con Malthus e con Ricardo , il libero gioco delle forze economiche appare come uneclatante mistificazione di una ben più cruda realtà . Ciò detto , va precisato che tutte le ideologie politiche che si sono affermate nel secondo Ottocento e nel Novecento , dalla democrazia al socialismo e al solidarismo cristiano , si presentano come integrazione o addirittura come capovolgimento dellindividualismo liberale, accusato concordemente di essere astratto ed egoistico . Dal grande fiume del solidarismo, dellegualitarismo e della paventata massificazione delluomo moderno lindividualismo riemerge come ribellione del singolo che rifiuta di lasciarsi assorbire nel conformismo universale ( es. Nietzsche Stirner ) . Descritto sommariamente liter dellindividualismo , giova focalizzare lattenzione sul concetto di individualità per rimarcare la differenza dei due termini . Il concetto di individualità , nella filosofia antica viene definito prevalentemente facendo ricorso alletimologia stessa della parola : il greco àtomos e il corrispondente latino individuum designano " ciò che non può essere diviso ". Ovviamente il tema dellindividualità è stato ampiamente dibattuto , ma , al di là delle diverse chiavi di lettura , lelemento emergente è che lindividualità , se intesa nellaccezione più autentica , manifesta sempre lintegrità del singolo . Questultima , però, perde la sua peculiarità ogniqualvolta la società si trasforma in strumento di oppressione e di alienazione . Considerato largomento è quasi obbligatorio menzionare i grandi maestri della coscienza critica moderna , ossia Horkheimer , Adorno , Fromm , Marcuse . Secondo la Scuola di Francoforte , il modello capitalistico è una forma di " trionfale sventura " perché razionalizza i comportamenti , le opinioni , i sentimenti e le passioni , in una sorta di " illuminismo deteriore " . Oggi , la " trionfale sventura " ha assunto i tratti di unautentica catastrofe , tantè che le rapine e i saccheggi del capitale fluttuante cingono dassedio tutto il pianeta . La svolta epocale , con la pervasiva logica dellimpresa , infatti , mostra che " non esistono più colletti bianchi che danno ordini ai colletti blu : esistono solo colletti di vario colore con davanti il proprio compito da risolvere ( .) . Ai dipendenti è stato conferito potere , un premio che tuttavia si riduce allonere di doversi rendere importanti agli occhi dellazienda . Non è più lazienda che controlla i suoi dipendenti . Adesso tocca ai dipendenti dimostrare la propria utilità allazienda " ( Daniel Cohen ) . Detto ciò , va aggiunto che le dinamiche del capitalismo odierno sono tanto complesse che penetrare appieno nellontologia della nostra epoca presenta non poche difficoltà . Basti pensare al variegato mercato dei saperi e della conoscenza , allo stato di guerra repressivo e ordinativo ,alla imprenditorializzazione del general intellect , alla logica dellimpresa che sussume tutte le forme di vita . Inoltre , lautorefenzialità del discorso finanziario fa slittare la semantica verso la semiotica del capitale . Questultima rimanda così alla definizione di segno " come tutto ciò che può essere usato per mentire e della semiotica generale come teoria della menzogna " ( C. Marazzi ) . Di più , nel mondo darwiniano della lotta di tutti contro tutti , lesecuzione dei compiti fissati dalle imprese provoca stress e paura . Oltre a questo la minaccia costante della perdita dei mezzi di sussistenza , dei diritti acquisiti , di un posto nella società , producono una situazione di incertezza endemica e permanente . La verità è che lagorà somiglia sempre più a una terra di nessuno , vuoi perché la lex mercatoria scioglie i vincoli della socialità e della reciprocità , vuoi perché via via sulla libertà del cittadino ha prevalso la libertà del mercato . Non senza ragione Manuel Castells ha osservato che " viviamo in una società di classe senza classi , in un " casinò elettronico globale " in cui capitale e potere penetrano nelliperspazio della circolazione pura e non si incarnano più nelle classi " capitalistiche " o " dominanti " . Le radici dellinsicurezza affondano , dunque , in luoghi anonimi o inaccessibili , sicché focalizzare appieno la rete dei poteri si rivela unimpresa piuttosto ardua . Il dato inconfutabile è , però , che la mano invisibile del mercato globale rende precaria lesistenza dei singoli , ormai governati dal dominio assoluto della flessibilità , della paura , del terrore . Ma bisogna rilevare un altro elemento , ossia che nella società postmoderna lindividualità privatizzata denota la condizione di palese illibertà . Difatti , nella società dello spettacolo il forum pubblico è stato sostituito dai talk-show e dai programmi-verità . Inoltre , il postfordismo trasforma " la comunicazione in una catena di montaggio linguistica" che coinvolge in modo palese anche la cultura , la scuola , luniversità , basti pensare alla Riforma Berlinguer Zecchino-Moratti . Ne consegue che lhomo sapiens si appaia allhomo oeconomicus , sicché la presunta libertà dei saperi si traduce in sfruttamento della forza-lavoro intellettuale . E dunque evidente che le interdipendenze globali , le variabili ignote che attraversano il pianeta , le forze elusive della finanza globale , la politica della precarizzazione , le guerre asimmetriche , " la governamentalità mediante la paura " , generano uninquietante incertezza esistenziale che destabilizza il singolo , ormai "gettato" nella società del rischio . Secondo Thomas Mathiesen ," dopo che la modernità ha superato la fase dello Sturm und Drang ed è entrata nel suo stadio finale , il Panopticon , lo strumento più efficace per tenere insieme le persone in quella che ormai veniva chiamata " società " , è stato sostituito con il Synopticon : oggi non sono più i pochi a guardare i molti , ma i molti a guardare i pochi. I molti non possono far altro che guardare ; poiché nessuno li ammaestra nelle virtù pubbliche , possono trovare dei motivi per affrontare la vita soltanto negli esempi disponibili di valore personale e di relative ricompense ". Il Synopticon quindi riflette la scomparsa del pubblico , linvasione della sfera pubblica da parte di quella privata . A questo punto , considerando gli orrori della società del rischio, è lecito porre il seguente quesito : oggi si può parlare ancora di una democrazia incompiuta ? In realtà lassetto odierno rende decisamente superata questa espressione , infatti , se si dovesse tentare una definizione si dovrebbe parlare di una " democrazia " triviale . Ma considerando che " la democrazia non si è ancora presentata ", conviene fermare lattenzione sul concetto di democrazia . Per quanto concerne la definizione classica : essa è forma di governo in cui , posto il carattere universale della sovranità , la classe popolare (dèmos ) ha parte predominante nel " potere ", cioè nella direzione delle istituzioni ed , in generale , nella presa delle decisioni politiche . Al di là dei diversi tipi di democrazia e delle diverse chiavi di lettura , un riferimento a Rousseau è quasi doveroso . Questultimo affermò che la democrazia fosse realizzabile solo attraverso istituzioni repubblicane ; egli avversò il diritto di proprietà privata ( fonte di diseguaglianza ) e la forma delegata di democrazia parlamentare ; il popolo , detentore della sovranità , non " delega " il potere , e lesercita mediante funzionari o " commissari del popolo " revocabili in qualunque momento , nel rispetto della " volontà generale ". In realtà , Rousseau fu consapevole dellimpossibilità che lesercizio del potere possa coincidere con la volontà generale , tantè che scrisse : " A dire il vero , una democrazia non è mai esistita e mai esisterà . Se vi fosse un popolo di dei , esso si governerebbe democraticamente " ( Il Contratto sociale " ). Notoriamente Marx operò una svolta ,infatti , considerò la dottrina liberal-parlamentare , solo formalmente democratica ; essa , pur proclamando che la proprietà privata è " legge di natura" , la rende possibile solo a pochi e vanifica , di fatto , i diritti economici dei lavoratori ; la vera democrazia è il "comunismo " che consegue la piena realizzazione della "natura umana ". Il discorso meriterebbe approfondimenti sul significato di " comunismo " e sullalta valenza del messaggio marxiano , ma conviene procedere per evidenziare tutti i nodi che ostacolano la realizzazione della democrazia assoluta . Secondo alcune chiavi di lettura ciò che caratterizza la democrazia non è il fatto che il governo sia della maggioranza ( anche perché le maggioranze possono essere tiranniche ) , piuttosto il fatto che la maggioranza possa esercitare il controllo su chi gestisce il potere e che vi sia spazio istituzionale ed opportunità alle alternative politiche . Questa ipotesi presenta indubbiamente elementi positivi ma risulta al tempo stesso riduttiva , perché implica la presenza del potere . E proprio , invece , la logica del potere che va demolita tout court , se effettivamente si vuole costruire una democrazia radicale . Vero è che questultima non ha mai avuto diritto di cittadinanza , sicché si potrebbe concludere che , come voleva Rousseau , " la democrazia non è mai esistita e mai esisterà ". Pur rilevando che la transizione sistemica del mondo caotico odierno non spinge allottimismo , sarebbe opportuno avvalersi del " dubbio " , nella consapevolezza che esso potrebbe illuminare sulle alternative storiche presenti . Non senza ragione Ulrik Beck sostiene che lo scetticismo , contrariamente a unopinione erronea , rende ogni cosa di nuovo possibile : letica , la moralità , la conoscenza , la società e la critica , ma in modo diverso . Le ridimensiona , ne accentua il carattere provvisorio , le rende più suscettibili di essere modificate e più capaci di apprendere , e quindi curiose , più aperte allignoto e allimprevedibile . " Dopo Marx , Engels e Lenin , dopo Horkheimer e Adorno , forse dopo Montaigne , lo scetticismo dovrebbe essere riscoperto come il padre fondatore della teoria sociale della nuova modernità riflessiva " . Daltro canto , litinerario della democrazia a venire è pregno di aporie , sicché per affrontare la società del rischio non si può prescindere da una critica politica militante. Ciò significa che al di là del formalismo giuridico e della retorica umanitaria , per esprimere unalternativa sistemica efficace e per costruire la democrazia radicale ed assoluta, si dovrebbe riscoprire lautentica valenza della ragione . In altre parole , " in nome della ragione , occorre diffidare delle razionalizzazioni " Ne consegue che " per richiamare alla ragione la sua ipseità , bisogna anche farla ragionare " ( J. Derrida) . Ma lefficienza di tutte le potenzialità della ragione è strettamente connessa alla capacità di decostruire criticamente la società del rischio e il concetto di democrazia . Ciò è particolarmente importante per prendere coscienza che , oggi, il concetto suddetto si rivela "variegato " e "maculato". Le promesse e le premesse di una democrazia a venire discendono anche da una chiara valutazione delle sostanziali mutazioni odierne . Il singolo , dunque , potrà valicare lo stato di incertezza a condizione che le gioiose singolarità della moltitudine siano in grado di concentrare la dispersione del dissenso per costruire un habitat solidale e sicuro . Da qui la necessità di coagulare le forze contro un bersaglio comune . Per perseguire questo ambizioso obiettivo occorre insistere sullanalisi dellassetto sistemico delleconomia-mondo . Unattenta decostruzione critica mostra , infatti, che la nozione moderna di democrazia si basava su strutture interne allo spazio nazionale , oggi , invece , gli Stati-nazione sono fortemente condizionati da istituzioni economiche sovranazionali , come il WTO , la Banca Mondiale , il FMI . Ciò comporta lemergere di tratti decisamente nuovi , che destabilizzano " gli immaginari nazionali " . Inoltre, il processo di globalizzazione è stato accompagnato dalla denazionalizzazione del territorio e da regimi giuridici transnazionali che sono via via penetrati allinterno di ambiti nazionali . Senza indulgere alle variegate metamorfosi del globalismo e cercando di formulare un giudizio complessivo si può affermare che il nuovo ordine mondiale ha dichiarato una guerra preventiva a tutta la società . Ciò è suffragato dai caratteri inediti delle variazioni storiche, che mostrano una palese recessione etica , politica , psicologica . Difatti le parole dordine della globalizzazione poliziesca sono : precarizzazione , flessibilità , repressione , privatizzazione. In realtà la lex mercatoria ha privatizzato il pianeta , tantè che anche i postmoderni mercenari che operano in Iraq sono reclutati da compagnie private . Detto ciò , è bene fermare ancora lattenzione sulla società del rischio e sulla dipendenza dal mercato di tutte le dimensioni della vita . A questo proposito Marco Bascetta osserva che , oggi , " il rischio sociale , con tutte le capacità di adattamento e di autosfruttamento che esso comporta , con gli sforzi relazionali e auto-organizzativi che esso richiede , con la perpetua minaccia del fallimento che sempre lo accompagna , costituisce il principale requisito della forza di lavoro contemporanea , la sua potenza e il suo valore di mercato ". Oggi , dunque , la definizione della soggettività è strettamente connessa alle politiche sicuritarie , allapartheid sociale , alle guerre preventive e ordinative , ai fondamentalismi e allinvestimento della formazione liberista . Questultima , pur offrendo condizioni di possibilità alternative , si manifesta soprattutto come accumulazione di conoscenza del capitale . In altri termini , con il declino del paradigma fordista si registra il trionfo del capitalismo immateriale che mette in opera le facoltà più intime del soggetto e le capacità di relazione interpersonale . Ciò comporta una situazione estremamente complessa , infatti , il cosiddetto capitalismo cognitivo genera condizioni di assoggettamento servili e , al tempo stesso , consente forme di vita comunitaria non ancora pervase dal sistema mercantile . Ne consegue che la fabbrica della conoscenza è attraversata da dinamiche ambivalenti , che inglobano libertà e servilismo , cooperazione sociale e derive , potenzialità e involuzioni . Analizzando la " controrivoluzione neoliberale " si rileva , come vuole Marco Bascetta , che il paradigma della centralità dellimpresa sussume percorsi formativi e saperi . " Sul terreno della formazione scrive Bascetta - si gioca una partita decisiva per lappropriazione privata della cooperazione sociale , delle sue potenzialità come dei suoi frutti " . Ciò indubbiamente risponde al vero , ma la dura realtà fattuale spinge più al pessimismo che allottimismo . La pervasività della logica aziendale , infatti , attraversa tutti i territori , tantè che la scuola , luniversità , il sistema dei debiti e dei crediti formativi , la ricerca scientifica modello Silicon Valley , lo scienziato ridotto al ruolo di manager , mostrano che il virus della ragione strumentale è onnipresente e onnivoro . In realtà , la formazione viene considerata " uno strumento di politica attiva del mercato del lavoro , che serve ad adeguare le qualifiche professionali alle necessità del mercato" (Commissione Europea - Libro Bianco- Crescita , competitività , occupazione ). Da qui una sorta di " mente impresa " che sussume tutta la società e la vita stessa . Le perverse interconnessioni tra segni e azienda generano ,dunque , il fenomeno della " proprietà intellettuale " che incrementa prestazioni sempre più coatte e servili . Per quanto concerne il problema - università conviene ricorrere a J. Derrida . Questultimo , nel saggio " Luniversità senza condizione ", constatando la palese commistione tra formazione e logica del mercato , invoca la resistenza e scrive : " In quanto incondizionata , una tale resistenza potrebbe opporre luniversità a un gran numero di poteri : ai poteri economici , mediatici , ideologici , religiosi e culturali ; in breve a tutti i poteri che limitano la democrazia a venire ". Le considerazioni di Derrida ripropongono , sia pure in guise diverse , un problema tanto caro a Gramsci , ossia quello della cultura-liberazione . A questo punto, però , è opportuno fare qualche osservazione sulla cosiddetta istruzione di massa . E bene ricordare che Nietzsche , fin dal 1879 , denuncia il nesso tra la formazione scolastica e lo sfruttamento della forza-lavoro-intellettuale da parte della società ai propri fini . Nietzsche ha la chiara consapevolezza che la diffusione della cultura di massa può generare la paralisi della cultura stessa . Vero è che la polemica nietzscheana ha un volto bifronte , perché cela il pericolo di enfatizzare la scuola di èlite . Va , però , precisato che se la cultura di massa si riduce a formula , a pressappochismo culturale e demagogico , a colonizzazione delle coscienze , allora essa non solo diviene la parodia di unautentica libertà , ma assume anche i tratti di un asservimento collettivo . In realtà , la scuola , luniversità , per assolvere una funzione feconda , dovrebbero demistificare la quotidiana violenza al senso , e promuovere al tempo stesso la crescita della conoscenza attraverso una critica radicale , che valichi tutti i parametri del capitalismo cognitivo . Da qui la necessità di produrre senso , fornendo contenuti e riconoscendo pari dignità ai diversi saperi . In altri termini , sarebbe opportuno ricorrere ad una sorta di " rasoio di Occam " per demolire lattuale impianto paradigmatico e per produrre cultura critica e coscienza . Daltra parte , la complessità dellassetto odierno non consente un rozzo supporto ideologico, ma richiede invece un costante esercizio critico filosofico decostruttivo . Sicché , se vogliamo costruire la " Città degli uomini " dobbiamo prendere coscienza che la resistenza postmoderna deve battere un itinerario inedito e pregno di insidie e trabocchetti . Difatti , pur rilevando che " la catena di montaggio linguistica " mette in opera forme di cooperazione , non va sottovalutato il fatto che esse sono in massima parte sussunte alla logica del mercato e al paradigma del sapere-merce . Pertanto , senza indulgere alle condizioni di possibilità alternative dellintelletto generale postfordista , occorre rimarcare che la pervasiva logica di impresa esige la dedizione incondizionata di ognuno , sicché tutte le facoltà del soggetto sono definite allinterno del sistema di fini e di valori della ragione aziendale . Questultima , in realtà , plasma tutta la società , tantè che tutti i rapporti lavorativi implicano una devastante relazione di servitù . Ciò è suffragato dal fatto che la cultura di impresa esercita un potere coercitivo anonimo , che con meccanismi perversi di assoggettamento sottomette tutta la persona . Non senza ragione Marco Bascetta evidenzia che " un concetto come quello di "lavoro socialmente utile " , finisce col ritrovarsi pericolosamente contiguo alla realtà del lavoro forzato " . Inoltre , aggiunge Bascetta , " per fare un esempio familiare nella realtà sociale del nostro presente , possiamo indicare da un lato il volontariato , dallaltro il servizio obbligatorio ( civile o militare poco importa ) . Non si dimentichi la decisa presa di posizione della sinistra a favore della leva militare obbligatoria , il più macroscopico esempio di lavoro forzato e relazioni di servitù con cui siamo stati abituati a convivere senza quasi accorgercene " . E evidente che la lex mercatoria postmoderna implica limpoverimento culturale , la colonizzazione del mondo vitale , il dominio assoluto della flessibilità , uno stato di incertezza permanente . Questo contesto indeterminato , minaccioso , rischioso , provoca non solo un generale disorientamento , ma determina anche una situazione comune pregna di angoscia e di paura . Daltra parte , ogni scelta delluomo modulare postmoderno comporta rischi , perché tutti i percorsi si presentano come un susseguirsi di crocevia . Ciò significa che ogni atto di autoattribuzione è soggetto a pressioni contraddittorie , centripete e centrifughe . Le argomentazioni fin qui condotte ,però , risulterebbero riduttive se non si focalizzasse lattenzione sullo stato di guerra permanente . " Oggi , infatti , la forma del biopotere imperiale è una guerra che contiene controllo e disciplina . La guerra , a questo punto , non è potere puramente distruttivo , ma potere piuttosto ordinativo , costituente , teleologico , iscritto quindi nella durata come unattività processuale e allo stesso tempo iscritto nello spazio come unattività selettiva , gerarchizzante " ( Antonio Negri ) . Oltre a ciò va aggiunto che il perverso binomio guerra-terrorismo consente il trionfo di un " regime canagliacratico " , che in nome della presenza di nemici evanescenti , comprime diritti fondamentali e rende sempre più inconsistente il concetto stesso di democrazia . Lo scenario era già inquietante dopo lattacco contro le torri del World Trade Center , ma dopo l11 marzo le forme di controllo sicuritario stanno diventando sempre più violente e intollerabili , basti pensare che lUnione europea recentemente ha istituito il coordinamento delle polizie e dei servizi di intelligence . Ciò significa che la retorica dei rogue States , i paradigmi della canagliacrazia , i sistemi di controllo sempre più capillari , stanno eliminando i diritti fondamentali , riducendo così la libertà dei singoli e rendendo problematica una resistenza efficace . Pur apprezzando quindi la scelta di Zapatero , occorre , al di là della demagogia elettorale, prendere atto che le politiche repressive sono di fatto trasversali , sicché la distinzione classica tra destra e sinistra risulta decisamente inattuale . In realtà , la becera pervasività della violenza strutturale , la tecnologia biopolitica del controllo , il connubio tra paradigma sicuritario e " ideologia della prevenzione " , attraversano centri e periferie , condizionando così tutta la vita del singolo e di tutta la società . A questo punto, constatando che ogni spazio di autonomia e di libertà viene negato, e considerando che la società del rischio rende tutti vulnerabili , si può affermare che emergono inquietanti analogie tra lassetto odierno e il regime nazista . Difatti , pur rilevando che , oggi , la cartografia del potere è radicalmente mutata , e pur valutando le significative variabili , le assonanze non mancano . Le campagne contro il fumo , lalcool , lobesità , la prevenzione delle malattie , rievocano , sia pure in guise diverse , i parametri del biopotere nazista . Per suffragare le asserzioni fatte conviene ricordare che la società nazista si basava sullinterazione tra potere disciplinare e biopotere , basti pensare alla gestione del biologico , della procreazione , della malattia . Eppure , come sosteneva Foucault , contemporaneamente alla costituzione di una società assicurativa , si assisteva allo scatenamento del potere omicida . In realtà , al di là delle significative mutazioni dellassetto biopolitico odierno , la ragione demoniaca e folle del nazismo si ripresenta , sia pure con dinamiche inedite e diverse dai totalitarismi del XX secolo . La rete dei poteri globali , infatti , esercita il diritto di vita e di morte , facendo convivere lo stato di guerra permanente e la logica della prevenzione . Le analogie non si fermano qui , tantè che dilagano nuove forme di razzismo , basti pensare al razzismo istituzionale , allApartheid europeo , " ai popoli senza Stato e senza diritti " ( A . Arendt ) , ai sans-papiers . Ciò non basta , infatti , si registra anche il ritorno della tortura , basti pensare ai prigionieri iracheni , incappucciati e seviziati dai soldati Usa, alle violenze perpetrate ai danni di "nemici " o di " sovversivi " in Somalia , a Guantamano , a Napoli , a Genova . Le argomentazioni fin qui condotte mostrano che , come vuole Foucault , esiste un rapporto tra i fenomeni specifici dei " totalitarismi " e le cosiddette società " democratiche ". Non senza ragione il filosofo sostiene : " E senzaltro vero che fascismo e stalinismo costituivano entrambi una risposta ad una congiuntura precisa e del tutto specifica . Si può pertanto affermare che sono stati fenomeni del tutto singolari .. Ma non perciò possiamo negare che , su numerosi aspetti , fascismo e stalinismo non hanno fatto altro che prolungare tutta una serie di meccanismi già esistenti allinterno dei sistemi sociali e politici delloccidente " . Ciò conferma che esiste una sorta di continuità tra le biopolitiche totalitarie e le biopolitiche di esclusione del mondo globalizzato . Daltra parte , se si considera il fascismo una categoria della storia allora emerge un dato , ossia che le tecnologie di controllo , sia pure in guise diverse , sono sempre intrinsecamente connesse ai rapporti di dominazione e alla fenomenologia del potere . Ma a questo punto , onde evitare fraintendimenti , è bene porre un quesito : quali sono le differenze tra lorrore nazista e quello del mondo globalizzato ? Preso atto che il contesto odierno è decisamente mutato e che i problemi strutturali del capitalismo presentano tratti estremamente complessi , si rileva che mentre la barbarie nazista consentiva di elaborare idee chiare e distinte , oggi , invece , vuoi per via delloccultamento del comando , vuoi per i contorni indistinti della barbarie , diviene unimpresa piuttosto ardua delineare in modo netto le variegate dinamiche del dominio. Ciò comporta una raccapricciante confusione fra correttezza e scorrettezza , fra violenza lecita e violenza illecita , fra " nemici " e amici , fra guerra e pace , fra mercenari ed eroi . Inoltre , oggi , il regime di dominazione si manifesta in versione cibernetica , infatti , " i nostri corpi sono legati alle reti , alle banche dati , alle autostrade informatiche , sicché tutti i luoghi in cui vengono immagazzinati i dati cui i nostri corpi sono " informaticamente vincolati " non offrono più riparo da chi ci osserva o un bastione attorno al quale si possa organizzare una linea di difesa " ( Mark Poster ) . Il fatto inquietante è che il sorvegliato , fornendo i dati da immagazzinare , diviene paradossalmente il primo e " volontario " fattore che facilita la sorveglianza . La verità è che il reality show globale cela una dura realtà , ossia che ormai tutta la società è sotto assedio . In realtà , siamo passati dai meccanismi di controllo "dellinternamento disciplinare " al regime di dominazione dellimpresa , che è più subdolo e pernicioso perché opera secondo una modulazione universale . In altre parole , " il marketing è ora lo strumento del controllo sociale e forma la razza impudente dei nostri padroni " ( G. Deleuze ). E evidente , dunque , che il trionfo della Città-mercato , la fluidità e lincertezza del mondo globalizzato , il dilagare dellarbitrio poliziesco , non solo hanno dissolto il rapporto individuo-comunità , ma hanno reso anche problematica la dissidenza . Se , infatti , la moltitudine è il prodotto del nuovo assetto globale , è altresì vero che essa si manifesta come un confuso e ambiguo coacervo di istanze di liberazione . Non senza ragione Marco Bascetta sostiene che la moltitudine non è un soggetto teleologico , ma un modo di essere con tutte le sue ambivalenze , esposto a molteplici derive . " La moltitudine procede sempre su un crinale che minaccia di precipitarla in massa, massa di consumo o massa di manovra al servizio di una politica plebiscitaria ". Non può quindi destare stupore se allinterno dei movimenti convivano limiti e virtù , servilismo e libertà . Ma il fatto inquietante è che , al di là dei toni celebrativi dei Forum , non mancano pericolose commistioni con i poteri costituiti . Basti pensare " alla leadership di ATTAC , che è molto vicina a molti politici francesi , che propongono il rafforzamento della sovranità nazionale come soluzione ai mali della globalizzazione contemporanea" (M.Hardt) . Va precisato che le suddette posizioni si rivelano obsolete , opinabili e decisamente fuorvianti , perché innescano meccanismi perversi , che potrebbero determinare una definitiva deriva dei movimenti . Pertanto , per evitare che la contestazione si trasformi in una rappresentazione carnascialesca, le voci delle singolarità dovrebbero tracciare ipotesi organizzative e optare per una scelta politica conflittuale .Ciò significa che per innovare il mondo , per eliminare le pulsioni di morte dellordine imperiale , per costruire la cultura della pace , bisogna superare la logica dimostrativa , linsufficienza organizzativa , la genericità programmatica . Da qui lesigenza di definire uno spazio laboratoriale dei conflitti , che dovrebbe promuovere la " demercificazione " della produzione ed esprimere una radicale alternativa sistemica . Ne consegue che occorre aborrire " senza se e senza ma" lingannevole refrain del compromesso riformista , per produrre alternative politiche dirompenti . A questo punto è lecito porre il seguente interrogativo : qual è il quadro " politico " del Belpaese ? Si può affermare che il nostro paese continua a battere le vie del compromesso, dellambiguità , della menzogna , infatti , al di là delle nauseanti e volgari corride televisive , lo scenario si rivela francamente intollerabile . Risultano illuminanti a questo proposito le polemiche incandescenti suscitate dalla manifestazione del 20 marzo per via dellepisodio-Fassino . Difatti , le suddette polemiche hanno evidenziato lipocrita moralismo di alcuni sepolcri imbiancati della " sinistra " , per i quali evidentemente le manifestazioni si dovrebbero tradurre solo in allegre e folcloriche rappresentazioni . Intanto , constatando che una delle caratteristiche peculiari dellItalietta è lipocrisia , giova rivisitare Dante che pone gli ipocriti in una bolgia e li carica di cappe di piombo dorate . Detto ciò , è opportuno ricorrere alle considerazioni di Luca Casarini , che ha chiarito le legittime motivazioni per cui Fassino è stato contestato . Luca Casarini , in una lettera pubblicata sul "manifesto " , sottolineando lambiguità delle posizioni diessine e ricordando la guerra in Kosovo , i bombardamenti in Afghanistan , la carneficina irachena , ha rilevato che la partecipazione al corteo dello " stato maggiore riformista " non poteva essere indolore . Inoltre , il disobbediente Casarini , prendendo le distanze sia dalla " sinistra riformista " sia da quella " radicale " , ha affermato che " i conti si fanno senza loste "" i movimenti sono una cosa e i partiti unaltra , e non stanno sullo stesso piano ". Le chiarificazioni di Casarini si rivelano indubbiamente deludenti per i cacciatori di voti , ma alimentano , invece , la speranza in coloro che vogliono arrestare il flusso barbaro del mondo . La verità è che linferno globalizzato impone una responsabilità etica, una produzione di senso e scelte politiche radicali . Daltro canto , per tentare di uscire dalla società del rischio, per annientare la violenza strutturale dellassetto odierno , per demistificare il narcisismo indotto dalla società dello spettacolo , non si può che optare per un esodo conflittuale , che dovrebbe esprimere , però , una feconda alternativa sistemica . Ciò significa che la possibilità di una nuova narrazione è strettamente connessa alla capacità di promuovere una nuova prospettiva epistemologica , fuori dai parametri della lex mercatoria del capitale , fuori dai paradigmi di una nefasta dialettica strumentale , fuori da un riduttivo ideologismo , fuori dai temi del sovranismo nazionale . E dunque necessaria una logica di rottura , che dovrebbe espellere la cultura della violenza e allo stesso tempo dovrebbe tener ferma la pratica del contropotere . " Questultimo , sostiene Antonio Negri , per esercitarsi ed essere efficace , deve essere doppio : da un lato scavare , smantellare continuamente , minare la struttura sociale del potere ; dallaltro intervenire in maniera offensiva sulle/ contro le operazioni di stabilizzazione che il potere continua a ripetere , e che costituiscono lo specifico della sua capacità di governo . Al "contropotere " che destruttura deve corrispondere anche un "controgoverno " che destabilizza". Le osservazioni di Antonio Negri si rivelano indubbiamente illuminanti e pregne di senso, ma è bene anche considerare il lato cattivo della storia e non sottovalutare il fatto che allinterno dei movimenti esiste una sorta di separazione tra le componenti moderate e quelle radicali . Ciò comporta il rischio costante di scivolare su terreni decisamente involutivi, anche perché si registrano derive estetizzanti e una sovrabbondanza di componenti socialdemocratiche . Inoltre ,la balcanizzazione del pianeta e le dinamiche odierne di dominio generano uno scenario caotico e in continuo divenire , che di fatto rende estremamente problematico un "controgoverno " efficace . Ciò significa che mentre la rete dei poteri globali, con perverse macchinazioni , diffonde lo stato di guerra permanente , non corrispondono pratiche politiche adeguate di contropotere . In realtà , per sciogliere i nodi problematici dellassetto attuale si dovrebbero rimuovere vetuste categorie, perché lepoca della globalizzazione non consente di rivisitare i residui del socialismo novecentesco . Si tratta , in altre parole , di acquisire griglie interpretative pertinenti vuoi per leggere la complessità del caos globalizzato , vuoi per attivare forme organizzative alternative , vuoi per prefigurare le modalità più convenienti che permettano di uscire dalla società del rischio . Vero è che la speranza rivoluzionaria dovrebbe negare tutte le forme di trasgressione carnevalesca e di rozzo ottimismo , per comprendere appieno la barbarie della dura realtà fattuale . Difatti , il dilagare di inquietanti commistioni con i poteri costituiti , le strumentali e opinabili polemiche sulla non-violenza , la sotterranea complicità tra dominati e governanti , lincapacità di esprimere alternative realistiche , spingono a ridimensionare le possibilità di una svolta liberatoria . In realtà , la società del rischio e dello spettacolo , un linguaggio ridotto a slogan , il manicheismo di maniera che investe anche una parte dei movimenti , le dinamiche di una comunicazione astratta e priva di contenuti , luso privato del general intellect , la colonizzazione mediatica delle coscienze , lo stato di guerra permanente , le palesi ambivalenze dellintelletto comune , impongono una riflessione collettiva che sia in grado di attivare una prassi significativa di contropotere . Pur constatando quindi che il peso del mondo è diventato insostenibile , non si può sottovalutare il fatto che la costruzione della città degli uomini si rivela pregna di difficoltà e di impedimenti , vuoi perché il terreno della resistenza odierna non consente di assumere vecchie categorie , vuoi perché reiterare la logica della presa del potere risulterebbe opinabile e problematico , vuoi perché limmagine romantica di avanguardie appare decisamente inattuale . Pertanto , evitando di ipotizzare un salto utopico nel regno della libertà , si dovrebbe opporre un Gran Rifiuto collettivo alla globalità del potere e a un mondo caleidoscopico ed incerto . Ovviamente il rifiuto non può essere inteso come rassegnazione , ma come momento di rottura per attivare una feconda prassi della liberazione , fuori dai miti della rappresentanza , fuori dai parametri di un nefasto ideologismo e fuori dai paradigmi di un riduttivo economicismo . Ciò significa che il Gran Rifiuto dovrebbe assumere le forme di un esodo riflessivo e costituente . Va aggiunto che , come vuole Z. Bauman , una risposta alla globalizzazione non può che essere globale . "Il destino di tale risposta scrive Bauman - dipende dallemergere e mettere radici di unarena politica globale . E proprio unarena di questo tipo di cui oggi si sente più marcatamente lassenza .. Gli odierni contendenti globali sono del tutto refrattari , e per ovvi motivi , a crearla , mentre i loro presunti avversari desiderosi di attingere alla veneranda ma sempre più inefficace arte della diplomazia interstatale sembrano privi della necessaria capacità e delle indispensabili risorse " . La verità è che oggi la frammentazione politica , la balcanizzazione del globo , il nauseante balletto delle coalizioni , le varie repubbliche delle banane , la logica sicuritaria , le forze sfuggenti e anonime dei poteri globali , lendemico stato di incertezza esistenziale , il dilagare delle menzogne istituite , inficiano una feconda decostruzione critica e , al tempo stesso, rendono sempre più problematica una resistenza efficace e costruttiva . Pur rilevando linedita complessità dellassetto odierno , e considerando che soprattutto dopo l11 settembre e dopo l11 marzo tutti gli eventi sono globali , occorrerebbe rendere operativi percorsi alternativi nella "terra di nessuno" del globalismo . Al di là , infatti , del teatrino politico-mediatico dei custodi istituzionali , oggi, lo spazio globale è di fatto " terra di nessuno ", proprio perché "il capitale è riuscito a fuggire in una nuova terra di nessuno , dove nessuna regola confina , restringe o limita la libertà imprenditoriale ". Per quanto concerne il terrorismo va aggiunto che esso si inscrive nel disordine globale , tantè che , anche se può sembrare paradossale , esiste una sorta di tacito accordo tra terrorismo e dominio globale . Non senza ragione Z. Bauman osserva che " uno dei motivi principali per cui la guerra al terrorismo è invincibile è il fatto che entrambe le parti hanno un forte interesse a far sì che le condizioni della terra di frontiera si perpetuino ". Da qui lesigenza di operare un distinguo tra resistenza autentica e follia omicida del terrorismo globale . E , dunque , evidente che il mimetismo camaleontico del comando imperiale richiede non solo un attento approccio analitico , ma anche una nuova sintassi della militanza . Ciò si impone , perché nel mondo uno e pieno del globalismo i rapporti di potere sono simmetrici e si associano a blocchi dinteresse geopolitici . Intanto si continuano a pubblicare "Libri neri " del comunismo , del capitalismo , degli Stati Uniti , mentre sarebbe illuminante scrivere il grande libro nero del potere . A questo punto , constatando che il mondo globalizzato si presenta come un enorme Golgota , attraversato da variabili ignote e da un incontrollato avvitamento dei processi , sarebbe opportuno promuovere unautentica rivoluzione culturale e sociale per affermare " il diritto alla felicità " e allinterezza della vita . Rilevando , però , che anche lidea di felicità si rivela ambigua , tantè che sembra un confuso contenitore atto ad accogliere elementi diversi e variegati , conviene chiarire la valenza e il senso dellidea suddetta . Notoriamente la nozione di felicità , intesa come condizione più o meno stabile di soddisfazione totale , occupa un posto molto importante nelle dottrine morali dellantichità classica , tanto che si usa indicarle genericamente come etiche eudemonistiche ( dal greco eudaimonia , felicità ) . Senza entrare nei dettagli delle diverse chiavi di lettura e dei diversi contesti , si può sostenere che il termine genera confusione per via della equivocabilità . Pertanto , per cercare di far luce sullidea di felicità , giova ricorrere a Wladyslaw Tatarkiewicz , grande filosofo polacco del XX secolo autore di unesaustiva indagine sui diversi significati della parola "felicità " . Facendo un excursus sommario si evince che esiste un significato " oggettivo " , che si basa su regole generali . Il senso " soggettivo " , invece , implica i sentimenti ,le emozioni , le sensazioni,gli stati mentali , che, per via della rapidità con cui si manifestano , risultano effimeri . Tatarkiewicz enuncia poi il terzo significato di felicità , incentrando lattenzione sulla "persona felice ", ovvero una persona libera dallindigenza e dalleccesso . In realtà , questo significato si rivela fuorviante , perché ciò che si ritiene indispensabile per rendere la vita felice , può essere indotto da meccanismi di indottrinamento ideologico . Per quanto concerne lultima nozione di " felicità " Tatarkiewicz cita Goethe . Questultimo , facendo un bilancio della sua vita , dichiarò di essere felice e che sarebbe stato contento di vivere nuovamente la propria vita , chiarendo , però , che la totalità della vita è costellata da momenti di gioia intensa , ma anche da dolori e frustrazioni . E evidente quindi che diverse sono le chiavi di lettura sullargomento , ciononostante lidea di felicità, essendo onnicomprensiva, risulta estremamente feconda e significativa . Difatti , quando la realtà fattuale genera la coscienza infelice collettiva , quando i crimini contro lumanità cagionano sofferenza e dolore , allora le pulsioni vitali e le esperienze infelici spingono non solo ad una decostruzione critica dello status quo , ma anche al dissenso , alla disobbedienza , allopposizione , al Gran Rifiuto rivoluzionario . Ne consegue che lidea di felicità è intrinsecamente connessa alletica della liberazione , che ovviamente rimuove ogni mistificata mediazione , proprio perché i corpi desideranti affermano il diritto alla felicità e alla vita . Per concludere conviene rievocare le parole di Maurice Blanchot : " Ciò che rifiutiamo non è senza valore ed importanza . E anzi proprio per questo che il rifiuto è necessario . Cè una ragione che non accetteremo , cè unapparenza di saggezza che ci fa orrore , cè unofferta daccordo e di conciliazione che non accoglieremo mai . Sè prodotta una rottura . Siamo stati ricondotti a quella franchezza che non tollera più la complicità ". |