20 anni di esperimenti

 

Le sperimentazioni effettuate nel reparto di ematologia dell’ospedale pesarese sono utili per comprendere importanti questioni aperte nella città: la validità della proposta della trasformazione del San Salvatore in istituto di ricerca, le nove morti di epatite virale fulminante, i viaggi del dolore…

 

TRAPIANTI DI FEGATO FETALE

(Effettuati a cavallo degli anni ’70-‘80)

 

Era noto, già allora, che nel fegato fetale sono presenti cellule staminali, in grado di ripristinare tutte le cellule del sangue una volta eliminate quelle malate (per leucemia o malattia genetica) con radio-chemioterapia.

I fegati, prelevati da feti abortivi, venivano poi infusi in soggetti affetti da diverse patologie; non ci risulta vi fosse né consenso informato né autorizzazione ministeriale.

I risultati non sono a noi noti; la stampa ha riportato il caso di una bambina morta nell’81 per embolia polmonare in quanto il fegato disgregato non era stato adeguatamente purificato.

 

TRAPIANTI DI FEGATO FETALE NEL MAIALE

 

Curiosamente, mentre ovunque si sperimentano le nuove tecnologie prima sugli animali, poi sugli esseri umani, in questo caso si fa il contrario: dopo aver provato il trapianto di fegato fetale nell’uomo si passa al trapianto nel maiale.

Si istituisce una porcilaia accanto al reparto e si impegna personale ospedaliero nella cura dei porci: fecondazione, diagnosi radiologica di gravidanza, uccisione della scrofa gravida per prelevare i maialini dai quali si otteneva il fegato,irradiazione dei maiali poi sottoposti al trapianto, ecc.

Il furto nottetempo degli animali pone fine alla sperimentazione.

Qui, come negli altri casi, è lecito porsi il quesito se, in un reparto di cura e non in una clinica veterinaria universitaria,  era eticamente corretto usare risorse economiche e umane per esperimenti che costringevano tanti malati ematologici a farsi curare altrove (qualcuno li chiama viaggi del dolore) o che costituivano un rischio sanitario concreto per coloro che vi venivano curati.

 

 

TRAPIANTO DI MIDOLLO NEI TALASSEMICI (1981 e seg.)

 

La talassemia è una malattia genetica del sangue che tradizionalmente si cura con trasfusioni e chelanti del ferro che permettono una aspettativa di vita fino ai 40 anni.

Altre prospettive terapeutiche stanno nell’uso delle cellule staminali, anche se la soluzione definitiva sta nell’eugenetica che, nelle aree interessate e con pochi soldi, permette di identificare le coppie a rischio e prevenire la nascita di bambini malati.

Nelle Marche la talassemia è praticamente inesistente.

La strada tentata e percorsa dal dott. Lucarelli è stata quella del trapianto di midollo osseo che, dalla metà degli anni ’80, ha monopolizzato le energie del reparto a discapito del suo compito istituzionale di curare i malati ematologici della provincia.

La condizione dei 1464 talassemici trapiantati (prevalentemente bambini) non è nota.

I dati, richiesti ripetutamente dal sottoscritto e dal Presidente della Provincia sen.Ucchielli, non sono stati mai forniti.

Una ricerca fatta dal premio Nobel Thomas (pubblicata nel ’94) su 30 trapianti realizzati dal ’81 al ’92 (!) negli USA ( in 30 centri trapianto!) dà una sopravvivenza del 57% (da 2 mesi a 10 anni dall’intervento).

E’ possibile che i risultati pesaresi siano migliori; nel mondo però il trapianto continua a essere considerato, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, terapia secondaria rispetto a quella tradizionale che offre maggiore aspettativa di vita ed è in genere riservata a soggetti che non rispondono più alle terapie tradizionali.

La conoscenza della condizione dei 1464 trapiantati rimane quindi fondamentale per valutare sia l’efficacia della nuova terapia rispetto a quella tradizionale, sia la validità di una proposta, la “Scuola internazionale di talassemia” e la conseguente trasformazione dell’ospedale S.Salvatore in istituto di ricerca, per la quale il governo Berlusconi non aveva tirato fuori una lira, ma sulla quale la destra aveva imbastito una campagna propagandistica di non poco conto.

 

Altri dati:

-          Gran parte della spesa farmaceutica dell’ospedale S.Salvatore è stata destinata per molti anni

      a ematologia (per i trapianti)-

-          Il trasfusionale abusivo del reparto, affidato operativamente a biologi, non era in regola:

-          verrà messo a norma nel ’92 dopo una denuncia del biologo Massimo Valentini, il quale

      verrà poi allontanato dal reparto.

-      Presenza di un laboratorio fuori del controllo di quello centrale.

-      Lontananza dalla rianimazione  (ogni trapianto è a rischio della vita).

-         Sala espianti fuori regola per mancanza di aspiratori. Viene messa a norma dopo la battaglia del portantino

     Claudio Guiducci, che aveva esami alterati,  segno di sofferenza renale da gas anestetici.

 

Sia Valentini che Guiducci verranno più o meno esplicitamente accusati di essere i colpevoli dei nove morti di epatite virale fulminante avvenuti alla fine del ’97, primi del ’98 nel reparto diretto dal dott.Lucarelli.

Claudio Guiducci, non reggendo l’accusa, si suiciderà dichiarandosi innocente.

Per capire tutto ciò passiamo all’ultima sperimentazione.

 

TERAPIE CELLULARI (Dal ’95)

 

In quegli anni le richieste di Ematologia alla farmacia dell’ospedale per i reagenti destinati alla produzione di cellule dendritiche sono consistenti. Si ha anche la pubblicazione, da parte del responsabile della ricerca, Dr. Delfini, di un lavoro in proposito, dichiarato “in vitro”. Le cellule dendritiche aumentano la reattività immunitaria e si ipotizza possano essere utili per scatenare la reazione dell’organismo contro malattie, quali le leucemie ad esempio.

Per comprendere il possibile nesso fra cellule dendritiche e morti di epatite bisogna sapere che abitualmente fra 100 contagiati di epatite virale di tipo B ne muore solo uno di epatite fulminante, mentre nel reparto ne sono morti 9 su 11, cioè quasi il 90%, una percentuale scientificamente inspiegabile.

Per capirne di più bisogna sapere che il meccanismo per il quale l’organismo si libera della malattia non è diretto al virus, ma alla cellula epatica infettata.

La reazione immunitaria distrugge l’epatocita infetto conducendo così a guarigione il soggetto. Quando la reazione immunitaria è eccessiva, il fegato viene distrutto massivamente e si muore per epatite fulminante. In natura ciò avviene, ripetiamo, nell’un percento dei casi. In alcuni casi non si ha reazione e si diventa portatori sani.

La commissione ministeriale che ha indagato sui decessi ha parlato di morti spiegabili solo da una esaltata risposta immunitaria.

Dunque: norme prese spesso sottogamba + situazione ambientale compromessa (il virus epatite era stato trovato addirittura nell’azoto liquido) + esaltata risposta immunitaria + esperimenti con le cellule dendritiche che esaltano la risposta immunitaria = non è forse lecito pensare che le cellule dendritiche sono state sperimentate non solo in vitro, ma anche in vivo?

 

Dr. Claudio Mari (Consigliere Verdi della Provincia di Pesaro )

 

-Se l’Uomo divenisse cavia della Sanità Pubblica, il S.S.P.N. inevitabilmente imboccherebbe

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