La
solitudine del piacere. Scritti sulla masturbazione
di Lutkehaus
Ludger
editore Cortina
Raffaello
collana conchiglie
Prezzo
|
19,63 |
Dati |
262 p. |
Anno |
1993 |
"La masturbazione è l'unico
atto sessuale che abbia in qualche modo a che fare con la
cultura, perché nasce interamente dall'immaginazione
". Con le parole di un giovane Alberto Moravia,
Ludger Lutkehaus apre la sua lunga introduzione
all'antologia di testi scelti e ordinati per costruire
una storia del discorso sulla masturbazione.
Autoerotismo, onanismo, autodisonoramento, flagello,
vizio, peccato, crimine, abuso di sé, autostupro...; si
potrebbe proseguire con un elenco quasi interminabile di
espressioni usate negli ultimi tre secoli per indicare la
masturbazione, ma termini positivi come
autosoddisfacimento non vengono mai pronunciati.
Lutkehaus parte da questa semplice considerazione per
tracciare un percorso cronologico e interpretativo del
fenomeno onanistico, dagli albori del libro della
"Genesi" (il povero Onan si macchiò invero di
coitus interruptus piuttosto che di vizio solitario...),
all'inquisizione antionanistica vera e propria dei secoli
XVII e XVIII, alla medicalizzazione normalizzante del
secolo XIX fino all'approdo psicoanalitico contemporaneo.
Percorso tormentato, fitto di castighi e pentimenti,
processi e condanne, sofferenze e distruzioni
testimoniate dalle pagine di autori e discipline
diversissimi: Kant e Rousseau Holderlin e Tissot, Kleist
e Freud Tolstoj e Twain, Mann e Flaubert, Nietzsche e
Schopenhauer... A trattati medici e saggi filosofici,
epistolari e confessioni, relazioni e atti congressuali,
si aggiungono brani di letteratura d'invenzione, fiction
e non fiction. Il curatore raccomanda però di non
discriminare, "di non istituire tra loro alcun
confine dal momento che le forme e le esperienze della
letteratura ... spesso rappresentano unicamente dei
percorsi antionanistici, per così dire, incarnati, così
come questi ultimi, inversamente, si rivelano in misura
estrema pura 'fiction', 'fantascienza',
'fantamorale'". Cosa si vuole dimostrare? Se
recente, o recentissima, è, secondo Lutkehaus, la
rimozione del tabù legato all'onanismo, non molto
lontana è però anche la sua costituzione. l brani
scelti, Genesi a parte, iniziano col binomio illuminista
Tissot-Rosseau; è del 1760 la pubblicazione del
"Traité sur 1'onanisme" del primo, nascono
rispettivamente nel 1761 e nel 1762 la "Nouvelle
Heloise" e l'"Emile". E prima? Havelock
Ellis (Psychology of sex) afferma che nell'antica
civiltà greca anche alcuni dèi, Pan per esempio, non
disdegnavano l'attività autoerotica, la scuola cinica ne
propagandava addirittura i vantaggi, e perfino i
cristiani del primo millennio avevano tanti e tali
eccessi sessuali da combattere che davvero non attiravano
nessuna attenzione le manifestazioni di sesso solitario.
Fu solo dopo la Controriforma che moralisti e medici
cominciarono a esibire preoccupazioni e sdegni. Cosa è
dunque successo in Europa all'alba dell''Aufklarung'? In
uno scenario di prorompente ragione illuminata, alle
fobie magico-eretiche della Chiesa controriformata si
sostituisce l'ordine normalizzatore e classificatorio
della medicina di stato, istituzionalizzato alla fine del
secolo dalla ben nota 'Medizinsche Polizei'. La nuova
medicina illuminata è diventata l'erede legittima delle
tecniche e delle strategie di potere che originariamente
appartenevano alla religione e alla filosofia morale. Il
religioso in quanto struttura del potere e dell'esercizio
del comando non è scomparso, è semplicemente
trasmigrato.
E non basta: al danno che la masturbazione provoca al
corpo borghese sottraendogli salute e fluidi preziosi, si
affianca il motto aristotelico, restituito a nuova vita
durante la rivoluzione industriale, che l'uomo è un
animale sociale. L'onanismo è certamente un atto contro
natura. Spreca preziose energie vitali. Non produce e non
riproduce. Ricerca il piacere per se stesso. A tutto
questo l'onanismo aggiunge il danno gravissimo di non
comunicare, di essere fondamentalmente atto asociale se
non antisociale. Le presunte conseguenze fisiche della
masturbazione, come sostiene Thomas Laqueur
("L'identità sessuale dai Greci a Freud"),
finiscono quasi con l'apparire un effetto secondario
della sottostante patologia sociale. Se così fosse, nel
vizio solitario l'accento deve forse battere non tanto
sul "vizio", inteso come l'appagamento di un
desiderio illegittimo, quanto sul "solitario",
ossia sul desiderio sano, che si ripiega su se stesso,
pervertendosi. Fra le molteplici spiegazioni di teologi e
filosofi prima, di moralisti, medici ed economisti poi,
il percorso dell'autoerotismo si snoda tra le tappe della
tentazione, del peccato, dello spreco e infine del
delitto. La battaglia illuminista per liberarsi dalle
superstizioni e dalle paure in realtà non fa altro che
trasformare le antiche punizioni, gli anatemi divini, in
conseguenze scientificamente mostrate dai danni del corpo
fisico, e ragionevolmente accertate dalle offese al corpo
sociale. Chi sono dunque questi illuminati ma fanatici
persecutori del vizio solitario, e perché si attribuisce
loro tanta fiducia? Lutkehaus sorvola su questo
argomento, ma val la pena di ricordare che i precetti
antionanistici non si presentano mai isolati in un
quadretto a parte; il celebre Tissot, tanto per fare un
esempio pubblica contemporaneamente al "Traité sur
l'onanisme" un altro saggio, l'"Avis au
peuple", autentica bibbia prescrittiva di
comportamenti non solo sessuali, ma igienici, alimentari,
familiari e perfino professionali per milioni di sudditi
dell'impero asburgico: come non credergli? Michel
Foucault suggerisce di non cercare più il potere nei
suoi ambiti tradizionali; con la nascita della clinica,
l'emarginazione della follia, la creazione di carceri,
ospedali, collegi e caserme finalizzate alla creazione di
corpi docili, il Settecento apre la via all'ossessione
del catalogo, della classificazione, della produzione,
dell'ordine, dell'esclusione e della reclusione del
"diverso". Il potere, frammentato e
onnipresente, si annida ormai tra medici e magistrati,
avvocati e pedagoghi, psichiatri e sessuologi. Niente
più lebbrosi, streghe, eretici, esorcisti e ciarlatani;
da ora in poi, solo patologie e sprechi. Il viaggio del
povero onanista, non più creatura diabolica ma semplice
malato improduttivo, migra cosi dalle spire infernali
alle camicie di contenzione delle case e dei collegi
borghesi o, per i poveri, ai calderoni stregoneschi degli
ospedali ottocenteschi, fino ad approdare al lettino
dello psicoanalista in tempi più recenti. Lutkehaus non
sottolinea il contesto politico e sociale in cui queste
verità possono ormai essere dette, ma insiste nel
mettere in evidenza la teleologia comune a ogni
trattamento e a ogni epoca: la rimozione del fenomeno.
Sembra poi eccessiva la costanza del curatore
nell'indicare intenti repressori anche dove potrebbero
apparire spiragli per interpretazioni meno definitive.
Lutkehaus non mette neanche in discussione la
possibilità che una letteratura come quella dei vari
Perry e Tissot possa generare il desiderio erotico allo
scopo di controllarlo, come sostiene per esempio
Foucault, ma ribadisce che "per quanto il vizio
possa fungere da puntello nella logica
dell'autocolpevolizzazione, la repressione va presa
tremendamente sul serio". Lo testimoniano "le
grida straziate in cui si esprimono le sofferenze delle
vittime", di cui scrivono, tra gli altri, Jean-Paul
Aron e Roger Kempf; pur ritenendo la masturbazione
"uno dei più innocui, stupendi e diffusi piaceri
umani" l'autore si affianca, come testimone a
favore, il solo Mark Twain.
Delle donne non si parla, o si parla poco; nessuna
autrice è inclusa tra i prescelti dell'antologia, non si
cita neppure in nota il saggio di J.D.T. Bonneville
(curato nell'edizione italiana da Silvia Vegetti Finzi e
Andrea Michler) sulla ninfomania e sull'autoerotismo
femminile, coevo e speculare a quello di Tissot.
Lutkehaus se la cava dicendo di aver già parlato in
altra sede della dichiarazione di indipendenza sessuale
del movimento femminista, anche se non si tratta proprio
della stessa cosa.
Ora, dopo migliaia di relazioni mediche, scientifiche e
sociologiche, attraverso dati che svelano implacabilmente
le nostre abitudini e i nostri segreti sessuali, sappiamo
che la stragrande maggioranza di uomini e di donne si è
sempre masturbata, ha sognato, immaginato, goduto senza
per questo generare una società di morti viventi.
Assolti dalla scienza e dalla statistica, possiamo
ottimisticamente suggerire a Lutkehaus, e in caso anche a
noi stessi, di rileggere con sollievo le parole dello
Zarathustra nietzscheano: in definitiva, la voluttà è
più profonda della sofferenza.
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