L'EROS NELLA PITTURA E NELLA SCULTURA

Tutta l'arte occidentale ha avuto un solo culto: quello del corpo. Dalle statue greche fino alla fotografia di oggi. All'inizio, però, il nudo era solo maschile. In Grecia gli dèi, gli eroi e gli atleti venivano rappresentati assolutamente senza veli, scolpiti nel marmo in tutta la loro perfetta nudità, mentre le dee, persino Venere, avevano al massimo il seno scoperto. Con la fine dell'era pagana le cose cambiano. Poco per volta sono le rappresentazioni femminili a costruire l'immaginario erotico, anche se artisti e committenti non rinunciano alla bellezza maschile dipingendo o scolpendo splendidi ritratti di giovani nelle vesti di San Sebastiano, David o Ganimede. Il Rinascimento, che recupera gli ideali classici, è una vera fucina di nudi: maestri indiscussi dell'erotismo sono Correggio e Tiziano. Le loro immagini di Danae e Venere, contese da re, imperatori e cardinali, erano talmente vere e carnali che spesso venivano coperte da drappi sollevati solo in occasione di visite speciali e private. Tiziano dipinge una lunga sequela di Veneri e Correggio addirittura una serie degli "Amori degli dèi". Nel Seicento il maestro dell'eroti-smo trionfante è il fiammingo Pieter Paul Rubens. Una delle immagini più celebri della felicità dell'amore è la sua "Venere in pelliccia", il ritratto della moglie sorpresa nuda, come appena uscita dal bagno, sotto i drappi di una pelliccia scura, sensuale e ambigua. Nel secolo galante, il Settecento, sono soprattutto i francesi a dettare l'iconografia dell'erotismo. Francois Boucher diventa il pittore del re di Francia anche per quella sua speciale abilità nel dipingere morbidi fondoschiena femminili: i suoi quadri, che siano "trionfi di Venere" o "riposi di Diana", sono in realtà pretesti per ritrarre floride cortigiane e amanti del re. Il suo connazionale Jean-Honoré Fragonard non è da meno nello spogliare le donne, ma la sua immagine più erotica è paradossalmente "L'alta-lena": in un giardino d'Arcadia una donna vestita di tutto punto si fa spingere all'altalena da un corteggiatore mentre lei, birichina e ingenua Lolita, fa cadere una scarpetta di seta, scoprendo il piede e il pizzo della sottoveste. In Spagna, invece, il nudo è rigorosamente proibito: esistono solo due immagini. Una è la splendida "Venere allo specchio" di Velazquez: chi guarda ha l'impressione di entrare, non visto, nella stanza dove giace una bellezza italiana (l'amante di Velazquez quando soggiornò a Roma) e di sorprenderla di spalle. Ma poichè la donna si sta ammirando allo specchio, il suo sguardo incrocia quello di chi guarda, smascherando così il nostro voyerismo. Il secondo capolavoro erotico è la "Maja desnuda" di Goya, commissionato all'artista spagnolo da Manuel Godoy, il favorito della regina che non disdegnava i favori di altre bellezze e conservava il quadro nella sua stanza privata. Nell'algido perido neoclassico Antonio Canova farà comunque la sua parte fermando nel marmo i fremiti di "Amore e Psiche" nel momento in cui le loro labbra si avvicinano. Ma ancora, per quanto audaci fossero le immagini, non si era mai osato rappresentare un dettaglio: il pelo pubico. Ci penserà Gustave Courbet, nell'Ottocento, con il suo scandaloso primo piano detto, con un eufemismo, "L'ori-gine del mondo". Un'immagine tanto audace almeno quanto lo fu, nella Vienna fine secolo, la "Danae" di Klimt. La pioggia d'oro, mescolata a bianchi fili di spermatozoi, che scendeva fra le gambe di una "femme fatale" dai capelli rossi, sfidava il rigido perbenismo di una società che aveva scoperto le nevrosi e le ossessioni erotiche grazie a Freud.

 

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