Mamma li celti! Tra Henry Potter e Conan

di Silvio Cinque

Con il film "Il signore degli anelli – La compagnia degli Anelli" di Peter Jackson si è conclusa domenica 10 agosto, la settimana dedicata alla Fantasy. La fortunata iniziativa che la Interpromo organizza ormai da due lustri, dedicandola di volta in volta al genere poliziesco  ed ai suoi illustri rappresentanti, ha avuto quest’anno l’esordio di questo nuova iniziativa. La biblioteca Appia, come di consueto ha partecipato con un punto lettura e prestito discretamente seguito. Rispetto agli anni scorsi, nei quali i e le rappresentanti il genere giallo-poliziesco-mistery-crimi erano anche scrittori e scrittrici, si pensi alla Christie o a Simenon o Doyle e Chandler, la monografia dedicata ad Hitckock ha avuto una certa flessione di lettori dovuta soprattutto al fatto che la produzione culturale del nostro è stata soprattutto di tipo cinematografico. Moltissimi dei suoi film, da Rebecca a gli Uccelli, da Teverna Jamaica a la Finestra sul cortile sono tratti da romanzi e racconti famosi della Du Murier, per esempio, ed hanno avuto sceneggiatori del calibro di Chandler. Tuttavia non essendo legato direttamente alla letteratura e non coinvolgendo quel mondo ricchissimo che attiene ai visionari delle scritture, piuttosto che a quelli delle immagini, il prestito dei libri è stato relativo. A supplire infatti sono stati i moltissimi prestiti dei film, alcuni dei quali introvabili ed in possesso delle Biblioteche. Questa è in definitiva l’analisi riconosciuta da Silvia Bazzocchi la responsabile della Biblioteca. Questi i dati dei movimenti relativi alla Biblioteca: Presenze nello stand: 865 con 168 prestiti di libri e 108 di VHS. Rispetto all’anno scorso dove si sono avute 1800 presenze una bella differenza!. Diversa è la valutazione di Paola Livraghi della Interpromo che rileva una presenza di circa 800 persone al giorno con punte fino a 1000 nei giorni festivi corrispondenti ai filmati "più interessanti".

Lo splendido scenario della passeggiata Rivaldi-Belvedere Cederna, con i suoi strepitosi anche se bollenti tramonti sui Fori, ha fatto da sfondo.

Per quanto riguarda la rassegna Misteri d’estate, segnalo volentieri un libro del Brasiliano C. F. Abraeu. Il libro è "Dove è finita Dulce Veiga?" per i tipi della Zanzibar. Da tempo e per scelta la casa editrice propone scrittori e scrittrici provenienti da paesi e realtà culturali tra le più diverse: dall’Africa all’America Latina. Il 13mo scrittore della collana è appunto il brasileiro Caio Fernandez Abreu. Tra classici ormai entrati a buon diritto nella "buona letteratura" il libro di Abreu è una piacevole sorpresa per molti punti aspetti. La capacità descrittiva e narrativa indulge talvolta all’uso suggestivo del flashback, ma non toglie niente ad una scrittura appassionata e intrigante, ricca di digressioni e citazioni letterarie che indicano lo spessore e la valenza dello scrittore, drammaturgo e romanziere come del resto testimonia la 4. di copertina. In realtà a sorprendermi sono stati vari spunti del libro: non è un giallo classico, così come vuole la tradizione con tutte le componenti necessarie ed obbligatorie; lo stile di scrittura è avvincente e personale, molto personale; il protagonista è un giornalista spiantato e  malconcio, probabilmente sarebbe simpatico ad Hammett, che un bel giorno trova lavoro in un giornale. Niente di strano se non fosse che siamo in Brasile e trovare un lavoro, fisso, sicuro e pagato è già quello un miracolo.La sua unica dote, e ben spesa alla fine, è il fatto di avere una certa età, oscillante tra i quaranta ed i cinquanta, anche se sconcertata dalla scoperta recente di un pelo bianco sul petto. Ma soprattutto è un sognatore senza essere un idealista e per me, dogmatico sessantottino, è veramente un fatto curioso ed affascinante. Sarà l’età della sua generazione che lo porterà ad affrontare il compito difficile ed arduo di scoprire dove sia finita Dulce Veiga, la cantante dalla voce da Blade Runner sparita ormai da venti anni. É la sua età che lo riporta indietro in una recherce che è anche un ritorno di gioventù, un esame di coscienza ed una rivisitazione del proprio tempo passato. La ricerca descritta con la suspance e la carica di atmosfera che ogni ricerca ostacolata e fuorviata impone, trascorre attraverso la città descritta in tutta la sua drammatica e colorata intensità. Il mondo di Abreu è un mondo di vincenti e perdenti mescolato da musica e colori, lunghi silenzi e spazi di disperazioni in cui questi ritorni di immagine accentuano stati depressivi e momenti di autoreferenziale affermazione. Con l’aggiunta, e lo dico sapendo di non commettere un lapsus provinciale, di una descrizione netta ed esplicita della vita erotico-sentimentaledel protagonista: un bisessuale vissuto e molto sofferto. Non c’entra nulla il Brasile, o forse sì?, ma credo sia la capacità di apprezzare la vita in tutti i suoi più molteplici aspetti che porta il giornalista incontro a situazioni tra le più intense e bizzarre. Dove sia finita Dulce Veiga è un viaggio magnifico e terribile tra favelas e condomini popolosi e decadenti, tra ville trash ed il mondo un po’ folle ed un po’ cinico della musica. La frase che più mi è piaciuta, detta dal direttore del giornale, è: -Scrivere ha di questi misteri. All’improvviso, senza che te lo aspetti, un giorno riesci a risvegliare qualcosa che vive dentro a molta gente-.

L’ultima parte dell’iniziativa, partita il 17 luglio e conclusasi l’8 agosto è stata dedicata al genere "Fantasy". A mancare l’appuntamento bibliografico questa volta sono state proprio le Biblioteche di Roma che il 4 sera avevano già chiuso ed impacchettato la rappresentanza.

É mancato così un chiaro e necessario riferimento alla tradizione bibliografica giustamente deputata alle Biblioteche di Roma.

A questo punto credo sia doveroso spezzare un’ascia bipenne in favore della fantasy. Doveroso perché credo attenga alla difficile professione del bibliotecario mettere le mani anche là dove non si vorrebbe: vecchi fondi ammuffiti dall’incuria e dal pressappochismo; sezioni e generi visti con un certo snobistico sospetto e relegati a graduatorie e classifiche che spesso hanno il difetto del pregiudizio o del giudizio tranciante ed affrettato. Doveroso perché attiene alla capacità di ognuno di noi di avere quell’elasticità mentale che consente di fare balzi e balzi, magari non in avanti, ma in alto dove visioni e prospettive assumono caratteristiche diverse, mutano i paesaggi e le dimensioni, le geografie, le mappe, gli orizzonti. Senza bisogno di essere draghi o aquile, basta essere un bambino, magari interessato al piccolo mago Potter, e tutto il nostro bel mondo accertato e organizzato si trasforma in altre cose. Se tutto è possibile allora lo sarà per tutto anche per ciò che chiamiamo con una certa malcelata benevolenza fantasy, fantascienza, giallo, rosa, nero. I generi della letteratura seguono comode classificazioni, ma trascurano tanti aspetti: i lettori e le lettrici che ne fanno larghissimo utilizzo, non solo come svago e divertissement e la conoscenza che ne esce arricchita o comunque stupita e, perché no, divertita. A chi mi dice che la fantasy è un genere di "destra" perché finisce per riportarsi a modelli e simboli cari a certa appartenenza politica, dico e senza mezzi termini, che non è degno di una persona curiosa intelligente e coraggiosa come dovrebbe essere il/la bibliotecaria/o aggrapparsi a questi orribili dogmi per i quali se non la damnatio memoriae, ma roghi e roghi veri hanno già fatto ampi e per fortuna non definitivi, danni. Ecco perché auspico ci sia nel prossimo anno la presenza intelligente e conoscente della Biblioteca alla prossima edizione, e spero ce ne siano tante, di Misteri d’estate.

Nell’introduzione al programma, curata da Roberto Genovesi, viene presentata la fantasy nella sua evoluzione multimediale e trova la sua più alta espressione nella  più moderna ed ultima forma d’arte del nostro tempo: il cinema. Ma ancora una volta, da Bibliotecario convinto, debbo ritornare alla fonte della conoscenza e della civiltà, almeno occidentale. Distrutta la biblioteca di Bagdad, criminalizzata ogni forma di raccolta libraria che attenga al mondo del divino e dell’ermeneutica, (per esempio le biblioteche balcaniche e dei conventi yugoslavi; la biblioteca palestinese di Beirut, o quella di Kandahar) sembra difficile ritrovare altri luoghi al di là dell’occidente che smentiscano questa affermazione geografica. Tuttavia non posso non ricordarmi delle Mille e una notte o della epopea di Gilgamesh o quella giapponese di Genji il principe splendente. Mi urge dunque tornare al libro, il principio e la fine di tutta la dignità umana evoluta in espressione. E mi confortano i moltissimi riferimenti che anche attraverso la rassegna cinematografica qui dedicata, è possibile individuare E così da Chrètien de Troyes a Howard e Sprague Le Camp da Ende a Tolkien, ai fratelli Grimm è tutto un riferirsi a vecchie e cari amici della compagnia della carta.

I supporti cambiano, si scrive in digitale, le storysbord hanno impaginazioni e grafiche che farebbero impallidire il più futuribile dei creativi postmoderni, ma al dunque, quando si vuole vedere un buon film si finisce sempre per leggere ... un buon libro. Con tutto il rispetto e l’ammirazione per registi come Jordan o certo Scott, Milius o Donner. Credo dunque che un buon regista, visionario e multiforme, sia oltre che un attento lettore anche un discreto scrittore. Ma mi soffermo ancora all’introduzione dell’ottimo Genovesi. La fantasy riporta alla tradizione orale, ai valori della tradizione, ai valori più alti che affondano nella notte dei tempi in archetipi  e stereotipi. I simboli, più o meno oscuri sintetizzano questo continuo rimando: anelli, coppe, piatti d’oro, spade sono i mezzi simbolici attraverso i quali è possibile comunicare con questi valori. Paradossalmente la tradizione è per sua natura conservatrice ed è molto gelosa sia delle forme che dei contenuti delle proprie espressioni. Sarebbe impensabile una danza di mamutones, il rito dei serpari cocullesi o una liberatoria taranta salentina senza quei tradizionali strumenti che le hanno portate fino a noi.

E se, giustamente gli artisti, sfidando gli scandali dei più esigenti, si esprimono in maniera più moderna subito si affrettano a chiarire che il percorso e la ricerca del mezzo espressivo nulla tolgono al reale contenuto dell’espressione stessa. Ecco allora che miti e tradizioni antiche giungono fino a noi non più attraverso i canti  degli aedi o la penna d’oca dei poeti, ma attraverso mezzi più adeguati alla nostra comprensione. Permane tuttavia la voglia di raccontare, di esprimere e di evocare. A metà tra il sogno e l’astrazione, la fantasy invita verso mondi e tempi che permangono in noi con una sorta di nostalgia inspiegabile, indefinibile. Di fronte a verità d’ordine superiore, la cui provenienza e natura invocano il piacere del dubbio, ci viene in aiuto ancora una volta l’affermarsi e l’evolversi di alcune nuove discipline quali l’antropologia culturale e la sociologia comparata, collaborando ad una visione più articolata di quella fenomenologia che riguarda il mito e i suoi derivati. Si arriva così a conoscere una componente più complessa della struttura storica delle società permettendo altre interpretazioni e quindi altre fantasy. Se è vero come scrive Genovesi che il processo di comunicazione di questi valori non si è mai interrotto e che è dunque felicemente evoluto nelle espressioni "multimediali" non c’è tuttavia bisogno di scomodare un filosofo quale Guinon, amico di Evola, per sottolineare queste "verità d’ordine superiore", "questi valori più alti". Infatti i riferimenti citati da Genovesi non sembrano essere le sole verità ed i soli valori più alti. Sono convinto che nella attuale situazione Ida Magli non mi verrebbe in aiuto, ma ricordo volentieri alcuni suoi libri in cui, fino a qualche anno fa si affannava a dimostrare l’esatto contrario. Perché mai la civiltà moderna, in un confronto sempre più serrato tra certi valori tradizionalmente riconosciuti ed altri tradizionalmente ignorati, dovrebbe scegliere di rifugiarsi nella pura materialità? c’è un mito bellissimo di Platone, quello dell’Androgino,  che spiegherebbe perché gli uomini e le donne si cerchino e si attraggano in una vana ricerca di totalità.  Non credo pertanto che la civiltà moderna si sia sviluppata soltanto su valori puramente materiali. Forse che Luciano di Samosata, più di 2000 anni fa, quando sognava nelle sue "Storie fantastiche" di volare od essere invisibile  non tentava di alleviare le pene di una vita certo molto più dura e difficile di quella di oggi? Forse che l’epopea dei Nibelunghi o l’Odissea stessa dello pseudo Omero non esaltavano un ritorno ad un mondo che evidentemente non c’era più o non c’era mai stato. La tradizione, i valori più alti. Forse la tradizione italiana si è inspiegabilmente fermata all’Ariosto o al Pulci, ma si continua ad ignorare almeno un aspetto fondamentale. Cioè l’espressione letteraria che lascia spazi e spazi anche alle interpretazioni più azzardate e non per questo meno legittime. Si pensi al filone Fantasy legato al femminismo americano dove si tracciano e si interpretano valori diversi da quelli citati ad esempio. La saga di re Artù trova nella Mary Stewart o nel ciclo di Avalon della Bradley una interpretazione altrettanto valida di Excalibur  che racconta l’antico ciclo di re e delle sue leggendarie spada e tavola rotonda. Ma perché mai l’unico elemento negativo dovrebbe essere Morgana, depositaria al pari del fratello Merlino, delle più alte ed antiche tradizioni druidiche?. La lotta tra Merlino e Morgana è una lotta di poteri e di tradizioni "alte", ma diverse. Quella che Artù Pendragon intraprende alla morte di Uther (?) è una lotta più vicina alla nostra concezione moderna: è una lotta per l’unità della popolo contro la dissoluzione in comode, deboli e private signorie locali, è l’idea di nazione contro l’idea del feudo, è la concezione democratica, anche se attribuita ad un primo tra pari, di un costituzione comune, di un parlamento comune (la tavola rotonda, non è detto debba essere per forza pentagonale).

Non si può pretendere che un poema dell’anno mille concepisca il tutto senza l’ausilio delle armi, di cavalieri più o meno nobilitati, ma certo è che l’epopea di Artù, scritta in epoca di grande "confusione", traccia le linee di un concetto di stato e nazione a noi molto vicini. In Conan i valori Howardiani e soprattutto quelli di Sprague Le Camp sono elementari e semplici, affondano nell’esaltazione dell’uomo essenziale, di validi e semplici principi: fedeltà, fierezza e devozione, con sentimenti di amicizia e di amore semplici e forti. Il dio del cimmero è legato al segreto dell’acciaio che porterà la distruzione della famiglia di Conan e dunque alla sua vendetta. La vendetta in nome di Crom riporterà l’equilibrio nella realtà deturpata da una nuova sanguinaria, illusoria religione. Anche qui il conflitto è tra antico e moderno, in un epoca in cui non c’erano più gli dei e non c’era ancora nient’altro. Conan, anche se in maniera rozza, fa da tramite tra due grandi assenze: quella divina che diventa mito e quella umana che diventa storia. In Lady Hawke c’è l’amore, il giuramento di amore eterno che unisce al di là della forma. Ma anche qui cattivi preti predicano cattivi valori, preti troppo umani si scontrano con i propri limiti e fanno danni imperdonabili. Al vescovo eccessivamente secolare si antepone il frate e le sue semplici erbe.

La restituzione dei geti della lady falco restituisce alla coppia, lady Isabel e capitan Navarra, la loro giusta, ma mitica umanità. Legend è tutto giocato sui miti greci e nordici. L’unicorno che scompare lascia il posto all’ingegno ed all’astuzia dell’uomo che trionfa su un demone un po’ troppo cattolicizzato. Labyrinth è insieme alla Tigre ed il Dragone (la lotta e l’armonia tra yin e yan), ma Lucas di Guerre Stellari l’aveva già anticipato, un esempio, l’eccezione che smentisce le affermazioni precedenti, di operazione commerciale al contrario: dalla sceneggiatura del film si trae il libro, questo ovviamente a scapito del libro ed al suo linguaggio più immaginifico che astrattivo. Comunque Labyrinth è la storia di una crescita. Sarah diventa adulta cercando il fratellino rapito, ceduto a Jarret re degli gnomi. La ricerca del bimbo nel labyrinto del regno di Jarret è il percorso  evolutivo da adolescente ad adulta, una splendida adulta: Jenifer Connely. Willow o de l’amicizia: Le sembianze non fanno testo se sei coraggioso, pietoso e generoso sei un gigante, anche se sei alto un metro soltanto. Non manca il drago a ricordarci l’aspetto atemporale della storia. Momo è l’empatia, la capacità di sentire gli altri: una dote demiurgica, di guaritrici e mistici. Momo sente gli altri ed il suo sentire, patire, soffrire per loro è la via della loro guarigione. Ma chi guarisce Momo?  In compagnia dei lupi è una audace interpretazione quasi "propperiana" della favola di Cappuccetto rosso. Anche qui la metafora non necessariamente implicita, è quella della crescita inevitabile da bimba a donna. Qui l’eros è la componente fondamentale che rivendica i valori umani ed animali rispetto a quelli mitici dell’asessualità fiabesca. Il signore degli anelli è la lotta contro il potere in nome del quali il nano Blumir ....Il potere. Quali "tradizioni alte", quali valori superiori eterni e mitici  rimanderebbero questa tentazione? La società moderna si è rinchiusa cinicamente in una forsennata maledizione del possesso e del consumo, sprecando energie per accumulare angosciosamente ciò che consuma in fretta in una corsa cieca e forsennata.  Ma siamo tuttavia lontani da una seppure lontana rivisitazione camusiana del mito di Sisifo. Potere, amore, amicizia è dunque tutto qui quello che l’umanità, sognando, riproduce nel genere e nella forma letteraria e cinematografica chiamata Fantasy? Dalla programmazione della rassegna sembrerebbe di sì. Dalla moderna letteratura citata sembrerebbe di no. E per fortuna, perché i valori alti citati da Genovesi sembrano rimandare solo a quelli della mitologia o certa mitologia nordica. Purtroppo sappiamo dove questi valori, in epoca non molto lontana, hanno portato. Non è pertanto sufficiente limitarsi soltanto a certe concezioni di patria, onore e la famiglia. Ancora una volta ci viene in aiuto la letteratura e se è possibile anche la...Biblioteca. Dobbiamo dunque avere paura dei celti ?

Alla parola chiave fantasy l’opac delle Biblioteche risponde indicando 1602 titoli tra libri e video. Tolte le ripetizioni soggette a piccole differenze, quello che è importante per la ricerca è il fatto che il genere fantasy e fantascienza, la parola li accomuna!, sia presente in quasi tutte le biblioteche.

di Caio Fernandez Abreu:

http://www.musibrasil.net/archiviohttp://www.dweb.repubblica.it/archivio_d/1996/10/01/attualit/dalmondo/014pao1914.html/Due/MartediGrasso.htm

di Guenon:

http://www.geocities.com/Athens/Olympus/6445/

di Ida Magli:

http://www.altrosenso.info/paroleM3.htm

http://media.supereva.it/uomini.freeweb/books.htm?p

Sitografie fantasy

In questo sito c’è tutto o quasi, ovviamente

http://www.terra-di-mezzo.it/index.htm

Bradley

http://spazioinwind.libero.it/shanna/fantasy4.htm

http://psico.univr.it/germano/fantasy/darkbib.php

http://www.sira.it/DARKLAVA/default.asp

http://www.vivoscuola.it/us/rzzmhl8737/fse/MZB.htm

Le Guin

http://www.fantascienza.com/edf/profili/leguin-000.html

http://www.intercom.publinet.it/ic13/ilmago.htm

http://www.batini.com/dada/comodi06.htm

Kerr

http://www.immaginario.net/biblio/biblio-rece-kk.htm

Rowling

http://www.infinitestorie.it/frames.speciali/FormSpeciale.asp?ID=13

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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