DA - LA REPUBBLICA. La procura della capitale apre
un fascicolo senza ipotesi di reato
E Marzano nomina 9 esperti per esaminare la gestione
della rete
Blackout, aperte tre
inchieste
In arrivo decreto del governo
Accolte le richieste di Marzano per sbloccare le
nuove centrali
ROMA - Un decreto legge che integri le
cosiddette norme sblocca-centrali, e tre inchieste: una
della procura di Roma, una istituita dal ministro delle
Attività produttive, Antonio Marzano, e un'istruttoria
che sarà avviata dall'Authority per l'energia. Per
capire come è stato possibile che tutta l'Italia sia
andata in blackout per quasi dodici ore. E scongiurare
che avvenga di nuovo. Il bisogno di chiarezza ha occupato
l'apertura del Consiglio dei ministri. Dove, spiega una
nota, si è riscontrata "la necessità di adottare
tutte le misure valide per un deciso rilancio della
politica energetica e per l'ammodernamento della rete
distributiva e di interconnessione con l'estero".
Senza escludere "l'emanazione di un decreto legge
che integri le norme sblocca-centrali e le altre misure
per lasicurezza del settore elettrico".
In quanto alle inchieste, la commissione istituita dal
ministro Marzano avrà il compito di ''esaminare la
gestione del sistema elettrico del 27-29 settembre".
Il procuratore capo di Roma, Salvatore Vecchione, ha
annunciato l'apertura di un fascicolo per il momento
senza ipotesi di reato. Quattro i punti che la
commissione (entro trenta giorni) dovrà affrontare:
l'equilibrio di domanda e copertura, le interconnessioni
internazionali, il servizio di trasporto e distribuzione
e, infine, le cause, le dinamiche e gli effetti del
blackout del 28 settembre.
A capo degli esperti, il rettore del Politecnico di
Milano, Adriano De Maio. Al suo fianco, il segretario
generale di Palazzo Chigi, Antonio Catricalà; il
titolare della cattedra di "macchine" presso lo
stesso Politecnico, Ennio Macchi; il presidente del
comitato italiano del Cigre, Giancarlo Manzoni; il
direttore generale per l'energia del ministero delle
Attività produttive, Alessandro Ortis; il professore di
sistemi elettrici presso l'Università di Pisa, Luigi
Paris; il rettore della Bocconi, Carlo Secchi; il capo di
gabinetto del dicastero guidato da Marzano, Luigi
Giampaolino.
Un fascicolo sul blackout è stato aperto anche dalla
Procura della Repubblica di Roma. Il provvedimento,
firmato dal procuratore capo della Repubblica di Roma,
Salvatore Vecchione, è intestato "atti relativi
a", ovvero non contiene alcuna ipotesi di reato, ed
è stato aperto precauzionalmente, nell'ipotesi in cui
emergano elementi giudicati penalmente rilevanti. Per il
momento nel fascicolo sono stati inseriti una serie di
articoli di stampa, che riportano le notizie dei disagi
provocati dall'interruzione di corrente e le possibili
cause, tra le quali il sabotaggio, un errore umano e un
guasto tecnico.
Individuare le responsabilità penali del blackout,
però, come spiega il presidente dell'Associazione
Nazionale Magistrati, sarà "molto difficile".
"A prima vista - continua - credo che si tratti di
problemi di organizzazione più che di responsabilità
penale che, come si sa, comporta il dolo. Ci possono
essere anche responsabilità colpose, ma anche in questo
caso si tratta di ricostruire esattamente i fatti".
Sul blackout indagherà anche l'Autorità per l'energia e
il gas. Secondo il presidente Pippo Ranci, sono tre i
punti da verificare: la cooperazione con i gestori
esteri, e in particolare con quello svizzero, per capire
se le comunicazioni siano state tempestive, in una
situazione in cui "ogni minuto, anzi ogni mezzo
minuto conta". In secondo luogo, l'Autorità vorrà
capire se il blackout non sia stato evitato "per la
poca agilità a reagire, che chiama in causa la poca
flessibilità delle centrali ma anche nella
gestione". La terza domanda alla quale l'organismo
di regolazione del settore vuole dare risposta, è
"perché non sia stato possibile circoscrivere il
black out e limitarlo a una zona".
Ma mentre si cerca di capire cosa non abbia funzionato,
il paese torna alla normalità e comincia a contare i
danni. Oggi il comitato operativo della Protezione civile
ha decretato la
fine dell'emergenza: tutta la rete è stata
ripristinata, anche se rimangono delle difficoltà in
alcuni punti della trasmissione locale.
Uno di questi punti critici è la Sicilia, dove solo
nella mattinata di oggi è tornato tutto a posto. Sul
ritardo registrato nell'isola chiedono spiegazioni in
molti: la Cisl ha chiesto un incontro al presidente
Cuffaro, mentre il deputato Beppe Lumia attacca:
"Penso che il penoso scaricabarile da parte di
alcuni esponenti di governo a cui abbiamo subito
assistito non deponga a favore della credibilità, della
competenza e della serietà di una classe dirigente che
ha in mano le sorti del Paese e della nostra
regione".
Il blackout si porta dietro uno strascico di polemiche,
come è ovvio. E sono in molti a protestare per il
disservizio di cui ritengono colpevole la gestione
italiana della rete elettrica. Ad esempio la
Federconsumatori di Foggia chiede che chi ha sbagliato
paghi e per questo vuole che l'Enel risarcisca gli utenti
con 25,82 euro direttamente nella prossima bolletta. Le
denunce e le richieste di risarcimento fioccano non solo
da parte delle associazioni dei consumatori, ma anche da
quelle dei commercianti e degli artigiani e del mondo del
lavoro in generale.
DA - LA REPUBBLICA
l capo dello Stato a Parigi per l'assemblea Unesco
incontra Chirac
"Le grandi opere europee devono essere eseguite nei
tempi previsti"
Ciampi: rapporti più
stretti
tra Francia e Italia per l'energia
PARIGI - L'incontro con il presidente francese
Jacques Chirac è per Ciampi occasione per tornare sul
tema dell'energia. Il presidente della Repubblica, oggi a
Parigi per la 32esima assemblea generale dell'Unesco,
dopo una colazione di lavoro ha salutato nel cortile
dell'Eliseo il leader francese e ha auspicato
"rapporti più stretti nel campo dell'energia".
"Le grandi opere europee devono essere eseguite nei
tempi previsti - ha sottolineato Ciampi - e in questo
ambito mi riferisco in particolare alla realizzazione
della Lione-Torino e, quando necessario, anche a più
stretti rapporti nel campo dell'energia".
I due capi di Stato hanno parlato anche di crescita
economica europea: "Ho avuto modo di esprimere al
presidente Chirac tutta la mia preoccupazione per
l'economia europea, che non cresce secondo le proprie
possibilità", ha riferito ai giornalisti il capo
dello Stato, che proprio a questo proposito si è
augurato maggiore collaborazione con la Francia e con gli
altri paesi membri dell'Unione per la ricerca, la
formazione e le infrastrutture.
Nel discorso del capo dello Stato anche riferimenti alla
Costituzione europea e al ruolo dell'Unione. Ciampi ha
sostenuto che un ammodernamento della Costituzione
europea è necessario per renderla più adatta
all'allargamento a 25 membri e per una politica più
incisiva in campo internazionale, "anche in Medio
Oriente e per la soluzione del problema iracheno".
In dichiarazioni comuni sia Ciampi, sia Chirac hanno
detto che l'accordo della Convenzione presieduta da
Giscard D'Estaing va mantenuto e il testo elaborato
allora "non deve essere rimesso in
discussione". Il presidente francese si è augurato
infine che la nuova Costituzione europea sia varata prima
della fine dell'anno e che il suo testo sia il più
vicino possibile a quello redatto da Giscard D'Estaing.
DA - L'UNITA'
Black out,
nuove centrali non servono
di Gianni Mattioli - Massimo Scalia*
«Bisogna costruire nuove centrali, trasformare il
disegno di legge Marzano sull'energia in decreto da far
passare subito. Basta con le incertezze delle
amministrazioni e con i ricorsi al Tar per bloccare
l'insediamento dei nuovi gruppi di generazione
elettrica». Questo, a un di presso, il coro degli
esponenti della maggioranza e del governo appena la luce
è tornata, appena, molte ore dopo il black out,
riprendeva l'erogazione della corrente elettrica, non da
per tutto, e i servizi televisivi si interrogavano sul
primo episodio del genere che ha colpito la rete
elettrica italiana, pochi mesi dopo il black out che ha
messo in ginocchio metà del Nord America. Sullo sfondo,
tanto per cambiare, il richiamo al nucleare.
Ma che cosa è successo? Siamo di fronte
all'imponderabile e dobbiamo aspettarci altri eventi del
genere?
Uno dei primi atti del governo Berlusconi nel campo della
produzione di energia elettrica è stato il decreto, noto
appunto come decreto "sbloccacentrali",
convertito in legge un anno e mezzo fa. È ovvio che - a
proposito di futuri black out - la costruzione di nuove
centrali richiede del tempo; ma è questo il problema? En
passant è bene ricordare che il consiglio regionale del
Lazio, regione governata dalla Casa delle Libertà, ha
deliberato nel marzo scorso, con voto pressoché unanime,
la sospensione di quel decreto sul suo territorio. Il
decreto infatti, che in nome di un liberismo pezzente si
illudeva di dare il via a nuove centrali a colpi di
deregulation e al di fuori di ogni programmazione
territoriale, ha generato un'immediata richiesta di
autorizzazioni in tutte le regioni italiane di decine di
migliaia di megawatt da parte di moltissime imprese. Ma
in questo modo, non tenendo in alcun conto i diversi
problemi, non solo energetici, delle diverse aree del
Paese, andava a impattare con le previsioni di sviluppo
delle economie locali e con le scelte delle
amministrazioni territoriali; d'altro canto, le stesse
imprese della produzione elettrica si sono ben rese
conto, di fronte alla mole di investimenti necessari per
realizzare gli impianti, della precarietà delle ipotesi
di profitto. Annegare gli utenti in un'offerta di nuovi
ventimila megawatt - quelli già autorizzati dal governo
- potrebbe comportare infatti un crollo del prezzo del
kwh, e, quindi, non solo addio profitti ma anche un serio
rischio per gli ingenti capitali da investire.
Ma veniamo al cuore del problema: sono davvero necessarie
per evitare i black out le migliaia di megawatt - le
nuove centrali - che in tanti invocano?
A questa domanda abbiamo già risposto da queste colonne:
i circa 24 mila megawatt di scarto tra la potenza netta
installata e il picco della domanda costituiscono una
colossale riserva di potenza che ci dovrebbe mettere al
riparo addirittura dai "distacchi programmati"
che abbiamo sperimentato questa estate, figuriamoci dai
black out! E allora, l'Italia al buio per tutta la notte
e buona parte del 28 settembre? Pessima gestione,
all'insegna del far soldi e basta. Se, infatti, come
sostengono - almeno nelle prime interviste - i
responsabili, si tratta del venir meno dell'apporto
francese, che passa eminentemente attraverso il
collegamento svizzero (l'incidente principale sarebbe
avvenuto infatti tra Svizzera e Italia e quello
concomitante del collegamento diretto con la Francia
avrebbe avuto durata e peso di gran lunga meno
significativi), vuol dire che non si è reso disponibile,
a dire tanto, un 15% della potenza su un arco di ore -
tra le 3,30 e le 5,30 del mattino - nel quale la
richiesta di potenza è minima, massima quindi la riserva
(ben oltre i 24 mila megawatt). Il non aver saputo
gestire questa emergenza è quindi responsabilità di una
manutenzione e programmazione della riserva che ha
seguito meri criteri di profitto non coniugandoli, come
è previsto dalla legge in questi casi, alle esigenze che
garantiscono non solo il mantenimento di un servizio di
pubblica utilità, ma, addirittura la sua qualità. Più
gravi ancora, lo ribadiamo, le responsabilità
dell'Autorità dell'energia elettrica: spetta a lei,
quale regolatrice del mercato, impedire, attraverso
tariffe e sanzioni, quei comportamenti che tornano a
danno del servizio e degli utenti. Nulla è stato fatto.
E la spada di Damocle dei black out? Se le cose vanno
avanti così - massimizzare i profitti in un servizio
pubblico e colpevole assenza dell'Autorità garante -
siamo sempre esposti; anche, appunto, alle tre e mezza
del mattino, in corrispondenza ai minimi storici della
richiesta di energia elettrica in rete. Che vergogna!
Vogliamo però, da ultimo, prendere in considerazione i
farfugliamenti di qualche responsabile sulla complessità
della "rete". È vero, una rete elettrica
nazionale è un sistema complesso da gestire, per il
quale vengono usati modelli teoricamente sofisticati ed
è necessaria intelligenza ed esperienza; ma è così da
sempre, almeno da circa vent'anni, da quando modelli
matematici di gestione e simulazioni al computer vennero
presentati in pompa magna all'Accademia dei Lincei da
Enel e Edf (l'Enel francese). Si sono perse quelle
capacità e quelle competenze? Sarebbe gravissimo, un
ulteriore segno di quel declino di questo Paese che il
governo Berlusconi sta cavalcando alla grande. Vogliamo
sperare che non sia ancora così; e ricordare che al coro
di questi faccendieri della maggioranza affannati a
difendere presunti interessi dell'impresa - ai quali
danno peraltro sbocchi errati -, solo la voce del
Presidente della Repubblica ha ricordato che, se di nuovi
impianti da costruire si tratta, si dia spazio alle
energie rinnovabili. Il che ci consente di ribadire,
imperterriti, ai nostri partiti del centro
sinistra: «Se non ora, quando?»
* Movimento Ecologista
Forse all'origine un albero caduto su una linea in
Svizzera
Da oltralpe accusano: "Ritardi nella gestione
dell'emergenza"
Blackout, per Parigi e
Berna
la responsabilità è italiana
Preallarme per domani, possibili distacchi
programmati
ROMA - C'è ancora molta incertezza sulle cause
del blackout che ha spento tutta l'Italia stanotte, ma
forse dalla Svizzera arriva una prima spiegazione: la
caduta di un albero su una delle linee che colllegano le
reti elettriche italiane, francesi e, appunto, svizzere
avrebbe provocato la lunga interruzione di corrente. Ma
perché la rete italiana sia andata completamente in tilt
è ancora un mistero. Secondo i gestori d'oltralpe,
francesi in testa, l'Italia "non ha saputo gestire
l'emergenza". Ma Andrea Bollino, presidente del Grtn
(il gestore nazionale) si difende: "Questo problema
non è stato originato da una perdita di controllo della
rete italiana".
Intanto, per la giornata di domani, "sono ancora
possibili disservizi, e il Gestore della rete - si legge
in un comunicato del Gestore stesso, che ha allertato le
società elettriche - ha cautelativamente predisposto la
possibilità di distacchi programmati di utenza". Se
la misura si renderà necessaria, dovrebbe comunque
riguardare una bassa percentuale di utenti. Il
preallarme, comunicato alle società, riguarda infatti il
terzo livello di emergenza che prevede il distacco fino
al 15 per cento dell'utenza civile.
Per tornare alle responsabilità di quanto accaduto, in
una nota diffusa nel pomeriggio la società svizzera Atel
(Aar e Ticino SA di elettricità) spiega che alle 3.00 si
è verificato un'interruzione di corrente su una sua
linea di 380 chilovolt (kV) che passa attraverso il passo
del Lucomagno. Un albero è caduto sulla linea nei pressi
di Brunnen, nel cantone di Svitto, spiega l'Atel.
Mezz'ora dopo, a causa di un sovraccarico, si è bloccata
una seconda linea in Mesolcina. E a quel punto si sono
verificate quasi temporaneamente le interruzioni su due
linee fra la Francia e l'Italia. Gli interventi per il
ripristino della corrente potrebbero essere stati
insufficienti.
Questa spiegazione è in parte confermata da una
precedente dichiarazione del capo della Protezione civile
Guido Bertolaso: "Sembra che ci sia stato un
meccanismo a catena con un problema forse in Svizzera,
che poi si è riverberato sulla Francia e ha scaricato le
conseguenze più negative in Italia". Ma le cause
specifiche "ancora non si conoscono, anche se
potrebbero essere legate alle condizioni meteorologiche
che si sono avute in Svizzera e Francia", ha
aggiunto Bertolaso.
In un primo momento tutte le responsabilità erano state
attribuite alla Francia. Ma il gestore francese, pur
ammettendo l'interruzione, ha respinto le accuse e ha
rilanciato: il problema non sarebbe stato irrisolvibile
se i sistemi di controllo italiani fossero intervenuti
tempestivamente. Gli fanno eco gli elvetici, che
ribadiscono la responsabilità italiana. "I gestori
della rete in Italia dovevano reagire. Forse - ha detto
Rolf Schmid, responsabile delle comunicazioni di Atel
(Gruppo energetico Aar e Ticino di elettricità) - non lo
hanno fatto in modo corretto".
Secondo Rte verso le 3 di notte ci sono stati dei
problemi di interconnessione tra Svizzera e Italia e
quando alle 3.25 è sopraggiunta l'interruzione da parte
francese gli italiani non sono stati più in grado di
risolvere il problema. "L'erogazione di corrente -
ha sottolineato - avrebbe potuto riprendere subito se dal
lato italiano ci fosse stato un ristabilimento della
linea. La tensione era a disposizione dell'Italia. Non si
sa perché non hanno fatto ricorso alla corrente".
Rte ha spiegato che la linea ad altissima tensione è
automaticamente sospesa anche in caso di un colpo di
fulmine e può essere ristabilita dopo pochi millesimi di
secondo se i due lati della linea si rimettono in
contatto. La scorsa notte però sarebbe mancata "la
rimessa in servizio della corrente dal lato
italiano". L'ipotesi dei francesi è che verso le 3
di stamani i forti temporali hanno creato
"incidenti" nella trasmissione
dell'elettricità tra Svizzera e Italia ed "è forse
a causa di quelle perturbazioni e della successiva
disorganizzazione che il lato italiano non ha rimesso in
servizio le linee con la Francia".
Una delle domande che ci si pone è come sia stato
possibile che siano saltate entrambe le linee di
rifornimento, quella ordinaria e quella di emergenza.
"Quello che è accaduto oggi - ha spiegato D'Aniese,
amministratore delegato di Grtn - è un evento di
assoluta eccezionalità". Il sistema elettrico, che
pur dipende dall'estero per una parte dell'energia
necessaria, "è progettato per resistere a eventi
come questo. Bisognerà capire che cosa non ha
funzionato". Questo black out, rispetto a quelli
estivi, non poteva essere previsto. "D'estate -
conclude D'Agnese - abbiamo la possibilità di prevedere
che ci sarà un eccesso di domanda di energia e siamo
così in grado di affrontare il problema con distacchi
programmati e altri strumenti. Questo guasto era
imprevedibile".
(28 settembre 2003)
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Ma per il ministro l'Italia ha bisogno di nuove
centrali
"Non siamo autonomi, la nostra corrente dipende
dagli altri"
Black out, Marzano apre
inchiesta
"Troveremo presto i responsabili"
Al governo penso di chiedere la fiducia sul
ddl sull'energia
ROMA - Un'inchiesta per capire cos'è successo,
perché e per colpa di chi stanotte l'Italia è
precipitata nel buio. Annunciata dal responsabile della
Protezione civile Guido Bertolaso, l'apertura di
un'indagine per chiarire le responsabilità del black out
che ha spento il Paese è stata confermata dal ministro
delle Attività produttive Antonio Marzano: "Nei
prossimi giorni dovremo varare un'indagine per capire
cosa è successo". L'inchiesta, che sarà svolta da
tecnici dello stesso ministero, "avrà tempi
brevi" ha sottolineato Marzano escludendo
categoricamente il dolo: "Non è ancora accertato
cosa è accaduto e perché, ma sono esclusi atti
dolosi".
Come già ipotizzato nel corso della giornata, Marzano ha
confermato che "il guasto non è dovuto alla rete
italiana ma ad un concorso di circostanze iniziato in
Svizzera". Comunque quello di stanotte per il
ministro è stato "un evento eccezionale, per cui il
suo ripetersi non è probabile". Il problema per il
ministro è la mancanza di 6.000 megawatt provenienti
dall'estero e ha detto che l'unica ricetta è "la
costruzione di nuove centrali in Italia". Di qui la
richiesta al governo di porre la fiducia sul disegno di
legge sul riordino energetico.
Marzano è dovuto rientrare da Napoli dove partecipava
alla commemorazione delle Quattro giornate con il
presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, e ha
incontrato al ministero i tecnici di Enel, Gestore della
rete nazionale (Grtn) e Ferrovie. Più tardi, il ministro
è andato nella sede della Protezione civile per fare il
punto della situazione con il team di Bertolaso e il
presidente del Grtn, Carlo Andrea Bollino.
Raggiunto in mattinata dalle critiche di sindacati,
opposizioni e consumatori che lo hanno indicato come
responsabile (i consumatori ne chiedono le dimissioni),
da Napoli il ministro si è subito difeso dicendo che
"se capiamo tutti che è interesse generale fare
centrali il rischio (di futuri nuovi black out n.d.r.)
non si corre". "Se non costruiamo - ha
continuato - le centrali che ho autorizzato per 12.000
megawatt, e contro queste stanno arrivando molti ricorsi
ai Tar, se non facciamo passare rapidamente il decreto
legge in Parlamento, che ho presentato e sul quale ci
sono 600 emendamenti, il rischio rimane perché l'Italia
non è autonoma per quanto riguarda l'energia
elettrica".
(28 settembre 2003)
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