Nel recente intervento della Congregazione per la dottrina della fede sul tema dell'omosessualità, viene evidenziato che la norma morale non può proibire di essere omosessuali quando nell'individuo c'è una tendenza originaria e neppure squalificare tutte le manifestazioni dell'orientamento omosessuale, come ad esempio, espressioni di affetto, di tenerezza, di comunicazione affettiva e i legami affettivi, sentimentali o spirituali, per questi motivi l'essere e l'amare da omosessuale non è peccato. Ciò che non è giusto comportamento sono le pratiche di sessualità genitale, in quanto l'omosessualità come comportamento genitale è incompatibile con la missione e la responsabilità della chiesa per la promozione della famiglia fondata sul matrimonio e per il motivo che l'omosessualità genitale è considerata, dopo l'omicidio volontario dell'innocente, come "peccato che grida vendetta a cospetto di Dio" (Catechismo Pio X). L'evidente aporia del testo appare in tutta la sua crudezza: come pretendere che un essere umano riesca ad amare un altro essere umano solo affettivamente, prescindendo da una naturale fusione intima dei corpi? Solo una persona consacrata, può forse anelare a questa "platonica" e spirituale condizione esistenziale. Pertanto, chiedere a chi ha avuto il coraggio di rivendicare in piazza i propri diritti sessuali, di vivere castamente il proprio diverso "orientamento sessuale", equivale ad esigere dagli omosessuali gradi di "virtù eroiche", che neppure i più castigati e pudici eterosessuali sembrano possedere. La chiesa con questo pronunciamento, ha preso atto che il "problema" sussiste, ma per non inimicarsi unopinione pubblica sempre più aperta, tollerante e liberale, ha preferito, come da buona tradizione italica, salvare capra e cavoli: omosessualità va bene purchè si profferiscano solo carezze. Esecrare tanto gli atti quanto gli "orientamenti", sarebbe stato in questi tempi ribelli, davvero poco, politicamente corretto. |
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