Pirati della strada:...fuggiti o impuniti?

di f.gargano

 

Sabato scorso 5 luglio è stato ucciso un ragazzo di Salerno,Luigi Staiano,da una macchina che correva a folle velocità.Questo avvenimento mi ha fatto riflettere su un fenomeno in espansione:i pirati della strada.

Si susseguono casi di pedoni investiti ed uccisi da criminali al volante che poi fuggono. Forse le pene previste dalle leggi sono troppo lievi: nel peggiore dei casi, un anno di carcere paga la vita di un cittadino
Una nuova figura popola le nostre strade: uccide e fugge proprio come un serial killer ma non si tratta di un’unica persona. Sono in molti ad agire e difficilmente identificabili.
Ma chi sono questi pirati della strada?

Sono semplicemente comunissimi uomini a bordo di tuonanti autoveicoli lanciati ad altissime velocità, che solcano le nostre strade noncuranti dei rischi cui vanno incontro e delle stragi di cui sono causa.
In realtà molto spesso dietro alle morti della strada, le cui vittime vengono lasciate agonizzanti sul bordo delle carreggiate, non vi è alcuna premeditazione ma un acutissimo sentimento di paura legato alla istantanea comprensione di quanto causato.
Ogni caso però è a sé e non sempre colui che scappa dal luogo dell’impatto lo fa per paura o perché è sotto shock ma perché è noncurante della gravità del suo gesto.
I pirati spesso cercano nel buio la protezione e nella fuga il silenzio che cancelli ogni traccia del loro passaggio.
L’uomo che per disattenzione o per sottovalutazione dei rischi connessi all’alta velocità dà luogo ad un incidente non è un pirata della strada ma lo diviene qualora fugga dalle proprie responsabilità ed eviti di portare soccorso all’ investito.
Il costante ripetersi di questo fenomeno non ha portato però a poter tracciare un chiaro identikit del pirata: criminale o uomo comune che colto dal panico si dia alla fuga?
Come in un agguato senza movente i pirati muovono i loro passi nell’assoluta oscurità, protetti da una coltre di nebbia che molto spesso li rende “legibus soluti”, assolutamente impuniti e soprattutto liberi di continuare ad uccidere.
Da gennaio ad ottobre 2001, la Polizia stradale ha segnalato ben 594 automobilisti che subito dopo aver provocato un incidente sono fuggiti.
Solo uno su tre è stato poi successivamente identificato e denunciato per omissione di soccorso e sono veramente pochi coloro che decidono di costituirsi.
La sfida più grande, qualora non vi siano testimoni, è riuscire a rintracciare chi provoca un incidente e scappa.
Ma cosa si rischia per un’omissione di soccorso? Nonostante la gravità del reato, la pena corrispettiva non è poi così gravosa.
Se un “hit and run driver” (pirata della strada) viene catturato dovrà rispondere davanti al giudice di lesioni gravi cui segue un periodo di reclusione fino a due anni e una multa pari a 2.400.000 Lire.
Se si accerta che si tratti di un omicidio colposo si rischia da 1 a 5 anni di carcere e fino ad un massimo di 12 se l’incidente provoca un morto o un morto e almeno un ferito grave.
In realtà quanto scritto su carta viene assai raramente rispettato
ed una volta entrati nei gangli della giustizia italiana, ci si imbatte in processi lentissimi, risarcimenti che non giungono mai e pene ridotte in maniera vergognosa. La questione del patteggiamento è poi un tema spinoso da trattare in quanto dovrebbe prevedere il parere favorevole della famiglia delle vittima ma molto spesso così non accade.
Se si pensa che chi investe e fugge subisce una pena pari a chi diffonde banconote false si capisce quanta ingiustizia vi sia in questi processi che spingono ad impartire pene esemplari solo qualora gli incidenti abbiano suscitato un certo clamore.
Numerosi familiari delle vittime si sono riuniti in associazioni e da tempo chiedono che i processi per omissione di soccorso precedano attraverso corsie preferenziali e che le pene rispettino il grande dolore per la perdita di un congiunto.
La realtà è che le pene sono troppo lievi , che mai l’investitore sconta più di un anno di carcere e che occorrerebbe quantomeno il ritiro incondizionato e permanente della patente onde evitare che il pirata torni a mietere vittime.

Purtroppo il fenomeno della pirateria stradale ha attecchito ben oltre i nostri confini ed il sistema giudiziario anche all’estero è spesso troppo carente.
In Francia le pene per il “délit de fuite” prevedono 2 anni di carcere e 60 milioni di multa, in Germania il ritiro della patente da uno a sei mesi e la condanna da 3 a 6 mesi mentre in Spagna, anche qualora vi siano feriti, si rischiano pene lievi e multe blande: da 6 a 12 mesi di carcere.
Si distinguono in tale casistica gli Stati Uniti che definiscono l’omissione di soccorso “felony”, il più grave dei reati, equiparato al tentato omicidio e punibile, qualora perpetrato in stato di ubriachezza, con l’ergastolo.
Così, in realtà, da una sponda all’altra dell’Oceano i pirati della strada compiono le loro scorrerie pressoché indisturbati e ciò purtroppo avverrà fino a quando l’intera società civile non sceglierà di togliersi dagli occhi ogni benda di omertà che porga il fianco al loro agire criminale.

Giuseppa Cassaniti Mastrojeni,presidentessa dell' associazione italiana familiari e vittime della strada - onlus afferma:

"Se volessimo fare l’identikit dell’attuale pirata della strada, dovremmo necessariamente trovare i suoi connotati nello scadimento dei valori umani e del senso della responsabilità personale: sono fenomeni che non si inventano, ma sono conseguenza di uno Stato assente, che preferisce tollerare pienamente l’illegalità diffusa, anziché impegnarsi in modo serio per risolvere i problemi reali dei cittadini: i controlli sono inadeguati, l’amministrazione della giustizia è superficiale. I risultati parlano da sé: nel 2001 si sono registrate circa 1200 omissioni di soccorso, 294 delle quali a seguito di incidenti mortali. Come dire che quasi tutti i giorni qualcuno ammazza e scappa.

 Quale la soluzione? La nostra Associazione, in proposito, ha redatto una proposta di legge, presentata dall’on. Misuraca, e attualmente all’esame della Commissione Giustizia della Camera. Chiediamo pene più severe e certe, fino all’applicazione, nei casi più gravi, delle sanzioni previste per l’omicidio preterintenzionale (18 anni): questo perché la legge, ancor prima di fungere da deterrente per la fuga, deve prevenire il malcostume diffuso della guida spericolata, che contiene già in sé una scelta criminale: il disprezzo della vita e della legge. 

Sull’inasprimento delle pene bisogna fare chiarezza, poiché si riscontrano idee paradossali: c’è chi dice che si otterrà l’effetto opposto, cioè l’incremento dei pirati della strada. E’ un’affermazione smentita dalla realtà, visto che la pirateria è in aumento, nonostante il sistema attuale garantisca l’impunità, con l’unico risultato di non far crescere nella persona il senso della responsabilità.

E’ il trionfo del mito della trasgressione come falsa idea di libertà, al cui posto va, invece, collocato il valore della relazione umana che, per continuare a sorreggere la vita, ci chiede di usare la nostra libertà come limite, perché non vengano negati agli altri quei diritti che rivendichiamo per noi! "

Ed infine Enzo Catania scrive:"Stiamo improvvisamente ammattendo? E in che Italia stiamo vivendo? Ci fa arrossire di vergogna oppure no l'idea che all'etichetta di popolo di navigatori, poeti e compagnia bella, qualcuno incominci davvero ad aggiungerci con macabra ironia anche quella di pirati della strada? Da giorni sembra un bollettino di guerra: della vittima, che finisce all'obitorio o in ospedale, si conosce subito nome e cognome. Quanto all'investitore, invece, occorrono fortuna, tatto e abilità perché gli inquirenti riescano a scovarlo dandogli un identikit o perché un familiare gli faccia rimordere la coscienza, convincendolo a bussare a una caserma dei carabinieri, a un commissariato di polizia, a un comando dei vigili urbani.

Soltanto contare il numero questi pirati della strada mette i brividi. La brutalità con cui feriscono, o uccidono, e fuggono trasforma poi le strade italiane in giungle d'asfalto. Se ci illudevamo che personaggi del genere esistessero solo in certi film americani, siamo serviti. Come si fa ad agganciare con il paraurti posteriore dell'auto un ragazzo in motorino, trascinarselo per due chilometri finché quel corpo non si sgancia da sé, e dileguarsi come se sul paraurti ci sia andato a sbattere un topo? Eppure succede. Nella civilissima Lombardia. "Ero ubriaco, avevo paura", si giustifica il giovanotto ai carabinieri che vanno a bussare alla sua porta. Paura di che? Di prestare soccorso. Risultato: si scambia un lembo di territorio urbano per foresta amazzonica. A Lecce un piccolo di 15 mesi, sfuggito alla mano della nonna, viene travolto da un'auto e muore in rianimazione. Dell’investitore nessuna traccia.

Comportamenti così non hanno neppure la dignità di chiamarsi paura. Questo è "cecchinaggio" bello e buono: non c'è differenza tra chi, nelle zone calde, si nasconde dietro una finestra e spara e chi inaugura la sua personale "guerra civile" in un Paese moderno, scoprendosi killer nel momento stesso in cui decide di mimetizzarsi nella vita di ogni giorno come nulla fosse. E che dire del ciclista falciato a Roma, finito gravissimo sul ciglio della strada e morto durante il trasporto in ospedale? Grazie ad alcuni numeri di targa si risale al reo di turno, il quale alcune ore dopo cammina già tranquillamente sulla Cassia. In questo scenario meriterebbe davvero la medaglia al valor civile quella mamma dell'hinterland milanese che, vedendosi rientrare a casa il figlio sconvolto, fa una predica di quelle che non gli fanno trovare pace sino a quando non decide di costituirsi.

Questi sono rivoltanti scampoli di ultimissimi episodi. Se dovessimo ripercorrere la via crucis dei quasi 900 pedoni che ogni anno ci rimettono la vita in incidenti stradali, chissà quante altre storie da giungla scopriremmo.  Ma, con buona pace del morto o del ferito, pensate poi che il pirata, una volta scoperto, venga almeno punito? L'Associazione “Vittime della strada” da tempo urla il suo sdegno per le pene troppo lievi: è vero che il codice penale prevede per l'omicidio colposo dai 6 mesi ai 5 anni con sospensione della patente sino a 5 anni, ma è altrettanto vero che "assassinare" (il verbo è mio!) in seguito a un'inosservanza del codice della strada, di fatto può anche significare cavarsela con 8-10 mesi di reclusione e l'aggravante di tre mesi in caso di omissione di soccorso. Ma se poi uno ha il certificato penale pulito ed è incensurato può anche non fare nessun giorno di galera: diventa subito indagato a piede libero per omicidio colposo e omissione di soccorso.  Insomma, gli intestano una pratica, poi tanti saluti e buon ritorno a casa: ci penseranno lungaggini giudiziarie e un buon avvocato a sgonfiare o a sminuire responsabilità, mentre i familiari dei morti e gli infortunati dovranno tentarle tutte a volte per spuntare risarcimenti ai limiti del decoro.

Ergo, giro di vite e processi più veloci. Ma, a caldo, non è neppure questo il punto. Il nocciolo sta nell'interrogativo di partenza: perché quest'escalation di pirati della strada? Possibile che bravi cittadini, esemplari sul lavoro, teneri in famiglia, sorridenti e garbati con i vicini, al volante si trasformino in "mostri"? Non mi si parli di psicosi: ognuno la coscienza o ce l'ha o non ce l'ha.  La verità è che in un Paese dove accade di tutto e dove spesso all'insegna dell'impunità proliferano misteri e delitti, prestigiatori e mestieranti, si è radicata anche una sottocultura da bassifondi: sono sempre di più anche quelli in cui scatta, come una molla improvvisa, l'abbaglio di riuscire a farla franca. Cosicché, invece di precipitarsi a soccorrere, cercano di infilarsi il più velocemente possibile nel tunnel dell'anonimato: dall'inizio dell'anno a oggi, tanto per fare un esempio, nella sola provincia di Milano è accaduto 12 volte. E meno male che in tutto il Paese stanno funzionando prevenzione e - perché non sottolinearlo? - indagini velocissime. Mi è capitato in molte circostanze di essere critico con le forze dell'ordine. Sul versante degli incidenti stradali, invece, meritano un encomio senza riserve: senza la loro straordinaria capacità nel risolvere dall'oggi al domani tantissimi casi, forse a quest'ora gli "assassini senza volto" avrebbero in circolazione più proseliti.

Resta il fatto che non può esserci patria per i pirati della strada. Le giungle d'asfalto lasciamole ai film. Fuggire, moralmente deve poter voler dire morire. E se l'investito ha una lapide, l'investitore, se scoperto, deve quantomeno pentirsi. Ma, se non viene scoperto, deve sapere che il suo destino davanti alla società è uno solo: quello di dover vivere da zombie sino all'ultimo dei suoi giorni."

Penso che almeno su quest'argomento siamo tutti d'accordo.

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