09.10.2002 In Italia il commercio delle armi sarà senza regole di Nedo Canetti Il governo cerca di cogliere l'occasione della ratifica dell'accordo di Fanborough nel luglio 2000 tra il nostro Paese, la Francia, la Germania, la Spagna, l'Inghilterra e la Svezia, sull'armonizzazione degli apparati produttivi dell'industria militare, per attuare un colpo di mano: modificare la legge 185/90, che vincola a criteri di trasparenza il commercio di armi. Lo hanno ieri denunciato, nel corso di una conferenza stampa, a Palazzo Madama, i senatori Tana de Zulueta, ds; Francesaco Martone, Verdi e Tino Bedin, Margherita. La denuncia dell'Ulivo è
chiara. L'esecutivo ha approfittato della ratifica del
trattato europeo, per inserire nel ddl, che è stato
varato dalle commissioni congiunte Difesa ed Esteri e che
è all'odg dei lavori d'aula di oggi, nuove regole per il
commercio dei prodotti dell'industria bellica. "Il
governo - ha introdotto Martone- intende utilizzare la
ratifica come un cavallo di Troia, per cambiare la legge
italiana sul traffico d' armi, che è all'avanguardia in
Europa". "Con una manovra pretestuosa -ha
continuato- vengono rimossi tutti i vincoli e tutti i
meccanismi che fino ad ora hanno assicurato trasparenza
questo settore". L'Ulivo si appresta a dare
battaglia nelle aule del Senato, forte del sostegno delle
organizzazioni che si sono raccolto nel cartello
"Contro i mercanti di armi". La legge che la Cdl vuole modificare, fu approvata dopo lo scandalo della Bnl di Atlanta e dei finanziamenti Usa per il riarmo dell'Iraq. E' molto severa; impone controlli rigorosi e trasparenti sulla produzione e la vendita di armi e munizioni a Paesi terzi. "Ora il centrodestra -spiegano i senatori- vuole allentare ogni tipo di vincolo sulla produzione e esportazione di armi: è evidente che si vogliono alleggerire vincoli e allentare lacci, mentre noi crediamo che la legge 185 non vada modificata". "Sul commercio delle armi -commenta il vice presidente del gruppo ds, Luigi Viviani- il governo evidentemente risponde alla pressione delle lobby delle industrie militari e dunque a logiche corporative che non hanno nulla a che vedere con la difesa e la sicurezza del nostro Paese". Tutte le associazioni che si battono contro il traffico delle armi, terranno giovedì, davanti a Palazzo Madama, nelle stesse ore di discussione nell'aula del Senato del ddl, una "spending press conference", con i portavoce del cartello, Nicoletta Dentico e Tonio Dell'Olio; il vescovo di Saluzzo; Diego Bona (Pax Christi); padre Alex Zanotelli; don Luigi Ciotti (Libera); don Albino Bizzotto; Fabio Alberti (un ponte per Baghdad); Massimo Paolicelli (Obiettori nonviolenti); diversi missionari e missionarie. In un comunicato affermano che si tratta "dell'estremo tentativo della società civile organizzata di far emergere dal silenzio il tema del commercio delle armi, di ristabilire il controllo e la trasparenza delle informazioni: di coglierne l'influenza determinante nei conflitti in corso e in quelli che si vanno programmando". "Il proliferare delle guerre -chiosa Viviani- e la stessa diffusione del terrorismo, dimostrano che allentare i vincoli e controlli sul commercio delle armi e dei finanziamenti che vi sono collegati, contribuisce solo a moltiplicare i conflitti". |
09.10.2002 Terremoto in maggioranza, Lega Nord all'attacco di Casini di red. Le affermazioni del presidente della Camera, Pierferdinando Casini, sulla necessità di apportare sostanziali modifiche alla finanziaria, scatenano un terremoto nella maggioranza. I primi a passare al contrattacco sono quelli della Lega Nord che chiedono addirittura le dimissioni del presidente della Camera. È il presidente dei deputati leghisti, Alessandro Cè, a esortare Casini a tirarsi fuori: «A questo punto Casini chiarisca qual è la correzione di indirizzo politico che vorrebbe imporre al governo, ma abbia la coerenza di svestirsi del ruolo istituzionale che ricopre, avendo tradito profondamente la stima ricevuta al momento della sua elezione». «Casini - prosegue Cè - con queste sue affermazioni indebite per un presidente della Camera, scende in campo politicamente contro Berlusconi, contro questo governo e contro questa maggioranza». Per Cè quella dichiarazione «chiarisce, anche ai più disattenti, qual è il ruolo politico che il presidente della Camera vuole giocare in questa legislatura». |
09.10.2002 La Cgil svela la «Finanziaria truffa»: costerà 300 euro a famiglia di c.b. La Cgil squarcia il velo sulla Finanziaria. La legge di Tremonti e Berlusconi costerà alle famiglie 300 euro al mese. Taglierà la spesa sociale. Non diminuirà l'Irpef di 5,5 miliardi, ma solo di 1,88. Non riguarderà 28 milioni di contribuenti, ma solo 19 (cioè solo il 52,6% dell'intera platea). Ma soprattutto, con la riforma fiscale che il governo vuole introdurre, quella con le due aliquote del 23% e del 33%, ad avere i maggiori benefici saranno i redditi più alti. E, più sarà alto il tenore di vita, più sarà consistente il risparmio delle tasse, tanto che per la Cgil la riforma finirà «per avvantaggiare supermiliardari come il presidente del Consiglio e il suo ministro dell'Economia, che vedranno abbattuta la propria Irpef del 25%». A svelare in modo chiaro tutte le sperequazioni nascoste nella legge economica è stato uno studio presentato a Roma da Beniamino Lapadula, coordinatore delle politiche economiche della Cgil e dalla segretaria confederale Marigia Maulucci. Dai calcoli del sindacato guidato da Guglielmo Epifani, risulta evidente che il 2% di tagli alla spesa degli enti locali, previsto dalla Finanziaria, si concentrerà nella spesa sociale e costerà alle famiglie interessate circa 300 euro al mese. La stima fatta dalla Cgil si basa sulla spesa media in alcune grandi città e su alcune fasce di servizi più colpiti e rivela che l'aumento non riguarderà tutti i cittadini ma solo quelli direttamente interessati e più bisognosi. Questi tagli, osservando in particolare i singoli settori, produrranno un taglio del 7% nella spesa delle scuole elementari e materne, impedendo a 40 mila bambini di usufruire degli attuali servizi. Per i disabili nelle scuole il taglio sarà del 5% e, su una platea nazionale di 180 mila persone, riguarderà 9 mila utenti disabili. In questo caso interverrà una doppia scure: il taglio della spesa che non consentirà alle scuole di fornire a tutti i disabili gli attuali servizi e la riduzione degli insegnanti in organico, che comporterà un aumento delle richieste di servizi comunali che non potranno essere erogati. Per gli asili nido il taglio sarà dell'11% e dunque, poichè attualmente solo 120 mila bambini tra 0 e 2 anni su un totale di 1.600.000 usufruiscono degli asili nido comunali gratuiti, il taglio riguarderà 13.200 bambini. Per quanto riguarda l'assistenza domiciliare il taglio sarà del 30% e, su un totale di 1.800.000 utenti riguarderà 400 mila assistiti. Infine per il sostegno degli affitti delle famiglie disagiate il taglio medio sarà del 25%. In pratica per ognuno dei servizi che non riceverà più, ogni famiglie dovrà tirare fuori di tasca propria questi 300 euro in più. Ciò significa che ci saranno cittadini che non pagheranno niente perché non usufruivano di questi servizi e altri che potranno pagare anche il doppio, o il triplo di 300 euro se usufruivano di più servizi. |