Fiat deve accelerare
l'accordo con Gm

Da sola la Fiat non ha alcuna possibilità di "salvare" l'auto. Anzi, probabilmente non è nemmeno più in condizioni di tenere l'auto, sia pure integrata con le produzioni europee del gigante di Detroit.
DI GIUSEPPE TURANI

Milano. Esiste ancora qualche possibilità per "salvare" la Fiat? Se con questa espressione si intende evitare che la Fiat chiuda i battenti, si può rispondere che il problema non esiste. Se invece si intende fare in modo che la Fiat continui a essere un player autonomo sul mercato dell'auto, la risposta è semplicemente no. Se poi si intende fare in modo che il piano di tagli Fiat venga evitato, la risposta è ancora no, appena mitigato dal fatto che si tratta poi di vedere quali provvidenze lo stato intende mettere in campo per evitare le conseguenze sull'occupazione e sui lavoratori coinvolti.
Sul fatto che non siano evitabili, a questo punto, tagli anche molto dolorosi non ci possono essere dubbi. La Fiat è talmente messa male, con i conti e con la produttività che è inevitabile arroccare l'azienda sulle poche produzioni che ancora tirano, lasciando perdere tutto il resto. Su questo punto ci sarà, come è inevitabile, una grande discussione fra governo, sindacati e Fiat, ma i margini di manovra sono di fatto inesistenti.
Più interessante è l'altro aspetto. E cioè se esista qualche possibilità per mantenere alla Fiat un ruolo autonomo, "italiano" nel mercato mondiale dell'auto. E qui la risposta può essere solo negativa. Già negli accordi con la General Motors era prevista una larga integrazione fra la General Motors in Europa (cioè la tedesca Opel) e la Fiat. Integrazione giudicata indispensabile per raggiungere sufficienti livelli di redditività e di efficienza. Da questi accordi, ovviamente, non si può tornare indietro. Ma essi significano anche che, di fatto, Fiat Auto verrà progressivamente integrata con Opel, senza alcuna possibilità di ritorno. Da qui discende che, inevitabilmente, anche le politiche dell'occupazione saranno, da un certo punto in avanti, integrate con quelle di Gm. Insomma, il complesso Opel-Fiat dovrà produrre un certo numero di automobili in Europa e dove fare tutto ciò dipenderà dalle condizioni degli stabilimenti, dalla qualità e disponibilità della mano d'opera, ecc.
Su questo punto è bene non farsi illusioni.
Si può solo dire che, poiché in Italia Fiat Auto ha una quota di mercato ancora molto grande, sarà utile, per la Gm, continuare a fabbricare in Italia piuttosto che fuori per poi importare qui. Sempre che le condizioni generali in Italia siano compatibili con una grande produzione di massa.
Diverso, infine, è il discorso sulla proprietà di Fiat Auto. Oggi Gm ha già il 20 per cento di Fiat Auto. E' quasi inevitabile che la Fiat ceda altre quote importanti, forse anche tutto il rimanente 80 per cento (o poco meno, se vorrà conservare una quota simbolica). E questo deriva dalle necessità, per Torino, di fare cassa e assai rapidamente.
E' stato lo stesso Umberto Agnelli a dire che sarà difficile per Fiat liberarsi di Fiat Auto prima del 2004. Ma è possibile che si cerchi di arrivare al passaggio di Fiat Auto alla Gm prima di quella data, anche a costo di svendere un po'. E questo perché i debiti pesano sui conti Fiat e stanno diventando paralizzanti.
Per il momento mancano proiezioni su che cosa può essere la Fiat senza Fiat Auto. Ma certamente dovrebbe ricominciare a essere interessante.

(09 ottobre 2002)

L'azienda ha presentato ai sindacati
il piano di ristrutturazione del settore auto
Crisi Fiat, 8.100 lavoratori
in cassa integrazione e mobilità
Cgil, Cisl e Uil proclamano lo sciopero

ROMA - Sono ottomila e cento i lavoratori, operai e impiegati, interessati dal piano di ristrutturazione della Fiat presentato ai sindacati. La cassa integrazione straordinaria sarà divisa in due tranche, una partirà da dicembre e l'altra da luglio. Immediata la reazione di Cgil, Cisl e Uil che hanno proclamato 4 ore di sciopero generale per il gruppo Fiat per venerdì.

Il piano di riorganizzazione presentato oggi a Roma dalla Fiat ai sindacati di categoria Fiom, Fim e Uilm interessa tutti gli stabilimenti con la sola eccezione di Melfi dove si producono la Punto e la Lancia Y. I lavoratori coinvolti sono complessivamente 8.100. Tutti, seppur con modalità e tempi diversi, saranno posti in cassa integrazione straordinaria a zero ore, mentre in 500, soprattutto impiegati, potranno utilizzare la mobilità verso la pensione.

Gli stabilimenti più colpiti dal piano sono quelli di Arese e Termini Imerese. Nell'impianto lombardo circa 1.000 lavoratori impegnati nella produzione dell'auto ecologica (Vamia) non rientreranno più in azienda. Saranno riassorbiti dal comprensorio della zona o ricollocati attraverso la formazione e la mobilità. La produzione della Vamia sarà trasferita a Torino nello stabilimento di Mirafiori.

Pesante anche l'intervento a Termini Imerese dove si produce la Punto: tutti i circa 1.800 lavoratori andranno in cassa integrazione a zero ore ma - secondo il piano - tutti dovrebbero rientrare al lavoro nel corso del 2003 man mano che cresceranno i volumi produttivi.

A Mirafiori, alle linee produttive di Punto, Panda, Marea, Multipla, Lybra, 166, Thema la cassa integrazione straordinaria riguarderà da dicembre circa 1.350 lavoratori, considerando anche i dipendenti del cosiddetto indotto Fiat. A luglio se ne aggiungeranno 2.000 (1.7000 di Fiat Auto e 300 di Comau Service). Anche in questo caso tutti i lavoratori dovrebbero rientrare in produzione entro dodici mesi e con il crescere dell'attività.

Nell'impianto di Cassino dove si produce la Stilo, in provincia di Frosinone, sarà messo in cassa integrazione straordinaria un quarto dei lavoratori (circa 1.200) che rientrerà gradualmente nell'arco del 2003, in relazione alla salita dei volumi produttivi della Stilo station wagon. A Pomigliano dove si producono l'Alfa 156, 147, 156 Sw, 147 Gta, il piano dovrebbe interessare qualche decina di impiegati.

(9 ottobre 2002)

Il governo ancora diviso: Maroni boccia la mobilità lunga
ma per il vicepremier "i fondi ci sono"
Fini: "Sarebbe inaccettabile
la chiusura di Termini Imerese"
Il ministro del Welfare annuncia: "Il Lingotto
ha fatto richiesta per lo stato di crisi"

ROMA - "La chiusura di Termini Imerese sarebbe inaccettabile". Il vicepremier Gianfranco Fini usa parole forti per dire no allo smantellamento della catena di produzione Fiat in Sicilia. E intanto il governo torna a dividersi sul modo di affrontare la crisi del Lingotto.

La chiusura dello stabilimento siciliano "sarebbe una tragedia sociale che avrebbe ripercussioni drammatiche in tutto il Sud", spiega Fini, secondo il quale in questa fase "tutti si devono assumere le proprie responsabilità". Dalla Regione Sicilia ai sindacati, tutti devono fare la propria parte perché - secondo il vicepremier - "la concertazione è ora indispensabile".

Dal vicepresidente del Consiglio arriva anche un preciso altolà alle voci di un aiuto straordinario all'azienda torinese, quando dice che "un aiuto di Stato" non è pensabile anche in ragione dei vincoli previsti dall'Unione europea. Per Fini, però, di fronte a un piano che "non può essere solo di tagli ma anche di investimenti", gli strumenti che ha il governo sono diversi: "Ci sono fondi per la mobilità lunga anche capienti - spiega il vicepremier - e si possono estendere gli ecoincentivi. Ma è chiaro che queste misure aiuteranno tutti e non solo la Fiat".

Di tutt'altro parere il ministro del Welfare, Roberto Maroni, che invece dice no a un possibile ripristino della mobilità lunga e intanto annuncia che della questione si occuperà direttamente Silvio Berlusconi.

Con la "mobilità lunga" si permette al lavoratore espulso uno "scivolo" verso la pensione fino a sette anni e garantisce, dopo il licenziamento, un'indennità prevalentemente a carico dello Stato. E secondo le indiscrezioni la sua reintroiduzione sarebbe stata chiesta dal presidente della Fiat Paolo Fresco a Berlusconi durante l'incontro di alcuni giorni fa nella casa romana del premier.

Ma per il ministro del Welfare l'ipotesi è da escludere. "Servirebbe soltanto ad accompagnare mestamente i lavoratori verso la pensione - dice Maroni - E poi dobbiamo essere coerenti con la legislazione vigente (che non prevede più la mobilità lunga) e con quello che ci chiede l'Europa". Meglio, secondo il ministro, sarebbero "interventi di formazione e riqualificazione dei lavoratori". Esclusi anche i prepensionamenti, restano per Maroni gli strumenti in vigore: vale a dire la cassa integrazione e la mobilità corta (due anni per chi matura i requisiti per la pensione di anzianità o di vecchiaia).

Intanto lo stesso ministro annuncia che "dall'azienda mi è stato richiesto lo stato di crisi per accedere direttamente agli ammortizzatori sociali", e la notizia è confermata da un portavoce della Fiat. A decidere sugli strumenti da adottare, comunque, sarà tutto il governo, perché - è sempre Maroni a dirlo - la crisi della Fiat "riguarda l'intero governo e sarà gestita dalla presidenza del Consiglio".

A questo proposito Silvio Berlusconi, interpellato stamattina sui margini di manovra dell'esecutivo, ha risposto con un laconico "vedremo", mentre il ministro delle Attività Produttive Antonio Marzano ha ribadito che alla Fiat sarà chiesto "un piano serio e approfondito". Lo stesso Marzano, favorevole ad una proroga degli ecoincentivi, non ha però voluto entrare nel merito di eventuali provvedimenti, spiegando che la questione sarà affrontata dopo l'incontro tra la Fiat e i sindacati.

(9 ottobre 2002)

Umberto Agnelli interviene sulle grandi difficoltà
della Fiat che ha chiesto al governo lo stato di crisi
"Un piano triste
ma necessario"
Il presidente dell'Ifil si aspetta
la collaborazione dei sindacati

ROMA - "Un piano triste ma necessario", così Umberto Agnelli definisce il progetto del management Fiat che dovrebbe salvare l'industria automobilistica. Un progetto che verrà illustrato ai sindacati dai quali, ha detto il presidente della Ifi, "ci aspettiamo collaborazione", un piano che comunque passerà per "la richiesta dello stato di crisi della Fiat auto", come ha detto un dirigente della casa torinese, richiesta che serve ad accedere agli ammortizzatori sociali per gli esuberi. Notizia che ha provocato il panico in Borsa con il titolo in picchiata a -6,93% e che poi si è ripreso riducendo le perdite.

Umberto Agnelli era a Bergamo all'assemblea della Italy-Japan Business Group ma i pensieri di tutti erano alla difficile situazione della Fiat e l'esponente della famiglia che alla fabbrica di auto ha legato il suo nome non ha avuto difficoltà a parlare del difficile momento. "Il management della Fiat - ha detto Agnelli - illustrerà quello che è purtroppo è un piano molto triste. Però è una tappa obbligata attraverso cui l'azienda deve passare per avviare una nuova fase di sviluppo".

Un passaggio doloroso nella storia della Fiat che però la famiglia Agnelli spera di poter gestire insieme con i sindacati. "Dai rappresentanti dei lavoratori - ha detto Agnelli smentendo le cifre di 8000 posti da tagliare - ci attendiamo una risposta collaborativa perché credo sia nell'interesse nazionale che sia collaborativa".

Mentre per quanto riguarda la cessione a General Motor del settore auto, Agnelli raffredda le ipotesi di un'accelerazione nell'accordo con la casa americana. "E' nel 2004 che il contratto di Fiat con Gm prevede un put (cioè la possibilità per gli americani che hanno già il 20% di acquistare il restante 80% del settore auto). E non credo che si possano accelerare i tempi".

(9 ottobre 2002)

Sergio Chiamparino ha incontrato oggi i vertici dell'azienda
"Tagli non solo all'auto, sarà una situazione difficile da gestire"
Fiat, sindaco di Torino in allarme
"Le cifre saranno pesanti"
No dei sindacati ai licenziamenti e allo smantellamento del settore
Per Cesare Damiano (Ds) è "la peggiore crisi dal dopoguerra"

TORINO - Fiat, i tagli stanno per partire .E i numeri sono tali che il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, avverte subito: "Sarà una situazione di non facile gestione sociale". Esuberi a Termini Imerese e ad Arese. Cassa integrazione a zero ore a Mirafiori. Sono le misure lacrime e sangue che la Fiat sta per annunciare e che mettono in allarme gli amministratori locali, i partiti e, soprattutto, i sindacati.

Arrivano dal primo cittadino del capoluogo piemontese, che oggi ha incontrato assieme al presidente della provincia Mercedes Bresso e a quello del Piemonte Enzo Ghigo i vertici dell'azienda, le prime preoccupate parole. "Le cifre sono pesanti - dice Chiamparino - e non sarà colpito solo il settore auto". E per il sindaco di Torino la crisi Fiat provocherà sicuramente "una situazione di non facile gestione sociale".

Dura è la reazione dei sindacati. I primi no delle confederazioni alle modalità della ristrutturazione Fiat sono arrivati mentre Fim, Fiom e Uilm hanno inviato alle controparti formale disdetta del contratto firmato nel '99, avviando così la vertenza per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici (alla quale però la Cgil arriva con un'altra piattaforma rispetto a Cisl e Uil).

Il sindacato dei metalmeccanici della Cgil dice "no" alla cassa integrazione a zero ore e a qualsiasi ipotesi di smantellamento del settore auto. "Mercoledì - dice il segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini - la Fiat ci informerà delle scelte che intende compiere a fronte di una situazione drammatica causata, a sua volta, dalle decisioni sbagliate assunte nel corso degli anni scorsi". Per Rinaldini a due mesi di distanza dall'accordo separato del luglio scorso, "il piano in dustriale presentato dalla Fiat e appoggiato dal governo si rivela un completo inganno".

Fim, Uilm e Fismic, invece, continuano a difendere l'accordo siglato nel luglio scorso con la Fiat sui 2.800 esuberi, "perché senza quell'intesa - dicono le tre sigle firmatarie - oggi la situazione sarebbe più difficile e avremmo accentuato la crisi". Ma dalla sede nazionale della Uil il segretario Luigi Angeletti critica duramente le ipotesi di ristrutturazone ora in campo, sostenendo che con "i tagli d'organico e senza progetti di sviluppo e investimento non si risolve nulla".

Intanto della crisi Fiat comincia a occuparsi il Parlamento. Mentre il sindaco di Termini Imerese spedisce un telegramma al ministro delle Attività Produttive Antonio Marzano, il senatore di Alleanza Nazionale Antonio Batttaglia chiede che lo stesso ministro riferisca in Parlamento; e alcuni parlamentari di Forza Italia chiedono l'intervento del viceministro dell'Economia Gianfranco Micciché.

Il governo, per ora, tace. Solo il ministro del Welfare Roberto Maroni accenna al problema affermando che un intervento sulle pensioni di anzianità (come chiede la Confindustria) danneggerebbe la Fiat in questa fase di ristrutturazione.

Dall'opposizione, il responsabile lavoro dei Democratici di sinistra Cesare Damiano chiede un tavolo di confronto urgente tra governo, impresa e sindacati per affrontare quella che definisce "la più pesante crisi della Fiat dal dopoguerra".

(7 ottobre 2002)

il resto dello spazio sara' al piu' presto aggiornato