VI Congresso di Rifondazione
Comunista Ottenere risultati concreti
Intervento a sostegno della mozione uno:
"LAlternativa di società"
In questi anni i movimenti hanno cambiato il
senso comune di massa, svelato il fallimento delle
politiche liberiste e rotto il monopolio del pensiero
unico. Non siamo però riusciti a migliorare le
condizioni materiali di vita e di lavoro della nostra
gente, che vive oggi peggio di ieri e vede iscritta la
propria esistenza nell'angoscioso destino dell'incertezza
e della precarietà. In questo contesto lo sviluppo e
l'allargamento del movimento di massa richiedono il
raggiungimento di risultati concreti che segnalino
l'efficacia delle lotte. Per questo il nostro obiettivo
di fase consiste nello sconfiggere le destre e nel
contempo sconfiggere le politiche di destra.
Il problema è cioè quello di battere
Berlusconi evitando però di regalare il governo ad una
coalizione neocentrista che riproponga politiche di
liberismo temperato. Per ottenere questo risultato
proponiamo di costruire una alleanza
politico-programmatica tra tutte le forze di opposizione
e di mettere al centro della costruzione della coalizione
e del suo programma la più ampia partecipazione
popolare. Questa proposta è realista perché i movimenti
di questi anni hanno riaperto i canali della democrazia
dal basso e cambiato molto nel senso comune della nostra
gente (il no alla guerra, alla precarietà, ecc.). I 10
milioni di SI che abbiamo avuto nel referendum e la
vittoria di Nichi in Puglia sono li a dimostrarlo.
Noi dobbiamo costruire processi di
partecipazione allargata per far pesare questi
orientamenti sui programmi e sul profilo politico della
coalizione. Per questo vogliamo evitare di essere
risucchiati in un puro braccio di ferro tra forze
politiche. Nel rapporto tra i partiti siamo deboli,
"pesiamo" 2 milioni di voti, gli altri molto di
più. Il tentativo di costruire un percorso in cui le
organizzazioni e il protagonismo sociale incidano sulla
politica serve proprio per far pesare quei 10 milioni di
persone, che in larghissima parte non votano
Rifondazione, ma che sui nodi di fondo sono più vicini
alla nostre posizioni che a quelle centriste. La vicenda
delle primarie in Puglia ci parla di questo: della
possibilità di far pesare i movimenti e un nuovo senso
comune di massa dentro la politica, sconfiggendo il
neocentrismo. Nichi Vendola, con tutto quello che
rappresenta, ha vinto perché ha allargato la sfera della
partecipazione e reso permeabile la politica alle istanze
sociali.
Per questo considero completamente sbagliata
la posizione dalle altre mozioni che in una logica
politicista prevedono la possibilità di fare un accordo
di desistenza senza programma comune. Se applicassimo
questa linea, è evidente che le forze centriste
ostacolerebbero in tutti i modi la possibilità di
raggiungere un accordo programmatico con Rifondazione,
perché sarebbero ben contenti di avere i nostri voti a
gratis, per poi governare sulla loro linea. Prevedere la
possibilità della desistenza significa metterci in un
angolo da soli, decidendo che i voti dei comunisti
servono solo a battere Berlusconi ma non a cambiare
l'indirizzo politico. A me pare una posizione
opportunista che non si pone il problema di favorire lo
sviluppo del movimento perché non tiene insieme la
necessità di battere Berlusconi ma anche le politiche di
destra.
E non si dica che proponiamo una svolta a
destra. La Fiom 4 anni fa ha avuto il coraggio di
dichiarare da sola lo sciopero generale dei
metalmeccanici e in questi anni ha continuato su quella
strada. In questi giorni sta costruendo una piattaforma
unitaria con Fim e Uilm che mette al centro il rapporto
democratico con i lavoratori. Si tratta forse di una
svolta a destra della Fiom? No! Semplicemente un gruppo
dirigente deve saper rompere quando e necessario, facendo
le lotte anche in solitudine, ma deve anche saper fare
l'accordo quando serve a registrare la modifica positiva
dei rapporti di forza e rilanciare il movimento. Quando
è stato necessario abbiamo rotto con Prodi; oggi
dobbiamo essere capaci di portare a casa risultati
concreti che permettano al movimento di fare un passo in
avanti.
Paolo Ferrero (Segreteria nazionale del PRC)
Roma, 28 gennaio 2005
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L'appello di Rifondazione
Perché
la lotta della Fiom è la nostra lotta
Paolo
Ferrero
Liberazione 27
luglio 2003
La prosecuzione della lotta dei lavoratori
metalmeccanici per la conquista del contratto nazionale
di lavoro non è un problema solo della Fiom. Non
possiamo scaricare sulle spalle dei soli lavoratori
metalmeccanici il problema dello scontro con il padronato
in Italia. Il sostegno politico e finanziario della lotta
dei metalmeccanici e della Fiom è quindi un preciso
dovere di solidarietà di classe che si deve esprimere
anche con la raccolta di fondi per la "cassa di
resistenza metalmeccanica".
A taluni potrà sembrare strano che si
rimettano in campo strumenti "antichi" come la
cassa di resistenza. Nella storia del movimento operaio
italiano generalmente l'unità di classe si è costruita
direttamente nel conflitto e non attraverso il sostegno
dell'iniziativa di lotta di un settore solamente. Si
tratta però da un lato di fare i conti con la realtà e,
dall'altro, di sperimentare nuove forme per ricostruire
in forma efficace il conflitto di classe.
Fare i conti con la realtà perché il
problema vero è che la Fiom - sul piano contrattuale -
è stata lasciata sola dalla Cgil. Tutte le altre
categorie interessate dai rinnovi contrattuali hanno
scelto di proseguire nel solco degli anni passati e le
questioni della democrazia nel rapporto con i lavoratori,
la lotta alla precarietà e il recupero del salario reale
sono state lasciate fuori dalla porta.
Non solo: in alcuni degli ultimi contratti
firmati ci troviamo di fronte a strade opposte rispetto a
quella scelta dalla Fiom. Per quanto riguarda le Poste
abbiamo un peggioramento delle condizioni dei nuovi
assunti, in una linea che aggrava le divisioni dentro la
classe. Addirittura, nel contratto del turismo, si supera
da destra l'accordo sulla concertazione del 23 luglio 93
arrivando - come chiede Confindustria - ad un rinnovo
contrattuale quadriennale. La solidarietà di classe
torna quindi a proporsi come percorso politico proprio
perché la linea tenuta dalla Cgil sui rinnovi
contrattuali è stata errata, non coerente con le scelte
fatte sul piano politico.
Parallelamente, la scelta della cassa di
resistenza è anche un tentativo di sperimentazione per
cercare - nella nuova fase - le forme ed i percorsi
attraverso cui ricostruire una soggettività operaia.
Come si sa, le lotte non riprendono mai nel modo in cui
erano terminate e proprio il proseguire della lotta
"inventa" la sua strada.
Nella lotta per la riconquista del contratto
nazionale di lavoro la Fiom ha nei fatti riscoperto
l'articolazione del conflitto. Questo sta determinando
una positiva novità nel rapporto con i lavoratori, nella
messa al centro della lotta allo sfruttamento e della
condizione operaia. Si tratta di investire su questo
percorso che sta scrivendo una pagina del futuro
conflitto di classe nel nostro paese.
Per questo, come comunisti, dobbiamo usare le
nostre feste, le centinaia di feste che caratterizzano la
nostra attività estiva, per fare iniziative che facciano
conoscere la vertenza dei metalmeccanici e che servano a
raccogliere fondi per la cassa di resistenza.
Un dibattito e un banchetto di raccolta fondi
in ogni festa sarebbe un segnale tangibile del fatto che
la partita non è chiusa. Perché, come dicono le madri e
le nonne di plaza de majo a Buenos Aires, l'unica lotta
che si perde è quella che non si combatte.
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FONDAMENTALE È
L'OPPOSIZIONE SOCIALE
Il dibattito sulle 15 tesi scritte da Bertinotti ha
permesso l'avvio di una buona discussione sui nodi di
fondo della nostra linea politica. Non mi pare necessario
motivare una volta di più le ragioni della linea
proposta in quel testo; lo hanno fatto egregiamente
decine di interventi e lo ha riassunto Bertinotti
all'ultima riunione del Comitato Politico. Mi pare invece
utile ragionare attorno alle alternative che vengono
proposte. Per ragioni di spazio mi limiterò alla
questione del confronto con il centro sinistra.
Il programma non è un braccio di ferro tra partiti.
Alcuni compagni e compagne sostengono che il confronto
con il centro sinistra dovrebbe essere fatto a partire
dalla fissazione di alcuni punti specifici - una sorta di
piattaforma di Rifondazione - su cui avviare il confronto
e alla fine di questo decidere se si può fare l'accordo.
Questa proposta mi pare debole perché in primo luogo
trasformerebbe tutta la discussione in un braccio di
ferro tra partiti, che noi siamo destinati a perdere. I
soggetti sociali rimarrebbero ovviamente tagliati fuori;
a meno di non pensare che sia facile per organizzazioni
di massa schierarsi a favore di Rifondazione Comunista
contro altri partiti dell'opposizione.
Qualcuno pensa che questo sia possibile? Qualcuno pensa
che la Fiom o la Cgil potrebbero tenere le posizioni che
hanno preso sui contenuti del programma dentro un braccio
di ferro tutto risucchiato nelle relazioni tra i partiti?
a me pare impossibile. Non capisco quindi perché mai
dovremo scegliere il terreno per noi più difficile,
quello dove noi siamo più deboli. Il problema nostro è
quello di riuscire a far pesare non solo i 2 milioni di
persone che hanno votato Rifondazione Comunista, ma anche
i 10 milioni di persone che hanno votato SI nel
referendum sull'estensione dell'articolo 18. Per questo
dobbiamo evitare che il confronto si riduca ad un
confronto tra partiti e dobbiamo lavorare per costruire
un confronto tra le istanze poste dalle organizzazioni
sociali e il complesso della politica. Solo rendendo
permeabile la politica alle istanze sociali, a quel senso
comune pacifista maggioritario tra gli uomini e le donne
che si collocano all'opposizione, possiamo pensare di
determinare un orientamento antiliberista. Una pura
trattativa nel cielo della politica, non ha determinato
modifiche nel '98, non le determinerebbe oggi.
Un secondo elemento di debolezza nelle proposte
alternative, consiste nel prefigurare la desistenza come
eventuale soluzione, in assenza di un accordo
programmatico. Io non capisco perché le forze
neocentriste dovrebbero accettare di modificare il loro
impianto programmatico se intanto Rifondazione sarebbe
disponibile a farle vincere gratis.
La desistenza è una proposta debole.
A me pare del tutto evidente che se noi poniamo la
subordinata della desistenza, questa diventa l'unico
esito possibile; se noi ci mettiamo nei fatti fuori gioco
dalla discussione programmatica, i poteri forti e le
opzioni centriste dell'opposizione, sono interessate a
sconfiggere Berlusconi senza però abbandonare le
politiche di destra. Per loro sarebbe molto comodo un
simile accordo con Rifondazione - specie se prospettato
da noi - salvo poi dire il giorno dopo la sigla
dell'accordo che ogni voto a Rifondazione Comunista è un
voto che destabilizza la coalizione, che rischia di far
ripetere la crisi del '98 e quindi di riconsegnare il
paese in mano a Berlusconi.
Un accordo di desistenza sarebbe un disastro per noi, non
per gli altri.
Di fronte alla domanda della nostra gente di sconfiggere
Berlusconi ma anche di sconfiggere le politiche di
destra, noi ci limiteremo a fare i portatori di voti per
il primo obiettivo, abbandonando il secondo. Inoltre ci
metteremmo nella scomoda posizione di dover rispondere su
cosa facciamo nel caso in cui i nostri voti siano
determinanti in parlamento: li mandiamo subito a casa?
Votiamo anche le cose che non ci piacciono? Scegliamo
volta per volta?
Si tratta di un film già visto; non capisco per quale
ragione dovremo metterci da soli in una posizione così
ingestibile nel rapporto con i milioni di persone che
condividono la nostra critica alle politiche liberiste,
ci hanno dato fiducia nel referendum, ma vogliono
giustamente essere assolutamente certi di mandare a casa
Berlusconi e di farcelo rimanere.
Per questo la nostra linea deve tenere insieme la
necessità di battere Berlusconi e una chiara lotta per
qualificare socialmente il programma dell'opposizione.
La nostra forza sta tutta nel rendere inscindibili questi
due elementi.
Per questo dobbiamo superare ogni attitudine a fare gli
spettatori; dobbiamo alimentare a fondo il conflitto e la
mobilitazione sociale e promuovere una radicalizzazione
dell'opposizione sociale e politica al governo. Questa è
l'unica strada per battere insieme il Berlusconismo e
l'ipotesi neocentrista.
Questa a me pare essere la vera partita politica in corso
oggi in Italia.
Che Rifondazione Comunista non entrerà in una alleanza
neo centrista, è fuori discussione. Non abbiamo rotto
con Prodi nel ?98 per metterci oggi a fare la guerra o
per sposare politiche liberiste contro cui ci battiamo
sin dalla nascita del partito. La linea che proponiamo è
la ricerca di un accordo programmatico che si ponga il
problema di sconfiggere le destre e le politiche di
destra. Questa linea che proponiamo al partito non ha
subordinate: o riesce a passare nel paese o subiamo una
sconfitta, un duro colpo alle possibilità di crescita
del partito e di espansione del movimento.
La proponiamo così nettamente perché i passaggio è
stretto e non serve a molto far finta che non sia vero.
Concludo nella consapevolezza che la linea proposta dalle
15 tesi è una linea difficile di cui però in questi
mesi abbiamo potuto misurare l'efficacia.
Il punto è tenere ferma la centralità del rapporto con
i movimenti e le organizzazioni sociali, rafforzando il
partito, il suo radicamento sociale e la sinistra
alternativa.
Paolo Ferrero
LIBERAZIONE del 6 novembre
2004
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da liberazione di oggi
un articolo molto interessante di Paolo Ferrero
della segreteria nazionale di Rifondazione.il
dibattito interno a rifo ci coinvolge in qualche
maniera tutti/e xchè rifo è l'unico partito
effettivamente interno al movimento, anzi è
probabilmente la più grande organizzazione
"antiliberista" in Italia
Negli ultimi mesi si è aperta una discussione
attorno alle prospettive politiche di rifondazione
comunista. Accanto a dissensi espliciti, mi pare vi siano
nel partito forti elementi di confusione sulla linea
proposta. Vorrei quindi tentare di precisare i punti
essenziali della linea che indichiamo. In primo luogo
proponiamo di radicalizzare e qualificare l'opposizione
al governo Berlusconi che, con l'approvazione della legge
30 e con la proposta di manomettere le pensioni sta
determinando un vero e proprio salto di qualità. Il
governo infatti - di concerto con Confindustria - punta
ad uno sfondamento del nostro blocco sociale,
distruggendo le basi materiali su cui è cresciuto il
movimento operaio in Italia. Basti pensare agli effetti
devastanti che l'applicazione della legge 30, con la
precarizzazione e l'individualizzazione completa dei
rapporti di lavoro, produrrà sulla possibilità stessa
di organizzare un conflitto operaio efficace. Ci troviamo
di fronte ad un attacco pericoloso, rapido e profondo. In
reazione a questo attacco, vediamo crescere il
malcontento popolare, che rischia però di essere
rappresentato, sul piano politico, da una sorta di
autiberlusconismo privo di contenuti. E' infatti evidente
che l'opposizione del centro sinistra è radicale nei
toni e assai più dialogante nei contenuti, in
particolare per quel che riguarda le questioni sociali.
Qualificazione politica e sociale dell'antiberlusconismo
Il primo obiettivo che ci proponiamo è quindi la
qualificazione politica e sociale dell'antiberlusconismo.
Non è un obiettivo semplice; si tratta, su questo
terreno, di aprire una lotta per l'egemonia con la
sinistra moderata. Il punto è che la lotta per
l'egemonia - in un contesto in cui la nostra gente chiede
giustamente di cacciare Berlusconi - non si può
esprimere nella separatezza, ma bensì dentro la proposta
di costruire un fronte unitario al fine di battere le
destre e le loro politiche. Se di fronte all'attacco di
Berlusconi noi ci limitassimo a denunciare che una parte
dell'Ulivo attacca il governo da destra, non faremo un
passo in avanti. Noi dobbiamo proporre che l'opposizione
a Berlusconi si traduca in lotta di massa, portando
dentro la lotta i nostri contenuti e su questi proporre
l'unità del movimento. Le proposte indecenti di Letta e
di Fassino sulle pensioni non si sconfiggono solo
denunciandole (cosa che pure abbiamo fatto), ma lavorando
alla costruzione di un fronte di lotta unitario che abbia
al centro il ritiro della controriforma presentata dal
governo. La difficoltà del governo a determinare una
stabilizzazione moderata, evidenziata dalla crisi del
patto per l'Italia, apre la strada alla costruzione di un
movimento di massa radicalizzato, che è la base
materiale da cui tentare di battere Berlusconi e le
ipotesi moderate all'interno dell'Ulivo. La
radicalizzazione dello scontro infatti non è un fatto
estetico, ma brucia le possibilità di un'alternanza
indolore per le classi dirigenti. I poteri forti, con
ogni evidenza, stanno prendendo le distanze da Berlusconi
e puntano a rendere trasversale la linea antioperaia,
slegandola dai destini del governo. Noi, al contrario,
dobbiamo puntare a far coincidere questi due elementi in
modo che l'obiettivo della sconfitta di Berlusconi
coincida - nella testa della gente e nei fatti - con la
sconfitta della linea antioperaia. Dobbiamo appunto
lavorare per una qualificazione dell'opposizione, fare
una battaglia politica sui contenuti
dell'antiberlusconismo.
La costruzione dell'opposizione
Qui si pone il secondo problema. Noi proponiamo che la
costruzione dell'opposizione, al fine di sconfiggere
Berlusconi, si accompagni alla costruzione di una
alternativa programmatica di governo. Questo per due
ragioni principali. In primo luogo è evidente che in un
sistema tendenzialmente bipolare, in cui il bipolarismo
è passato nella testa della gente, è diventato senso
comune di massa, non è possibile separare la lotta per
buttare giù Berlusconi dalla proposta di cosa ci si
mette al posto. E' un artificio idealista, un tentativo
di rimuovere la realtà. Nel contesto dato, la
separazione tra lo sconfiggere Berlusconi e il proporre
una alternativa, la possiamo pensare nella nostra testa
ma non esiste nei fatti. A livello di massa, mi pare
chiaro che chi ha scioperato contro l'abolizione
dell'articolo 18, contro la legge 30 e contro il taglio
delle pensioni, ti chiede di sconfiggere Berlusconi e di
avere una maggioranza che abolisca queste norme inique,
che cambi indirizzo. Ti chiede di battere le destre e di
battere le politiche di destra costruendo un'alternativa.
In secondo luogo, due anni di movimenti di massa e la
crisi del neoliberismo, hanno modificato sensibilmente il
senso comune del paese e mutato la collocazione politica
di alcune significative organizzazioni di massa. Questo
apre contraddizioni tra le forze del centro sinistra e
tra queste e la propria base sociale; questo apre uno
spazio politico che prima dei movimenti non avevamo. Per
questi motivi di fondo mi pare necessario che la nostra
proposta di radicalizzazione e qualificazione
dell'opposizione sia intrecciata con la proposta di
costruire un'alternativa programmatica. Se non facessimo
così, regaleremmo una clamorosa centralità politica ai
DS, che a quel punto sarebbero - immeritatamente ma
realisticamente - identificati a livello di massa l'unico
soggetto in grado di rispondere - sia pure
contraddittoriamente - ai due problemi che ci sono:
battere Berlusconi e proporre un'alternativa. Se avessimo
una proposta politica buona solo per cacciare Berlusconi
e non per il dopo, verremmo visti come utili sul piano
delle lotte ma inutili tanto per garantire che la destra
sia cacciata all'opposizione, quanto per determinare la
piattaforma di coloro che si oppongono a Berlusconi. Non
capisco per quale ragione, in un contesto di crescente
sentimento antiberlusconiano, dovremo fare questo
clamoroso regalo alla sinistra moderata, dandogli, senza
concorrenza, il monopolio della proposta politica e dei
suoi contenuti. Sarebbe una scelta minoritaria, non
perché di troppo di sinistra, ma perché non darebbe una
risposta al problema politico che proprio lo sviluppo del
movimento e dell'opposizione pongono: cosa si mette al
posto di quel governo di destra che vogliamo cacciare?
Una linea che separasse l'opposizione dalla prospettiva,
indebolirebbe il nostro partito, la prospettiva
dell'alternativa e la stessa efficacia dell'opposizione.
A scanso di equivoci, voglio precisare che nessuno pensa
che la costruzione di un programma di governo alternativo
alle politiche di destra sia semplice o scontato. Per
nulla. E' del tutto evidente che le posizioni di larga
parte dei gruppi dirigenti del centro sinistra -
nonostante la crisi del neoliberismo tolga anche a loro
molte sicurezze - sono assai distanti quando non
antitetiche alle nostre. Nessuna faciloneria quindi ma la
necessità di lavorare a fondo per ricercare un accordo
programmatico che oggi non c'è. Questo, nella
consapevolezza che se dovessimo fallire non ci sarà
nessun accordo ma che questo costituirebbe una sconfitta
e non una vittoria.
Un percorso per realizzare un accordo
Il nodo è quindi individuare il percorso più efficace
al fine di realizzare un accordo programmatico buono. Da
questo punto di vista credo sarebbe sbagliato affidare
questo risultato solo ad una "dura" trattativa
tra Rifondazione e L'Ulivo. Non porterebbe a nulla di
buono perchè sarebbe del tutto velleitario e idealistico
pensare di "spostare" le posizioni politiche
maggioritarie nell'Ulivo con le nostre sole forze.
Occorre imboccare una via più lunga ed articolata;
soprattutto più partecipata. In primo luogo si tratta di
radicalizzare e qualificare l'opposizione, ma su questo
ho già detto. In secondo luogo si tratta di costruire il
programma in un processo che valorizzi al massimo le
espressioni del movimento, gli spostamenti positivi che
vi sono stati in alcune organizzazioni di massa e in
larga parte dell'opinione pubblica di sinistra. Due anni
di movimento hanno modificato significativamente il
quadro, come dimostrano sia le posizioni assunte dalla
Cgil che il risultato del referendum sull'articolo 18,
dove la maggioranza degli elettori del centro sinistra
non ha seguito le indicazioni dei vertici ed ha votato
SI. La costruzione del programma deve quindi essere un
percorso partecipato fatto di seminari aperti, di
assemblee pubbliche, del coninvolgimento di migliaia e
migliaia di persone. Un processo trasparente, non
occultato nelle segrete stanze. Noi dobbiamo far leva sul
nuovo senso comune di massa che alberga a sinistra e
valorizzarlo dentro la costruzione del programma. Il
problema non è di fare una trattativa tra partiti in cui
noi poniamo 4 punti irrinunciabili e su questo decidiamo
se firmare o rompere. Questo l'abbiamo dovuto giustamente
fare quando eravamo soli e relativamente isolati. Oggi -
anche in virtù della correttezza della linea tenuta
nella rottura con Prodi a all'ultimo Congresso - il
problema si pone in termini più avanzati. Ad esempio,
sostenere con la Fiom e il sindacalismo di base la
necessità che i lavoratori votino sugli accordi che li
riguardano; con la Cgil che la legge 30 deve essere
abrogata; con il movimento della pace che l'articolo 11
della costituzione deve essere rispettato integralmente,
senza se e senza ma. Dobbiamo cioè usare il bipolarismo
contro chi l'ha voluto, per portare le opposizioni - in
nome della sconfitta delle destre e delle politiche di
destra - ad una discussione di massa sui contenuti del
programma con cui proporsi l'obiettivo di battere
Berlusconi. Allargare e rafforzare il movimento,
radicalizzare e qualificare l'opposizione, aprire un
processo di costruzione partecipata di un programma di
alternativa. Dentro questi processi lavorare
all'aggregazione - fuori dai confini del partito
riformista - della sinistra di alternativa. Per fare
questo è necessario superare un certo immobilismo del
partito ed è necessario battere le interpretazioni
"di destra", "alleantiste a tutti i
costi", che di questa linea vengono date. La nostra
proposta di costruire una opposizione unitaria e una
alternativa programmatica di governo, è il contrario
dell'appiattirsi sul centro sinistra; è il modo concreto
in cui cercare di sconfiggere Berlusconi e nello stesso
tempo mettere in difficoltà il trasversalismo dei poteri
forti che vogliono una alternanza tutta all'interno del
blocco borghese. Il nostro obiettivo è quello di battere
l'offensiva neoliberista e modificare i rapporti di forza
tra le due sinistre. Per questo serve il dispiegamento di
tutta l'iniziativa politica del partito, il protagonismo
di ogni compagno e compagna, a partire dalla lotta sulle
pensioni.
Paolo Ferrero
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