ALCUNI ARTICOLI DI PAOLO FERRERO

VI Congresso di Rifondazione Comunista

Ottenere risultati concreti

Intervento a sostegno della mozione uno: "L’Alternativa di società"

In questi anni i movimenti hanno cambiato il senso comune di massa, svelato il fallimento delle politiche liberiste e rotto il monopolio del pensiero unico. Non siamo però riusciti a migliorare le condizioni materiali di vita e di lavoro della nostra gente, che vive oggi peggio di ieri e vede iscritta la propria esistenza nell'angoscioso destino dell'incertezza e della precarietà. In questo contesto lo sviluppo e l'allargamento del movimento di massa richiedono il raggiungimento di risultati concreti che segnalino l'efficacia delle lotte. Per questo il nostro obiettivo di fase consiste nello sconfiggere le destre e nel contempo sconfiggere le politiche di destra.

Il problema è cioè quello di battere Berlusconi evitando però di regalare il governo ad una coalizione neocentrista che riproponga politiche di liberismo temperato. Per ottenere questo risultato proponiamo di costruire una alleanza politico-programmatica tra tutte le forze di opposizione e di mettere al centro della costruzione della coalizione e del suo programma la più ampia partecipazione popolare. Questa proposta è realista perché i movimenti di questi anni hanno riaperto i canali della democrazia dal basso e cambiato molto nel senso comune della nostra gente (il no alla guerra, alla precarietà, ecc.). I 10 milioni di SI che abbiamo avuto nel referendum e la vittoria di Nichi in Puglia sono li a dimostrarlo.

Noi dobbiamo costruire processi di partecipazione allargata per far pesare questi orientamenti sui programmi e sul profilo politico della coalizione. Per questo vogliamo evitare di essere risucchiati in un puro braccio di ferro tra forze politiche. Nel rapporto tra i partiti siamo deboli, "pesiamo" 2 milioni di voti, gli altri molto di più. Il tentativo di costruire un percorso in cui le organizzazioni e il protagonismo sociale incidano sulla politica serve proprio per far pesare quei 10 milioni di persone, che in larghissima parte non votano Rifondazione, ma che sui nodi di fondo sono più vicini alla nostre posizioni che a quelle centriste. La vicenda delle primarie in Puglia ci parla di questo: della possibilità di far pesare i movimenti e un nuovo senso comune di massa dentro la politica, sconfiggendo il neocentrismo. Nichi Vendola, con tutto quello che rappresenta, ha vinto perché ha allargato la sfera della partecipazione e reso permeabile la politica alle istanze sociali.

Per questo considero completamente sbagliata la posizione dalle altre mozioni che in una logica politicista prevedono la possibilità di fare un accordo di desistenza senza programma comune. Se applicassimo questa linea, è evidente che le forze centriste ostacolerebbero in tutti i modi la possibilità di raggiungere un accordo programmatico con Rifondazione, perché sarebbero ben contenti di avere i nostri voti a gratis, per poi governare sulla loro linea. Prevedere la possibilità della desistenza significa metterci in un angolo da soli, decidendo che i voti dei comunisti servono solo a battere Berlusconi ma non a cambiare l'indirizzo politico. A me pare una posizione opportunista che non si pone il problema di favorire lo sviluppo del movimento perché non tiene insieme la necessità di battere Berlusconi ma anche le politiche di destra.

E non si dica che proponiamo una svolta a destra. La Fiom 4 anni fa ha avuto il coraggio di dichiarare da sola lo sciopero generale dei metalmeccanici e in questi anni ha continuato su quella strada. In questi giorni sta costruendo una piattaforma unitaria con Fim e Uilm che mette al centro il rapporto democratico con i lavoratori. Si tratta forse di una svolta a destra della Fiom? No! Semplicemente un gruppo dirigente deve saper rompere quando e necessario, facendo le lotte anche in solitudine, ma deve anche saper fare l'accordo quando serve a registrare la modifica positiva dei rapporti di forza e rilanciare il movimento. Quando è stato necessario abbiamo rotto con Prodi; oggi dobbiamo essere capaci di portare a casa risultati concreti che permettano al movimento di fare un passo in avanti.

Paolo Ferrero (Segreteria nazionale del PRC)

Roma, 28 gennaio 2005

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L'appello di Rifondazione

Perché la lotta della Fiom è la nostra lotta

Paolo Ferrero

Liberazione 27 luglio 2003

La prosecuzione della lotta dei lavoratori metalmeccanici per la conquista del contratto nazionale di lavoro non è un problema solo della Fiom. Non possiamo scaricare sulle spalle dei soli lavoratori metalmeccanici il problema dello scontro con il padronato in Italia. Il sostegno politico e finanziario della lotta dei metalmeccanici e della Fiom è quindi un preciso dovere di solidarietà di classe che si deve esprimere anche con la raccolta di fondi per la "cassa di resistenza metalmeccanica".

A taluni potrà sembrare strano che si rimettano in campo strumenti "antichi" come la cassa di resistenza. Nella storia del movimento operaio italiano generalmente l'unità di classe si è costruita direttamente nel conflitto e non attraverso il sostegno dell'iniziativa di lotta di un settore solamente. Si tratta però da un lato di fare i conti con la realtà e, dall'altro, di sperimentare nuove forme per ricostruire in forma efficace il conflitto di classe.

Fare i conti con la realtà perché il problema vero è che la Fiom - sul piano contrattuale - è stata lasciata sola dalla Cgil. Tutte le altre categorie interessate dai rinnovi contrattuali hanno scelto di proseguire nel solco degli anni passati e le questioni della democrazia nel rapporto con i lavoratori, la lotta alla precarietà e il recupero del salario reale sono state lasciate fuori dalla porta.

Non solo: in alcuni degli ultimi contratti firmati ci troviamo di fronte a strade opposte rispetto a quella scelta dalla Fiom. Per quanto riguarda le Poste abbiamo un peggioramento delle condizioni dei nuovi assunti, in una linea che aggrava le divisioni dentro la classe. Addirittura, nel contratto del turismo, si supera da destra l'accordo sulla concertazione del 23 luglio 93 arrivando - come chiede Confindustria - ad un rinnovo contrattuale quadriennale. La solidarietà di classe torna quindi a proporsi come percorso politico proprio perché la linea tenuta dalla Cgil sui rinnovi contrattuali è stata errata, non coerente con le scelte fatte sul piano politico.

Parallelamente, la scelta della cassa di resistenza è anche un tentativo di sperimentazione per cercare - nella nuova fase - le forme ed i percorsi attraverso cui ricostruire una soggettività operaia. Come si sa, le lotte non riprendono mai nel modo in cui erano terminate e proprio il proseguire della lotta "inventa" la sua strada.

Nella lotta per la riconquista del contratto nazionale di lavoro la Fiom ha nei fatti riscoperto l'articolazione del conflitto. Questo sta determinando una positiva novità nel rapporto con i lavoratori, nella messa al centro della lotta allo sfruttamento e della condizione operaia. Si tratta di investire su questo percorso che sta scrivendo una pagina del futuro conflitto di classe nel nostro paese.

Per questo, come comunisti, dobbiamo usare le nostre feste, le centinaia di feste che caratterizzano la nostra attività estiva, per fare iniziative che facciano conoscere la vertenza dei metalmeccanici e che servano a raccogliere fondi per la cassa di resistenza.

Un dibattito e un banchetto di raccolta fondi in ogni festa sarebbe un segnale tangibile del fatto che la partita non è chiusa. Perché, come dicono le madri e le nonne di plaza de majo a Buenos Aires, l'unica lotta che si perde è quella che non si combatte.

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FONDAMENTALE È L'OPPOSIZIONE SOCIALE

Il dibattito sulle 15 tesi scritte da Bertinotti ha permesso l'avvio di una buona discussione sui nodi di fondo della nostra linea politica. Non mi pare necessario motivare una volta di più le ragioni della linea proposta in quel testo; lo hanno fatto egregiamente decine di interventi e lo ha riassunto Bertinotti all'ultima riunione del Comitato Politico. Mi pare invece utile ragionare attorno alle alternative che vengono proposte. Per ragioni di spazio mi limiterò alla questione del confronto con il centro sinistra.

Il programma non è un braccio di ferro tra partiti.

Alcuni compagni e compagne sostengono che il confronto con il centro sinistra dovrebbe essere fatto a partire dalla fissazione di alcuni punti specifici - una sorta di piattaforma di Rifondazione - su cui avviare il confronto e alla fine di questo decidere se si può fare l'accordo.

Questa proposta mi pare debole perché in primo luogo trasformerebbe tutta la discussione in un braccio di ferro tra partiti, che noi siamo destinati a perdere. I soggetti sociali rimarrebbero ovviamente tagliati fuori; a meno di non pensare che sia facile per organizzazioni di massa schierarsi a favore di Rifondazione Comunista contro altri partiti dell'opposizione.
Qualcuno pensa che questo sia possibile? Qualcuno pensa che la Fiom o la Cgil potrebbero tenere le posizioni che hanno preso sui contenuti del programma dentro un braccio di ferro tutto risucchiato nelle relazioni tra i partiti?

a me pare impossibile. Non capisco quindi perché mai dovremo scegliere il terreno per noi più difficile, quello dove noi siamo più deboli. Il problema nostro è quello di riuscire a far pesare non solo i 2 milioni di persone che hanno votato Rifondazione Comunista, ma anche i 10 milioni di persone che hanno votato SI nel referendum sull'estensione dell'articolo 18. Per questo dobbiamo evitare che il confronto si riduca ad un confronto tra partiti e dobbiamo lavorare per costruire un confronto tra le istanze poste dalle organizzazioni sociali e il complesso della politica. Solo rendendo permeabile la politica alle istanze sociali, a quel senso comune pacifista maggioritario tra gli uomini e le donne che si collocano all'opposizione, possiamo pensare di determinare un orientamento antiliberista. Una pura trattativa nel cielo della politica, non ha determinato modifiche nel '98, non le determinerebbe oggi.

Un secondo elemento di debolezza nelle proposte alternative, consiste nel prefigurare la desistenza come eventuale soluzione, in assenza di un accordo programmatico. Io non capisco perché le forze neocentriste dovrebbero accettare di modificare il loro impianto programmatico se intanto Rifondazione sarebbe disponibile a farle vincere gratis.

La desistenza è una proposta debole.

A me pare del tutto evidente che se noi poniamo la subordinata della desistenza, questa diventa l'unico esito possibile; se noi ci mettiamo nei fatti fuori gioco dalla discussione programmatica, i poteri forti e le opzioni centriste dell'opposizione, sono interessate a sconfiggere Berlusconi senza però abbandonare le politiche di destra. Per loro sarebbe molto comodo un simile accordo con Rifondazione - specie se prospettato da noi - salvo poi dire il giorno dopo la sigla dell'accordo che ogni voto a Rifondazione Comunista è un voto che destabilizza la coalizione, che rischia di far ripetere la crisi del '98 e quindi di riconsegnare il paese in mano a Berlusconi.

Un accordo di desistenza sarebbe un disastro per noi, non per gli altri.

Di fronte alla domanda della nostra gente di sconfiggere Berlusconi ma anche di sconfiggere le politiche di destra, noi ci limiteremo a fare i portatori di voti per il primo obiettivo, abbandonando il secondo. Inoltre ci metteremmo nella scomoda posizione di dover rispondere su cosa facciamo nel caso in cui i nostri voti siano determinanti in parlamento: li mandiamo subito a casa? Votiamo anche le cose che non ci piacciono? Scegliamo volta per volta?

Si tratta di un film già visto; non capisco per quale ragione dovremo metterci da soli in una posizione così ingestibile nel rapporto con i milioni di persone che condividono la nostra critica alle politiche liberiste, ci hanno dato fiducia nel referendum, ma vogliono giustamente essere assolutamente certi di mandare a casa Berlusconi e di farcelo rimanere.

Per questo la nostra linea deve tenere insieme la necessità di battere Berlusconi e una chiara lotta per qualificare socialmente il programma dell'opposizione.

La nostra forza sta tutta nel rendere inscindibili questi due elementi.

Per questo dobbiamo superare ogni attitudine a fare gli spettatori; dobbiamo alimentare a fondo il conflitto e la mobilitazione sociale e promuovere una radicalizzazione dell'opposizione sociale e politica al governo. Questa è l'unica strada per battere insieme il Berlusconismo e l'ipotesi neocentrista.

Questa a me pare essere la vera partita politica in corso oggi in Italia.

Che Rifondazione Comunista non entrerà in una alleanza neo centrista, è fuori discussione. Non abbiamo rotto con Prodi nel ?98 per metterci oggi a fare la guerra o per sposare politiche liberiste contro cui ci battiamo sin dalla nascita del partito. La linea che proponiamo è la ricerca di un accordo programmatico che si ponga il problema di sconfiggere le destre e le politiche di destra. Questa linea che proponiamo al partito non ha subordinate: o riesce a passare nel paese o subiamo una sconfitta, un duro colpo alle possibilità di crescita del partito e di espansione del movimento.

La proponiamo così nettamente perché i passaggio è stretto e non serve a molto far finta che non sia vero.

Concludo nella consapevolezza che la linea proposta dalle 15 tesi è una linea difficile di cui però in questi mesi abbiamo potuto misurare l'efficacia.

Il punto è tenere ferma la centralità del rapporto con i movimenti e le organizzazioni sociali, rafforzando il partito, il suo radicamento sociale e la sinistra alternativa.

Paolo Ferrero LIBERAZIONE del 6 novembre 2004

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da liberazione di oggi un articolo molto interessante di Paolo Ferrero della segreteria nazionale di Rifondazione.il dibattito interno a rifo ci coinvolge in qualche maniera tutti/e xchè rifo è l'unico partito effettivamente interno al movimento, anzi è probabilmente la più grande organizzazione "antiliberista" in Italia

Negli ultimi mesi si è aperta una discussione attorno alle prospettive politiche di rifondazione comunista. Accanto a dissensi espliciti, mi pare vi siano nel partito forti elementi di confusione sulla linea proposta. Vorrei quindi tentare di precisare i punti essenziali della linea che indichiamo. In primo luogo proponiamo di radicalizzare e qualificare l'opposizione al governo Berlusconi che, con l'approvazione della legge 30 e con la proposta di manomettere le pensioni sta determinando un vero e proprio salto di qualità. Il governo infatti - di concerto con Confindustria - punta ad uno sfondamento del nostro blocco sociale, distruggendo le basi materiali su cui è cresciuto il movimento operaio in Italia. Basti pensare agli effetti devastanti che l'applicazione della legge 30, con la precarizzazione e l'individualizzazione completa dei rapporti di lavoro, produrrà sulla possibilità stessa di organizzare un conflitto operaio efficace. Ci troviamo di fronte ad un attacco pericoloso, rapido e profondo. In reazione a questo attacco, vediamo crescere il malcontento popolare, che rischia però di essere rappresentato, sul piano politico, da una sorta di autiberlusconismo privo di contenuti. E' infatti evidente che l'opposizione del centro sinistra è radicale nei toni e assai più dialogante nei contenuti, in particolare per quel che riguarda le questioni sociali.

Qualificazione politica e sociale dell'antiberlusconismo

Il primo obiettivo che ci proponiamo è quindi la qualificazione politica e sociale dell'antiberlusconismo. Non è un obiettivo semplice; si tratta, su questo terreno, di aprire una lotta per l'egemonia con la sinistra moderata. Il punto è che la lotta per l'egemonia - in un contesto in cui la nostra gente chiede giustamente di cacciare Berlusconi - non si può esprimere nella separatezza, ma bensì dentro la proposta di costruire un fronte unitario al fine di battere le destre e le loro politiche. Se di fronte all'attacco di Berlusconi noi ci limitassimo a denunciare che una parte dell'Ulivo attacca il governo da destra, non faremo un passo in avanti. Noi dobbiamo proporre che l'opposizione a Berlusconi si traduca in lotta di massa, portando dentro la lotta i nostri contenuti e su questi proporre l'unità del movimento. Le proposte indecenti di Letta e di Fassino sulle pensioni non si sconfiggono solo denunciandole (cosa che pure abbiamo fatto), ma lavorando alla costruzione di un fronte di lotta unitario che abbia al centro il ritiro della controriforma presentata dal governo. La difficoltà del governo a determinare una stabilizzazione moderata, evidenziata dalla crisi del patto per l'Italia, apre la strada alla costruzione di un movimento di massa radicalizzato, che è la base materiale da cui tentare di battere Berlusconi e le ipotesi moderate all'interno dell'Ulivo. La radicalizzazione dello scontro infatti non è un fatto estetico, ma brucia le possibilità di un'alternanza indolore per le classi dirigenti. I poteri forti, con ogni evidenza, stanno prendendo le distanze da Berlusconi e puntano a rendere trasversale la linea antioperaia, slegandola dai destini del governo. Noi, al contrario, dobbiamo puntare a far coincidere questi due elementi in modo che l'obiettivo della sconfitta di Berlusconi coincida - nella testa della gente e nei fatti - con la sconfitta della linea antioperaia. Dobbiamo appunto lavorare per una qualificazione dell'opposizione, fare una battaglia politica sui contenuti dell'antiberlusconismo.

La costruzione dell'opposizione

Qui si pone il secondo problema. Noi proponiamo che la costruzione dell'opposizione, al fine di sconfiggere Berlusconi, si accompagni alla costruzione di una alternativa programmatica di governo. Questo per due ragioni principali. In primo luogo è evidente che in un sistema tendenzialmente bipolare, in cui il bipolarismo è passato nella testa della gente, è diventato senso comune di massa, non è possibile separare la lotta per buttare giù Berlusconi dalla proposta di cosa ci si mette al posto. E' un artificio idealista, un tentativo di rimuovere la realtà. Nel contesto dato, la separazione tra lo sconfiggere Berlusconi e il proporre una alternativa, la possiamo pensare nella nostra testa ma non esiste nei fatti. A livello di massa, mi pare chiaro che chi ha scioperato contro l'abolizione dell'articolo 18, contro la legge 30 e contro il taglio delle pensioni, ti chiede di sconfiggere Berlusconi e di avere una maggioranza che abolisca queste norme inique, che cambi indirizzo. Ti chiede di battere le destre e di battere le politiche di destra costruendo un'alternativa. In secondo luogo, due anni di movimenti di massa e la crisi del neoliberismo, hanno modificato sensibilmente il senso comune del paese e mutato la collocazione politica di alcune significative organizzazioni di massa. Questo apre contraddizioni tra le forze del centro sinistra e tra queste e la propria base sociale; questo apre uno spazio politico che prima dei movimenti non avevamo. Per questi motivi di fondo mi pare necessario che la nostra proposta di radicalizzazione e qualificazione dell'opposizione sia intrecciata con la proposta di costruire un'alternativa programmatica. Se non facessimo così, regaleremmo una clamorosa centralità politica ai DS, che a quel punto sarebbero - immeritatamente ma realisticamente - identificati a livello di massa l'unico soggetto in grado di rispondere - sia pure contraddittoriamente - ai due problemi che ci sono: battere Berlusconi e proporre un'alternativa. Se avessimo una proposta politica buona solo per cacciare Berlusconi e non per il dopo, verremmo visti come utili sul piano delle lotte ma inutili tanto per garantire che la destra sia cacciata all'opposizione, quanto per determinare la piattaforma di coloro che si oppongono a Berlusconi. Non capisco per quale ragione, in un contesto di crescente sentimento antiberlusconiano, dovremo fare questo clamoroso regalo alla sinistra moderata, dandogli, senza concorrenza, il monopolio della proposta politica e dei suoi contenuti. Sarebbe una scelta minoritaria, non perché di troppo di sinistra, ma perché non darebbe una risposta al problema politico che proprio lo sviluppo del movimento e dell'opposizione pongono: cosa si mette al posto di quel governo di destra che vogliamo cacciare? Una linea che separasse l'opposizione dalla prospettiva, indebolirebbe il nostro partito, la prospettiva dell'alternativa e la stessa efficacia dell'opposizione. A scanso di equivoci, voglio precisare che nessuno pensa che la costruzione di un programma di governo alternativo alle politiche di destra sia semplice o scontato. Per nulla. E' del tutto evidente che le posizioni di larga parte dei gruppi dirigenti del centro sinistra - nonostante la crisi del neoliberismo tolga anche a loro molte sicurezze - sono assai distanti quando non antitetiche alle nostre. Nessuna faciloneria quindi ma la necessità di lavorare a fondo per ricercare un accordo programmatico che oggi non c'è. Questo, nella consapevolezza che se dovessimo fallire non ci sarà nessun accordo ma che questo costituirebbe una sconfitta e non una vittoria.

Un percorso per realizzare un accordo

Il nodo è quindi individuare il percorso più efficace al fine di realizzare un accordo programmatico buono. Da questo punto di vista credo sarebbe sbagliato affidare questo risultato solo ad una "dura" trattativa tra Rifondazione e L'Ulivo. Non porterebbe a nulla di buono perchè sarebbe del tutto velleitario e idealistico pensare di "spostare" le posizioni politiche maggioritarie nell'Ulivo con le nostre sole forze. Occorre imboccare una via più lunga ed articolata; soprattutto più partecipata. In primo luogo si tratta di radicalizzare e qualificare l'opposizione, ma su questo ho già detto. In secondo luogo si tratta di costruire il programma in un processo che valorizzi al massimo le espressioni del movimento, gli spostamenti positivi che vi sono stati in alcune organizzazioni di massa e in larga parte dell'opinione pubblica di sinistra. Due anni di movimento hanno modificato significativamente il quadro, come dimostrano sia le posizioni assunte dalla Cgil che il risultato del referendum sull'articolo 18, dove la maggioranza degli elettori del centro sinistra non ha seguito le indicazioni dei vertici ed ha votato SI. La costruzione del programma deve quindi essere un percorso partecipato fatto di seminari aperti, di assemblee pubbliche, del coninvolgimento di migliaia e migliaia di persone. Un processo trasparente, non occultato nelle segrete stanze. Noi dobbiamo far leva sul nuovo senso comune di massa che alberga a sinistra e valorizzarlo dentro la costruzione del programma. Il problema non è di fare una trattativa tra partiti in cui noi poniamo 4 punti irrinunciabili e su questo decidiamo se firmare o rompere. Questo l'abbiamo dovuto giustamente fare quando eravamo soli e relativamente isolati. Oggi - anche in virtù della correttezza della linea tenuta nella rottura con Prodi a all'ultimo Congresso - il problema si pone in termini più avanzati. Ad esempio, sostenere con la Fiom e il sindacalismo di base la necessità che i lavoratori votino sugli accordi che li riguardano; con la Cgil che la legge 30 deve essere abrogata; con il movimento della pace che l'articolo 11 della costituzione deve essere rispettato integralmente, senza se e senza ma. Dobbiamo cioè usare il bipolarismo contro chi l'ha voluto, per portare le opposizioni - in nome della sconfitta delle destre e delle politiche di destra - ad una discussione di massa sui contenuti del programma con cui proporsi l'obiettivo di battere Berlusconi. Allargare e rafforzare il movimento, radicalizzare e qualificare l'opposizione, aprire un processo di costruzione partecipata di un programma di alternativa. Dentro questi processi lavorare all'aggregazione - fuori dai confini del partito riformista - della sinistra di alternativa. Per fare questo è necessario superare un certo immobilismo del partito ed è necessario battere le interpretazioni "di destra", "alleantiste a tutti i costi", che di questa linea vengono date. La nostra proposta di costruire una opposizione unitaria e una alternativa programmatica di governo, è il contrario dell'appiattirsi sul centro sinistra; è il modo concreto in cui cercare di sconfiggere Berlusconi e nello stesso tempo mettere in difficoltà il trasversalismo dei poteri forti che vogliono una alternanza tutta all'interno del blocco borghese. Il nostro obiettivo è quello di battere l'offensiva neoliberista e modificare i rapporti di forza tra le due sinistre. Per questo serve il dispiegamento di tutta l'iniziativa politica del partito, il protagonismo di ogni compagno e compagna, a partire dalla lotta sulle pensioni.

Paolo Ferrero

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