IRAQ LIBERO – COMITATI PER LA RESISTENZA DEL POPOLO IRACHENO

Bollettino del 3 novembre 2005

 

http://www.iraqiresistance.info

Questo bollettino contiene:

1. VERGOGNA BIPARTISAN

2. PAURA DI UNA LETTERA – Prodi si rifiuta di conoscere le opinioni dell’opposizione irachena

3. SI CONCEDA SUBITO IL VISTO DI INGRESSO AD HAJ ALI – Dichiarazione di Mauro Palma del Comitato europeo contro la tortura

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VERGOGNA BIPARTISAN

Mentre il mondo politico italiano si ritrova bipartiticamente nella vergognosa fiaccolata di Ferrara contro l'Iran, autentica parata di regime che prepara la nuova aggressione americano-sionista; il presidente del consiglio Berlusconi non sa ancora come uscire dal pantano iracheno.

Vorrebbe forse ritirarsi per migliorare un pò le proprie prospettive elettorali, ma non può farlo senza il disco verde del principale della Casa Bianca. E così annaspa, un giorno dopo l'altro, con dichiarazioni improbabili e contraddittorie che attestano soltanto una cosa: la sudditanza del nostro paese alle strategie di Washington.

Il quadro non cambia se volgiamo lo sguardo sull’altra faccia della medaglia bipolare. Le reazioni dell’Unione al viaggio di Berlusconi negli USA sono state improntate ad un unico obiettivo, quello di qualificarsi come i migliori e più fedeli alleati degli Stati Uniti. Magari un pò meno ridicoli dello sfacciato servilismo del centrodestra, ma perfettamente allineati nell’essenziale.

Non a caso autorevoli esponenti del centrosinistra hanno cominciato a sottolineare, sempre più spesso, la necessità che l’annunciato ritiro dall'Iraq sia molto (ma molto) "graduale".

Questo atteggiamento della prodiana Unione ha trovato conferma anche nel rifiuto di ricevere la lettera di 26 importanti esponenti iracheni (vedi sotto).

Si vivono tempi bui e se ne preparano di peggiori.

Chi può batta un colpo.

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Paura di una lettera

Prodi si rifiuta di conoscere le opinioni dell’opposizione irachena

Come organizzatori della Conferenza internazionale sull’Iraq “Per una pace giusta – Con la Resistenza” abbiamo avuto il mandato a consegnare una lettera indirizzata a Romano Prodi, scritta da 26 tra organizzazioni e personalità irachene ampiamente rappresentative delle forze che si oppongono all’occupazione militare.

I firmatari della lettera si rivolgono direttamente a Prodi, come primo ministro “in pectore”, affinché si apra “la possibilità di lanciare un dialogo costruttivo e profondo con l’elite politica circa la responsabilità morale del suo paese nell’attuale tragedia irachena, conseguenza diretta dell’occupazione americana”.

Il senso della lettera, scritta a settembre, era quello di determinare le condizioni per un incontro tra Prodi ed una delegazione rappresentativa dei firmatari.

Per quasi due mesi abbiamo cercato di aprire un canale che rendesse possibile la consegna formale della lettera. Ma Prodi non ne ha voluto sapere, giudicando la cosa “inopportuna”.

Questa scelta del candidato premier del centrosinistra, ufficiosamente attribuita a “problemi nell’Unione”, la dice lunga sugli orientamenti e sulle contraddizioni di quello schieramento.

Ci chiediamo: con chi si pensa di costruire un processo di pace se non si riconoscono i legittimi rappresentanti del popolo iracheno?

La verità è che andando su questa strada la pace diventa impossibile e gli stessi impegni sul ritiro delle truppe diventano aleatori.

La lettera degli iracheni ha comunque una grande importanza, per il suo contenuto, per lo schieramento che attorno ad essa si è raccolto, per il chiaro segnale politico che è stato lanciato.

Ma è proprio la capacità di azione politica della Resistenza che fa paura al ceto politico “politically correct”, cioè subalterno in varie forme al dominio imperiale americano.

I Comitati Iraq Libero, visto l’atteggiamento negativo di Prodi e dell’Unione, hanno perciò deciso di rendere pubblico il contenuto ed i nomi dei firmatari della lettera, affinché tutti possano valutare la gravità politica e morale del rifiuto opposto da Prodi e dal suo schieramento.

Comitati Iraq Libero - 3 novembre 2005

LETTERA A PRODI

Caro professor Prodi,

i rappresentanti dell'opinione pubblica e delle forze politiche irachene e le personalità politiche e intellettuali firmatarie di questa lettera si appellano a Lei e, per Suo tramite, all'opinione pubblica e alle forze politiche italiane, nella speranza che la Sua candidatura alla carica di primo ministro offra la possibilità di lanciare un dialogo costruttivo e profondo con l'elite politica circa la responsabilità morale del Suo paese nell'attuale tragedia irachena, conseguenza diretta dell'occupazione americana.

Questo problema merita certo la Sua attenzione nel quadro delle Sue attività di candidato. Le vittime della criminale invasione dell'Iraq, che continuano a moltiplicarsi ogni giorno a causa dell'occupazione e della perdurante anarchia, si rendono perfettamente conto che chi collabora con l'occupazione porta le stesse responsabilità di chi l'occupazione ha progettato ed eseguito. L'Italia perciò, finché le truppe italiane continueranno nella loro attuale missione di sostegno dell'occupazione americana, non potrà sottrarsi alla responsabilità storica per quanto è accaduto e sta accadendo in Iraq.

Le tragiche conseguenze sono gravissime per milioni di oppressi in Iraq, ma ci sono anche gravi implicazioni morali, non solo per l'Italia ma per tutta l'Europa, finchè durerà una partecipazione europea all'occupazione.

Il Suo paese ha legami storici antichi e profondi col popolo iracheno e arabo. Noi speravamo che questi legami avrebbero costituito un solido fondamento per rapporti basati sul rispetto delle sovranità nazionali e del diritto dei popoli all'autodeterminazione. Ma questi rapporti sono ora in pericolo finché le truppe del Suo paese continueranno a partecipare all'azione di pirateria internazionale di cui oggi l'Iraq è vittima. Difendere l'immagine dell'Italia come nazione amica degli Arabi è diventato purtroppo oggi un compito arduo.

La guerra in Iraq ha dimostrato che non ci sono limiti all'intervento americano negli affari di altri paesi e alle offese che gli Stati Uniti possono portare a qualsiasi paese, per grande e importante che sia. Il rozzo intervento di parlamentari americani nel tentativo di far pressione sul governo italiano per proibire la prevista conferenza di solidarietà internazionale con la resistenza irachena (con il motto "lasciamo in pace l'Iraq - sosteniamo la resistenza irachena") è una conferma ulteriore del fatto che gli USA non rispettano nemmeno i loro complici.

Ci auguriamo che le Sue parole del luglio scorso, quando ha definito le truppe italiane in Iraq come truppe occupanti e manifestato il proposito di ritirarle se eletto alla carica di primo ministro siano un impegno morale di fronte al Suo popolo e al mondo e non solo promesse elettorali.

Con profondo rispetto

  1. Ayatollah Ahmad Alhasani Al Baghdadi- PR Office in Najaf
  2. Iraq (Islamic) Sunni cleric – Consiglio degli Ulema
  3. Al Sadr Movement, Muqtada Al Sadr
  4. Iraqi Patriotic Alliance: spokesmen Mr. Awni Al Kalemji
  5. Representative of Baath party and a retired diplomat: Dr. Ghalid Assamarai
  6. Democratic Patriotic Communist Movement: Ahmad Karim
  7. Iraqi Intellectual Assembly: Fadhil Al-Rubaiee
  8. Popular Struggle Movment (Alkifaah Alshabi),
  9. The Supreme Council of the Patriotic Forces rejecting the Occupation (Wahaj- ElIraq)- Represented by Majeed AlGaod
  10. Iraqi Communist Party – Central Command
  11. Iraqi Communist Party- Alkadir, Represented by Dr. Nouri AlMuradi
  12. Iraqi Patriotic Communist Movment represented by Dr.Muhamed Jawad Faris.
  13. Arabic Socialist movement (the Patriotic Leadership)
  14. Democratic Nationalist party
  15. Iraqi Women Union
  16. Progressive Iraqi Students Union
  17. The Nationalist Patriotic Islamic Front
  18. People’s Union
  19.  Socialist Unity Party
  20. The Patriotic Front of Iraqi Intellectuals.
  21. Iraqi Community in Germany , Berlin
  22. Arab Culture Centre, Germany
  23. Ibrahim Alkubaisi: Brother of the arrested IPA chairman Abduljabbar Al Kubaisi
  24. General coordinator of the Iraqi popular organization: Salah Al Muchtaar
  25. Dr. Dirgham aldabak, Iraqi writer and political activist
  26. Iraqi Sociologist Residence in the Netherlands, Dr. Jasmin Jawad Althrethi

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SI CONCEDA SUBITO IL VISTO DI INGRESSO AD HAJ ALI

Dichiarazione di Mauro Palma, componente per l’Italia del Comitato Europeo per la Prevenzione della tortura, dei trattamenti e delle pene inumane o degradanti.

Questa presa di posizione del 27 ottobre è stata completamente ignorata da tutti i mezzi di informazione del nostro paese. Ognuno tragga le sue conclusioni.

Una delle azioni concrete per prevenire la tortura e le altre forme di maltrattamenti delle persone private della libertà è, senza dubbio, la diffusione della conoscenza del fenomeno, delle tristi e crudeli pratiche che, tuttora lontane dall’essere debellate, avvengono in particolari contesti, delle loro finalità, dei loro effetti. Solo conoscendo, si costruisce e si consolida il rifiuto della tortura e si rafforza il convincimento sull’assolutezza della sua proibizione.

Non solo, ma ridare parola alle vittime, aiutandole a ricostruire il proprio dramma, ascoltandole, è parte del loro recupero perché dà loro la possibilità di intravedere una qualche utilità nella negatività dell’esperienza sofferta: quella di prevenire il suo riprodursi.

Per questo le organizzazioni e le istituzioni che hanno il compito di combattere la tortura e prevenirla, da sempre sottolineano due necessità da tenere assieme: punire i responsabili e garantire alle vittime forme di recupero. Tra queste è centrale la possibilità di circolare liberamente per far conoscere la propria storia.

Lascia, quindi, sconcertati la notizia del rifiuto di concedere il visto d’ingresso in Italia al cittadino irakeno Haj Alì, icona dell’attualità della tortura, nella sua immagine incappucciata con gli elettrodi attaccati al corpo, che è entrata attraverso i mezzi di comunicazione in tutte le case. La sua presenza in Italia era finalizzata alla partecipazione a incontri pubblici in cui, appunto, narrare la propria storia.

La motivazione burocratica che sembra essere stata addotta – la mancata possibilità di rilasciargli un visto in Giordania dove è riparato, perché non residente in tale Stato – non può essere credibilmente sostenuta perché implicherebbe per lui la necessità di tornare in Iraq per chiedere il visto, con ovvie conseguenze. Tale motivazione suona piuttosto come sottovalutazione della gravità del trattamento da lui subito e come non volontà a cooperare perché tali esperienze siano definitivamente bandite dalla nostra contemporaneità.

L’Italia ha sin da subito ratificato sia la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, sia la Convenzione Europea per la sua prevenzione. Ha quindi assunto obblighi internazionali a cooperare affinché «nessuno sia sottoposto a tortura o a trattamenti inumani o degradanti». Per questo ci si attende dai suoi Organi centrali e periferici un atteggiamento conseguente e il positivo impegno a contribuire a ogni iniziativa che rafforzi la lotta contro la tortura.

Il governo italiano e i governi degli altri Paesi europei a cui analoga richiesta di ingresso viene rivolta in questi giorni devono trovare speditamente la via idonea affinché il torturato Haj Alì abbia accesso in Europa e possa così socializzare la propria drammatica esperienza.

Mauro Palma

Componente per l’Italia del

Comitato Europeo per la Prevenzione della tortura,

dei trattamenti e delle pene inumane o degradanti

Strasburgo

 

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