LE ALI DELLA BANLIEUE -
QUANDO AGLI OPPRESSI NON RIMANE CHE LA RIVOLTA:

excursus mnemonico di un'intolleranza accertata.

di - Giuseppe Borlandelli.



Nel 1979, per la prima volta, viaggiai con alcuni
amici attraverso la Francia, in autostop. Non potevamo
permetterci il treno.


A Modane ci caricò un francese anzianotto su una
colossale macchina americana. Ci aveva tirati su per
chiacchierare, così saltò fuori che i soldi per la
Cadillac se li era fatti prestandosi come "tecnico
della repressione" a pagamento, insomma mercenario,
durante la guerra d'indipendenza d'Algeria negli anni
'50. A noi, freschi di un'ultrasinistra spazzata via
da poco a suon di ciclopiche operazioni di polizia, la
cosa parve orrenda, e gli rivolgemmo alcune domande
scandalizzate quanto ingenue. Il succo delle sue
risposte fu: o i "pieds noir" sparavano a me, o li
facevo fuori io. Lo disse con un compiacimento che
sfiorava l'orgoglio. Dopo quasi trent'anni, li
chiamava ancora pieds noir.


Se quello fosse stato un film e noi degli eroi, gli
avremmo sputato in faccia e saremmo saltati giù dal
suo baraccone sanguinario, ma le alternative erano
farcela piedi o tornare a casa. E a diciannove anni
nessuna delle due aveva un senso. Lì per lì pensammo
che  si trattasse di uno stronzo isolato. Avevamo
torto.


Durante la notte ottenemmo un altro passaggio fino
alla periferia di Lione. Fummo ospitati in casa per
dormire e per la colazione. Poi ci incamminammo di
nuovo verso l'autostrada.


La luce del mattino rivelò una specie di satellite di
periferia di nome Villeurbanne, un posto di casermoni
anonimi e cadenti, popolati in esclusiva da arabi e
neri. Ammassati lì in agglomerati squallidi e
assiepati su autobus malconci. La loro immigrazione
nella terra degli ex colonialisti era iniziata da
decenni, eppure...
Alzammo il dito sulla tangenziale a ridosso di quelle
case. I francesi non ci consideravano.

Gli immigrati, invece, ci rispondevano mostrando i pugni e
digrignando i denti in qualche insulto attraverso i
vetri delle loro vecchie utilitarie. Allora non intuii
il perchè, ma oggi lo capisco molto bene. Per loro
rappresentavamo degli stronzissmi turisti vestiti da
fricchettoni in cerca d' avventura. Non eravamo di
origini benestanti, bensì ex liceali tirati su a
fatica da operai, impiegati, colf e casalinghe, ma
comunque dei privilegiati: per quanto in suolo gallico
gradissero definirci "lerital" (sporchi italiani),
eravamo bianchi, e se la polizia ci attaccava per
l'autostop illegale si limitava a controllare i
documenti e allontanarci. Un lusso.

Immaginate cos'avrebbe passato con gli sbirri un ragazzo africano
al posto nostro... Oggi so che avevano tutte le
sacrosante ragioni di detestarci e di manifestarlo.
Quella sera stessa, issati sulla cabina di un camion,
abbordammo la Phériperique di Parigi, con gli occhi
storditi dai chiassosi fasti della prima metropoli mai
vista in vita nostra e le orecchie assordate da oltre
trecento chilometri di storielle del conducente: uno
apparentemente alla mano, il tipo del "routier" e non
certo del "burgeois". Ma poi si mise in testa di
fermarsi da qualche parte ad offrirci la cena. Imboccò
un'uscita e prese a girare e girare per strade buie.
Bloccava il mezzo per qualche istante davanti alle
ultime trattorie aperte.

Attraverso le vetrate vedeva e vedevamo gente di colore, e lui puntualmente
esclamava: "Arab, merde!", "Arab, merde!", e tirava
via. La storia si ripetè fino alla nausea. Alla fine
scendemmo, con la pancia vuota ma un primo sostanzioso
assaggio di cosa fosse, in realtà, una società
"multirazziale" nella testa della gente.


Per certo però posso assicurarvi una cosa: se non
avessi perseverato nel mettermi in coda con gli
studenti di colore nelle straripanti mense-ghetto a
tre piani studiate apposta per smaltire vassoi di
schifezze a dieci franchi - se non fosse stato per gli
alberghi degli egiziani che offrivano comunque un
tetto a prezzi modici - se non mi fossi potuto sfamare
per strada coi panini tunisini o i merguez o i kebab -
se non mi fossi rifugiato nel cuore pulsante delle
loro vie, la tanto decantata Ville Lumiére mi avrebbe
rigettato come uno scarto, allora ed in seguito.

MA COS'E' CAMBIATO DAL '79 AL 2005, SE GLI IMMIGRATI -
PROPRIO A PARIGI - CONTINUANO A BRUCIARE E A
INTOSSICARSI PER INCENDI IN EDIFICI FATISCENTI E
PERICOLOSI IN BARBA A MILLE DENUNCE E RICHIESTE
D'INTERVENTO INASCOLTATE - COSE DI CUI TUTTI ABBIAMO
LETTO L'ESTATE SCORSA?

La mano della "civiltà globale"
non offre che sfruttamento e schiaffi. Ma se la rabbia
esplode, beh, ci sono i commenti ragionati dei
quotidiani pseudotolleranti, o le "preoccupazioni" per
la strumentalizzazione della cirminalità, le riunioni
d'emergenza di Chirac e le alte sfere con l'unico,
solito risultato: coprifuoco, polizia e repressione,
mai un tentativo di avvicinare e capire la natura dei
problemi:  LA PRIMA E PIU' COLPEVOLE CRIMINALITA' E'
QUELLA PERPETRATA DAL GOVERNO, LA VIOLENZA ORIGINARIA
E' ALLA BASE DEL SISTEMA che gestisce l'emarginazione
con il criterio dell'usa-e-getta e la strumentalizza
per ulteriori involuzioni autoritarie.

La stampa valuta oggi l'attenuarsi degli scontri conteggiando il
minor numero di macchine bruciate e il (lievissimo!)
calo degli arresti, ma lo scontro di fondo resta:
quello fra chi finge di accettare o di tollerare e
chi, giustamente, non si lascia prendere per i
fondelli, anche se probabilmente qualcuno spenderà
qualche promessa, oggi o fra breve...
Per chiudere, visto che ho sotto gli occhi in questo
momento una foto con la faccia di Pisanu che pigola a
proposito delle "nostre" periferie che "in futuro"
potranno far(ci?) versare lacrime: le banlieues
potenziali esistono già, anche se non occorre il treno
per raggiungerle, almeno dove abito io, "piccola
città, bastardo posto": nel mio quartiere viviamo
tutti assieme, italiani a basso reddito, arabi,
centrafricani, slavi, sudamericani, cinesi, insomma
bianchi verdi e blu.

Non siamo ancora riusciti ad
uscire dai nostri gruppi d'appartenenza, ma non c'è
granchè posto per benpensanti e puzze sotto il naso.
Frequentiamo più o meno gli stessi bar, ciondoliamo
omogenei nei discount e per le strade e facciamo
rappezzare le auto dai tre o quattro meccanici dei
dintorni e viviamo  tutti fianco a fianco in case
simili. Perchè abbiamo tutti gli stessi bisogni - e
ogni tanto viene la polizia a bloccare le strade con
le camionette e le volanti per far scena e fognare
qualche Phone Center: effetto Pisanu. Ma se bloccano
una strada che frequento anch'io, mi incazzo anch'io.
Se chiudono con qualche pretesto un Internet Point che
uso anch'io, mi incazzo anch'io. Chissà, magari, un
giorno o l'altro, un'incazzatura ne tirerà un'altra...
E Pisanu potrebbe diventar Profeta in Patria!


 

 

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