LE IDEE
Una
rivoluzione
per salvare l'ambiente
di KOFI ANNAN
IMMAGINATE
un futuro d'incessanti uragani e alluvioni, d'isole e
regioni costiere densamente popolate inondate
dall'innalzamento degli oceani, terreni un tempo fertili
resi sterili da siccità e desertificazione, emigrazioni
di massa di rifugiati per cause ambientali, conflitti e
guerre per contendersi l'acqua e altre preziose risorse
naturali.
E ora immaginate perché è possibile sperare un contesto
migliore, con tecnologie rispettose dell'ambiente; città
vivibili; abitazioni, mezzi di trasporto e industrie che
sfruttano fonti alternative d'energia; e migliori
standard di vita per tutti i popoli della Terra, non per
una fortunata minoranza soltanto.
Scegliere tra queste due opposte visioni spetta a noi. Le
attuali tendenze forse non sono del tutto incoraggianti,
e ormai sappiamo abbastanza di problemi ecologici da
temere il peggio. Tuttavia siamo ancora in tempo per
allontanarci dall'orlo del peggio. Cosa ancora più
importante, esiste un altro cammino da percorrere,
migliore per i popoli, meno dannoso per l'ambiente e
possibile grazie alle politiche, alle conoscenze e alle
tecnologie oggi a nostra disposizione. L'umanità ha
mosso i primi passi in questa migliore e più illuminata
direzione. Scopo del World Summit di Johannesburg sullo
Sviluppo Sostenibile è far sì che questi primi passi in
quella direzione continuino, che noi tutti ci mettiamo
immediatamente e definitivamente in marcia.
Vivere in armonia con il nostro pianeta è una sfida
antica quanto la stessa società umana. Poco più di due
secoli fa, con la Rivoluzione Industriale, il rapporto
tra l'umanità e la Terra è cambiato in maniera
radicale. Utilizzando la nuova tecnologia del motore a
vapore all'inizio del XIX[b0] secolo e quella dei motori
a combustione interna nel secolo appena conclusosi,
l'umanità si è scoperta in grado di sfruttare su larga
scala l'energia contenuta in combustibili fossili quali
il carbone, il petrolio e il gas. Allo stesso tempo le
straordinarie migliorie della produzione agricola, rese
possibili dall'avvento in agricoltura della
meccanizzazione, dei fertilizzanti e da un uso più
funzionale dell'acqua, hanno spinto molte persone a
lasciare le campagne per le fabbriche e le città. Il
risultato di tutto ciò è stata una vera e propria
rivoluzione degli standard di vita, una rivoluzione mai
verificatasi precedentemente e che mai s'era immaginato
fosse possibile.
Oggi ci occorre un'altra
rivoluzione. Una rivoluzione intesa nel senso di una
comune gestione del pianeta. Per troppo tempo troppe
persone hanno creduto che i limiti naturali del benessere
si fossero ormai raggiunti. Per troppo tempo troppe
persone hanno confidato esclusivamente nelle conquiste
della tecnologia come nell'unica e ineluttabile risposta
a qualsiasi limitazione delle risorse o qualsiasi
vulnerabilità potesse presentarsi.
Col tempo, tuttavia, a mano a mano che l'umanità si è
andata ritrovando in territori inesplorati per quanto
concerne lo sfruttamento dell'energia e la crescita della
popolazione e, in particolare, a mano a mano che andava
affiorando il naturale desiderio da parte dei popoli di
condividere quella prosperità finora goduta da pochi
abbiamo cominciato a capire i pericoli insiti
nell'attuale modello di sviluppo. Ora che le foreste sono
state abbattute, che le falde acquifere si sono
prosciugate, che l'atmosfera è satura di sostanze
tossiche e che gli oceani sono pressoché svuotati di
pesci; ora che il clima ha iniziato a ritorcersi contro
di noi, riflettendo il nostro dissoluto modo di vivere,
il mondo comincia a vedere i pericoli delle attività
umane nel suo complesso.
Le varie società del mondo stanno cercando di far sì
che la crescita economica e la protezione dell'ambiente
vadano di pari passo, e non siano in conflitto tra loro.
Molti gruppi hanno cercato di diffondere una presa di
coscienza. Molti imprenditori stanno cogliendo le
occasioni che le tecnologie e le pratiche rispettose
dell'ambiente offrono.
Come comunità mondiale abbiamo tenuto decisive
conferenze, come quella di Stoccolma nel '72 e quella di
Rio de Janeiro nel '92, abbiamo negoziato dozzine di
accordi multilaterali, abbiamo fondato istituzioni come
il Programma Ambientale dell'Onu, e abbiamo delineato una
comune visione del cammino da percorrere con i Millennium
Development Goals, che comprendono la cancellazione della
povertà e della fame, la riduzione della mortalità
infantile, il raggiungimento dell'uguaglianza tra i sessi
e dell'educazione primaria universale. Ma, come spesso
succede, la nostra comprensione quella dell'opinione
pubblica e quella della comunità scientifica è andata
ben oltre la risposta politica. Il Summit offre la
possibilità di recuperare lo svantaggio.
Johannesburg mira a dare pari attenzione alla duplice
aspirazione dello sviluppo sostenibile. Coloro che
affermano di preoccuparsi per l'ambiente e al tempo
stesso disdegnano ciò cui mira lo sviluppo non fanno
altro che indebolire entrambe le cose. Perché per i più
poveri dell'umanità in particolare, sviluppo significa
possibilità di nutrirsi, di andare a scuola, di curarsi,
per sé e per i loro figli. Ma lo sviluppo che tiene in
scarsa considerazione la sostenibilità, alla fine è
solo autolesionistico. La prosperità costruita
saccheggiando l'ambiente naturale non è affatto
prosperità, è soltanto un rinvio temporaneo del
disastro futuro. La questione non è in questi termini:
ambiente contro sviluppo oppure ecologia contro economia.
No, i due ambiti possono esser integrati. Non è
questione di ricchi o poveri, tutti hanno interesse allo
sviluppo sostenibile.
Che cosa può fare una conferenza, specialmente tenendo
conto che i risultati nel decennio trascorso dal primo
Earth Summit sono un progresso penosamente lento e un
acuirsi della crisi ambientale mondiale? Johannesburg
suonerà ancora un campanello d'allarme e soprattutto
dovrà rinnovare l'impegno politico ad alto livello per
favorire lo sviluppo sostenibile. Già conosciamo i
risultati che è possibile conseguire quando i leader
della Terra parlano ufficialmente di un determinato
argomento sia questo l'Aids o gli aiuti umanitari o il
commercio e sappiamo come possano appoggiarli pienamente
con tutte le risorse delle loro amministrazioni.
Le previsioni catastrofiche, i panorami apocalittici e
gli scenari funesti non sono sufficienti ad ispirare i
popoli affinché cambino le loro politiche o il loro modo
di comportarsi quotidianamente. Ma non possiamo neppure
sottovalutare i problemi che ci stanno di fronte, o
pensare che lo sviluppo sostenibile si attuerà per conto
proprio. All'alba di questo nuovo secolo dobbiamo fare
una scelta. Abbiamo sia le risorse umane sia quelle
materiali che occorrono per attuare uno sviluppo
sostenibile, non un concetto astratto, ma una realtà
tangibile. A Johannesburg i popoli dovranno essere uniti:
per dimostrare la nostra appartenenza ad un destino
comune, per dimostrare che affronteremo questa sfida
seriamente, e infine per esercitare una maggiore
responsabilità nei confronti di ciascuno di noi, degli
altri e della Terra dalla quale dipendono il progresso e
il benessere comuni.
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