09.09.2002
«Io, maestrone, boccio la Moratti»



ROMA Il "maestrone" è un cantautore. Ma anche poeta, scrittore, linguista. Nel prossimo autunno l'Università di Bologna, Modena e Reggio Emilia, per i suoi meriti letterari, lo insignirà della laurea honoris causa in Scienze della Formazione.
Ma pochi sanno che il maestrone Guccini è stato anche professore in un college americano: «Dal 65 all'85. Insegnavo lingua italiana».


Lo sa che il 57% degli insegnanti vorrebbe cambiare lavoro?


(Ride) Non hanno mica tutti i torti! Prima l'università, poi la fatica del lavoro. E con poche soddisfazioni economiche, tant'è vero che insegnano quasi tutte donne… E poi c'è anche una questione di rispetto. Io ho fatto elementari e medie tra gli anni quaranta e cinquanta, adesso vedo che danno del tu ai professori, ai miei tempi non era così. Forse allora si abusava dell'autorità, si aveva paura degli insegnanti. Ma insomma, dalla paura alla mancanza di rispetto...


Che cosa ricorda della sua esperienza di insegnante? Erano anni fecondi dal punto di vista sociale, politico.


Fecondissimi. E infatti allora mi sono trovato bene. L'unica cosa, dovevo dire ai ragazzi di non mettere i piedi sul banco.


I piedi sul banco?


Certo. Erano abituati così, ma è normale in America. Toglievano le scarpe e mettevano i piedi sul banco. In quegli anni comunque era molto stimolante insegnare, e i ragazzi erano vivaci dal punto di vista intellettuale. Poi però negli anni 80 a un certo punto mi sono stancato, forse perché non sopportavo più tanto gli americani: erano tornati nella loro routine.


Vede delle analogie, come qualcuno a sinistra ha osservato, tra quegli anni e i movimenti di allora, e i girotondi di oggi?


Direi di no. Allora partecipavano i giovani. Oggi è più complesso: è tutta la società che si muove. Le richieste di allora erano tutte istanze giovanili.


E dei girotondi cosa pensa?


Ne penso bene. Io vedo che c'è un certo disprezzo per la parola girotondo, come se fosse un gioco, uno scherzo. Invece è una cosa serissima.


Sarà a Roma il 14 settembre?


Aderisco, anche se non potrò essere a Roma per un precedente impegno al festival dell'Unità.


E cosa pensa del fatto che il 34% degli insegnanti vorrebbe fare per un anno il ministro della Pubblica Istruzione?


(Ride, più divertito) Ma sa, è come dire: se fossi il papa… È un desiderio che viene dalla frustrazione, non certo dalla volontà di potere.


O forse dalla sensazione che solo un insegnante potrebbe affrontare i problemi della scuola, conoscendone bene la realtà. E lei, cosa cambierebbe della scuola?


(Sogghigna) Non saprei. Non faccio parte di quel gruppo di persone…


Lei ha una figlia grande.


Si chiama Teresa, ora frequenta il Dams.


Problemi a scuola?


Uno solo, quando faceva le elementari. Un giorno tornò a casa e disse: «Come sarebbe bello morire giovani». E noi: «Che dici?». «Sì, ci ha detto la maestra che così si conserva la purezza». E allora abbiamo cambiato maestra.


Anche se non farebbe mai il ministro della pubblica istruzione, avrà qualche idea sull'annunciata riforma Moratti.


Non posso pensarne bene. Credo che ci sia un chiaro tentativo di favorire le scuole private.


Ho letto in un sito internet che lei si rivolge al suo pubblico come un saggio professore


Questo lo dicono loro. Saggio, proprio, non direi…!


Ma perché la chiamano «maestrone»?


È una vecchia storia che risale agli anni in cui insegnavo. C'era un barista che mi chiamava professore. Poi ha saputo che scrivevo canzoni e cantavo, quindi gli è venuto il dubbio se chiamarmi maestro o professore. E da qui è uscito fuori maestrone. Anche per la mia stazza, ovviamente.


 

 

 

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