l'autore è
segretario generale dell'Onu
traduzione di Anna Bissanti
Washington annuncia nuovi aiuti,
ma 10 anni fa il suo contributo
allo sviluppo era il doppio di quello odierno
Johannesburg,
gli americani:
"Ecco i soldi per lo sviluppo"
L'Ue: "Gli accordi commerciali non sostituiscono
i governi"
L'Oms: l'inquinamento uccide 8 milioni di europei
di ANTONIO CIANCIULLO
JOHANNESBURG - Da tre giorni
sotto il fuoco incrociato degli ambientalisti e
dell"Unione europea, gli Stati Uniti hanno fatto
scattare la loro controffensiva mediatica sostenendo che
il mercato salverà il pianeta, non le regole.
"Siamo i campioni del mondo per lo sviluppo
sostenibile", ha detto Paula Dobriansky, capo della
delegazione americana, al vertice di Johannesburg.
"Dopo il Piano Marshall e l'Alleanza per il
progresso lanciata da Kennedy, il Millennium Challenge
Account avviato nel marzo scorso è il più grande
investimento per lo sviluppo del mondo". Gli
americani si sono presentati alla conferenza stampa con
una documentazione puntigliosa: l'amministrazione Bush
spenderà 970 milioni di dollari in tre anni per l'acqua
e distribuirà una pioggia di investimenti in rapporti
bilaterali. Facendo le somme si scopre che la Casa Bianca
conferma gli impegni presi alla conferenza sulla finanza
per lo sviluppo del marzo scorso a Monterrey: più 5
miliardi di dollari aggiuntivi in aiuti allo sviluppo
entro il 2006.
Sono tanti o pochi 5 miliardi di
dollari? Visto che la quota attuale degli aiuti allo
sviluppo (10 miliardi di dollari) è pari allo 0,1 per
cento del Pil statunitense, il totale di 15 miliardi di
dollari al 2006 corrisponde allo 0,15 dell'attuale Pil
degli Stati Uniti. "Dieci anni fa il contributo di
Washington equivaleva allo 0,2 per cento del Pil",
obietta Antonio Tricarico, della Campagna per la riforma
della Banca Mondiale. "Oggi si è dimezzato in
percentuale anche se la cifra assoluta resta costante per
effetto della crescita del prodotto lordo nazionale.
Siamo a un livello tre volte inferiore a quello dei paesi
europei".
Secco, anche se non riferito esclusivamente agli Stati
Uniti, l'intervento di Jeffrey Sachs, economista di
Harvard e inviato del segretario dell'Onu: "I paesi
ricchi non sono venuti a Johannesburg con reali impegni
ma con il riciclaggio di vecchie promesse. Si gioca con
un'aritmetica che ha a che fare con la vita e con la
morte. Basterebbe avere un centesimo per ogni dieci
dollari di spesa mondiale per creare un fondo di 25
miliardi di dollari: con questi fondi si potrebbero
salvare 8 milioni di vite ogni anno".
La distanza tra le due proposte in campo, quella europea
e quella americana, resta intatta dopo la prima tornata
di trattative. All'invocazione del mercato come panacea
per i mali del mondo l'Unione europea ha ribattuto
confermando le sue posizioni: gli accordi di partnership
commerciale per agevolare lo sviluppo di industrie pulite
"non possono sostituire l'impegno dei governi".
"Abbiamo bisogno di un fermo impegno da parte di
tutti i governi per trasformare le decisioni del summit
in azioni concrete", ha precisato Christian Schmidt,
presidente di turno dell'Unione europea. Da questa
situazione di stallo nascono fragili compromessi. Ad
esempio sui veleni chimici è stata finalmente raggiunta
l'intesa al prezzo di adottare una formula più morbida
rispetto a quella annunciata martedì sera: tra le due
dizioni originariamente in alternativa ("che non
causino significativi effetti avversi sulla salute e
sull'ambiente" oppure "che riducano
significativi effetti avversi sulla salute e
sull"ambiente") è stata scelta una terza
opzione: le sostanze chimiche verranno prodotte e usate
in modo da "minimizzare" gli effetti negativi.
Di fronte alla cautela che circola al vertice sullo
sviluppo sostenibile, ieri l'Organizzazione mondiale di
sanità (Oms) ha fatto squillare un campanello d'allarme.
In un rapporto preparato assieme a Legambiente e Amref,
l"Oms afferma che l'inquinamento in Europa è
responsabile del 6 per cento delle morti: "Se da
Johannesburg non usciranno impegni precisi e vincolanti
per la riduzione dei gas che alterano il clima, tra il
2002 e il 2020 sono in Europa potrebbero esserci 8
milioni di morti in più a causa dell'inquinamento
atmosferico prodotto dal traffico, dall'industria, dagli
usi domestici dell"energia".
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