Omicidio Gemayel: A chi giova il caos in Libano? Via subito le truppe italiane! Comunicato stampa del Comitato nazionale per il ritiro delle truppe italiane Dopo la sconfitta militare di agosto il fronte israelo/statunitense è stato costretto ad accettare un ripiegamento tattico e la risoluzione 1701 dellONU, sicuramente spostata in favore degli aggressori, ma incapace nellimmediato ed in prospettiva di risolvere il problema di fondo per il quale lesercito di Tsahal è stato mandato allo sbaraglio: il disarmo e la disarticolazione della resistenza libanese. Non a caso, mentre la resistenza rispetta rigorosamente il cessate il fuoco (ma giustamente non cede le armi) Israele viola sistematicamente la tregua per mare, terra e cielo. Ad appena due settimane dallinizio della tregua scatta la strategia della tensione: viene ucciso a Sidone un alto esponente dei servizi segreti libanesi, si susseguono attentati dinamitardi contro caserme dellesercito libanese e centrali della polizia (5 nellultima settimane nel centro di Beirut). Intanto si surriscalda il fronte interno con una serie di atti politici della filo americana coalizione arancione: si nega un governo di unità nazionale, si accusa la resistenza di aver portato il paese in una guerra distruttiva, si richiede a gran voce listituzione del tribunale internazionale per lomicidio dellex premier libanese Rafik Hariri in funzione anti siriana La Resistenza libanese, forte di un consenso maggioritario nel paese, ricostruisce il paese, propone il governo di unità nazionale, promuove un processo politico per il superamento del retaggio coloniale che blocca il paese nel sistema confessionale. Le mosse della coalizione nazionalista, uscita vincitrice dagli ultimi confronti con Israele, riflettono la serenità e la determinazione di chi sa di avere potenzialmente e legittimamente in mano le redini del paese. Sul fronte iracheno intanto la sconfitta militare USA inizia a produrre i suoi frutti: è di ieri lincontro tra i ministri degli esteri siriano e iracheno, nei prossimi giorni i due ministri saranno a Teheran per un incontro con i massimi esponenti della Repubblica islamica. I fatti parlano chiaro: Israele e Stati Uniti sono sempre più fuori gioco nellarea ed ecco che scatta, in un impressionante sincronia temporale, lomicidio di Pierre Gemayel Sulla base di questa banale elencazione dei fatti avanziamo il fortissimo sospetto che questo omicidio provenga dallo schieramento che non può accettare supinamente il processo in atto: una destabilizzazione riapre i giochi e può determinare un assetto più consono alle strategie colonialiste ed imperialiste. Se sullaltare di questa prospettiva politica si deve sacrificare un rampollo della borghesia cristiana crediamo che la cosa non turbi i sonni di chi pianifica ogni giorno il massacro la distruzione di interi popoli. Detto questo una domanda sorge spontanea e perentoria: cosa ci stanno a fare le truppe italiane in Sud Libano? Alla luce dei fatti, come scrive Repubblica non più tardi di ieri, le uniche garanzie date ai nostri apparati militari schierate nel sud del paese sono venute da Hezbollah. Gli alleati israeliani, a favore dei quali il ministro DAlema si espone nonostante il quotidiano massacro di palestinesi, perseguono la loro strategia di guerra, mentre lesercito italiano fa la guardia al famoso bidone, a spese del contribuente italiano. Quali giustificazioni accamperà ora, di fronte a questo prevedibile scenario, la cosiddetta sinistra radicale per il voto favorevole dato a questa infausta missione di pace? I pacifisti che hanno gridato fino ad ieri Forza ONU e che oggi non vogliono parlare di Libano saranno probabilmente costretti a riparlarne nel giro di poco tempo. Il Comitato nazionale per il ritiro delle truppe italiane ed il movimento contro la guerra sceso in piazza il 30 settembre lo ripete oggi con forza: VIA SUBITO LE TRUPPE DAL LIBANO! |