Alle Assemblee di Mirafiori
Gli operai contestano Epifani, Bonanni, Angeletti sulla Finanziaria
In prima fila le operaie. "Bertinotti ci hai tradito", urla un operaio
"Non ci sono governi amici". "Non dobbiamo fare la stampella del governo"


Gli operai della Fiat di Mirafiori sono tornati da protagonisti sulla scena sindacale e politica. E lo hanno fatto contestando la Finanziaria del governo Prodi e i vertici sindacati confederali che gli fanno da stampella. Una contestazione sacrosanta che ha dato voce alle preoccupazioni e al malcontento che serpeggia tra l'intera classe operaia e in generale in tutti i luoghi di lavoro.


L'occasione sono state le assemblee sulla Finanziaria che si sono svolte il 7 dicembre scorso a cui hanno partecipato i segretari generali di Cgil, Epifani, Cisl, Bonanni, e Uil, Angeletti, tornati a Mirafiori 26 anni dopo la dura e violenta contestazione operaia che cacciò i dirigenti sindacali di allora, Lama, Carniti e Benvenuto colpevoli di aver svenduto e tradito la grande battaglia dell'ottobre 1980 contro i licenziamenti alla Fiat durata 35 giorni.
L'obiettivo dei vertici sindacali era quello di "vendere" questa indigeribile Finanziaria ai lavoratori e di conseguenza, sostenere il governo Prodi e avere il viatico alla loro politica cogestionaria sulle pensioni e la produttività della cosiddetta "fase2". Ma l'operazione non è riuscita e Epifani, Bonanni e Angeletti hanno trovato il pane per i loro denti.


Epifani, di fronte a una platea di alcune migliaia di lavoratori delle Carrozzerie e degli Enti centrali alla "porta 8" ha cercato di blandire i lavoratori esprimendo soddisfazione "perché questa fabbrica sta rinascendo, può rinascere e tanti giovani lavoratori potranno arrivare" e ha ribadito il suo sostegno personale e quello dei vertici della Cgil a questa "Finanziaria che prova a lavorare per lo sviluppo e l'equità". Fin qui i lavoratori lo hanno lasciato parlare, ma quando ha accennato a pensioni e Tfr il leader della Cgil ha dovuto fare i conti con una salva di fischi. A incalzare Epifani, e interpretare il malcontento della platea operaia l'intervento del delegato Fiom, Vicenzo Tripodi: "Guglielmo questa non può essere la Finanziaria dei lavoratori e neppure del sindacato". "Ritengo - ha detto - che ci sia un appiattimento di Cgil, Cisl e Uil sulle posizioni di questo governo. Non ci sono governi amici e nemici, ma lavoratori che producono e pagano le tasse e perciò meritano rispetto e un sindacato che li tuteli sulle condizioni.

Un sindacato che li incalzi anche quando è un governo di 'centro-sinistra'". Marcello, altro delegato Fiom ne ha anche per la direzione aziendale: "Se vi fanno venire qui sei giorni la settimana vi tolgono la vita" e di sponda torna al sindacato: "L'orario di lavoro non deve essere merce di scambio coi padroni". Applausi e ovazioni sottolineano i loro interventi. Ma la contestazione sul famigerato "tavolo sulla produttività" è totale: "Abbiamo già dato" dicono ad Epifani. A gridarlo sono soprattutto le operaie in prima fila, che della flessibilità di Montezemolo ne hanno già abbastanza. E nessuno ha voglia di concedergli mano libera sugli orari di lavoro. Loro, costrette ad azzerare i confini tra tempi di vita e tempi di lavoro, sostengono una cosa molto semplice. "Non accettiamo di barattare qualche precarietà in meno con ulteriori carichi" sostengono. "È esattamente quello che abbiamo rifiutato un anno fa quando si trattò di rinnovare il contratto". Sono le stesse operaie che alla fine dell'incontro fanno vedere a Epifani i polsi rovinati dalla tendinite e dicono: "Noi non possiamo stare in linea di montaggio neppure un minuto oltre quanto previsto, non ce la facciamo più".


Identica la contestazione che ha investito il segretario della Uil Angeletti nell'assemblea alle Presse. "Non dobbiamo fare la stampella del governo" ha tuonato un operaio delle Meccaniche, e c'è stato anche chi ha chiesto lo sciopero contro il governo. "Lo abbiamo fatto contro Berlusconi perché non lo facciamo anche ora?". Durante l'assemblea in 1.500 approvano un Ordine del giorno scritto dai delegati della Fiom in cui si afferma: "noi lavoratori della Fiat Power Train Meccanica Mirafiori riteniamo questo silenzio del sindacato sulla Finanziaria incompresibile e chiediamo che eventuali accordi sulla flessibilità, sulle pensioni o comunque accordi che ci riguardano vengano sottoposti al nostro giustizio".


Peggio è andata al segretario della Cisl Bonanni che nell'assemblea del pomeriggio alle Carrozzerie si è trovato di fronte una contestazione plateale. Ha cercato inutilmente di rintuzzare le critiche riconoscendo che "questa Finanziaria ha ancora ombre che speriamo di poter cancellare" ma gli operai non gli fanno sconti e subissano di fischi il suo intervento costringendolo a chiuderlo anzitempo.
In tutte e tre le assemblee in molti avrebbero voluto intervenire, in pochi lo hanno potuto fare. Ma chi ha avuto la possibilità di avere il microfono in mano dalla platea ha urlato nella direzione del palco l'inconsistenza di una busta paga di 1.100 euro al mese e chiesto sincerità da parte del sindacato, democrazia e scelte condivise. Mentre un lavoratore dalla platea delle Carrozzerie ha gridato "Anche Bertinotti ci ha tradito" e un'operaia gli ha fatto eco "I nostri ministri, invece di tagliare i loro stipendi, riducono i nostri salari". E che la contestazione alla Finanziaria e ai segretari generali confederali è venuta proprio dagli operai che hanno contribuito a portare al governo il "centro-sinistra" lo dimostrano i fischi all'intervento del delegato dell'Ugl, il sindacato vicino ad AN che ha provato a sostenere che con Berlusconi si stava meglio.
Altro che contestazioni di piccoli gruppi, magari "orchestrate dall'esterno", come qualcuno ha cercato di far credere.


Quanto è accaduto a Mirafiori conferma che per i lavoratori ormai la misura è colma e non sono disposti a firmare cambiali in bianco né al sindacato né tantomeno al governo Prodi, al quale mandano a dire che la classe operaia non si è estinta, e deve tornare a contare. "Le assemblee di Mirafiori - ha dichiarato il segretario nazionale della Fiom, Giorgio Cremaschi - hanno dato un giudizio severo ma che è presente in tutti i luoghi di lavoro sulla finanziaria. Non è una finanziaria di sinistra dalla quale non si sa cosa e quanto i lavoratori ci guadagnano". Basta poi, "con la sindrome del governo amico - prosegue Cremaschi - questo chiedono i lavoratori e mandano un messaggio chiaro: di pensioni e flessibilità degli orari non se ne parla proprio". Alle confederazioni invece i lavoratori hanno dato un mandato chiaro: pretendere di più dal governo e rispedire al mittente, la Confindustria, l'idea di un "patto per la produttività" richiesto anche da D'Alema, perché come sottolinea Cremaschi "la concertazione degli anni '90 è morta e sepolta" mentre è tempo di rivendicare incrementi salariali oltre l'inflazione, cancellare il pacchetto Treu e la legge 30 sulla precarietà, e tornare a rivendicare migliori condizioni di lavoro.


I messaggi lanciati dagli operai sono dunque importanti e chiari. Occorre però che a questa contestazione segua un salto di qualità. Occorre, come ha indicato il compagno Giovanni Scuderi, alla recente Commemorazione di Mao, che la classe operaia, da classe in sé (cioè come classe di fatto), torni ad essere classe per sé: "consapevole di essere indipendente e antagonista dalla borghesia e di avere una propria cultura; consapevole di essere portatrice di un progetto generale di una nuova società e candidata a governarla e a costruirla; consapevole che spetta ad essa riunire e dirigere tutte le classi e i gruppi sociali anticapitalisti; consapevole di dover porre fine una volta per tutte a ogni forma di sfruttamento dell'uomo sull'uomo e di disuguaglianza di sesso per poter arrivare all'emancipazione dell'intera umanità".

(Articolo de "Il Bolscevico", organo del PMLI, n. 46/2006)